Sentenza n. 106 del 2019

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SENTENZA N. 106

 

ANNO 2019

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Giorgio LATTANZI;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), promossi dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con quattro ordinanze del 21 giugno 2017, rispettivamente iscritte ai numeri 173, 174, 175 e 176 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2017.

 

Visti gli atti di costituzione di Anna Maria Farina e altri, Mariacristina Montalbano e altri, Simona Rampello e altri, Daniela Rizzotto e altri, nonché gli atti di intervento di Giuseppina Alaimo e altri, Patrizia Alauria e altri, Mariafrancesca Maviglia e altri, Rosaria Brusaferri e altri, Sabrina Pozzi, Maria Gabriella Serino e altri, Giacinto Fabiano e altri, Rosalba Agenori e altri, Floriana Peracchia e altri, Mariaconcetta Del Prete, Luigi Tuccillo e altri, Angelo Cornetta e altri, Luigi Orabona e altri, Giovanni Acerra e altri e Rosaria Brusaferri e altra, e del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella udienza pubblica del 2 aprile 2019 il Giudice relatore Giuliano Amato;

 

uditi gli avvocati Fortunato Niro per Giuseppina Alaimo e altri, Elena Giardina per Sabrina Pozzi e per Rosaria Brusaferri e altri, Massimo Vernola per Rosalba Agenori e altri, Massimo Valenza per Anna Maria Farina e altri, per Mariacristina Montalbano e altri e per Simona Rampello e altri, Salvatore Mazza per Daniela Rizzotto e altri, e l’avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con quattro ordinanze di identico contenuto, del 21 giugno 2017, emessa nel corso di altrettanti giudizi di appello instaurati nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR), il Consiglio di Stato, sezione sesta, ha sollevato, in via principale, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, 97, quarto comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; e, in subordine, questione di legittimità costituzionale del solo art. 1, comma 88, della legge n. 107 del 2015, in riferimento all’art. 3 Cost.

 

1.1.– Il comma 87 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015 prevede una speciale procedura selettiva dei dirigenti scolastici, indetta con decreto del MIUR, realizzata attraverso lo svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa unica prova scritta finale.

 

La procedura è riservata ad alcune categorie di aspiranti, previste dal successivo comma 88. Sono ammessi a partecipare al concorso:

 

«[…] a) i soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie ovvero che abbiano superato positivamente tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale, relative al concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011;

 

b) i soggetti che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della presente legge, alcuna sentenza definitiva, nell’ambito del contenzioso riferito ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004, e al decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010, n. 202».

 

Il comma 89 stabilisce, a sua volta, che le graduatorie regionali rimangono aperte in funzione degli esiti dei percorsi formativi di cui al precedente comma 87 nelle Regioni in cui sono in atto i contenziosi relativi al concorso indetto con decreto direttoriale del MIUR 13 luglio 2011, recante «Concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi» (d’ora in avanti: il concorso del 2011).

 

Infine, il comma 90 prevede una sessione speciale di esame per i soggetti di cui al precedente comma 88, lettera a), «che, nell’anno scolastico 2014/2015, hanno prestato servizio con contratti di dirigente scolastico». Tale sessione consiste nell’espletamento di una prova orale sull’esperienza maturata nel corso del servizio prestato.

 

1.2.– Ad avviso del giudice a quo, il complesso di tali disposizioni violerebbe gli artt. 3, 51, primo comma, e 97, quarto comma, Cost., poiché la speciale procedura di reclutamento ivi prevista – non consentendo la partecipazione di coloro che abbiano impugnato gli atti del concorso del 2011 − limiterebbe in modo irragionevole l’accesso ai ruoli dei dirigenti scolastici; inoltre tale procedura sarebbe strutturata in modo non idoneo a garantire la selezione dei soggetti più meritevoli.

 

Le disposizioni censurate si porrebbero altresì in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, poiché si consentirebbe a coloro che abbiano in corso un contenzioso non ancora definito relativo ai concorsi del 2004 e del 2006 di partecipare, per ciò solo, alla procedura riservata. Ad essi sarebbe permesso di conseguire il bene della vita cui aspirano con modalità più agevoli di quelle ordinarie e senza riguardo all’esito del giudizio, interferendo così sul suo svolgimento.

