SENTENZA N. 237
ANNO 2013
Commenti alla decisione di
I. Antonio Ruggeri, La
impossibile "omogeneità” di decreti-legge e leggi di conversione, per effetto
della immissione in queste ultime di norme di delega (a prima lettura di Corte
cost. n. 237 del 2013), per g. c. del Forum di Quaderni Costituzionali
II. Antonello lo Calzo, La Corte
torna sulla materia dei decreti legge dopo la "svolta” della sentenza n.
22/2012: alcune considerazioni sulla sentenza n. 237/2013, in questa Rivista, Studi e Commenti, 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
-
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
-
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’articolo 1, commi 2, 3, 4, 5 e 5-bis, della legge 14
settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la
riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari);
del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali
ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma
2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), e degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del
decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156 (Revisione delle circoscrizioni
giudiziarie − Uffici dei giudici di pace, a norma dell’articolo 1, comma
2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), promossi, nel complesso, dal
Tribunale ordinario di Pinerolo con due ordinanze del 16 novembre 2012, dal
Tribunale ordinario di Urbino con ordinanza del 21 gennaio 2013, dal Tribunale
ordinario di Pinerolo con ordinanza del 19 febbraio 2013, dal Tribunale
ordinario di Alba con ordinanza del 22 gennaio 2013, dal Tribunale ordinario di
Pinerolo con ordinanze del 14 febbraio e del 19 marzo 2013, dal Tribunale ordinario
di Sala Consilina con ordinanza del 20 febbraio 2013, dal Tribunale ordinario
di Montepulciano con ordinanza del 21 dicembre 2012 e dal Tribunale ordinario
di Sulmona con ordinanza del 13 marzo 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 13,
53, 66, 72, 80, 81, 84, 105, 106 e 107 del registro ordinanze 2013 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 12, 15, 17, 18 e 21, prima
serie speciale, dell’anno 2013.
Visti gli atti di costituzione di M.F., di I.F. ed altri,
di M.E., di B.D., di D.M.R. ed altro, di C.L., di B.F., di P.P. ed altri,
nonché gli atti di intervento del Coordinamento nazionale degli ordini forensi
minori, del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Pinerolo, dell’Ordine degli
avvocati di Montepulciano, della Unione degli ordini forensi della Sicilia e
del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Nicosia, del Consiglio nazionale
forense, del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Urbino e del Presidente
del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 2 luglio 2013 e nella
camera di consiglio del 3 luglio 2013 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Lorenzo Acquarone per D.M.R. ed altro,
Federico Sorrentino per B.D. e M.E., Franco Manassero e Salvatore Walter Pompeo
per M.F.,Vittorio Barosio per I.F. ed altri, Daniele Chiezzi e Fabio Andreucci
per C.L., Fabrizio Politi per P.P. ed altri e l’avvocato dello Stato Giustina
Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.− Il Tribunale ordinario di
Pinerolo, con cinque ordinanze di rimessione, rispettivamente iscritte ai
numeri 13, 53, 72, 81 e 84 del registro ordinanze 2013, il Tribunale ordinario
di Alba, con l’ordinanza iscritta al n. 80 del registro ordinanze 2013, il
Tribunale ordinario di Sala Consilina, con l’ordinanza iscritta al n. 105 del
registro ordinanze 2013, il Tribunale ordinario di Montepulciano con
l’ordinanza iscritta al n. 106 del registro ordinanze 2013, il Tribunale
ordinario di Sulmona, con l’ordinanza iscritta al n. 107 del registro ordinanze
2013, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1,
comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al
Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici
giudiziari), in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 24, 70, 72, primo e
quarto comma, 77, secondo comma, e 81 della Costituzione. Il Tribunale
ordinario di Urbino (registro ordinanze n. 66 del 2013) ha sollevato questione
di legittimità costituzionale del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155
(Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero,
a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), in
riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost. Tutti i suddetti giudici
rimettenti hanno sollevato, nel complesso, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1, con l’allegata tabella A – limitatamente alla
disposta soppressione dei Tribunali ordinari di Pinerolo, Urbino, Alba, Sala
Consilina, Montepulciano, Sulmona e aventi sede nelle province dell’Aquila e di
Chieti −, 2, 3 e 9 del suddetto decreto legislativo n. 155 del 2012, con
le allegate tabelle, in riferimento, nel complesso agli artt. 2, 3, 9, secondo
comma, 24, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35, primo e secondo comma, 70, 72,
primo e quarto comma, 76 – con riguardo ai criteri direttivi di cui all’art. 1,
comma 2, in particolare, alle lettere a), b), d), e), f), ed ai commi 3, 5 e
5-bis, della legge n. 148 del 2011 −, 77, 81, 97 e 111, secondo e terzo
comma, della Costituzione.
In via consequenziale, il Tribunale
ordinario di Sulmona ha chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 3, 4, 5 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011, in riferimento
agli artt. 70, 72, primo e quarto comma, 77, secondo comma, e 81 Cost. di tutte
le ulteriori disposizioni del decreto legislativo n. 155 del 2012, con le
allegate tabelle; degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 7
settembre 2012, n. 156 (Revisione delle circoscrizioni giudiziarie −
Uffici dei giudici di pace, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14
settembre 2011, n. 148), con le allegate tabelle, nell’insieme, e con riguardo
alla soppressione degli Uffici del Giudice di pace di Castel di Sangro e di
Pratola Peligna, in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, secondo
comma, 24, prima, secondo e terzo comma, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35,
primo e secondo comma, 76 – con riguardo ai criteri direttivi di cui all’art.
1, commi 2, 5 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011 – 77, 81, 97 e 111, secondo
e terzo comma, Cost.
2.− Il Tribunale ordinario di
Pinerolo, con ordinanze rispettivamente iscritte al n. 13 e al n. 53 del
registro ordinanze 2013, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, per violazione degli artt. 70,
72, primo e quarto comma, e 77, secondo comma, Cost., e dell’art. 1 del d.lgs.
n. 155 del 2012, con l’allegata tabella A, limitatamente alla prevista
soppressione del Tribunale ordinario di Pinerolo, per violazione degli artt. 3,
24, 25, primo comma, 76 e 97, primo comma, Cost.
3.− Nelle suddette ordinanze, con
argomentazioni analoghe, il rimettente assume la rilevanza delle questioni,
atteso che la successiva udienza dei relativi giudizi si sarebbe tenuta dopo
l’acquisto di efficacia del d.lgs. n. 155 del 2012, e, dunque, dinanzi al
Tribunale ordinario di Torino.
Quanto alla non manifesta infondatezza,
il rimettente deduce che l’art.1, comma 2, della legge n. 148 del 2011,
costituirebbe una norma intrusa rispetto all’oggetto del decreto-legge
convertito, in ragione dei principi affermati dalla Corte costituzionale, in
particolare nelle sentenze n. 22 del 2012,
n. 355 del 2010,
n. 128 del 2008
e n. 171 del
2007, che ravvisano nell’art. 77, secondo comma, Cost., il fondamento della
necessaria omogeneità del contenuto della legge di conversione.
La norma di delega in esame – si deduce −
è stata introdotta per la prima volta nella legge n. 148 del 2001, con la quale
all’art. 1, comma 1, veniva convertito il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), così violando sia il citato articolo 77, secondo comma, Cost., sia
gli artt. 70 e 72, primo e quarto comma, Cost., non venendo rispettato il
procedimento ordinario di approvazione delle leggi.
L’art. 1, con l’allegata tabella A, del
d.lgs. n. 155 del 2012, limitatamente alla soppressione del Tribunale ordinario
di Pinerolo, sarebbe viziato in ragione dell’illegittimità della disposizione
di delega, e violerebbe l’art. 76 Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con
i criteri ed i principi direttivi di cui all’art. 1, comma 2, lettere b), d) ed
e), della legge n. 148 del 2011.
La disposta soppressione del Tribunale
ordinario di Pinerolo, quarto ufficio giudiziario del Piemonte per popolazione
dopo quelli di Torino, Novara, Alessandria, ed il suo accorpamento al Tribunale
ordinario di Torino, che assimilerà anche le sezioni distaccate di Susa e di
Moncalieri, comporterebbe che l’ufficio giudiziario del capoluogo resti sostanzialmente
inalterato e non venga decongestionato, come stabilito dai suddetti principi
direttivi.
D’altro canto l’ampliamento delle
competenze del Tribunale ordinario di Ivrea che opera su un ambito territoriale
ridotto e con minore popolazione, oltre ad avere una minore sopravvenienza, non
concorrerebbe al riequilibrio delle competenze tra uffici limitrofi della
stessa area provinciale caratterizzata da rilevante differenza di dimensioni.
4.− Il medesimo art. 1 del d.lgs.
155 del 2012 violerebbe altre disposizioni costituzionali.
Il Tribunale assume la lesione dell’art.
3, poiché il diverso trattamento riservato agli utenti del Tribunale ordinario
di Pinerolo rispetto a quelli di tribunali analoghi appare arbitrario, non
trovando fondamento in alcuna disposizione di legge, ed irrazionale, in quanto
non assicura il raggiungimento degli obiettivi posti dal legislatore delegante.
Deduce, quindi, la lesione dell’art. 25
Cost., in quanto vi sarebbe una indebita sottrazione degli utenti della
giustizia al loro giudice naturale.
Infine, il giudice a quo prospetta la
lesione degli artt. 97, primo comma, e 24, Cost., in quanto la violazione dei
criteri stabiliti per il migliore funzionamento della giustizia lederebbe il
buon andamento dell’amministrazione ed il diritto ad una tutela giudiziaria
effettiva.
5.− Il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è
intervenuto in entrambi i giudizi con atti di analogo contenuto.
Assume la difesa dello Stato che la
questione come prospettata in riferimento alle norme denunciate è
manifestamente infondata.
Ricorda come la disposizione di delega
sia stata introdotta nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione
da parte dell’Assemblea del Senato, che il 7 settembre 2011 approvava, a
seguito della fiducia posta dal Governo, il maxi emendamento, interamente
sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge di conversione del
decreto-legge.
Tale iter, tuttavia, non violerebbe gli
artt. 70, 72, primo e quarto comma, e 77, secondo comma, Cost. come si rileva
dall’esame dei principi enunciati dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 391 del 1995. Neppure sarebbe ravvisabile la lesione della
cosiddetta riserva di assemblea, di cui al quarto comma dell’art. 72 Cost.,
atteso che il disegno di legge di conversione del decreto-legge è stato
sottoposto alla procedura normale di esame ed approvazione, a norma degli artt.
35 del Regolamento del Senato e 96-bis del Regolamento della Camera.
Quanto alla denunciata violazione
dell’art. 77 Cost., in ragione della mancanza di omogeneità, prospetta
l’Avvocatura dello Stato che, nella specie, appare evidente come la riduzione
degli uffici giudiziari risponda ad esigenze di razionalizzazione
dell’amministrazione della giustizia, con ottimizzazione dei servizi e
riduzione dei costi, finalità perseguite dal decreto-legge.
