Sentenza n. 98 del 2019

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SENTENZA N. 98

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 283, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), come modificato dall’art. 1, comma 9, lettera b), del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198 (Attuazione della direttiva 2005/14/CE che modifica le direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE, 88/357/CEE, 90/232/CEE e 2000/26/CE sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli), promosso dal Giudice di pace di Avezzano, nel procedimento vertente tra M. E. C. e l’UnipolSai Assicurazioni spa, con ordinanza del 30 giugno 2017, iscritta al n. 157 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione di UnipolSai Assicurazioni spa, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Concessionaria servizi assicurativi pubblici spa (CONSAP) - Gestione autonoma del Fondo di garanzia vittime della strada;

udito nell’udienza pubblica del 19 marzo 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato Massimo Garutti per l’UnipolSai Assicurazioni spa e per la CONSAP e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Con ordinanza del 30 giugno 2017, il Giudice di pace di Avezzano ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 283, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), come modificato dall’art. 1, comma 9, lettera b), del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198 (Attuazione della direttiva 2005/14/CE che modifica le direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE, 88/357/CEE, 90/232/CEE e 2000/26/CE sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli), per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui prevede che «[i]n caso di danni gravi alla persona, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, il cui ammontare sia superiore all’importo di euro 500, per la parte eccedente tale ammontare».

Premette il giudice a quo di dover decidere sulla domanda di risarcimento del danno alle cose proposta dal conducente di un autoveicolo coinvolto in un sinistro con altro mezzo rimasto sconosciuto. L’azione è stata esercitata invocando la tutela che il Fondo di garanzia per le vittime della strada assicura nei casi in cui il sinistro sia stato cagionato da un veicolo o natante non identificato.

Osserva il rimettente che, in applicazione della disposizione censurata, la domanda non potrebbe essere accolta in quanto, con precedente sentenza, il Giudice di pace di Avezzano ha accertato che l’attore ha patito un danno biologico con invalidità quantificata nell’1 per cento e che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, si considerano «danni gravi» solo quelli qualificabili come «macrolesioni» e, dunque, eccedenti il 9 per cento di invalidità permanente. Il giudice ricorda che questa interpretazione si fonda sul rilievo che la ricorrenza di un danno grave alla persona rende assai improbabile il rischio di frode.

Tuttavia, ritiene che la disposizione censurata, così interpretata dal diritto vivente, si ponga in contrasto con l’art. 2 Cost., «frustrando uno dei diritti fondamentali dell’individuo». Sarebbe violato anche l’art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza, della disparità di trattamento e dell’affidamento che il cittadino ripone «nella certezza giuridica e nella coerenza del legislatore», in quanto, a fronte del verificarsi di un identico danno patrimoniale, consente l’accesso alla tutela risarcitoria del danno alle cose solo a colui che abbia subìto un danno grave alla persona. Al riguardo, il rimettente osserva che il danno patrimoniale derivante dal danneggiamento del veicolo assume molto spesso un rilievo notevole in termini economici e non appare condivisibile agganciare la risarcibilità di tale pregiudizio alla concomitanza di un altro e diverso danno.

Infine, il giudice dubita della legittimità costituzionale della disposizione censurata in riferimento all’art. 24 Cost., assumendo che il limite alla risarcibilità del danno patrimoniale posto dal legislatore si risolve in una menomazione del diritto di azione e di difesa facente capo al conducente che non abbia riportato danni gravi alla persona, il quale, non disponendo di altri strumenti per poter ottenere la reintegrazione del patrimonio ingiustamente leso, sarà costretto a «desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale».

2.‒ Con atto depositato il 5 dicembre 2017, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda, in particolare, la matrice europea della disposizione censurata. Inoltre, quanto alle ragioni di ordine pratico e giuridico poste a fondamento della norma, rileva che essa, da un lato, opera un contemperamento tra le contrapposte esigenze di tutela del danneggiato e di prevenzione del rischio di frodi; dall’altro, pone una limitazione del tutto coerente con il carattere eccezionale della protezione risarcitoria offerta dal Fondo di garanzia per le vittime della strada nei casi in cui il sinistro sia stato cagionato da un veicolo o natante non identificato.

Infine, l’Avvocatura richiama la giurisprudenza che ha chiarito che l’espressione «danni gravi» deve essere interpretata facendo riferimento al concetto di «macrolesioni», ossia eccedenti il 9 per cento di invalidità permanente (Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 27 novembre 2015, n. 24214).