 

1.3.– In via subordinata, il giudice a quo censura il solo art. 1, comma 88, della stessa legge n. 107 del 2015, denunciando la violazione dell’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di trattamento fra i soggetti che hanno partecipato ai concorsi del 2004 e del 2006, i quali possono accedere alla procedura riservata per il solo fatto di aver presentato ricorso giurisdizionale, e quelli che hanno partecipato al concorso del 2011, i quali possono accedervi solo se abbiano superato le relative prove.

 

2.− Nelle quattro ordinanze di rimessione, il Consiglio di Stato riferisce di essere chiamato a decidere in ordine all’impugnazione delle sentenze con le quali il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto i ricorsi di una pluralità di soggetti per l’annullamento del decreto del MIUR 20 luglio 2015, n. 499, recante «Modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, ai sensi dell’articolo 1, comma 87, della legge 13 luglio 2015, n. 107, ovvero della sessione speciale di esame di cui all’articolo 1, comma 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107» (d’ora in avanti, anche: il concorso del 2015), adottato sulla base delle disposizioni censurate.

 

Il giudice a quo evidenzia che le parti appellanti hanno partecipato al concorso del 2011 e, non avendo superato le relative fasi, ne hanno impugnato l’esito, nell’ambito di giudizi tuttora pendenti. Con ulteriori e successivi ricorsi, oggetto dei giudizi a quibus, essi hanno, inoltre, denunciato l’illegittimità del richiamato d.m. n. 499 del 2015, nella parte in cui li esclude dalla successiva procedura di reclutamento.

 

Ad avviso del Consiglio di Stato, la situazione delle parti appellanti, già ricorrenti avverso gli atti di una procedura concorsuale, in attesa di una risposta giudiziale, sarebbe simile a quella dei soggetti contemplati dalla lettera b) del richiamato comma 88. Tuttavia essi non sono legittimati a partecipare alla procedura straordinaria, avendo impugnato gli atti di un concorso diverso da quelli indicati nella menzionata lettera b).

 

2.1.– Con riferimento al requisito della rilevanza, il rimettente evidenzia come la disciplina dei commi da 87 a 90 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015, pedissequamente recepita dal d.m. n. 499 del 2015, precluda ai ricorrenti la partecipazione alla procedura straordinaria. Essa non si limiterebbe a regolare le modalità di esercizio di un potere preesistente, ma ne costituirebbe l’unica fonte. Il provvedimento che ne fa applicazione dovrebbe essere dichiarato nullo d’ufficio dal giudice chiamato a decidere della sua impugnazione, a prescindere dal fatto che le parti abbiano articolato una specifica censura sul punto.

 

Il giudizio a quo non potrebbe, pertanto, essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale delle disposizioni dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge n. 107 del 2015.

 

2.1.1.– La rilevanza è affermata anche in riferimento alla questione proposta in via subordinata, relativa al solo comma 88, il quale stabilisce i criteri per l’ammissione alla procedura riservata. Infatti, se essa fosse accolta, gli appellanti avrebbero titolo a partecipare alla procedura del 2015, e quindi il loro ricorso, fondato unicamente su tale profilo di illegittimità, dovrebbe essere accolto. Viceversa, se la questione fosse dichiarata non fondata, gli appellanti non potrebbero partecipare a tale procedura, l’atto che li esclude sarebbe legittimo e i loro ricorsi andrebbero, quindi, respinti.

 

2.2.− Con riferimento alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in via principale, il giudice a quo denuncia il contrasto delle disposizioni censurate con gli artt. 3, 51, primo comma, e 97, quarto comma, Cost.

 

L’intervento normativo in esame rientrerebbe nella categoria delle leggi provvedimento, le quali incidono su un numero determinato di destinatari e presentano un contenuto particolare e concreto. Infatti, sono soggetti alle disposizioni in questione solamente coloro che hanno partecipato alle procedure concorsuali indicate, conseguendo i risultati specificati nel comma 88. In teoria, essi potrebbero essere individuati nominativamente. Osserva il rimettente che leggi di questo tipo non sono di per sé contrarie alla Costituzione, ma devono sottostare «ad un rigoroso scrutinio di legittimità costituzionale per il pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio» (è citata la sentenza n. 275 del 2013).

