Ordinanza n. 195 del 2004

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ORDINANZA N.195

 

ANNO 2004

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Gustavo          ZAGREBELSKY      Presidente

 

- Valerio            ONIDA                      Giudice   

 

- Guido             NEPPI MODONA           “

 

- Piero Alberto  CAPOTOSTI                    “

 

- Annibale         MARINI                           “

 

- Franco             BILE                                 “

 

- Giovanni Maria FLICK                            “

 

- Francesco        AMIRANTE                     “

 

- Ugo                 DE SIERVO                     “

 

- Romano          VACCARELLA               “

 

- Paolo               MADDALENA                ”

 

- Alfonso           QUARANTA                   “

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

sulla istanza di sospensione nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 258, serie generale, del 6 novembre 2003, promosso dalla Regione Emilia-Romagna con ricorso notificato il 19 dicembre 2003, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 37 del registro conflitti 2003.

 

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

  udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2004 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

 

  uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per la Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto che la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 19 dicembre 2003 e depositato il successivo 24 dicembre, ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione alla deliberazione 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna) del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 258, serie generale, del 6 novembre 2003, per violazione degli artt. 117, 118 e 136 (in relazione al giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 303 del 2003) della Costituzione; dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive); dell’art. 3, comma 6, lettera b), del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), nonché del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni;

 

che, secondo la ricorrente, la deliberazione del CIPE impugnata sarebbe stata adottata: a) in assenza dell’intesa tra Stato e Regione in relazione al Programma delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare nel territorio della Regione e circa la loro localizzazione; b) avendo invitato tardivamente alla relativa riunione il Presidente della Regione; c) nonostante la Regione avesse già provveduto a manifestare il proprio dissenso;

 

che, a sostegno della prima doglianza, la Regione richiama la sentenza n. 303 del 2003, con la quale questa Corte avrebbe stabilito che elemento essenziale per il rispetto delle competenze costituzionalmente stabilite, nella materia disciplinata dalla legge n. 443 del 2001 e dal d.lgs. n. 190 del 2002, è la previsione di una intesa tra Stato e Regioni alla quale sia subordinata l’operatività della disciplina;

 

che, secondo quanto evidenziato nel ricorso introduttivo, nessuna intesa sarebbe ancora intervenuta sulla individuazione delle infrastrutture di interesse strategico, con conseguente inefficacia della relativa deliberazione del CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68, supplemento ordinario, del 21 marzo 2002);

 

che dunque, nel caso di specie, l’atto impugnato avrebbe approvato un “progetto preliminare di un’opera attuativa di un programma ancora inefficace”;

 

che, quanto alla seconda doglianza, la tardività della convocazione deriverebbe dalla circostanza secondo la quale, fissata per la data del 1° agosto 2003 la riunione del CIPE, solo il precedente 31 luglio sarebbe stata spedita al Presidente della Regione Emilia-Romagna una nota, riportante la medesima data, con l’invito a partecipare alla menzionata riunione, in violazione dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 443 del 2001, la quale prescriverebbe l’integrazione del CIPE da parte dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome interessate in occasione della approvazione del progetto preliminare e definitivo delle opere, nonché del principio di leale collaborazione;

 

che la possibilità, prevista nella sopra menzionata convocazione, della partecipazione di un componente della Giunta regionale, in sostituzione del Presidente e su delega apposita da parte di quest’ultimo, sarebbe comunque illegittima in quanto non contemplata dall’art. 1 della legge n. 443 del 2001 ed in esplicito contrasto con l’art. 1, comma 5, del regolamento interno del CIPE;

 

che, in relazione al terzo profilo di doglianza, la ricorrente evidenzia come la Giunta regionale, con delibera n. 848 del 14 maggio 2003, avesse manifestato “l’impossibilità per la Regione Emilia-Romagna di esprimere una valutazione positiva ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 190/2002”, precisando inoltre la propria disponibilità a “considerare ogni proposta tecnica di soluzione adeguata”;

 

che sarebbe mancata del tutto – in seguito a tale presa di posizione da parte della Regione – una nuova fase interlocutoria formale, o comunque l’attivazione della specifica procedura di composizione del dissenso contemplata dall’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002;