3.− La società UnipolSai Assicurazioni spa, parte del giudizio a quo, si è costituita con atto depositato il 4 dicembre 2017, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e, comunque, infondate.

La parte premette, quanto al quadro normativo di riferimento, che il Fondo di garanzia per le vittime della strada è stato istituito con l’art. 19 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), recependo, sostanzialmente, l’art. 9 della Convenzione europea sull’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile in materia di veicoli a motore, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959. Il d.lgs. n. 198 del 2007 ha poi dato attuazione alla direttiva 2005/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, che modifica le direttive del Consiglio 72/166/CEE, 84/5/CEE, 88/357/CEE e 90/232/CEE e la direttiva 2000/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli.

Pone in rilievo, poi, che la norma censurata esprime il bilanciamento che il legislatore ha compiuto tra l’esigenza di garantire l’effettività del ristoro in caso di sinistro cagionato da un veicolo non identificato e la necessità di contenere il rischio di condotte fraudolente poste in essere in danno del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

In particolare, osserva che la giurisprudenza di legittimità ha affermato, coerentemente con tale impostazione, che «[s]e dunque lo sbarramento di cui all’art. 283, comma 2, cod. ass. serve a prevenire le frodi, è del tutto coerente con tale ratio ammettere il risarcimento del danno alle cose quando il sinistro abbia provocato esiti macropermanenti, e negarlo nel caso contrario; infatti un danno alla salute micropermanente (ad es., postumi di lievi traumi contusivi o colpo di frusta) può essere simulato, l’amputazione d’un arto no» (Corte di cassazione, sentenza n. 24214 del 2015).

4.− Ha depositato atto di intervento la Concessionaria servizi assicurativi pubblici spa (CONSAP) - Gestione autonoma del Fondo di garanzia vittime della strada, esponendo, sostanzialmente, le medesime argomentazioni sviluppate dalla UnipolSai Assicurazioni spa.

Considerato in diritto

1.− Con ordinanza del 30 giugno 2017, il Giudice di pace di Avezzano ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 283, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), come modificato dall’art. 1, comma 9, lettera b), del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198 (Attuazione della direttiva 2005/14/CE che modifica le direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE, 88/357/CEE, 90/232/CEE e 2000/26/CE sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli), nella parte in cui prevede che, «[i]n caso di danni gravi alla persona, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, il cui ammontare sia superiore all’importo di euro 500, per la parte eccedente tale ammontare».

Il giudice rimettente sospetta che la censurata disposizione violi l’art. 2 della Costituzione, perché frustrerebbe uno dei diritti fondamentali della persona, tradendo l’obbligo di solidarietà che pervade l’ordinamento giuridico; l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’irragionevolezza e della disparità di trattamento, in quanto la medesima disposizione, a fronte del verificarsi di un identico danno patrimoniale, consente l’accesso alla tutela risarcitoria del danno alle cose solo a colui che abbia subìto un danno grave alla persona; l’art. 24 Cost., in quanto il limite alla risarcibilità del danno patrimoniale posto dal legislatore si risolve in una menomazione del diritto di azione e di difesa facente capo al conducente che non abbia riportato danni gravi alla persona, il quale non disporrebbe di altri strumenti per poter ottenere la reintegrazione del patrimonio ingiustamente leso.

2.− Va preliminarmente dichiarata l’ammissibilità dell’intervento della Concessionaria servizi assicurativi pubblici spa (CONSAP) - Gestione autonoma del Fondo di garanzia vittime della strada.

La società ha giustificato il proprio intervento allegando di avere un interesse specifico e qualificato in ragione del ruolo, da essa sola svolto in ambito nazionale, nella gestione del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

2.1.− Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze allegate alle sentenze n. 16 del 2017, n. 237 e n. 82 del 2013, n. 272 del 2012, n. 349 del 2007, n. 279 del 2006 e n. 291 del 2001), la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). È però ammissibile l’intervento di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura (sentenza n. 180 del 2018). In tal caso, ove l’incidenza sulla posizione soggettiva dell’interveniente sia conseguenza immediata e diretta dell’effetto che la pronuncia della Corte costituzionale produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo, l’intervento è ammissibile (ex multis, sentenza n. 345 del 2005).

2.2.− Nella specie, la posizione della società interveniente è suscettibile di restare incisa dall’esito del giudizio della Corte in modo diretto, immediato e specificamente differenziato.