 

Nel richiamare la giurisprudenza costituzionale in ordine ai caratteri propri del concorso per l’accesso al pubblico impiego, il Consiglio di Stato evidenzia la necessità che la procedura concorsuale sia aperta, nel senso che vi possa partecipare il maggior numero possibile di cittadini, che sia di tipo comparativo, in quanto volta a selezionare i migliori fra gli aspiranti, e che sia «congrua», nel senso che consenta di verificare che i candidati posseggano la professionalità necessaria a svolgere le mansioni proprie del ruolo che aspirano a ricoprire.

 

D’altra parte, osserva il Consiglio di Stato, le eccezioni alla regola del pubblico concorso, oltre che rigorose e limitate, devono rispondere ad una «specifica necessità funzionale» dell’amministrazione, ovvero a «peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico» (è richiamata la sentenza n. 293 del 2009). A questi fini, non rilevano né l’esigenza di consolidare il precariato, né quella di venire incontro a personali aspettative degli aspiranti (è citata la sentenza n. 81 del 2006). Al contrario, un concorso riservato può giustificarsi solo quando si tratti di consolidare specifiche professionalità che non possano essere acquisite all’esterno.

 

Devono, inoltre, essere previsti accorgimenti idonei a garantire la professionalità del personale assunto. Riguardo all’assunzione di dirigenti, sono necessarie procedure imparziali e obiettive di verifica dell’attività svolta e dell’idoneità ad incarichi dirigenziali, volte ad assicurare la selezione dei migliori.

 

2.2.1.– La procedura selettiva in esame rappresenterebbe dunque un’eccezione alla regola del pubblico concorso, essendo aperta soltanto a soggetti determinati, e non alla generalità degli aspiranti in possesso dei requisiti di professionalità per il ruolo da ricoprire. Essa, tuttavia, non sarebbe sorretta da alcuna peculiare ragione di interesse pubblico idonea a giustificarla.

 

Osserva il Consiglio di Stato che la procedura in esame riguarda, anzitutto, i soggetti che abbiano superato le prove del concorso del 2011 (comma 88, lettera a). Trattandosi di risultato risalente nel tempo, non sarebbe garantita la professionalità attuale dei candidati, né si tratterebbe di una particolare professionalità che l’amministrazione non possa acquisire altrimenti.

 

In base al comma 88, lettera b), alla procedura riservata sono altresì ammessi coloro che abbiano in corso un contenzioso relativo ai concorsi del 2004 e del 2006. Tuttavia, la pendenza dei relativi giudizi dipenderebbe da circostanze casuali, che nulla avrebbero a che vedere con la professionalità dell’aspirante.

 

D’altra parte, sarebbe indimostrata la maggiore economicità della procedura in esame rispetto al reclutamento ordinario. Si osserva in proposito che l’impatto delle decisioni giudiziarie sull’organizzazione amministrativa sarebbe fisiologico nel sistema, così da non richiederebbe interventi correttivi del legislatore. Di contro, la disciplina censurata sarebbe ispirata dall’intento di tutelare aspettative dei soggetti coinvolti, ciò che non varrebbe a legittimarla.

 

Inoltre, non sarebbe garantita la selezione di soggetti idonei al ruolo da ricoprire. Per la generalità dei destinatari, le prove da affrontare consistono in un «corso intensivo di formazione» e nella «relativa prova scritta finale». Il corso di formazione ha la durata di ottanta ore complessive, ma può essere validamente frequentato anche per sole sessantacinque ore e dà accesso ad una sola prova scritta, che consiste nella trattazione di un argomento fra quelli oggetto del concorso.

 

Viceversa, il reclutamento dei dirigenti scolastici, come disciplinato in via ordinaria dall’art. l, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», e dal d.P.R. 10 luglio 2008, n. 140 (Regolamento recante la disciplina per il reclutamento dei dirigenti scolastici, ai sensi dell’articolo 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), prevedeva una prova preselettiva, due prove scritte e un colloquio interdisciplinare su tutte le materie di esame. Analogamente, il vigente art. 17 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2013, n. 128, prevede una eventuale prova preselettiva, una o più prove scritte e una prova orale, a cui segue la valutazione dei titoli.