Il Presidente del Consiglio dei
ministri, afferma, altresì, la legittimità dell’art. 1 del decreto legislativo
n. 155 del 2012, per quanto attiene l’inclusione del Tribunale ordinario di
Pinerolo tra le sedi soppresse, atteso che, come si rileva, altresì, dalle
schede analitiche allegate alla relazione allo schema del decreto legislativo in
questione, la discrezionalità nell’adozione di quest’ultimo sarebbe stata
correttamente esercitata.
6.− In entrambi i giudizi, con
distinti atti aventi analogo contenuto, ha spiegato intervento adesivo il
Coordinamento nazionale degli ordini forensi minori.
Detta associazione non riconosciuta, cui
aderiscono numerosi Ordini forensi (tra cui quello di Pinerolo), nel
prospettare l’ammissibilità del proprio intervento, ha posto in rilievo, tra
l’altro, come, tra i propri scopi associativi, vi sia il mantenimento in essere
dei tribunali presso i quali sono istituiti gli ordini forensi associati.
7.− Nel giudizio iscritto al n. 53
del registro ordinanze 2012 si è costituito, con atto depositato il 5 aprile
2013, F.M., parte del giudizio principale, aderendo all’ordinanza di
rimessione.
La suddetta parte ha dedotto, altresì,
la lesione dell’art. 81 Cost., non essendo stata prevista la copertura
finanziaria.
8.− Nel medesimo giudizio ha
spiegato intervento, con atto depositato il 5 aprile 2013, il Consiglio dell’ordine
degli avvocati di Pinerolo.
A sostegno della propria legittimazione
all’intervento il Consiglio dell’ordine deduce che l’esito della questione di
costituzionalità incide direttamente sulla propria costituzione, in quanto
legata all’esistenza del tribunale circondariale di riferimento.
Il Consiglio dell’ordine, nell’aderire
all’ordinanza di rimessione, impugna anche gli artt. 9 e 5 del d.lgs. n. 155
del 2012, e prospetta la violazione degli ulteriori parametri di cui agli artt.
81 e 108 Cost.
9.− Con ordinanza del 19 febbraio
2013 (registro ordinanze n. 72 del 2013), il Tribunale ordinario di Pinerolo ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, con l’allegata
tabella A, 2 e 9 del d.lgs n. 155 del 2012, relativamente alla disposta
soppressione del Tribunale medesimo e alla previsione che le udienze successive
al 13 settembre 2013 si tengano davanti al Tribunale ordinario di Torino, in
riferimento agli artt. 76, 3, 24, 25, primo comma, e 97, secondo comma, Cost.
Ad avviso del rimettente, sussisterebbe
il vizio di eccesso di delega, con conseguente disparità di trattamento
rispetto alla sede di Ivrea, per la violazione del criterio direttivo della
razionalizzazione del servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane −
Roma, Milano, Napoli, Torino e Palermo − che deve essere realizzato
mediante il decongestionamento del tribunale metropolitano, nel caso di specie
Torino, con trasferimento di carichi sugli uffici giudiziari limitrofi della
stessa provincia e aumento delle dimensioni di questi.
Il bacino di utenza della provincia di
Pinerolo, pari circa alla metà della popolazione della Regione Piemonte,
avrebbe imposto, al contrario di come è stato stabilito, di potenziare il
suddetto Tribunale e non quello metropolitano di Torino.
La soppressione in questione violerebbe,
altresì, l’art. 24 Cost., in quanto una giustizia inefficiente al cui accesso
siano frapposti ostacoli darebbe luogo alla mancanza di tutela giurisdizionale,
e lederebbe il buon andamento degli uffici giudiziari.
Il giudice a quo prospetta, quindi, la
violazione dell’art. 25, primo comma, Cost., in quanto il cittadino sarebbe
distolto dal giudice naturale.
Viene, quindi, dedotta la illegittimità
del decreto-legge n. 138 del 2011 e dell’art. 1, comma 2, della legge di
conversione n. 148 del 2011, per la violazione, nel complesso, degli artt. 70,
72, primo e quarto comma, 76 e 77, Cost., prospettando argomentazioni analoghe
a quelle esposte nelle ordinanze di rimessione n. 13 e n. 53 del 2013.
La disposta delega sarebbe viziata da
irragionevolezza in quanto il risparmio di spesa è perseguito non tenendo conto
dei costi diretti ed indiretti derivanti dalla riforma.
Per altro verso, sarebbe leso il
principio di ragionevolezza e di uguaglianza, nonché l’art. 24 Cost., in quanto
la concentrazione nei capoluoghi di provincia (art. 1, comma 2, lettera a,
della legge di delegazione) fa sì che grandi parti di territorio vengano ad
essere sfornite di uffici giudiziari.
Irragionevole sarebbe, altresì, la
previsione di mantenere almeno tre tribunali nel distretto (art. 1, comma 2,
lettera f, della legge di delegazione), a prescindere dall’estensione del
distretto, della Regione, della popolazione e dei carichi di lavoro e delle
sopravvenienze, tenuto conto, nella specie, che il Piemonte ha una sola Corte
d’appello.
Infine, è prospettata, in relazione a
tutte le disposizioni impugnate, la violazione, dell’art. 81 Cost., in ragione
della mancata indicazione della copertura dei presumibili costi.
10.− È intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, che deduce la manifesta infondatezza della questione prospettando
argomentazioni analoghe a quelle dedotte con riguardo alle ordinanze di
rimessione n. 13 e n. 53 del 2013.
11.− Si è costituito nel presente
giudizio incidentale B.F., parte del giudizio principale, ed è intervenuto il
Consiglio dell’ordine degli avvocati di Pinerolo, prospettando entrambi
argomentazioni difensive adesive all’ordinanza di rimessione.
12.− Il Tribunale ordinario di
Urbino, con ordinanza del 21 gennaio 2013 (registro ordinanze n. 66 del 2013),
ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 155 del
2012, in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., e dell’art. 1, con la
relativa tabella A, del medesimo d.lgs. n. 155 del 2012, limitatamente alla
disposta sua soppressione, in riferimento all’art. 76 Cost., con riguardo al
criterio direttivo di cui all’art. 1, comma 2, lettera a), della legge n. 148
del 2011.
Per quanto attiene alla prima questione
sollevata, il giudice a quo, deduce la violazione dell’art. 77, secondo comma,
Cost., in quanto la riforma prevista con la disposizione di delega non
risponderebbe ai presupposti di necessità ed urgenza che legittimano il governo
all’esercizio della potestà legislativa ai sensi dell’indicato parametro
costituzionale (è richiamata la sentenza di questa
Corte n. 22 del 2012).
Con riguardo alla seconda questione
prospettata, il rimettente osserva che il legislatore delegato sarebbe incorso
in un eccesso di delega in quanto la città di Urbino, come la città di Pesaro,
è Comune capoluogo della Provincia di Pesaro e Urbino, istituita con il regio
decreto 22 dicembre 1860, n. 4495, riguardante la nuova circoscrizione
territoriale delle Marche, come si rileva anche dallo statuto provinciale
approvato con delibera del consiglio provinciale del 31 luglio 1991, n. 172, e,
quindi, non doveva essere soppresso in ragione di quanto previsto dal
richiamato criterio direttivo.
13.− Si è costituito in giudizio
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, assumendo la manifesta infondatezza delle
questioni sollevate con argomentazioni analoghe a quelle prospettate con
riguardo agli altri giudizi incidentali.
14.− Ha spiegato intervento
l’Unione degli ordini forensi della Sicilia e il Consiglio dell’ordine degli
avvocati di Nicosia.
Preliminarmente, l’Unione prospetta la
sussistenza della propria legittimazione processuale in ragione della
previsione dell’art. 29, comma 1, lettera p), della legge 31 dicembre 2012, n.
247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), atteso che
la disciplina in esame costituisce materia di interesse comune.
Il Consiglio dell’ordine degli avvocati
di Nicosia deduce la sussistenza della propria legittimazione in quanto ente
esponenziale dell’interesse collettivo alla conservazione del presidio
giudiziario del Tribunale ordinario di Nicosia.
15.− È intervenuto nel giudizio il
Consiglio nazionale forense (C.N.F.), prospettando la sussistenza della propria
legittimazione ad intervenire sia perché la soppressione del Tribunale
ordinario di Urbino e del relativo Consiglio dell’ordine modificherebbe
l’ordinamento forense e condizionerebbe la composizione del C.N.F., sia per lo
svolgimento del ruolo di raccordo istituzionale fra l’ordinamento forense ed il
complesso delle istituzioni nazionali.
Nel merito, il C.N.F. condivide le
argomentazioni del giudice a quo.
16.− È intervenuto nel giudizio
anche il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Urbino che dopo avere
sostenuto la propria legittimazione con argomentazioni analoghe a quelle del
C.N.F. e del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Pinerolo, aderisce alle
argomentazioni dell’ordinanza di rimessione.
17.− Il Tribunale ordinario di
Alba, con ordinanza del 22 gennaio 2013 (r.o. n. 80 del 2013), ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge n.
148 del 2011, in riferimento agli artt. 72, primo e quarto comma, e 77, secondo
comma, Cost., nonché dell’art. 1, con l’allegata tabella A, del decreto
legislativo n. 155 del 2012, limitatamente alla disposta sua soppressione, per
contrasto con l’art. 76 Cost.
Premette il Tribunale di essere stato
adito, ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile da più dipendenti
del Ministero della giustizia, appartenenti al personale in servizio presso il
Tribunale ordinario di Alba, la Procura della Repubblica presso il Tribunale
ordinario di Alba e l’ufficio UNEP del medesimo tribunale, che avevano chiesto
in via d’urgenza la sospensione dell’efficacia degli atti aventi ad oggetto la
procedura di interpello con la quale il personale amministrativo degli uffici
giudiziari soppressi dal suddetto d.lgs. veniva invitato a presentare domanda
di trasferimento a posti vacanti nel distretto. Detti atti, in quanto
finalizzati a dare esecuzione alla riorganizzazione degli uffici giudiziari
disposta dalla legge n. 148 del 2011 e dal conseguente d.lgs. n. 155 del 2012,
sarebbero idonei a vulnerare il diritto fatto valere dai ricorrenti alla
conservazione del posto di lavoro inteso anche come sua collocazione
geografica.
Il Tribunale ordinario di Alba, quindi,
ha sollevato la questione di legittimità costituzionale ed ha sospeso,
provvisoriamente, nei confronti dei ricorrenti, l’efficacia degli atti
impugnati.
Osserva il rimettente che la
disposizione di delega sarebbe viziata, in quanto adottata durante l’iter di
conversione di un decreto-legge che non conteneva detta norma, così violando il
procedimento ordinario di formazione della legge (art. 72, primo e quarto
comma, Cost.).
Sarebbe, altresì, leso l’art. 77,
secondo comma, Cost., atteso che lo strumento della legge delega è
incompatibile con la sussistenza dei requisiti di straordinarietà ed urgenza e
in ragione della eterogeneità delle disposizioni in esame rispetto a quelle
originariamente contenute nel decreto-legge (è richiamata la sentenza di questa
Corte n. 22 del 2012).