L’art. 285 cod. assicurazioni private prevede che sia la CONSAP ad amministrare, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, il Fondo di garanzia per le vittime della strada. In particolare, tutte le imprese, autorizzate all’esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, sono tenute a versare annualmente alla CONSAP un contributo commisurato al premio incassato per ciascun contratto stipulato in adempimento dell’obbligo di assicurazione, in tal modo fornendo la provvista del Fondo stesso.

È vero che la legittimazione passiva rispetto all’azione per il risarcimento del danno causato dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, nelle ipotesi previste dall’art. 283, comma 1 – tra cui quella dei danni cagionati da veicolo non identificato, oggetto del giudizio a quo – è riconosciuta all’impresa assicuratrice designata dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), secondo il regolamento adottato dal Ministro dello sviluppo economico. Ma comunque è previsto, sotto l’aspetto sostanziale, un generale obbligo di rimborso a carico della CONSAP, sicché è solo su quest’ultima che grava, in ogni caso, l’onere economico della liquidazione del danno alla persona ed, eventualmente, alle cose cagionato da veicolo o natante non identificato.

Sotto l’aspetto processuale, poi, l’art. 287, comma 3, cod. assicurazioni private prevede espressamente che la CONSAP, alla quale comunque chi agisce per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa designata è tenuto a inviare copia di tale richiesta (art. 287, comma 1), può intervenire in giudizio e ciò può fare anche solo in grado di appello; facoltà questa di maggior favore rispetto all’ordinaria disciplina del codice di rito (art. 344 del codice di procedura civile) che nel giudizio d’appello ammette soltanto l’intervento dei terzi, che potrebbero proporre opposizione a norma dell’art. 404 cod. proc. civ.

Risulta, pertanto, specificamente individualizzata la posizione sostanziale e processuale della CONSAP, la quale, ove la norma censurata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nei termini auspicati dal giudice rimettente con ampliamento dei casi di risarcimento di danni alle cose, risulterebbe alla fine – essa sola a livello nazionale − maggiormente pregiudicata perché esposta in misura più estesa all’obbligo di rimborso in favore delle tante imprese designate, convenute in giudizi risarcitori.

Consegue che un’eventuale pronuncia di accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale produrrebbe un’immediata incidenza sulla posizione soggettiva della CONSAP, la quale può ben dirsi portatrice di un interesse specifico e qualificato, nonché differenziato, a contrastare le prospettate questioni di legittimità costituzionale e non già di un interesse solo generico.

Il suo intervento nel presente giudizio deve, perciò, essere dichiarato ammissibile.

3.− Passando all’esame del merito, va premesso il quadro normativo di riferimento, che vede la confluenza della normativa europea e di quella nazionale, le quali progressivamente hanno posto, e poi ampliato, la tutela risarcitoria per danni cagionati da veicolo non identificato.

Inizialmente l’art. 9 della Convenzione europea sull’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile in materia di veicoli a motore, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ha previsto l’impegno di ciascuna parte contraente a costituire un Fondo di garanzia o ad adottare misure equivalenti per risarcire, in caso di responsabilità civile di terzi, le parti lese quando l’obbligo di assicurazione non è stato rispettato o il responsabile non è stato identificato, riconoscendo, al contempo, a ogni Stato la libertà di individuare l’estensione del diritto al risarcimento e le condizioni necessarie per poter accedere alla tutela.

In attuazione di tale obbligo, pur in difetto di ratifica della Convenzione, l’art. 19 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), ha costituito, inizialmente presso l’Istituto nazionale delle assicurazioni (INA), un Fondo di garanzia per le vittime della strada al fine di assicurare il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti per i quali a norma della stessa legge vi fosse l’obbligo di assicurazione e, in particolare – tra gli altri − nel caso in cui il sinistro fosse stato cagionato da veicolo o natante non identificato. La natura risarcitoria del diritto così riconosciuto al danneggiato – e non già assistenziale, come in alcune forme di indennizzo ex lege – è una costante di tale tutela, non alterata dalla finalità solidaristica dell’istituto (sentenza n. 560 del 1987).

Il risarcimento, però, era previsto solo per i danni alle persone, non anche alle cose, peraltro inizialmente con il limite di un massimale fisso, stabilito dall’art. 21, primo comma, della stessa legge, che ne ridimensionava, progressivamente nel tempo, la funzione solidaristica fino a che tale disposizione non è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non era previsto l’adeguamento dei valori monetari di tale massimale (sentenza n. 560 del 1987).