 

Il Consiglio di Stato ritiene, pertanto, che il reclutamento ordinario comporti prove di difficoltà notevolmente superiore rispetto a quella prevista dalle disposizioni censurate. Tale rilievo varrebbe soprattutto per la sessione speciale prevista dal comma 90. Essa si limita ad una prova orale sull’esperienza maturata da coloro che abbiano già prestato servizio nell’amministrazione. Non sarebbe, pertanto, assicurata un’adeguata valutazione della professionalità del dirigente.

 

2.3.− Il Consiglio di Stato ritiene, inoltre, che la disciplina dei commi da 87 a 90 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015 si ponga in contrasto con l’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, che prevede il diritto ad un equo processo ed «assume rango costituzionale […] ai sensi dell’art. 117 [primo comma] Cost.»

 

Si consentirebbe a coloro che hanno in corso un contenzioso non ancora definito, relativo ai concorsi del 2004 e del 2006, di partecipare per ciò solo alla procedura riservata, permettendogli di conseguire il bene della vita cui essi aspirano con modalità più agevoli di quelle ordinarie e senza riguardo all’esito del giudizio, interferendo così sul suo svolgimento.

 

Al riguardo, è richiamata la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha ritenuto violato il diritto ad un equo processo laddove il legislatore nazionale adotti una legge a contenuto interpretativo diretta ad influire su di un procedimento giurisdizionale in corso, senza che detto intervento normativo sia sorretto da motivi imperativi di interesse pubblico (Corte EDU, sentenze 28 ottobre 1999, Zielinski e Pradal & Gonzalez e altri contro Francia, e 7 giugno 2011, Agrati e altri contro Italia).

 

Le disposizioni censurate consentirebbero a chi abbia un contenzioso pendente relativo a concorsi precedenti di partecipare − per ciò solo − alla procedura selettiva riservata. Viene attribuita la possibilità di conseguire il bene della vita, cui i ricorrenti aspirano nel giudizio in corso, con modalità più agevoli di quelle ordinarie, senza avere riguardo all’esito del giudizio stesso. In ciò si realizzerebbe un’interferenza con la decisione giudiziale, in assenza di alcun particolare motivo di interesse pubblico.

 

3.– In tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo – con atti di analogo contenuto – che le questioni siano dichiarate non fondate.

 

3.1.– Ad avviso dell’Avvocatura, le disposizioni censurate, nel prevedere una procedura straordinaria per il reclutamento dei dirigenti scolastici, si sono poste l’obiettivo di intervenire sulla complessa situazione creatasi a seguito del rilevante contenzioso giurisdizionale relativo a precedenti concorsi. Esse non avrebbero introdotto una modalità di accesso alla dirigenza scolastica diversa e alternativa rispetto a quella prevista in via generale dall’art. 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), come sostituito dall’art. 17, comma 1, del d.l. n. 104 del 2013, ma avrebbero inteso risolvere in modo uniforme, a livello nazionale, specifiche situazioni legate a procedure concorsuali precedenti.

 

Le disposizioni censurate, riconducibili alla categoria delle leggi-provvedimento, sarebbero volte a regolarizzare situazioni di portata generale (in considerazione dell’annullamento dell’intera procedura regionale), ovvero protratte nel tempo (relative a contenziosi risalenti). Tali situazioni sarebbero suscettibili di riflettersi negativamente sulla corretta gestione del sistema scolastico e, più in generale, sul buon andamento della pubblica amministrazione.

 

3.2.– In particolare, la previsione di cui al comma 88, lettera a), sarebbe volta a definire le situazioni di soggetti, già vincitori o utilmente collocati nelle graduatorie del concorso del 2011, specificamente delle Regioni Lombardia e Toscana, alcuni dei quali già inseriti nei ruoli da diversi anni. Si tratterebbe, dunque, di situazioni soggettive differenziate rispetto a quella dei ricorrenti nei giudizi a quibus, che hanno partecipato al medesimo concorso senza superare una o più fasi di esso.