L’art. 1 citato del decreto legislativo
sarebbe viziato per eccesso di delega, così violando l’art. 76 Cost., in quanto
la soppressione del Tribunale ordinario di Alba contrasterebbe con le finalità
di realizzare risparmi di spesa e incrementi di efficienza di cui all’art. 1,
comma 2, della legge n. 148 del 2011.
La norma censurata violerebbe, altresì,
i principi e i criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 2, lettere b) ed e),
della legge n. 148 del 2011.
18.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, deducendo la manifesta infondatezza del ricorso in
ragione di prospettazioni difensive analoghe a quelle dedotte con riguardo alle
ordinanze di rimessione sopra illustrate.
19.− Si sono costituiti nel
giudizio incidentale I.F., V.L., Z.M.G., parti ricorrenti nel giudizio a quo,
aderendo alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale.
20.− Il Tribunale ordinario di
Pinerolo, con ordinanza del 14 febbraio 2013 (registro ordinanze n. 81 del
2013), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, con
l’allegata tabella A, del d.lgs. n. 155 del 2012, limitatamente alla sua
soppressione, in riferimento all’art. 76 Cost., per la violazione dei criteri
direttivi di cui all’art. 1, comma 2, lettere b), d) ed e), ed all’art. 1,
comma 3, della legge n. 148 del 2011, nonché in riferimento agli artt. 3, 24,
25, primo comma, 97, secondo comma, Cost.
Secondo il rimettente, i suddetti
criteri direttivi sarebbero, infatti, finalizzati a razionalizzare il servizio
giustizia nelle aree metropolitane – tra le quali rientra la città di Torino −
attraverso il decongestionamento del tribunale metropolitano mediante
trasferimento dei carichi sugli uffici giudiziari limitrofi. Lo stesso
rimettente rileva che, in totale contrasto con gli obiettivi della legge di
delegazione ed i criteri ed i principi da essa fissati e sopra richiamati, il
decreto legislativo n. 155 del 2012 prevede la soppressione del Tribunale
ordinario di Pinerolo, mentre in tutte le altre aree dei tribunali
metropolitani (oltre a Torino, Milano, Roma, Napoli e Palermo) gli uffici giudiziari
sub-provinciali sono stati mantenuti e, in alcuni casi, anche ampliati.
L’art. 3 Cost. sarebbe violato dal
momento che la soppressione del Tribunale ordinario di Pinerolo fa sì che i
cittadini residenti nel suo circondario siano sottoposti ad un trattamento
diverso rispetto a quello di altri tribunali sub-provinciali che si trovano in
aree metropolitane.
Inoltre, il decreto legislativo n. 155
del 2012, includendo il Tribunale ordinario di Pinerolo tra gli uffici
giudiziari soppressi, determinerebbe la violazione dell’art. 25, primo comma,
Cost., poiché distoglie i cittadini di tale circondario al proprio giudice
naturale, e lederebbe anche il principio di buon andamento della pubblica
amministrazione.
Infine, sussisterebbe la lesione del
diritto di difesa, del cittadino dell’attuale circondario del Tribunale
ordinario di Pinerolo, sancito dall’art. 24 Cost., in quanto lo stesso si vedrà
costretto a rivolgersi ad un tribunale, i cui livelli di efficienza potrebbero
essere inferiori a quelli del Tribunale ordinario di Pinerolo.
Il giudice a quo sospetta anche
dell’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del
2011, in riferimento agli artt. 70, 72, commi primo e quarto, 77, secondo
comma, e 81 Cost., prospettando argomentazioni analoghe a quelle dedotte nelle
già richiamate ordinanze del medesimo tribunale.
La disposizione di delega lederebbe,
altresì, gli artt. 3 e 24 Cost., per contrasto con il principio di
ragionevolezza e per la violazione del diritto di difesa del cittadino.
21.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, che prospetta difese analoghe a quelle proposte negli
altri giudizi incidentali sopra richiamati.
22.− È intervenuto nel giudizio il
Consiglio dell’ordine degli avvocati di Pinerolo, prospettando argomentazioni
analoghe a quelle proposte negli altri giudizi incidentali sopra richiamati.
23.− Si è costituita la parte del
giudizio a quo, M.E., aderendo all’ordinanza di rimessione.
24.− Il Tribunale ordinario di
Pinerolo, con ordinanza del 19 marzo 2013 (registro ordinanze n. 84 del 2013),
ha sollevato questione di legittimità costituzionale analoga a quella sollevata
con l’ordinanza n. 72 del 2013, impugnando le stesse disposizioni normative e
prospettando le medesime argomentazioni.
25.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, prospettando difese analoghe a quelle proposte negli
altri giudizi incidentali sopra richiamati.
26.− È intervenuto nel giudizio il
Consiglio dell’ordine degli avvocati di Pinerolo, svolgendo argomentazioni
analoghe a quelle proposte negli altri giudizi incidentali sopra richiamati.
27.− Si è costituita B.D., parte
del giudizio a quo, aderendo all’ordinanza di rimessione.
28.− Il Tribunale ordinario di
Sala Consilina, con ordinanza del 20 febbraio 2013 (registro ordinanze n. 105
del 2013), ha sollevato questione di legittimità dell’art. 1, comma 2, della
legge n. 148 del 2011, in riferimento agli artt. 70, 72, primo e quarto comma,
e 77, secondo comma, Cost., e dell’art. 1, con l’allegata tabella A, del
decreto legislativo n. 155 del 2012, nella parte in cui, dispone la
soppressione del Tribunale ordinario di Sala Consilina, in riferimento agli
artt. 3, 24, 25, primo comma, 76 e 97, primo comma, Cost.
Come per le ordinanze del Tribunale
ordinario di Pinerolo e di quello di Urbino, sussisterebbe la rilevanza della
questione in quanto la causa andava rinviata ad udienza successiva a quella di
acquisto di efficacia del decreto legislativo n. 155 del 2012 e, quindi, nella
nuova sede giudiziaria.
Le deduzioni poste a fondamento
dell’impugnazione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011 sono
analoghe a quelle prospettate dalle ordinanze di rimessione sopra richiamate.
Il giudice a quo, quindi, censura l’art.
1 del d.lgs. n. 155 del 2012, nella parte in cui ha inserito il Tribunale
ordinario di Sala Consilina tra gli uffici soppressi, per la violazione dell’art.
76 Cost., in relazione ai criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 2, lettere
b), d) ed e), della legge n. 148 del 2011.
Ed infatti, deduce il rimettente che, in
particolare, non sarebbe stato seguito, senza peraltro assicurare condizioni di
efficienza del servizio giustizia, il criterio della priorità di una
riorganizzazione nell’ambito provinciale, dal momento che l’ufficio in
questione è soppresso ed accorpato ad altro distretto di Corte d’appello
appartenente ad altra Provincia (cioè quella di Potenza), così creandosi una
scissione tra giurisdizione amministrativa ed ordinaria circa l’allocazione
territoriale dei relativi uffici giudiziari.
Sarebbero violati, inoltre, sia il
principio di buon andamento dell’amministrazione, in ragione dei presumibili
costi e di quanto realizzato dal Tribunale ordinario di Sala Consilina per
l’attuazione del processo civile telematico, sia il diritto alla tutela
giudiziaria effettiva.
Infine, il giudice a quo deduce, in
ordine all’art. 1 del d.lgs. n. 155 del 2012, la violazione dell’art. 3 Cost.,
per il diverso trattamento riservato al Tribunale ordinario di Sala Consilina,
rispetto agli altri uffici giudiziari, nonché la violazione del principio del
giudice naturale.
29.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, deducendo la manifesta infondatezza della questione.
30.− Si sono costituite nel
presente giudizio incidentale D.M.R. e P.C., parti del processo a quo, aderendo
alle argomentazioni del giudice rimettente.
31.− Il Tribunale ordinario di
Montepulciano, con ordinanza del 21 dicembre 2012 (registro ordinanze n. 106
del 2013), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 2, della legge n. 148 del 2011, in riferimento agli artt. 3 e 24, 70, 72,
primo e quarto comma, 77, secondo comma, Cost., nonché, dell’art. 1, con
l’allegata tabella A, del d.lgs. n. 155 del 2012, nella parte in cui ha
soppresso il Tribunale ordinario di Montepulciano, sia in riferimento ai vizi
della disposizione di delega, sia in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo
comma, 76 e 97, primo comma, Cost.
Il rimettente assume la violazione sia
dell’iter ordinario di formazione legislativa (artt. 70 e 72, primo e quarto
comma, Cost.), sia del procedimento previsto per la decretazione di urgenza
(art. 77, secondo comma, Cost.).
Ad avviso del giudice a quo, la legge di
delegazione violerebbe, altresì, gli artt. 3 e 24 Cost., non perseguendo, in
modo razionale, il risparmio di spesa, e non considerando né, che ampi
territori possono trovarsi sprovvisti di uffici giudiziari, né che il mantenere
in ciascun distretto di Corte d’appello non meno di tre degli attuali tribunali
pone in essere una disparità di trattamento.
Con specifico riguardo alla soppressione
del Tribunale ordinario di Montepulciano rileva il rimettente che
sussisterebbe, oltre all’illegittimità conseguente ai dedotti vizi della
disposizione di delega, la violazione degli artt. 97, 3, 24 e 25, primo comma,
Cost.
32.− È intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, chiedendo che venga dichiarata la manifesta infondatezza della
questione, con argomentazioni analoghe a quelle già sopra riportate.
33.− Si è costituita nel giudizio
incidentale C.L., parte del giudizio a quo, aderendo alle argomentazioni del
rimettente e prospettando, altresì, la lesione di ulteriori parametri
costituzionali, indicati negli artt. 81, 97, primo comma, e 108 Cost.
34.− Ha spiegato intervento
l’Ordine degli avvocati di Montepulciano, prospettando, in primo luogo, la
sussistenza della propria legittimazione ad intervenire, con argomentazioni
nella sostanza analoghe a quelle prospettate dagli altri Consigli dell’ordine
intervenuti.
Nel merito, il Consiglio dell’ordine,
aderisce all’ordinanza di rimessione.
35.− Il Tribunale ordinario di
Sulmona, con ordinanza del 13 marzo 2013 (registro ordinanze n. 107 del 2013),
ha sollevato le seguenti questioni di legittimità costituzionale:
in via principale, questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, nonché, conseguentemente, dei
commi 3, 4, 5 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011, per contrasto con gli artt.
70, 72 primo e quarto comma, 77, secondo comma, e 81 Cost., nella parte in cui
conferiscono al Governo la delega per la riorganizzazione della distribuzione
sul territorio degli uffici giudiziari;
in via consequenziale, questioni di
legittimità costituzionale degli artt.1, 2 e 3, nonché, conseguentemente, degli
artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 del d.lgs. n. 155 del 2012, con le allegate
tabelle, e degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del d.lgs. n. 156 del 2012, con le
allegate tabelle, perché emessi in difetto di delega, in violazione dell’art.