L’art. 19 ha subìto nel tempo varie modifiche, ma è rimasto invariato ai fini che interessano: nel caso di sinistro cagionato da veicolo, o natante, non identificato il risarcimento era dovuto solo per i danni alle persone.

La legge n. 990 del 1969 è poi stata abrogata con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 209 del 2005 e oggi il Fondo di garanzia per le vittime della strada è disciplinato dall’art. 283 di tale decreto, disposizione censurata dal giudice rimettente.

4.− Parallelamente, si è evoluta la normativa comunitaria in materia, recata da plurime direttive.

Dapprima è stata adottata la direttiva 72/166/CEE del Consiglio, del 24 aprile 1972, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, e di controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità.

Sono seguite nel tempo la seconda direttiva 84/5/CEE del Consiglio del 30 dicembre 1983, la terza direttiva 90/232/CEE del Consiglio del 14 maggio 1990 e la direttiva 2000/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 maggio 2000, le quali hanno apportato diverse e sostanziali modificazioni.

Quella che maggiormente interessa, ai fini delle questioni di legittimità costituzionale in esame, è la successiva direttiva 2005/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, che ha ulteriormente modificato le direttive precedenti. In particolare, si è previsto − all’art. 2, che ha sostituito l’art. 1 della direttiva 84/5/CEE − che in generale l’assicurazione obbligatoria per responsabilità civile «copre obbligatoriamente i danni alle cose e i danni alle persone» e ciò, in particolare, anche per «i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non identificato». Però – come eccezione a tale regola – si è stabilito altresì che «[g]li Stati membri possono limitare o escludere il pagamento dell’indennizzo da parte dell’organismo in caso di danni alle cose causati da un veicolo non identificato». Tale eccezione soffre essa stessa una deroga: quando l’organismo deputato ad apprestare la garanzia per le vittime della strada «è intervenuto per gravi danni alle persone del medesimo incidente a seguito del quale sono stati causati danni alle cose da un veicolo non identificato, gli Stati membri non escludono l’indennizzo per danni alle cose in ragione del fatto che il veicolo non è identificato». È demandato alla legislazione degli Stati membri qualificare come «gravi» i danni alle persone, quale presupposto per l’estensione della garanzia anche al risarcimento dei danni alle cose. La ratio della limitazione è quella di prevenire possibili frodi al Fondo di garanzia, come risulta espressamente dal considerando n. 12 della direttiva e indirettamente dalla prescrizione secondo cui «gli Stati membri possono tenere conto, tra l’altro, della necessità o meno di cure ospedaliere», lasciando così intendere che, se i danni alle persone hanno richiesto questo genere di cure, necessariamente documentate, il rischio di frodi è fugato o almeno significativamente limitato.

È infine seguita la direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, che ha abrogato la direttiva 2005/14/CE e quelle precedenti.

Però la disciplina, quanto ai profili qui in esame, è rimasta invariata.

L’art. 10 di quest’ultima direttiva ribadisce che «[o]gni Stato membro istituisce o autorizza un organismo incaricato di risarcire, almeno entro i limiti dell’obbligo di assicurazione, i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non identificato o per il quale non vi è stato adempimento dell’obbligo di assicurazione a norma dell’articolo 3» (paragrafo 1). Però gli Stati membri possono limitare o escludere il pagamento dell’indennizzo da parte dell’organismo in caso di danni alle cose causati da un veicolo non identificato, salvo che si tratti di «gravi danni alle persone», occorsi nel medesimo incidente a seguito del quale sono stati causati danni alle cose da un veicolo non identificato. In tale evenienza, gli Stati membri non possono escludere l’indennizzo per danni alle cose in ragione del fatto che il veicolo non è identificato, ma possono solo prevedere una franchigia non superiore a euro 500 (paragrafo 3).

Parimenti per la qualificazione come «gravi» dei danni alla persona la normativa europea rimanda alla legislazione o alle disposizioni amministrative dello Stato membro in cui è avvenuto l’incidente.

5.− A fronte di questa disciplina europea il legislatore nazionale inizialmente non ha affatto operato l’estensione della garanzia in esame anche al risarcimento dei danni alle cose e quando successivamente – peraltro dopo la scadenza del termine previsto dalla direttiva – ha introdotto tale garanzia si è astenuto dal disciplinare più in dettaglio il presupposto stesso della garanzia, ossia l’esistenza di danno “grave” alla persona.

