Ordinanza letta all'udienza del 5 giugno 2024, allegata alla sentenza n. 144 del 2024
ORDINANZA
Visti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 35, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), promosso dal Consiglio di Stato, sezione settima, con ordinanza del 31 gennaio 2024 (reg. ord. n. 23 del 2024) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 2024.
Rilevato che nel giudizio è intervenuto, con atto depositato il 26 marzo 2024, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
che l'interveniente afferma di essere titolare di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto nel giudizio a quo, in quanto esso, ai sensi dell'art. 29 del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139 (Costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell'articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34), rappresenta istituzionalmente gli iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ai quali la disposizione censurata riserva, insieme a professionisti iscritti in altri albi o ruoli, il rilascio del visto di conformità delle dichiarazioni fiscali, ed è dotato di prerogative (in materia disciplinare, di formazione professionale continua e obbligatoria nonché di iscrizione e cancellazione dall'albo) direttamente incise dall'accoglimento della questione, venendo equiparate, per quanto riguarda l'attribuzione di affidabilità e di competenza ai propri iscritti, alle prerogative di un'associazione privata ad adesione volontaria, quale è l'Associazione nazionale tributaristi LAPET, parte del giudizio a quo;
che la legittimazione all'intervento deriverebbe, inoltre, dall'essere il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili un controinteressato pretermesso nel giudizio a quo, il cui diritto di difesa, già leso da tale pretermissione, sarebbe definitivamente annullato ove fosse negata la possibilità di intervenire nel presente giudizio.
Considerato che l'interveniente non è parte del giudizio a quo, né tale posizione discende dalla sua asserita qualità di controinteressato pretermesso nel medesimo giudizio;
che ogni relativa questione, infatti, è di pertinenza del Giudice a quo;
che, ai sensi dell'art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, nei giudizi in via incidentale «[p]ossono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio»;
che tale disposizione ha recepito la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4, commi 1 e 2, delle Norme integrative), essendo possibile derogare a ciò, senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio, soltanto a favore di terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo (tra le molte, ordinanze n. 225 del 2021, n. 271 e n. 37 del 2020) e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura (tra le molte, sentenze n. 108 del 2023, con allegata ordinanza letta all'udienza del 4 aprile 2023, n. 46 del 2021, n. 206, con allegata ordinanza letta all'udienza del 4 giugno 2019, n. 159, n. 106, n. 98 e n. 13 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 4 dicembre 2018; ordinanze n. 225, n. 191 e n. 24 del 2021, n. 202 del 2020 e n. 204 del 2019);
che tale interesse sussiste allorché si configuri una «posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall'esito del giudizio incidentale» (sentenza n. 159 del 2019; ordinanze n. 271 e n. 111 del 2020);
che non è dunque sufficiente che l'interesse del terzo possa essere toccato dagli effetti della sentenza di accoglimento, ma deve sussistere un nesso diretto tra la sua posizione soggettiva e l'oggetto del giudizio a quo, poiché l'incidenza su tale posizione deve derivare non già, come per tutte le altre situazioni sostanziali disciplinate dalla disposizione denunciata, dalla pronuncia di questa Corte sulla legittimità costituzionale della disposizione stessa, ma dall'immediato effetto che tale pronuncia produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (tra le molte, sentenze n. 77 del 2023, n. 218 del 2021, con allegata ordinanza letta all'udienza del 5 ottobre 2021, e n. 253 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 22 ottobre 2019; ordinanza n. 37 del 2020);
che, alla luce di questi principi, non vale a legittimare l'intervento la funzione di rappresentanza istituzionale degli iscritti all'albo svolta dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, «tanto più a fronte della [...] introduzione dell'art. 4-ter [attuale art. 6] delle Norme integrative, che consente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali "portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità" di presentare alla Corte un'opinione scritta in qualità di amici curiae» (ordinanza n. 37 del 2020);
che neppure valgono a legittimare l'intervento le ulteriori funzioni svolte dal medesimo Consiglio nazionale in materia disciplinare, nonché in materia di vigilanza sulla formazione professionale degli iscritti all'albo, poiché manca un nesso qualificato e diretto fra le prerogative collegate a tali funzioni e lo specifico rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo;
che quest'ultimo, infatti, pur potendo riguardare interessi professionali degli iscritti, concerne profili non idonei a compromettere immediatamente e irrimediabilmente le suddette prerogative, che non sarebbero menomate o comunque messe in gioco in via diretta dall'esito del presente giudizio;
che l'intervento va pertanto dichiarato inammissibile.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l'intervento in giudizio del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
F.to: Augusto Antonio Barbera, Presidente