77, primo e secondo comma, Cost.;
in via non consequenziale, questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3, nonché, per l’effetto degli
artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 del d.lgs. n. 155 del 2012, con le allegate
tabelle, e degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del d.lgs. 156 del 2012, con le
allegate tabelle, nella parte in cui sopprimono i tribunali aventi sedi nelle
Province dell’Aquila e di Chieti, per violazione della delega (artt. 76 e 77
Cost.), in quanto in contrasto con le disposizioni dell’art. 1, commi 5 e 5-bis,
della legge n. 148 del 2011, nell’interpretazione conforme agli artt. 3 e 97
Cost.;
in via sempre non consequenziale, le
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3, nonché, per
l’effetto degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11, del d.lgs. n. 155 del 2012,
con le allegate tabelle, e degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6, del d.lgs. n. 156 del
2012, con le allegate tabelle, nella parte in cui sopprimono il Tribunale
ordinario di Sulmona e gli Uffici del Giudice di pace di Castel di Sangro e di
Pratola Peligna, perché in contrasto con l’art. 1, comma 2, della legge n. 148
del 2011, nell’interpretazione conforme agli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24,
primo, secondo e terzo comma, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35, primo e
secondo comma, 97, primo comma, e 111, secondo e terzo comma, Cost.
36.− Analogamente a quanto
accaduto nel giudizio pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Alba, più
lavoratori dipendenti del Ministero della giustizia, inseriti nella pianta
organica, rispettivamente, del Tribunale ordinario di Sulmona, della Procura
della Repubblica presso il Tribunale di ordinario Sulmona e degli Uffici
giudiziari del Giudice di pace di Castel di Sangro e di Pratola Peligna,
proponevano ricorso, ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., al Tribunale
ordinario di Sulmona, impugnando e chiedendo la sospensione di alcuni
provvedimenti adottati dall’amministrazione giudiziaria, in ragione della
prevista soppressione delle suddette sedi, al fine di riassegnare il personale
perdente posto.
Il Tribunale, con decreto inaudita
altera parte, sospendeva l’efficacia degli atti impugnati. Tale provvedimento
veniva confermato una volta costituitosi il contraddittorio.
Proposto reclamo dal Ministero della
giustizia, il Tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale
della legge n. 148 del 2011, del d.lgs. n. 155 del 2012 e del d.lgs. n. 156 del
2012.
Il Tribunale ordinario di Sulmona, come
già il Tribunale ordinario di Alba, rileva l’idoneità degli atti impugnati a
produrre immediati e irreparabili pregiudizi nella sfera di interessi primari
dei lavoratori.
Afferma, infatti, il rimettente che
costituisce limite alla discrezionalità del legislatore, in ragione del
principio di ragionevolezza, la necessità di assicurare comunque
l’accessibilità del presidio giudiziario, circostanza nella specie non
adeguatamente considerata, tenuto conto della situazione infrastrutturale,
della specificità territoriale, delle distanze e delle altitudini del
territorio, anche al fine di evitare disparità di trattamento e non sottrarre i
cittadini al loro giudice naturale.
Anche l’art. 2 Cost. sarebbe leso, in
quanto viene attribuita prevalenza al risparmio e all’efficienza rispetto al
principio di solidarietà.
Peraltro, data la presenza nel
territorio del Tribunale ordinario di Sulmona di un’importante struttura
penitenziaria, la censurata soppressione della sede giudiziaria violerebbe
altresì i principi di cui all’art. 27, terzo comma, Cost., sia con riguardo al
risparmio di spesa, sia in relazione alla situazione delle persone detenute in
riferimento ai principi di cui al citato art. 27, terzo comma, e agli artt. 2 e
3, Cost.
La mancata considerazione, nella
ricognizione delle specificità rilevanti, della suddetta popolazione
carceraria, avrebbe fatto trascurare i possibili risparmi di spesa legati a
tutti gli adempimenti processuali espletabili negli uffici soppressi.
Altra specificità di cui non si è tenuto
conto, così violando l’art. 9, secondo comma, Cost., sarebbe costituita dalla
presenza all’interno del circondario di Sulmona di tre parchi naturali e di
altre riserve naturali, rispetto ai quali assume rilievo la presenza degli
Uffici giudiziari del Tribunale di Sulmona e della relativa Procura della
Repubblica, nonché dell’Ufficio del giudice di pace di Castel di Sangro, al
fine del contrasto dei reati ambientali sul territorio.
In particolare, il Tribunale sospetta di
illegittimità costituzionale gli artt. 1, 2, 3, 11, comma 3, del d.lgs. n. 155
del 2012, con le allegate tabelle, nella parte in cui prevedono la soppressione
dei tribunali delle Province dell’Aquila e di Chieti, per violazione dell’art.
76 Cost. in riferimento all’art. 1, comma 5-bis, della legge n. 148 del 2011,
che stabilisce in tre anni il termine per l’esercizio della delega nei suddetti
ambiti territoriali, termine che assume rilievo anche rispetto alla previsione
di cui al comma 5 dell’art. 1 della legge n. 148 del 2011.
Con riguardo alla dedotta violazione
dell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, le censure esposte, nella
sostanza, introducono le medesime argomentazioni già formulate nelle ordinanze
di rimessione sopra richiamate nel dedurre la violazione delle disposizioni
costituzionali sul procedimento di approvazione della conversione in legge del
decreto-legge e su quello di approvazione della legge di delegazione. Peraltro,
la norma di delega, destinata a produrre nuove spese, si contrapporrebbe al
decreto-legge, volto ad effettuare un risparmio di spesa.
Infine, sono sospettati di illegittimità
costituzionale l’art. 1, secondo comma, lettera q), della legge n. 148 del 2011
e l’art. 10 del d.lgs. n. 155 del 2012, per la violazione dell’art. 81 Cost.
Tali disposizioni, infatti, non darebbero conto né delle spese derivanti dalla
piena attuazione del provvedimento normativo, né della copertura per farvi
fronte.
37.− È intervenuto nel giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo, con argomentazioni analoghe a quelle
prospettate negli altri giudizi incidentali, che le questioni siano dichiarate
manifestamente infondate.
38.− Si sono costituiti P.P. ed
altri, ricorrenti nel giudizio principale, aderendo all’ordinanza di
rimessione, con argomentazioni che ripercorrono l’iter motivazionale
dell’ordinanza stessa.
39.− In prossimità dell’udienza e
della camera di consiglio, sono state depositate più memorie.
40.− L’Ordine degli avvocati di
Urbino (registro ordinanze n. 66 del 2013) ribadisce la propria legittimazione
ad intervenire nel giudizio incidentale e, nel merito, conferma le
argomentazioni già svolte a sostegno dell’ordinanza di rimessione.
Anche il Consiglio nazionale forense ha
depositato memoria. Quanto alla propria specifica posizione processuale, il
C.N.F. ricorda che l’Ordine forense è un ente complesso, formato da più enti,
gli ordini circondariali ed il C.N.F., che ne rappresenta la forma unitaria.
Nel merito, il C.N.F. ribadisce le
argomentazioni già svolte.
Il Consiglio dell’ordine degli avvocati
di Pinerolo (registro ordinanze n. 72, n. 81 e n. 84 del 2013) ha depositato
memorie, con le quali ribadisce le difese svolte.
Le parti private dei giudizi iscritti ai
numeri 72, 80, 81, 84 del registro ordinanze 2013 hanno depositato memorie, con
le quali ripercorrono le deduzioni difensive già esposte con l’atto di
costituzione.
Il Coordinamento nazionale degli ordini
forensi minori ha depositato memoria con la quale, in via preliminare,
ribadisce la propria legittimazione ad intervenire.
1.– I Tribunali ordinari di Pinerolo, di
Alba, di Sala Consilina, di Montepulciano e di Sulmona, hanno sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge
14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la
riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari),
in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 24, 70, 72, primo e quarto comma,
77, secondo comma, e 81 della Costituzione. Il Tribunale ordinario di Urbino
(registro ordinanze n. 66 del 2013) ha sollevato questione di legittimità
costituzionale del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova
organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a
norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), in
riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost.
Tutti i suddetti giudici rimettenti
hanno sollevato, nel complesso, questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 1, con l’allegata tabella A – limitatamente alla disposta soppressione
dei medesimi Tribunali ordinari di Pinerolo, Urbino, Alba, Sala Consilina,
Montepulciano, Sulmona e aventi sede nelle province dell’Aquila e di Chieti −,
2, 3 e 9 del suddetto decreto legislativo n. 155 del 2012, con le allegate
tabelle, in riferimento, nel complesso agli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24,
25, primo comma, 27, terzo comma, 35, primo e secondo comma, 70, 72, primo e
quarto comma, 76 – con riguardo ai criteri direttivi di cui all’art. 1, comma
2, in particolare, alle lettere a), b), d), e), f), ed ai commi 3, 5 e 5-bis,
della legge n. 148 del 2011 −, 77, 81, 97 e 111, secondo e terzo comma, della
Costituzione.
Il Tribunale ordinario di Sulmona ha,
altresì, sospettato di illegittimità costituzionale, in via consequenziale,
l’art. 1, commi 3, 4, 5 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011, in riferimento
agli artt. 70, 72, primo e quarto comma, 77, secondo comma, e 81 Cost.; tutte
le ulteriori disposizioni del decreto legislativo n. 155 del 2012, con le
allegate tabelle, e gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 7
settembre 2012, n. 156 (Revisione delle circoscrizioni giudiziarie − Uffici
dei giudici di pace, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre
2011, n. 148), con le allegate tabelle, nell’insieme, e con riguardo alla
soppressione degli Uffici del Giudice di pace di Castel di Sangro e di Pratola
Peligna in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24,
primo, secondo e terzo comma, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35, primo e
secondo comma, 76 – con riguardo ai criteri direttivi di cui all’art. 1, commi
2, 5 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011 – ,77, 81, 97 e 111, secondo e terzo
comma, Cost.
2.− Le dieci ordinanze di
rimessione pongono questioni identiche, o tra loro strettamente connesse, in
relazione alla normativa censurata.
Ed infatti, i giudici rimettenti
denunciano l’illegittima soppressione dei diversi uffici giudiziari, ravvisando
la violazione di più parametri costituzionali ad opera sia della disposizione
di delega contenuta nell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, sia dei
decreti legislativi che vi hanno dato attuazione.
I giudizi, pertanto, vanno riuniti per
essere congiuntamente esaminati e decisi con unica pronuncia.
3.− In via preliminare, deve
essere esaminata l’ammissibilità degli interventi proposti.
Nei giudizi iscritti ai numeri 13 e 53
del registro ordinanze 2013 (Tribunale ordinario di Pinerolo) ha spiegato
intervento il Coordinamento nazionale degli ordini forensi minori.
Nei giudizi iscritti ai numeri 53, 72,
81 e 84 del registro ordinanze 2013 è intervenuto il Consiglio dell’ordine
degli avvocati di Pinerolo.