 

che tale procedura avrebbe dovuto essere, nella vicenda in questione, obbligatoriamente seguita, “non trattandosi ovviamente di infrastrutture di carattere internazionale o interregionale”;

 

che, viceversa, la delibera oggetto del presente giudizio si limiterebbe a dare atto del dissenso regionale (pur fraintendendone il senso, secondo la ricorrente), senza tuttavia trarne le doverose conseguenze, e dunque approvando il progetto il questione;

 

che, in base alle argomentazioni esposte, la Regione Emilia-Romagna chiede che venga dichiarato che non spetta allo Stato e per esso al CIPE, di approvare, in assenza dell’intesa con la Regione stessa sul Programma delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare nel territorio della Regione e nonostante l’espresso motivato dissenso di quest’ultima, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna, con conseguente annullamento della delibera CIPE impugnata;

 

che, in data 9 aprile 2004, la Regione Emilia-Romagna ha depositato una istanza di sospensione cautelare dell’atto impugnato, adducendo quale danno grave e irreparabile l’ormai “imminente avvio delle procedure di finanziamento e di gara da parte del Comune di Bologna”;

 

che, secondo la ricorrente, la necessità del provvedimento sospensivo deriverebbe dalla circostanza secondo la quale, ove fosse portato ad esecuzione il provvedimento impugnato, “mancherebbero le condizioni per portare a termine le procedure per il superamento del dissenso regionale sul progetto, in tempo utile per l’utilizzo dei finanziamenti disponibili per l’opera”, e la Regione si troverebbe a dover far valere le proprie ragioni “attraverso un contenzioso con il Comune davanti ai giudici amministrativi, la cui stessa lunghezza metterebbe a repentaglio il finanziamento e la realizzazione dell’opera con le caratteristiche ritenute essenziali dalla Regione”;

 

che l’«Intesa generale quadro» tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Regione Emilia-Romagna, intervenuta il successivo 19 dicembre 2003, non priverebbe di pregio le censure regionali, dal momento che in tale atto, con specifico riferimento alla metropolitana di Bologna, si prevede esplicitamente di “cooperare, con il coinvolgimento del Comune di Bologna e degli altri Enti locali interessati, per individuare ogni soluzione che, ferme restando le dotazioni finanziarie specifiche approvate con la delibera CIPE del 1° agosto, consenta di superare le divergenze che si sono create per la realizzazione di questa infrastruttura”;

 

che, in seguito a tale intesa, si sarebbe dovuto “riprendere la via della collaborazione e della trattativa”;

 

che, invece, nulla di tutto ciò sarebbe stato compiuto;

 

che la ricorrente afferma di aver richiesto allo Stato l’attivazione della procedura per il superamento del dissenso e che la delibera CIPE n. 67 del 2003 fosse considerata sospesa nella sua efficacia;

 

che, invece, la Commissione interministeriale per le metropolitane di cui alla legge 29 dicembre 1969, n. 1042 (Disposizioni concernenti la costruzione e l’esercizio delle ferrovie metropolitane), avrebbe espresso parere favorevole in relazione al progetto concernente la metropolitana di Bologna;

 

che, secondo la ricorrente, tale quadro evidenzierebbe l’assoluta urgenza dell’intervento sospensivo della Corte, al fine di evitare che le procedure proseguano ulteriormente nel solco nel quale sono state avviate;

 

che si è costituito, con atto depositato il 7 gennaio 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso della Regione sia considerato inammissibile o, comunque, infondato nel merito;

 

che, quanto alla inammissibilità del ricorso, essa deriverebbe innanzi tutto dalla sua tardività, conseguente alla circostanza secondo la quale “avendo la Regione partecipato alla delibera CIPE attraverso il proprio Assessore”, il termine per la proposizione del conflitto dipenderebbe dalla data della delibera e non dalla pubblicazione di quest’ultima nella Gazzetta Ufficiale;

 

che ulteriore ragione di inammissibilità consisterebbe nel fatto che successivamente alla suddetta delibera è intervenuta la formale intesa tra lo Stato e la Regione ricorrente, sottoscritta il 19 dicembre 2003, “determinandosi perciò la sostanziale acquiescenza al provvedimento CIPE impugnato”;

 

che, quanto al merito, la doglianza regionale concernente il “ridotto preavviso” della riunione del CIPE non assumerebbe “particolare rilevanza” poiché la Regione avrebbe avuto comunque la possibilità di parteciparvi, “come in effetti si è verificato”;