 

L’interveniente evidenzia inoltre che, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale della procedura concorsuale, i soggetti che vantavano un’aspettativa sulla base della propria inclusione nelle graduatorie nonché, in molti casi, dell’avvenuta immissione in ruolo, hanno intrapreso un cospicuo contenzioso, il cui esito era suscettibile di ripercuotersi sul sistema scolastico di alcune Regioni. Essi avrebbero dovuto essere riassegnati in soprannumero agli istituti di provenienza o a diversa scuola. Ciò avrebbe reso problematica la programmazione dei trasferimenti di dirigenti per l’anno scolastico successivo, mentre gli istituti scolastici precedentemente diretti avrebbero dovuto essere assegnati in reggenza ad altro titolare.

 

3.3.– La previsione di cui al comma 88, lettera b), sarebbe volta, invece, a dirimere un contenzioso numericamente limitato e risalente. Esso ha ad oggetto procedure concorsuali del 2004 e del 2006, che prevedevano requisiti di ammissione e prove concorsuali differenti rispetto a quelli del successivo concorso bandito nel 2011.

 

Per la risoluzione di questo contenzioso anche in passato vi sono state procedure riservate a specifiche categorie di candidati (art. l, commi 605, 618 e 619, della legge n. 296 del 2006). Anche in questi casi le prove presentavano un livello di difficoltà inferiore rispetto a quelle previste per i concorsi ordinari.

 

Con riferimento al carattere selettivo della procedura prevista dalle norme censurate, l’Avvocatura generale dello Stato evidenzia che il d.m. n. 499 del 2015 ha consentito l’immissione nei ruoli dei soli soggetti che abbiano riportato una votazione non inferiore a ventuno trentesimi, soglia non raggiunta da circa ottanta candidati.

 

3.4.– D’altra parte, l’Avvocatura ritiene inconferente il riferimento all’art. 6, paragrafo 1, CEDU. L’intervento legislativo in esame non avrebbe ad oggetto l’interpretazione di una norma precedente, ma avrebbe introdotto una nuova disciplina che, pur traendo origine da fatti pregressi, sarebbe autonoma rispetto ad essi, dal momento che solo in caso di votazione sufficiente i beneficiari hanno potuto ottenere la nomina. La situazione disciplinata dalla legge n. 107 del 2015 non sarebbe, dunque, collegata alla pregressa vicenda contenziosa e alla fase esecutiva delle relative pronunce giudiziali.

 

3.5.– Anche la questione relativa alla violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza non sarebbe fondata.

 

Tra la situazione dei ricorrenti che hanno impugnato il bando del 2011 e quella dei soggetti previsti dalla lettera b) del comma 88 non sarebbe riscontrabile alcuna disparità di trattamento. Infatti, mentre la pendenza di un ricorso relativo al concorso del 2011 costituirebbe un evento naturale, connesso alla normale durata dei procedimenti giurisdizionali, invece, nel secondo caso, considerato il notevole lasso di tempo trascorso dai concorsi del 2004 e del 2006, la mancanza di una sentenza definitiva costituirebbe il sintomo di una difficoltà nella definizione del relativo contenzioso.

 

Si tratterebbe, dunque, di una disciplina differenziata per situazioni meritevoli di specifica attenzione da parte del legislatore e non sussisterebbe, dunque, la violazione del principio di eguaglianza. D’altra parte, in relazione al contenzioso relativo al 2011 non sussisterebbero quelle peculiari e straordinarie ragioni di pubblico interesse che hanno ispirato la disciplina censurata.

 

La difesa dell’interveniente evidenzia, inoltre, che, rispetto alle poche decine di ricorrenti contemplati dalla lettera b) del comma 88, il numero dei soggetti che hanno impugnato gli atti del concorso del 2011 sarebbe ben più cospicuo, tanto che, da soli, essi potrebbero coprire l’intero fabbisogno di dirigenti scolastici da reclutare con il prossimo concorso.

 

4.– Nei giudizi dinanzi alla Corte si sono costituiti Anna Maria Farina e altri, Mariacristina Montalbano e altri, Simona Rampello e altri, Daniela Rizzotto e altri, quali parti appellanti nei giudizi a quibus.