Infatti, con il d.lgs. n. 209 del 2005 − che seguiva nel tempo la direttiva 2005/14/CE dell’11 maggio 2005 e che, quindi, interveniva quando ormai già sussisteva l’obbligo del legislatore nazionale di estendere la garanzia in questione anche al risarcimento dei danni alle cose − il Governo ha ritenuto di non adeguarsi subito alla direttiva e si è limitato a riprodurre, nell’art. 283, l’originaria disciplina di cui all’art. 19 della legge n. 990 del 1969, che tale garanzia non prevedeva.

Solo successivamente il legislatore nazionale ha recepito la direttiva del 2005 nel d.lgs. n. 198 del 2007, riformulando i primi due periodi del comma 2 dell’art. 283, sostituiti dai seguenti: «Nel caso di cui al comma 1, lettera a), il risarcimento è dovuto solo per i danni alla persona. In caso di danni gravi alla persona, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, il cui ammontare sia superiore all’importo di euro 500, per la parte eccedente tale ammontare. Nei casi di cui al comma 1, lettere b), d-bis) e d-ter) il risarcimento è dovuto per i danni alla persona, nonché per i danni alle cose».

Il legislatore nazionale ha, però, mancato di specificare in termini più precisi il presupposto dei «danni gravi alla persona», che secondo la direttiva del 2005 – confermata in parte qua dalla successiva direttiva del 2009 − valeva a limitare la risarcibilità dei danni alle cose cagionate da veicolo non identificato e che era rimesso alla disciplina nazionale degli Stati membri.

6.− La mancata specificazione da parte del legislatore nazionale della nozione di «danni gravi alla persona» ha portato inevitabilmente la giurisprudenza a interrogarsi in ordine all’individuazione, nell’ordinamento nazionale, del criterio discretivo più idoneo per distinguere tra danno grave, o no, alle persone. Sono, quindi, venute in rilievo la nozione di lesioni gravi, secondo la definizione dell’art. 583 del codice penale, e quella di lesioni di non lieve entità, di cui all’art. 138 cod. assicurazioni private; criteri entrambi nient’affatto calibrati sull’esigenza di evitare possibili frodi al Fondo di garanzia, ma afferenti rispettivamente all’offensività penale della condotta e alla quantificazione tabellare del danno non patrimoniale.

Nell’unico precedente noto in materia, la Corte di cassazione − pronunciandosi in una controversia emblematica (perché vedeva il giudice di primo grado aver fatto riferimento all’art. 583 cod. pen. e quello d’appello aver invece richiamato l’art. 138 cod. assicurazioni private) − ha affermato – con riferimento alla disciplina vigente prima dell’emanazione della direttiva del 2009 (ossia al momento dell’incidente provocato dal veicolo non identificato) – che in caso di sinistro causato da circolazione di veicolo non identificato, il presupposto del «danno grave alla persona», alla cui ricorrenza l’art. 283, comma 2, del d.lgs. n. 209 del 2005, novellato dal d.lgs. n. 198 del 2007, subordina la risarcibilità del danno alle cose, va identificato nell’accertamento di un’invalidità superiore al 9 per cento, ai sensi degli artt. 138 e 139 del medesimo decreto legislativo (Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 27 novembre 2015, n. 24214). Si è posto in rilievo che tale limitazione serve a prevenire le possibili frodi al Fondo di garanzia: un danno alla salute di lieve entità – quali le lesioni cosiddette micropermanenti di cui all’art. 139 (ad esempio, postumi di lievi traumi contusivi o colpo di frusta) − può essere simulato.

In sintesi, il legislatore nazionale ha operato l’estensione della tutela risarcitoria assicurata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada anche al danno alle cose, come richiesto dalla normativa europea, ma l’ha limitata all’ipotesi della contestuale sussistenza di un danno grave alla persona, da intendersi, secondo la giurisprudenza, come conseguente a lesioni di non lieve entità (art. 138 cod. assicurazioni private) e quindi tale da aver determinato un’invalidità superiore al 9 per cento, che costituisce il limite per le lesioni cosiddette micropermanenti di cui all’art. 139 cod. assicurazioni private.

7.− Tutto ciò premesso, le questioni incidentali di legittimità costituzionale non sono fondate con riferimento a nessuno dei parametri indicati dal giudice rimettente.