Nel giudizio iscritto al n. 66 del
registro ordinanze 2013 sono intervenuti l’Unione degli ordini forensi della
Sicilia e il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Nicosia, il Consiglio
nazionale forense (C.N.F.) e il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Urbino.
Nel giudizio iscritto al n. 106 del
registro ordinanze 2013 è intervenuto l’Ordine degli avvocati di Montepulciano.
4.− Questi soggetti non sono parti
nei giudizi a quibus e quindi,
secondo la giurisprudenza costituzionale, il loro intervento potrebbe essere
ammesso solo in presenza di un interesse qualificato riferibile in via
immediata al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo (ex multis, sentenza n. 272 del
2012), ovvero quando siano lese le loro prerogative.
Alla stregua di tali criteri, la
legittimazione ad intervenire deve essere riconosciuta al Consiglio dell’ordine
degli avvocati di Pinerolo, all’Ordine degli avvocati di Montepulciano e al
Consiglio dell’ordine degli avvocati di Urbino; mentre non sussiste in capo al
Consiglio nazionale forense, al Coordinamento nazionale degli ordini forensi
minori, all’Unione degli ordini forensi della Sicilia e al Consiglio
dell’ordine degli avvocati di Nicosia.
5.− È opportuno richiamare in
proposito alcuni profili della disciplina dell’Ordine forense circondariale,
come delineata dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina
dell’ordinamento della professione forense), in vigore alla data di deposito
degli atti di intervento.
Alla stregua di tale legge, l’Ordine
forense si articola negli Ordini circondariali e nel Consiglio nazionale
forense. Entrambi sono enti pubblici non economici a carattere associativo,
istituiti per garantire il rispetto dei principi previsti dalla legge e delle
regole deontologiche, nonché con finalità di tutela dell’utenza e degli
interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto
svolgimento della funzione giurisdizionale.
Presso ciascun tribunale è costituito l’Ordine
degli avvocati, al quale sono iscritti tutti gli avvocati aventi il principale
domicilio professionale nel circondario. L’Ordine circondariale ha in via
esclusiva la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a livello locale e
promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni.
Gli Ordini degli avvocati di Pinerolo,
di Urbino e di Montepulciano, pertanto, hanno un interesse differenziato e
qualificato ad intervenire nei presenti giudizi incidentali, poiché alla
presenza del tribunale nel circondario é connessa la istituzione degli stessi,
e non vi è dubbio, dunque, che sussista una lesione delle loro prerogative.
Analoga legittimazione non può
ravvisarsi in capo all’Ordine degli avvocati di Nicosia, in quanto le
attribuzioni dello stesso esulano dal circondario del Tribunale ordinario di
Urbino.
Non sussiste la legittimazione ad
intervenire del Consiglio nazionale forense, in quanto non sono incise le
attribuzioni dello stesso e non ne sono messe in gioco le prerogative istituzionali.
Né un interesse differenziato e
qualificato è ravvisabile in capo all’associazione Coordinamento nazionale
degli ordini forensi minori e all’Unione degli ordini forensi della Sicilia.
6.− Prima di passare all’esame del
merito delle questioni, occorre rilevare che la parte costituitasi nel giudizio
n. 53 del registro ordinanze 2013 e il Consiglio dell’ordine degli avvocati di
Pinerolo, nell’aderire all’ordinanza di rimessione, hanno impugnato ulteriori
disposizioni e hanno invocato ulteriori parametri costituzionali. Tali
disposizioni e profili non possono essere esaminati.
Per costante orientamento di questa
Corte, l’oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato
alle sole norme e parametri indicati, pur se implicitamente, nell’ordinanza di
rimessione e non possono essere presi in considerazione ulteriori questioni o
profili di costituzionalità dedotti dalle parti − e a maggior ragione
dagli intervenienti −, tanto se siano stati eccepiti ma non fatti propri
dal giudice a quo, quanto se siano diretti ad ampliare o modificare
successivamente il contenuto della stessa ordinanza (ordinanza n. 298
del 2011).
7.− Le censure prospettate con le
ordinanze di rimessione possono essere riunite, ai fini del loro esame, in tre
gruppi.
Un primo gruppo investe l’art. 1, comma
2, della legge n. 148 del 2011 e, in via consequenziale, i commi 3, 4, 5 e
5-bis, del medesimo art. 1, in riferimento agli artt. 70, 72, primo e quarto
comma, 77, secondo comma, Cost.
Con tali disposizioni di legge
ordinaria, il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare, entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della medesima legge, uno o più decreti
legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici
giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza,
con l’osservanza dei principi e criteri direttivi indicati.
In queste censure viene menzionato anche
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), ma in realtà l’atto non è
oggetto di impugnazione, atteso che è richiamato solo a sostegno della illegittimità
della disposizione di delega contenuta nella legge di conversione.
Un secondo gruppo di censure riguarda
sia il d.lgs. n. 155 del 2012, in riferimento all’art. 77, secondo comma,
Cost., sia gli artt. 1, con l’allegata tabella A – limitatamente alla disposta
soppressione dei Tribunali ordinari di Pinerolo, Urbino, Alba, Sala Consilina,
Montepulciano, Sulmona e di quelli aventi sede nelle province dell’Aquila e di
Chieti −, 2, 3 e 9 del medesimo decreto legislativo, con le allegate
tabelle, in riferimento, nel complesso, agli artt. 70, 72, primo e quarto
comma, 76 – per violazione dei criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 2, in
particolare, alle lettere a), b), d), e), f), e dei commi 3, 5 e 5-bis, della
legge n. 148 del 2011 –, 77, Cost.
Il Tribunale ordinario di Sulmona, in
particolare, ha chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale di tutte le
disposizioni del decreto legislativo n. 155 del 2012 con le allegate tabelle,
degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156
(Revisione delle circoscrizioni giudiziarie − Uffici dei giudici di pace,
a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), con le
allegate tabelle, nell’insieme, e con riguardo alla soppressione degli Uffici
del Giudice di pace di Castel di Sangro e di Pratola Peligna, in riferimento,
nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24, primo, secondo e terzo
comma, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35, primo e secondo comma, 76 – con
riguardo ai criteri direttivi di cui all’art. 1, commi 2, 5 e 5-bis, della
legge n. 148 del 2011 –, 77, 81, 97 e 111, secondo e terzo comma, Cost.
Un terzo gruppo di censure, infine,
attiene nel complesso alla violazione, ad opera delle disposizioni impugnate,
degli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35,
primo e secondo comma, 81, 97 e 111, secondo e terzo comma, Cost.
8.− Quanto al primo gruppo di
censure, ad avviso dei rimettenti, l’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del
2011, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale (in particolare,
nella sentenza
n. 22 del 2012), sarebbe una norma intrusa rispetto all’oggetto del
decreto-legge convertito, priva dei requisiti di necessità ed urgenza ed
estranea alla materia del decreto-legge. La norma di delega è stata infatti
introdotta dalla legge di conversione, così violando – in tesi − sia
l’art. 77, secondo comma, Cost., sia gli artt. 70 e 72, primo e quarto comma,
Cost.
Inoltre, la disposizione sarebbe stata
approvata con il procedimento previsto per la legge di conversione di un
decreto-legge e non con la procedura ordinaria; e ciò in violazione dell’art.
72, quarto comma, Cost.
9.− La questione non è fondata.
9.1.− Questa Corte con la sentenza n. 63 del
1998, nell’esaminare disposizioni di delega inserite nella legge di
conversione di un decreto-legge, ha osservato che gli articoli contenenti la
delega legislativa «sono disposizioni del tutto autonome rispetto al
decreto-legge e alla sua conversione, essendo stati introdotti, come norma
aggiuntiva, alla legge di conversione nel corso dell’esame dello stesso disegno
di legge; né poteva essere altrimenti, posto che l’atto di conferimento al
Governo di delega legislativa può avvenire solo con legge».
In tal caso, secondo la stessa sentenza
«in realtà, la legge […] ha un duplice contenuto con diversa natura ed
autonomia: l’uno […] di conversione del decreto-legge "con le modificazioni
riportate in allegato alla legge”, adottato in base alla previsione dell’art.
77, terzo comma, della Costituzione; l’altro […], di legge di delega ai sensi
dell’art. 76 della Costituzione».
Si deve dunque ritenere che il
Parlamento, nell’approvare la legge di conversione di un decreto-legge, possa
esercitare la propria potestà legislativa anche introducendo, con disposizioni
aggiuntive, contenuti normativi ulteriori, peraltro con il limite – precisato
dalla giurisprudenza successiva – dell’omogeneità complessiva dell’atto
normativo rispetto all’oggetto o allo scopo (sentenza n. 22 del
2012).
Si evidenzia in tal modo il diverso
connotarsi della legge, quale ordinaria fonte di conversione del decreto-legge,
da un lato, e, dall’altro, quale autonomo fondamento di disposizioni assunte
dal Parlamento, distinte da quelle dell’originario decreto-legge anche quanto
all’efficacia temporale. Dunque, la disposizione di delega introdotta
nell’ordinamento con la legge di conversione, costituendo una statuizione
distinta dal decreto-legge, deve essere ricondotta direttamente alla potestà
legislativa del Parlamento.
9.2.− Quanto ai requisiti della
norma così aggiunta la sua autonomia, come fin qui delineata, comporta che non
si possa richiedere che anche essa possieda i caratteri della necessità e
dell’urgenza.
La Corte – sia pure nel diverso caso
dell’emendamento apportato nel corpo del decreto-legge − nella sentenza n. 22 del
2012, nel sottolineare il legame esistente fra decretazione d’urgenza e
potere di conversione, afferma che «se tale legame viene interrotto, la
violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei
presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che,
proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi
a tali condizioni preliminari […]».
Il principio è affermato con riguardo al
caso di norme eterogenee modificative del decreto-legge, ma è a maggior ragione
valido nel caso in esame.
9.3.− Nella stessa sentenza n. 22 del
2012, peraltro, si afferma che l’omogeneità del decreto-legge, la cui
interna coerenza va valutata in relazione all’apprezzamento politico operato
dal Governo e controllato dal Parlamento, deve essere osservata anche dalla
legge di conversione e che in mancanza si verificherebbe un «uso improprio, da
parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con
speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in
legge un decreto-legge». E il principio è recepito dall’art. 96-bis, comma 7,
del Regolamento della Camera dei deputati, che dispone: «il Presidente dichiara
inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano
strettamente attinenti alla materia del decreto-legge».
Anche l’introduzione, nella legge di
conversione, di una disposizione di delega, dunque, deve essere coerente con la
necessaria omogeneità della normativa di urgenza.
9.4.− Così precisati termini dello
scrutinio di costituzionalità al quale è chiamata questa Corte in relazione ai
parametri invocati, occorre rilevare che la disposizione contenuta nell’art. 1,
comma 2, della legge n. 148 del 2011 – contenente misure organizzative degli
uffici giudiziari di primo grado − non altera l’omogeneità del
decreto-legge oggetto di conversione.