 

4.1.– In via preliminare, le parti costituite hanno chiesto che la questione di legittimità costituzionale sollevata in via principale e d’ufficio dal Consiglio di Stato, relativa all’intero corpus normativo dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge n. 107 del 2015, sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.

 

A sostegno di tale eccezione, esse fanno rilevare che, nei rispettivi giudizi a quibus, il d.m. n. 449 del 2015 è stato impugnato solo nella parte in cui esso, in applicazione dell’art. 1, comma 88, della legge n. 107 del 2015, non ha consentito agli stessi appellanti di partecipare al corso di formazione ivi previsto.

 

4.2.– Nel merito, le parti chiedono l’accoglimento della sola questione di legittimità costituzionale sollevata in via subordinata dal Consiglio di Stato, relativa alla disposizione del comma 88, nella parte in cui non consente la partecipazione alla procedura selettiva del 2015 anche ai soggetti che abbiano impugnato gli atti del concorso del 2011.

 

È denunciato il carattere irragionevole e discriminatorio dei criteri per l’ammissione alla procedura riservata. Quali ricorrenti avverso gli atti del concorso del 2011, essi si troverebbero in una situazione del tutto assimilabile a quella dei soggetti indicati dall’art. l, comma 88, lettera b). Questi ultimi, ancorché non fossero titolari di una pretesa giuridica definitivamente riconosciuta e consolidata, ne hanno ricavato un’evidente utilità, rappresentata dall’assunzione in ruolo mediante procedure semplificate di reclutamento. La mera proposizione di un giudizio, a prescindere dalla fondatezza dei motivi di censura, finirebbe così con il legittimare l’attribuzione di un vantaggio sostanziale, aprendo la strada ad un percorso eccezionale di accesso al ruolo dirigenziale.

 

5.– Nei giudizi dinanzi a questa Corte sono intervenuti Giuseppina Alaimo e altri, Rosalba Agenori e altri, Mariaconcetta Del Prete, Luigi Tuccillo e altri, Angelo Cornetta e altri, Luigi Orabona e altri, deducendo di essere parti di analoghi giudizi amministrativi, nei quali è chiesto l’annullamento del d.m. n. 499 del 2015. Essi riferiscono di avere, altresì, spiegato interventi ad adiuvandum nei giudizi a quibus, successivamente alle ordinanze di rimessione.

 

Sono, inoltre, intervenuti Patrizia Alauria e altri, Mariafrancesca Maviglia e altri, Rosaria Brusaferri e altri; Sabrina Pozzi, Maria Gabriella Serino e altri, Giacinto Fabiano e altri, Floriana Peracchia e altri, Giovanni Acerra e altri, quali parti di altri giudizi amministrativi nei quali sono impugnati gli atti del concorso di cui al d.m. n. 499 del 2015.

 

5.1.– Le difese di Giuseppina Alaimo e altri, Mariafrancesca Maviglia e altri, Giacinto Fabiano e altri, Rosalba Agenori e altri, Mariaconcetta Del Prete, Luigi Tuccillo e altri, Angelo Cornetta e altri, Luigi Orabona e altri, chiedono l’accoglimento della questione sollevata in via principale e d’ufficio dal Consiglio di Stato, avente ad oggetto l’art. 1, commi da 87 a 90, della legge n. 107 del 2015.

 

Gli argomenti svolti dalle difese degli intervenienti ripercorrono quelli illustrati nelle ordinanze di rimessione.

 

5.2.– Le difese di Patrizia Alauria e altri, Rosaria Brusaferri e altri, Sabrina Pozzi, Maria Gabriella Serino e altri, Floriana Peracchia e altri, Giovanni Acerra e altri, invece, chiedono, in via preliminare, che sia dichiarata inammissibile, o comunque non fondata, la questione relativa all’intero corpus normativo dell’art. 1, commi da 87 a 90, della legge n. 107 del 2015.

 

Le stesse chiedono, invece, l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata in via subordinata, relativa al solo art. 1, comma 88, della stessa legge, nella parte in cui non consente la partecipazione alla procedura selettiva del 2015 anche ai soggetti che abbiano impugnato gli atti del concorso del 2011. A sostegno di tale istanza, sono ribaditi e ulteriormente illustrati gli argomenti già svolti dal Consiglio di Stato in ordine alle censure di illegittimità costituzionale.