 

che, in relazione al mancato consenso della Regione, la difesa erariale ritiene puntualmente rispettato il disposto della legge n. 443 del 2001 e del d.lgs. n. 190 del 2002, in quanto il CIPE avrebbe “stralciato dal progetto tutte le parti dell’opera sulle quali era stato manifestato dalla Regione un dissenso riguardo alla localizzazione”, mentre gli “ulteriori motivi di dissenso” sarebbero stati “superati” dalla proposta avanzata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sulla quale “non è stato formalmente rilevato un dissenso regionale”;

 

che, in data 27 maggio 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, ha presentato una memoria con la quale chiede che venga dichiarata l’inammissibilità, e comunque l’infondatezza, della istanza cautelare presentata dalla Regione Emilia-Romagna;

 

che, quanto al profilo dell’inammissibilità, l’Avvocatura evidenzia come la Regione paventi la “messa in opera di ulteriore attività” da parte del Comune di Bologna, e non da parte dello Stato, cioè da parte di un soggetto giuridico che non è parte del giudizio di merito “e mai potrebbe esserlo”;

 

che, in relazione alla sussistenza del requisito del periculum in mora, nella memoria si sostiene che la deliberazione del CIPE, riguardando l’approvazione del progetto preliminare dell’opera come condizione per l’attivazione del contributo finanziario a carico dell’erario statale, non comporterebbe ex se alcun danno;

 

che, viceversa, qualora fosse inibito al Comune di porre in essere le ulteriori attività di propria competenza, si verificherebbe la “perdita del finanziamento a carico dell’erario”.

 

Considerato che, preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità relativa alla tardività del ricorso, in quanto quest’ultimo è stato proposto nei previsti sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera impugnata e che, come già questa Corte ha avuto modo di evidenziare, la avvenuta conoscenza dell’atto impugnato “viene in considerazione soltanto in linea sussidiaria, quando manchino la pubblicazione o la notificazione, che la legge assume, agli effetti che qui interessano, come equipollenti” (sentenza n. 132 del 1976), cosicché il termine per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione avverso un atto del quale sia prescritta la pubblicazione come condizione di efficacia, deve in ogni caso essere individuato avendo riferimento alla data della medesima;

 

che, parimenti, non merita di essere accolta l’eccezione di inammissibilità concernente la presunta acquiescenza della ricorrente nei confronti dell’atto impugnato, dal momento che questa Corte “ha costantemente escluso l’applicabilità dell’istituto dell’acquiescenza ai giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, trattandosi di istituto incompatibile con l’indisponibilità delle competenze di cui si controverte nei medesimi giudizi” (sentenza  n. 95 del 2003);

 

che, quanto alla eccepita inammissibilità della richiesta di sospensiva, derivante dalla circostanza secondo la quale il danno lamentato dalla ricorrente deriverebbe da atti del Comune di Bologna, soggetto non partecipante al presente giudizio per conflitto di attribuzione, si osserva che la Regione Emilia-Romagna si duole di effetti pregiudizievoli che, nella prospettazione di quest’ultima, conseguirebbero solo in via di fatto dall’attività di detto Comune, ma che dipendono viceversa, in punto di diritto, dalla esecuzione dell’atto impugnato;

 

che, conseguentemente, anche tale eccezione deve essere disattesa;

 

che tuttavia, anche alla luce della già avvenuta fissazione della trattazione del merito del ricorso per l’udienza pubblica del giorno 6 luglio 2004, non si vede quale irreparabile pregiudizio in capo alla ricorrente possa derivare dal provvedimento impugnato in un così breve lasso di tempo;

 

che fa quindi difetto il requisito delle “gravi ragioni” richiesto dall’articolo 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, poiché l’atto impugnato non è idoneo a produrre irreversibili effetti pregiudizievoli;

 

che pertanto, in assenza del periculum in mora, l’istanza di sospensione proposta dalla Regione Emilia-Romagna deve essere respinta.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

rigetta l’istanza di sospensione della deliberazione 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna) del Comitato interministeriale per la programmazione economica, proposta dalla Regione Emilia-Romagna con l’atto indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2004.

 

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

 

Ugo DE SIERVO, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2004.