Ed infatti, il d.l. n. 138 del 2011 ha
modificato alcune disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98
(Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e, in particolare, l’art. 10
(la cui rubrica reca «Riduzione delle spese dei Ministeri e monitoraggio della
spesa pubblica»), ricompreso con l’art. 9 nel Capo II, recante
«Razionalizzazione e monitoraggio della spesa delle amministrazioni pubbliche».
A sua volta, la delega conferita è
diretta a realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, nonché al
perseguimento delle finalità di cui all’art. 9 del d.l. n. 98 del 2011; e va
anche rilevato che sia nel d.l. n. 138 del 2011, che nel richiamato art. 9, i
tagli di spesa sono ottenuti anche mediante interventi di tipo strutturale, pur
se limitati agli organismi propriamente amministrativi.
Concludendo sul punto, la disposizione
in esame, in quanto prevede interventi sulle strutture giudiziarie, non può
ritenersi disomogenea rispetto al contenuto del decreto-legge.
9.5.− L’ulteriore profilo di
censura, relativo alla violazione del procedimento ordinario previsto per la
legge di delegazione, e prospettato anche in considerazione della sua
approvazione con il voto di fiducia su un maxi-emendamento, non è fondato.
Premesso, infatti, che il
riconoscimento, da parte di questa Corte, dell’ammissibilità del conferimento
di una delega con la legge di conversione presuppone che non vi sia una
incompatibilità di principio fra le due rispettive procedure, occorre
verificare se nella specie siano stati rispettati i vincoli posti per la legge
di delega dal quarto comma dell’art. 72 Cost.
Ebbene tali vincoli, consistenti nella
necessità di esame in sede referente e nella cosiddetta "riserva di Assemblea”,
risultano puntualmente rispettati.
Si deve al riguardo ricordare come già
con la sentenza
n. 9 del 1959 la Corte si sia dichiarata competente a giudicare in ordine
al rispetto delle norme costituzionali sul procedimento legislativo, ma non
anche sulle previsioni dei Regolamenti della Camera e del Senato, poiché, come
affermato nella sentenza
n. 78 del 1984, la Costituzione garantisce l’autonomia normativa di
entrambi i rami del Parlamento e la peculiarità e la dimensione di tale
autonomia.
Orbene, il Regolamento del Senato pone
sullo stesso piano i disegni di legge di delegazione legislativa e quelli di
conversione di decreti-legge, stabilendo (art. 35) che in entrambi i casi sono
obbligatorie la discussione e la votazione da parte dell’Assemblea, ed
escludendo (art. 36) l’assegnazione in sede redigente alle commissioni
permanenti.
Analogamente, l’art. 96-bis del
Regolamento della Camera prevede che il Presidente della Camera assegni i
disegni di legge di conversione dei decreti-legge alle commissioni competenti,
in sede referente.
Nel caso in esame, pertanto, il rispetto
da parte delle Camere della procedura desumibile dalla disciplina regolamentare
relativa all’approvazione dei disegni di legge di conversione, conduce ad
escludere che si sia configurata la lesione delle norme procedurali fissate
nell’art. 72 Cost., poiché risultano salvaguardati sia l’esame in sede
referente sia l’approvazione in aula, come richiesto per i disegni di legge di
delegazione legislativa.
Gli ulteriori profili procedimentali
censurati riguardano la violazione dell’art. 72 Cost., perché a seguito della
questione di fiducia posta dal Governo sull’articolo unico della legge di
conversione, la norma impugnata sarebbe stata approvata dalle Camere senza una
specifica discussione e votazione «articolo per articolo». Al riguardo si è già
chiarito nella sentenza
n. 391 del 1995 che, ponendo la fiducia, la procedura seguita, nel rispetto
delle previsioni regolamentari, comporti che la discussione e la votazione si
vengano a concentrare − ai sensi dell’art. 116, comma 2, del Regolamento
della Camera – sull’articolo unico del disegno di conversione, soddisfacendo il
tal modo il disposto della norma costituzionale.
9.6.− Per le stesse ragioni fin
qui esposte, anche le questioni sollevate in via consequenziale, dal Tribunale
ordinario di Sulmona, dell’art, 1, commi 3, 4, 5 e 5-bis, della legge n. 148
del 2011 non sono fondate.
10.− Con il secondo gruppo di
questioni, tutte le ordinanze di rimessione (r.o. nn. 13, 53, 66, 72, 80, 81,
84, 105, 106 e 107), censurano, nell’insieme, gli artt. 1, 2, 3 e 9 del d.lgs.
n. 155 del 2012, in riferimento all’art. 76 Cost., per la violazione, nel
complesso, dei criteri di cui agli artt. 1, comma 2, in particolare delle
lettere a), b), d), e), ed f), dei commi 3, 5 e 5-bis, della legge di
delegazione n. 148 del 2011, nonché agli artt. 70, 72, primo e quarto comma, e
77, secondo comma, Cost., per l’illegittimità della disposizione di delega.
L’art. 1 del d.lgs. n. 155 del 2012
prevede la soppressione dei tribunali ordinari, delle sezioni distaccate e
delle procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al medesimo
decreto legislativo.
L’art. 2 del d.lgs. n. 155 del 2012
stabilisce conseguenti modifiche ad alcune disposizioni e tabelle del regio
decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).
L’art. 3 del d.lgs. n. 155 del 2012
modifica la tabella relativa agli Uffici di sorveglianza.
L’art. 9 del d.lgs. n. 155 del 2012
detta le disposizioni transitorie.
Il Tribunale ordinario di Sulmona
estende le censure (in via consequenziale) alle ulteriori disposizioni del
d.lgs. n. 155 del 2012 e agli artt. 1, 2, 3, 4, 5, e 6 del d.lgs. n. 156 del
2012 (relativo agli uffici dei giudici di pace).
Occorre aggiungere che l’impugnazione
dell’art. 1 e della relativa tabella A del d.lgs. n. 155 del 2012, con riguardo
ai tribunali, investe automaticamente la soppressione delle relative Procure
della Repubblica, senza che occorra farne menzione, atteso che, nel sistema
dell’ordinamento giudiziario, la Procura della Repubblica è istituita presso il
tribunale.
Il petitum deve essere pertanto
individuato nell’impugnazione dell’art. 1 e della relativa tabella A,
limitatamente alla prevista soppressione dei tribunali, in quanto la sorte
della Procura della Repubblica è collegata a quella del relativo tribunale.
10.1.− I criteri di delega
indicati nell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2012, che, in
particolare, si assumono violati sono i seguenti:
art. 1, comma, 2, lettera a): ridurre
gli uffici giudiziari di primo grado, salvo la permanenza del tribunale ordinario
nei circondari dei comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
art. 1, comma 2, lettera b): ridefinire,
anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi,
l’assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e
omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio, del numero degli
abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della
specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla
situazione infrastrutturale, e del tasso d’impatto della criminalità
organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia
nelle grandi aree metropolitane;
art. 1, comma 2, lettera d): procedere
alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale,
anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di
cui alla lettera b);
art. 1, comma 2, lettera e): assumere
come prioritaria linea di intervento, nell’attuazione di quanto previsto dalle
lettere a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali,
demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale
caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni;
art. 1, comma 2, lettera f): garantire
che, all’esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte
d’appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre degli
attuali tribunali con relative procure della Repubblica.
Le ulteriori disposizioni della legge n.
148 del 2011, rispetto alle quali è ravvisata l’illegittimità del decreto
legislativo, prevedono:
art. 1, comma 3: necessità del
coordinamento con le altre disposizioni vigenti;
art. 1, comma 5: il termine di due anni
dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati
nell’esercizio della delega per l’adozione delle disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi medesimi;
art. 1, comma 5-bis: un diverso più
ampio termine per l’esercizio della delega relativamente ai soli tribunali
aventi sedi nelle Province dell’Aquila e di Chieti (tre anni).
Il solo Tribunale ordinario di Urbino
prospetta un contrasto diretto con la previsione contenuta nella legge delega
volta al mantenimento dei tribunali siti nei capoluoghi di provincia, atteso
che Urbino è uno dei due capoluoghi della provincia di Pesaro e Urbino.
10.2.− In particolare, i giudici a
quibus, con riguardo all’eccesso di delega, prospettano quanto segue.
La soppressione del Tribunale ordinario
di Pinerolo, con il conseguente accorpamento al Tribunale ordinario di Torino,
viene censurata in quanto l’ufficio giudiziario del capoluogo resterebbe
sostanzialmente inalterato in violazione del criterio di cui alla lettera b)
dell’art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011. Al fine di perseguire il
decongestionamento del Tribunale metropolitano di Torino, invece, il Governo
avrebbe dovuto mantenere quello di Pinerolo e aumentarne il bacino di utenza.
La soppressione non sarebbe conforme
nemmeno agli altri criteri enunciati dall’art. l, lettera b), della delega,
ovvero i carichi di lavoro, l’indice delle sopravvenienze e la specificità
territoriale dei bacini di utenza. Sarebbe inoltre contrario anche al criterio
di cui alla sopra citata lettera e) il mantenimento, nella provincia di Torino,
di soli due tribunali, con rilevanti differenze in ordine al bacino di utenza,
anche perché non realizzerebbe il riequilibro delle attuali competenze
territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area
provinciale, caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni.
Il Tribunale ordinario di Alba osserva
che l’Ufficio, per l’incremento di efficienza, era stato inserito nell’elenco
dei tribunali virtuosi redatto dal Ministero della giustizia, ai sensi del d.l.
n. 98 del 2011, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del
2011.
La norma censurata contrasterebbe anche
con i principi e i criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 2, lettere b) ed
e), della legge n. 148 del 2011, atteso che il circondario comprende un ampio
territorio caratterizzato da un’elevata densità abitativa, tant’è che per
bacino di utenza esso risulta il primo tribunale nella provincia di Cuneo e il
quarto su diciassette tribunali del distretto della Corte d’appello di Torino.
Sarebbe poi dubbio il rispetto del
criterio fissato dalla lettera e), che ha imposto, quale prioritaria linea di
intervento, di riequilibrare le competenze tra uffici limitrofi della stessa
area provinciale. La vastità del territorio provinciale avrebbe potuto giustificare,
infatti, il mantenimento in funzione quantomeno dei due tribunali ordinari di
maggiori dimensioni (ovvero quelli di Cuneo e di Alba), che già oggi risultano
essere sostanzialmente equiparabili in relazione agli altri parametri.
Il Tribunale ordinario di Urbino rileva
che il legislatore delegato sarebbe incorso in un eccesso di delega, in quanto
la città è comune capoluogo della Provincia di Pesaro e Urbino, istituita con
il regio decreto n. 4495 del 22 dicembre 1860, riguardante la nuova circoscrizione
territoriale delle Marche, insieme a Pesaro.