8.− Non è violato l’art. 24 Cost., atteso che la garanzia di azionabilità in giudizio della pretesa risarcitoria avente a oggetto il danno alle cose è pienamente assicurata, come mostra proprio il giudizio a quo che vede agire in giudizio il soggetto danneggiato da un veicolo non identificato.

Non appartiene a tale garanzia − di natura processuale, in quanto attinente alla tutela giurisdizionale − il contenuto sostanziale del diritto azionato in giudizio. L’ampiezza, maggiore o minore, del diritto al risarcimento del danno alle cose, esercitato nei confronti dell’impresa assicuratrice designata nel regime speciale del Fondo di garanzia per le vittime della strada, riguarda non già la tutela giurisdizionale, bensì l’aspetto sostanziale della protezione che l’ordinamento riconosce a tale situazione giuridica di diritto soggettivo.

Il soggetto danneggiato non trova alcun ostacolo a far valere in giudizio la sua pretesa risarcitoria, mentre non attiene all’ambito del parametro evocato l’esistenza di presupposti sostanziali, più o meno restrittivi, previsti dalla legge per il suo accoglimento. Con particolare riferimento all’art. 24 Cost., questa Corte ha costantemente ritenuto che «ciò che conta è che non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale» (sentenza n. 199 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 121 e n. 44 del 2016).

9.− Neppure è violato l’art. 2 Cost.

Il dovere inderogabile di solidarietà – che appartiene ai principi generali nella tutela dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione − trova un elettivo campo di applicazione in normative che realizzano specifiche fattispecie di socializzazione del danno, soprattutto alla persona. Proprio con riferimento alle vittime della circolazione stradale questa Corte ha affermato che «desta allarme sociale il mancato ristoro del danno alla persona cagionato da soggetto non identificato» (sentenza n. 79 del 1992).

Espressione di questa tendenza sono, in particolare, il Fondo di garanzia per le vittime della strada, il Fondo di garanzia per le vittime della caccia, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, il Fondo di garanzia per l’insolvenza del datore di lavoro. Ispirati alla stessa esigenza di attuazione del generale dovere di solidarietà sono istituti di tipo assistenziale, quali l’indennizzo per i danni da vaccinazione, emotrasfusione e somministrazione di talidomide.

Nella fattispecie che viene in rilievo in questo giudizio di costituzionalità il dovere di solidarietà ha anche una più specifica fonte internazionale ed europea.

Come già ricordato, la citata Convenzione di Strasburgo e le menzionate direttive comunitarie hanno previsto l’istituzione di un Fondo di garanzia per risarcire le «vittime della strada» quanto al danno alla persona. Le direttive 2005/14/CE e 2009/103/CE hanno poi ampliato questa tutela prescrivendo che gli Stati membri approntino, per il tramite del Fondo di garanzia, una tutela risarcitoria anche per il danno alle cose quando c’è stato un danno grave alla persona cagionato, in particolare, da un veicolo non identificato.

Ciò il legislatore ha fatto – come sopra rilevato − con il d.lgs. n. 198 del 2007, modificando l’art. 283 cod. assicurazioni private e prevedendo, appunto, tale garanzia risarcitoria negli stessi termini della normativa europea.

Può, quindi, dirsi rispettata la prescrizione del generale dovere di solidarietà mediato, nello specifico, dal menzionato obbligo derivante dalla normativa europea, rimanendo pur sempre fermo «che “il dovere di aiutare chi si trova in difficoltà per una causa qualunque” può essere adempiuto dal legislatore secondo criteri di discrezionalità e sulla base della “necessaria ragionevole ponderazione con altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale”» (sentenza n. 226 del 2000).

10.− Neppure è violato il principio di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.) là dove la disposizione censurata condiziona la risarcibilità del danno alle cose alla sussistenza di un danno alla persona cagionato da veicolo non identificato.

La (sopra esaminata) normativa europea ha posto una condizione formulata in termini generali – il concorrente danno alla persona deve essere “grave” – ma destinata a essere specificata dalla disciplina degli Stati membri, indicando al contempo la ragione di tale condizionamento nell’esigenza di prevenire frodi al Fondo di garanzia, ritenute possibili in caso di danni non «gravi» alla persona.

Sottesa alla norma nazionale, espressa dalla disposizione censurata, ripetitiva di quella europea, è la medesima ratio, la quale giustifica, sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza e di ragionevolezza, il trattamento differenziato tra ipotesi di danno alle cose, contestuale a lesioni personali, secondo che queste abbiano cagionato, o no, un danno grave.