Il Tribunale ordinario di Sala Consilina
espone che, in particolare, non sarebbe stato seguito il criterio (lettera e)
della priorità di riorganizzazione nell’ambito provinciale, dal momento che
l’Ufficio soppresso è stato accorpato al Tribunale ordinario di Lagonegro, che
fa parte di un altro distretto di Corte d’appello e appartiene ad altra
Provincia, così creandosi una scissione tra esercizio della giurisdizione
amministrativa e di quella ordinaria, circa l’allocazione territoriale dei
relativi uffici giudiziari. Comunque, l’accorpamento (atteso l’organico di
undici giudici del Tribunale ordinario di Sala Consilina e quello di otto
giudici del Tribunale ordinario di Lagonegro) sarebbe inidoneo ad assicurare
condizioni di efficienza del servizio giustizia.
Il Tribunale rileva inoltre, di aver
dato attuazione all’informatizzazione giudiziaria e di aver attivato il
processo civile telematico, mentre il Tribunale di Lagonegro non rientrerebbe
tra le strutture giudiziarie presso cui attivare il processo telematico.
Il Tribunale ordinario di Montepulciano
assume che la scelta di concentrare il riordino degli uffici giudiziari sulle
città capoluogo di provincia (art. 1, lettera a) trascura di considerare che
esse non assicurano la necessaria centralità rispetto al territorio di
riferimento e che ciò accentua il rischio che grandi territori possano trovarsi
sprovvisti di uffici giudiziari.
Ugualmente censurabili sarebbero le
conseguenze prodotte dall’applicazione del criterio di cui all’art. 1, lettera
f), il quale, nel prevedere che, a prescindere dall’estensione delle regioni e
dalla consistenza della relativa popolazione, siano mantenuti in ciascun distretto
di Corte d’appello non meno di tre degli attuali tribunali, porrebbe in essere
una disparità di trattamento, ledendo i principi di eguaglianza e
proporzionalità; il criterio direttivo sarebbe anche in contrasto con altri
principi contenuti nella delega e in particolare con quello che impone
l’utilizzo di criteri oggettivi ed omogenei.
Il Tribunale ordinario di Sulmona pone
in rilievo come distanze e altitudini del territorio, una volta divenuta
efficace la prevista soppressione, possano incidere sull’esercizio del diritto
alla tutela giurisdizionale e del diritto di difesa, mentre nel distretto di
Corte d’appello di Campobasso di minore estensione, minore popolazione, con
minori distanze, è prevista la conservazione di tutti i tre tribunali. La
distribuzione degli uffici giudiziari, quindi, sarebbe in contrasto con i
principi di razionalità e buon andamento dell’amministrazione, né il Governo si
è preoccupato in primo luogo di individuare i tribunali indispensabili alla
salvaguardia dei diritti intangibili e poi fare applicazione dei criteri
restanti.
La soppressione dei tribunali violerebbe
anche il criterio di cui alla lettera e), della norma di delega, che si esprime
nel senso di un riequilibrio delle competenze territoriali demografiche e
funzionali tra uffici limitrofi, non potendosi escludere che tale disposizione
consentisse un riequilibrio implicante il superamento del confine provinciale,
estendendo il territorio del Tribunale ordinario di Sulmona ai naturali confini
geografici e di area di servizio della Conca di Sulmona.
La soppressione dei Tribunali ordinari
delle Province dell’Aquila e di Chieti sarebbe stata disposta, inoltre,
nonostante la previsione del citato comma 5-bis, che dà luogo ad un
differimento della delega: per i territori in questione avrebbe dovuto essere
adottato un autonomo decreto legislativo, con diversa decorrenza.
10.3.− La questione sollevata dal
Tribunale ordinario di Urbino è fondata.
La norma impugnata, nello stabilire la
soppressione di tale tribunale, ha violato il criterio direttivo di cui
all’art. 1, comma 2, lettera a), che stabilisce la necessità di garantire la
permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di
provincia alla data del 30 novembre 2011. Tale è la condizione del Tribunale e il
contrasto non può essere superato in via interpretativa, come erroneamente
prospettato nella scheda tecnica allegata alla relazione allo schema del
decreto legislativo n. 155 del 2012, atteso il chiaro tenore inderogabile della
delega.
10.4.− Le questioni sollevate dai
Tribunali ordinari di Pinerolo, Alba, Montepulciano, Sala Consilina e Sulmona
non sono fondate.
10.4.1.− Va premesso che le
disposizioni contenute nella legge delega concorrono a formare, quali norme
interposte, il parametro di costituzionalità dei decreti legislativi delegati.
E in proposito la giurisprudenza
costituzionale (sentenza
n. 134 del 2013) ha affermato che il contenuto della delega non può essere
individuato senza tenere conto del sistema normativo complessivo, poiché
soltanto l’identificazione della sua ratio consente di verificare se la norma
delegata sia con essa coerente.
Si è ritenuto anche che il legislatore
abbia margini di discrezionalità nell’attuazione della delega, sempre che,
appunto, ne rispetti la ratio e che si inserisca in modo coerente nel relativo
quadro normativo, con la conseguenza che rientra nei suoi poteri fare delle
scelte fra i possibili modi di realizzare l’obiettivo indicato nella legge di
delegazione, scelte di cui peraltro occorre verificare la ragionevolezza (sentenza n. 119 del
2012).
10.4.2.− Tanto premesso, nel caso
in esame si è in presenza di una misura organizzativa, in cui la soppressione
dei singoli tribunali ordinari ha costituito la scelta rimessa al Governo, nel
quadro di una più ampia valutazione del complessivo assetto territoriale degli
uffici giudiziari di primo grado, finalizzata a realizzare un risparmio di
spesa e un incremento di efficienza; valutazione che ha richiesto lo
svolgimento di un’articolata attività istruttoria, come si desume dalla
relazione che accompagna il decreto legislativo n. 155 del 2012 e dalle schede
tecniche allegate − le quali, con specifico riferimento alle singole
realtà territoriali, illustrano le modalità di applicazione dei criteri −,
nonché dai diversi pareri e relazioni sottoposti all’attenzione del Governo e
delle Camere, e richiamati nelle ordinanze di rimessione.
Quanto al d.lgs. n. 156 del 2012,
anch’esso, per conseguire l’obiettivo di una razionalizzazione nella
distribuzione degli uffici del giudice di pace, si è avvalso di un’analisi
caratterizzata, da un lato, dall’individuazione della capacità di smaltimento
effettivo e, dall’altro, dall’individuazione dei carichi di lavoro del singolo
ufficio.
10.4.3.− In concreto, i criteri di
delega prevedono, oltre a una linea di intervento di riequilibrio (art. 1,
comma 2, lettera e, della legge n. 148 del 2011):
la riduzione degli uffici con il solo
vincolo di mantenere quelli posti nei capoluoghi di provincia;
la possibilità di attribuire porzioni di
territori a circondari limitrofi, senza vincoli quanto al distretto di Corte
d’appello o al territorio regionale o provinciale;
una generale razionalizzazione del
servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane, senza vincoli alla
accorpabilità di uffici giudiziari ai tribunali metropolitani;
la conservazione di non meno di tre
tribunali in ogni distretto di Corte d’appello, indipendentemente dal numero
dei distretti di Corte d’appello nella regione o dalla consistenza territoriale
del distretto.
10.4.4.− Alla stregua di tale
quadro di riferimento per l’esercizio della delega, non si ravvisa violazione
da parte dei decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012 dei relativi criteri
né si evidenzia una irragionevolezza della loro applicazione.
A tal fine è opportuno illustrare il
percorso con il quale sono stati attuati i criteri in questione.
Nella relazione, anzitutto, si dà atto
che i principali dati da elaborare, per giungere al valore-modello da
utilizzare come guida dell’intero lavoro, sono stati scelti tra quelli con
caratteristiche di pubblicità ed incontrovertibilità (si è, così, privilegiata
la fonte Istat), evitando l’impiego di quelli suscettibili di correzione
mediante elementi valutativi (quali la «situazione infrastrutturale» o il
«tasso d’impatto della criminalità organizzata»). Essenzialmente, dunque, sono
stati utilizzati, per un verso, i criteri del «numero degli abitanti» e delle
«sopravvenienze» (cosiddetto indice di litigiosità), per altro verso, quello
dei «carichi di lavoro» rispetto all’organico disponibile (cosiddetto indice di
produttività).
Il periodo considerato è stato assunto
convenzionalmente in almeno un quinquennio, tale per cui fattori accidentali e
idonei ad alterare nel breve periodo la formazione dei dati in un circondario
possono reputarsi neutralizzabili. Pertanto, l’intervallo considerato è
stabilmente quello degli anni 2006-2010; previa, tuttavia, conferma
dell’intangibilità delle singole linee di tendenza anche per l’anno 2011,
almeno dove la disponibilità del dato sia risultata già acquisita. L’obiettivo
è stato, anzitutto, quello di stimare il valore-standard dell’ufficio intangibile,
ovvero dell’ufficio avente sede in un capoluogo di provincia.
La selezione dei tribunali sopprimibili
è stata effettuata per passi successivi, considerando i parametri: abitanti,
sopravvenienze, organico e produttività, rispetto al campione sintetizzato; la
funzione di filtro di ogni criterio è poi considerata già tale da immunizzare
l’ufficio che resiste in base al criterio precedente da ogni esito
eventualmente negativo del trattamento in base a quello successivo.
Si è pregiudizialmente esclusa, invece,
la considerazione della cosiddetta «pendenza», poiché questa appare fuorviante,
anche perché legata a fattori locali e accidentali, storici e finanche talora
esauriti nel tempo.
Sono state poi considerate,
specificamente, le singole realtà, evidenziandosi con riguardo agli uffici
giudiziari in questione, che:
l’accorpamento del Tribunale ordinario
di Pinerolo a quello di Torino, non condiziona il decongestionamento di
quest’ultimo, atteso che le sezioni distaccate di Ciriè e Chivasso sono
accorpate al Tribunale ordinario di Ivrea;
il circondario di Alba, che va
scorporato dalla Provincia di Cuneo, è accorpato al Tribunale ordinario di
Asti, al fine di adeguarlo al modello standard, già raggiunto dal Tribunale
ordinario Cuneo con l’accorpamento dei Tribunali ordinari di Saluzzo e Mondovì;
il Tribunale ordinario di Montepulciano
rimane al di sotto anche della soglia fissata per il mantenimento degli uffici
del giudice di pace e il suo accorpamento al Tribunale ordinario di Siena è
anche funzionale a razionalizzare quest’ultimo tribunale capoluogo, anch’esso
sotto i parametri standard;
il Tribunale ordinario di Sala Consilina
è sotto tale soglia e, come quello di Vallo della Lucania, con deficit marcati
in ordine alle sopravvenienze e ai carichi di lavoro per magistrato: si è
ritenuto, quindi, di sopprimere il primo, accorpandolo a quello assai vicino e
ben collegato di Lagonegro, atteso che nel distretto di Corte d’appello di
Potenza, in cui vi sono quattro tribunali, solo uno dei due sub-provinciali
(Melfi e Lagonegro) è sopprimibile;
il Tribunale ordinario di Sulmona, così
come quello di Avezzano, viene accorpato al Tribunale ordinario dell’Aquila,
atteso che nel distretto il rapporto tra abitanti e popolazione
giustificherebbe, al massimo, la presenza di tre tribunali di medio-piccole
dimensioni a fronte degli otto esistenti (i Tribunali ordinari di Vasto e
Lanciano sono accorpati, per analoghe ragioni al Tribunale ordinario di Chieti),
tutti al di sotto degli standard di riferimento.