Né la giustificazione di tale trattamento differenziato è sminuita se si considera il (pur limitativo) criterio discretivo ritenuto dalla (sopra richiamata) giurisprudenza di legittimità, che fa riferimento agli artt. 138 e 139 cod. assicurazioni private, per cui sono risarcibili i danni alle cose solo se contestualmente ricorrono lesioni personali di non lieve entità ex art. 138, tali da determinare postumi permanenti in misura superiore al 9 per cento ex art. 139. Rimane in ogni caso, come ragione giustificativa del trattamento differenziato, l’esigenza di evitare frodi al Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Vero è che nella tabella delle lesioni micropermanenti, che ricadono nell’ambito dell’art. 139 cod. assicurazioni private, ve ne sono alcune per le quali appare difficile ipotizzare che vi sia un apprezzabile rischio di simulazione. La stessa citata giurisprudenza è consapevole che anche tra le lesioni con postumi fino al 9 per cento possono rientrare danni non simulabili e fa l’esempio dell’amputazione di una falange ungueale. Del resto, il decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro delle attività produttive, 3 luglio 2003 (Tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità), considera varie lesioni che cagionano danni non simulabili (tali sono la perdita di dita della mano o del piede).

Pur tuttavia la identificazione del danno grave alla persona in quello procurato da lesioni, che non siano di lieve entità ex art. 139 cod. assicurazioni private al fine della quantificazione del danno non patrimoniale, ha comunque, in mancanza di una specificazione normativa maggiormente mirata all’esigenza di prevenire possibili frodi al Fondo di garanzia, una sufficiente coerenza intrinseca, perché trova la sua fonte in una disposizione dello stesso codice delle assicurazioni private, in cui è inserita anche la disposizione censurata, rimanendo rimessa alla giurisprudenza una più puntuale perimetrazione della risarcibilità del danno alle cose cagionato da veicolo non identificato; risarcibilità la cui estensione rimane nella discrezionalità del legislatore, al quale è rimessa «la scelta dei modi per ripristinare la par condicio tra le vittime della strada per sinistri cagionati da veicoli non identificati e la generalità degli aventi diritto al risarcimento dei danni coperti da polizza di assicurazione “R.C.A.”» (sentenza n. 560 del 1987; nello stesso senso, ordinanza n. 336 del 2010). Del resto, finanche il meccanismo tabellare di risarcimento del danno non patrimoniale nel caso di lesioni micropermanenti (quelle di «lieve entità» di cui all’art. 139 cod. assicurazioni private) può non assicurare l’integralità del risarcimento del danno alla persona (sentenza n. 235 del 2014).

11.− C’è però da considerare, infine, che in epoca più recente il legislatore è intervenuto modificando la disposizione utilizzata dalla giurisprudenza per fissare la soglia del danno grave alla persona, quale presupposto per la risarcibilità anche del danno alle cose nella fattispecie in esame.

Il vigente art. 139, come da ultimo sostituito dall’art. 1, comma 19, della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), prevede che le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente. Quindi, attualmente, nell’art. 139 occorre distinguere tra lesioni micropermanenti di incerta accertabilità, il cui danno non patrimoniale non è risarcibile (come danno assicurato), e lesioni micropermanenti che invece sono ritenute – dal legislatore che ha novellato la disposizione – adeguatamente comprovate e quindi tali da escludere plausibilmente il rischio che siano simulate.

Tale sviluppo normativo induce questa Corte ad auspicare che il legislatore regolamenti, in termini più puntuali e non eccedenti l’esigenza di prevenire possibili frodi al Fondo di garanzia, il presupposto dei «danni gravi alla persona», che segna il perimetro della risarcibilità del danno alle cose cagionato da veicolo o natante non identificato; ciò al fine di meglio attuare la finalità solidaristica sottesa all’obbligo di conformità alla richiamata normativa europea.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara ammissibile l’intervento della Concessionaria servizi assicurativi pubblici spa (CONSAP) - Gestione autonoma del Fondo di garanzia vittime della strada;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 283, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), come modificato dall’art. 1, comma 9, lettera b), del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198 (Attuazione della direttiva 2005/14/CE che modifica le direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE, 88/357/CEE, 90/232/CEE e 2000/26/CE sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Avezzano con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2019.