Quanto alla soppressione degli uffici
del giudice di pace, analogamente, il decreto legislativo n. 156 del 2012 si è
avvalso di una analisi statistica, individuando l’effettivo smaltimento pro
capite realizzato dai giudici di pace su base quinquennale.
10.4.5.− Ebbene, da una parte,
risulta per tabulas che non vi è stata una esplicita o formale violazione dei
criteri di delega (a parte il caso già esaminato di Urbino), dall’altra, la
loro applicazione non manifesta elementi di irragionevolezza e risponde a un
corretto bilanciamento degli interessi.
La scelta del legislatore delegato, come
richiesto dal carattere generale dell’intervento, non poteva essere effettuata
valutando soltanto i dati dei singoli uffici e i relativi territori in una
comparazione meramente statistica, come si assume, in sostanza, nelle ordinanze
di rimessione, dovendo, invece, inserirsi in una prospettiva di
riorganizzazione del territorio nazionale in un’ottica di riequilibrio complessivo
degli uffici di primo grado.
Tale conclusione rimane valida, anche
nel caso del Tribunale ordinario di Sala Consilina, la cui soppressione viene
denunciata come contrastante con quel criterio della delega (art. 1, comma 2,
lettera e) che imporrebbe di procedere all’accorpamento nell’ambito
distrettuale o provinciale.
Si deve infatti osservare al riguardo
che il criterio in effetti esiste, ma viene qualificato semplicemente come
«prioritaria linea di intervento» e, quindi, pur sempre derogabile con una
adeguata e documentata motivazione.
Ciò è appunto quanto è avvenuto nel caso
di specie, in cui la ponderata valutazione della situazione complessiva dei
distretti interessati, dei relativi dati statistici, nonché degli stessi
elementi territoriali, dimostra adeguatamente la non irragionevolezza di una
soluzione basata sulla preponderanza di altri criteri.
10.4.6.− Anche le questioni
proposte, in via consequenziale, con riguardo agli ulteriori articoli del
d.lgs. n. 155 del 2012 e degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del d.lgs n. 156 del
2012, per le stesse ragioni, non sono fondate.
11.− Con il terzo gruppo di
censure è prospettata, nel complesso, sia in relazione alle impugnate
disposizioni della legge n. 148 del 2011, che a quelle dei decreti legislativi n.
155 e n. 156 del 2012, la violazione di ulteriori parametri costituzionali
costituiti dagli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24, 25, primo comma, 27, terzo
comma, 35, primo e secondo comma, 81, 97 e 111, secondo e terzo comma, Cost.
In particolare, gli artt. 2, 9, secondo
comma, 27, terzo comma, 35, primo e secondo comma, e 111, secondo e terzo
comma, sono stati invocati dal solo Tribunale ordinario di Sulmona.
La questione non è fondata.
Si è già detto come in questa riforma
organizzativa occorra verificare la ragionevolezza e la proporzionalità del
bilanciamento tra i vari interessi di rilievo costituzionale che possono essere
coinvolti da un intervento legislativo di vasta portata: ciò vale anche per le
censure in questione e vale in particolare laddove si lamenta la prevalenza dei
principi dell’economicità e dell’efficienza rispetto a quello della
solidarietà, e la incidenza su territori caratterizzati da riserve naturali.
Quanto alla mancata tutela dei diritti
dei lavoratori, si tratta di situazioni giuridiche che nel complesso appaiono
adeguatamente salvaguardate.
Anche la prospettata violazione
dell’art. 3 Cost. (principi di eguaglianza e di ragionevolezza) non sussiste,
sia in ragione della complessiva ragionevolezza della delega conferita al Governo
– per le sue finalità e per l’indicazione di criteri oggettivi ed uniformi per
tutto il territorio nazionale – sia, quanto ai decreti legislativi, per la
diversità delle situazioni degli uffici giudiziari interessati, come posto in
luce nelle menzionate schede tecniche.
Con riguardo alla prospettata violazione
dell’art. 24 Cost., per denegata giustizia e difficoltà di accesso alla
giustizia, è di tutta evidenza che non vi è impedimento o limitazione e che la
soluzione adottata contempera, in una dimensione di ragionevolezza, più valori
costituzionalmente protetti, al fine di garantire una giustizia
complessivamente più efficace.
Quanto alle censure mosse all’art. 1,
comma 2, in particolare alle lettere a) ed f), della legge n. 148 del 2011, in
relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la presenza del tribunale nei comuni
capoluogo di provincia e quella di non meno di tre degli attuali tribunali in
ciascun distretto di corte d’appello sono criteri direttivi conformi al
principio di ragionevolezza, in quanto volti a far permanere il presidio
giudiziario in luoghi che hanno assunto nel tempo una maggiore centralità nella
vita del territorio e a garantire l’accesso alla giustizia, articolando,
comunque, in più uffici l’amministrazione giudiziaria di primo grado in ciascuna
Corte d’appello.
Infondata è pure la censura di
violazione dell’art. 25, primo comma, Cost., per lesione del principio del
giudice naturale, posto che questa nozione «corrisponde a quella di "giudice
precostituito per legge”» (sentenza n. 237 del
2007) e che la normativa impugnata concreta, appunto, tale «precostituzione
per legge».
Non si vede, poi, come la soppressione
del Tribunale ordinario di Sulmona violi l’art. 27 Cost., per la mancata
considerazione della popolazione carceraria e dell’istituto sito nel
circondario, atteso che permangono tutte le garanzie che devono trovare
applicazione rispetto alle persone detenute.
L’ulteriore dedotta violazione dell’art.
97 Cost., poi, non sussiste, perché la normativa denunciata persegue al
contrario le finalità di complessivo buon andamento dell’amministrazione.
12.− Infine, non è ravvisabile la
dedotta violazione dell’art. 81 Cost., ad opera sia della disposizione di
delega, sia dei decreti legislativi.
Il principio dell’obbligo di copertura
delle spese è stato specificato da questa Corte in diverse pronunce, nelle
quali si è chiarito, in particolare, che la copertura deve essere credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto
con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri (sentenze n. 213 del 2008
e n. 1 del 1966);
che essa è aleatoria se non tiene conto che ogni anticipazione di entrate ha un
suo costo (sentenza
n. 54 del 1983); che l’obbligo di copertura deve essere osservato con
puntualità rigorosa nei confronti delle spese che incidono su un esercizio in
corso e deve valutarsi il tendenziale equilibrio tra entrate ed uscite nel
lungo periodo, considerando gli oneri già gravanti sugli esercizi futuri (sentenza n. 384 del
1991).
Orbene, l’art. 1, comma 2, lettera q),
della legge n. 148 del 2011, espressamente ha previsto che dall’attuazione
delle relative disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
In attuazione di tale previsione, l’art.
10 del d.lgs. n. 155 del 2012 dispone che «dal presente provvedimento non
devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
All’attuazione si provvede nell’ambito delle risorse umane strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente».
Analoga disposizione è contenuta
nell’art. 6 del d.lgs. n. 156 del 2012.
Nella relazione allo schema del d.lgs.
n. 155 del 2012, come si è detto, è espressamente indicato il risparmio di
spesa realizzato con la revisione in atto.
Nella relazione allo schema del d.lgs.
n. 156 del 2012 si rileva che «la modifica consentirà […] risparmi di spesa
evidenti in relazione alla riduzione del numero degli uffici ed alla maggiore
efficienza degli stessi».
Dunque, da una parte, la presenza della
clausola di invarianza, dall’altra la credibilità dei prospettati risparmi di
spesa, coerenti con la ratio delle delega legislativa, escludono la violazione
dell’art. 81 Cost.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
ammissibili gli interventi spiegati dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di
Pinerolo, dall’Ordine degli avvocati di Montepulciano e dal Consiglio
dell’ordine degli avvocati di Urbino;
2) dichiara
inammissibili gli interventi spiegati dal Consiglio nazionale forense, dal
Coordinamento nazionale degli ordini forensi minori, dall’Unione degli ordini
forensi della Sicilia e dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Nicosia;
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, con l’allegata tabella A, del
decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei
tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell’articolo
1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), limitatamente alla disposta
soppressione del Tribunale ordinario di Urbino;
4) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2,
della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per
la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la
riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari),
sollevate, nel complesso, in riferimento agli artt. 3, 24, 70, 72, primo e
quarto comma, 77, secondo comma, e 81 della Costituzione, dai Tribunali
ordinari di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona con le
ordinanze indicate in epigrafe;
5) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 3, 4,
5 e 5-bis, della suddetta legge n. 148 del 2011, sollevata, in riferimento agli
artt. 70, 72, primo e quarto comma, 77, secondo comma, ed 81 Cost., dal
Tribunale ordinario di Sulmona con l’ordinanza indicata in epigrafe;
6) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale del predetto decreto
legislativo n. 155 del 2012, sollevata, in riferimento all’art. 77, secondo
comma, Cost., dal Tribunale ordinario di Urbino con l’ordinanza indicata in
epigrafe;
7) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, con la
relativa tabella A – limitatamente alla disposta soppressione dei Tribunali
ordinari di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano, Sulmona, e di quelli
aventi sede nelle Province dell’Aquila e di Chieti −, 2, 3, 4, 5, 6, 7,
8, 9, 10 e 11 del suddetto decreto legislativo n. 155 del 2012, con le allegate
tabelle, sollevate, in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, secondo
comma, 24, 25, primo comma, 27, terzo comma, 35, primo e secondo comma, 70, 72,
primo e quarto comma, 76 – con riguardo ai criteri direttivi di cui all’art. 1,
comma 2, in particolare, alle lettere a), b), d), e), f), e ai commi 3, 5 e
5-bis, della legge n. 148 del 2011 −, 77, 81, 97 e 111, secondo e terzo
comma, Cost., dai Tribunali ordinari di Pinerolo, Alba, Sala Consilina,
Montepulciano e Sulmona con le ordinanze indicate in epigrafe;
8) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4,
5 e 6, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156 (Revisione delle
circoscrizioni giudiziarie − Uffici dei giudici di pace, a norma
dell’art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), con le allegate
tabelle, sollevata, nell’insieme e rispetto alla soppressione degli Uffici del
Giudice di pace di Castel di Sangro e di Pratola Peligna, in riferimento agli
artt. 2, 3, 9, secondo comma, 24, primo, secondo e terzo comma, 25, primo comma,
27, terzo comma, 35, primo e secondo comma, 76 – con riguardo ai criteri
direttivi di cui all’art. 1, commi 2, 5 e 5-bis, della legge n. 148 del 2011 −,
77, 81, 97 e 111, secondo e terzo comma, Cost., dal Tribunale ordinario di
Sulmona con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 luglio
2013.