 

6.– In prossimità dell’udienza pubblica fissata per il 20 novembre 2018, le difese di Rosaria Brusaferri e altri, Mariafrancesca Maviglia e altri, Maria Gabriella Serino e altri, Daniela Rizzotto e altri hanno depositato memorie, per reiterare, e ulteriormente argomentare, le rispettive conclusioni.

 

7.– Su richiesta dell’Avvocatura generale dello Stato, avanzata il 6 novembre 2018, è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo della discussione dei presenti giudizi, già fissata nell’udienza pubblica del 20 novembre 2018.

 

Con istanze rispettivamente depositate il 10 e il 15 gennaio 2019, le difese di Daniela Rizzotto e altri, e quelle di Anna Maria Farina e altri, Simona Rampello e altri, Rosalba Agenori e altri hanno chiesto che fosse fissata l’udienza di discussione. È stata quindi nuovamente fissata l’udienza pubblica del 2 aprile 2019 per la discussione dei presenti giudizi.

 

8.– In prossimità di tale udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria nella quale ha ribadito gli argomenti svolti nell’atto di intervento e ha in particolare fatto rilevare che l’eventuale accoglimento della questione di legittimità costituzionale produrrebbe effetti distorsivi, determinando una situazione di grave incertezza nell’organizzazione del servizio scolastico, oltre ad esporre l’amministrazione al rischio di azioni risarcitorie da parte dei dirigenti già immessi in servizio per effetto della disciplina censurata.

 

Al riguardo, si fa notare che, nell’ambito del contenzioso originato dal concorso del 2011, in alcuni casi i giudici amministrativi hanno rigettato la pretesa risarcitoria avanzata da concorrenti risultati vincitori all’esito di procedure in seguito annullate, ritenendo la mancanza di alcun pregiudizio, proprio in considerazione dell’ammissione alla speciale procedura riservata, oggetto di censura nel presente giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1.– Con quattro ordinanze aventi identico contenuto, del 21 giugno 2017, emesse nel corso di altrettanti giudizi di appello instaurati nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR), il Consiglio di Stato, sezione sesta, ha sollevato, in via principale, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, 97, quarto comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; e, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale del solo art. 1, comma 88, della legge n. 107 del 2015, in riferimento all’art. 3 Cost.

 

Il comma 87 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015 prevede una speciale procedura selettiva dei dirigenti scolastici, indetta con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR), realizzata attraverso lo svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa unica prova scritta finale.

 

La procedura è riservata ad alcune categorie di aspiranti, previste dal successivo comma 88. Sono ammessi a partecipare al concorso:

 

«[…] a) i soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie ovvero che abbiano superato positivamente tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale, relative al concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011;

 

b) i soggetti che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della presente legge, alcuna sentenza definitiva, nell’ambito del contenzioso riferito ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004, e al decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010, n. 202».

 

Il comma 89 stabilisce, a sua volta, che le graduatorie regionali rimangono aperte in funzione degli esiti dei percorsi formativi di cui al precedente comma 87, nelle Regioni in cui sono in atto i contenziosi relativi al concorso indetto con decreto direttoriale del MIUR 13 luglio 2011, recante «Concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi» (d’ora in avanti: il concorso del 2011).

 

Infine, il comma 90 prevede una sessione speciale di esame per i soggetti di cui al precedente comma 88, lettera a), «che, nell’anno scolastico 2014/2015, hanno prestato servizio con contratti di dirigente scolastico». Tale sessione consiste nell’espletamento di una prova orale sull’esperienza maturata nel corso del servizio prestato.

 

2.– Ad avviso del giudice a quo, il complesso di tali disposizioni violerebbe gli artt. 3, 51, primo comma, e 97, comma quarto, Cost., poiché la speciale procedura di reclutamento ivi prevista limiterebbe in modo irragionevole l’accesso ai ruoli dei dirigenti scolastici; inoltre la stessa procedura sarebbe strutturata in modo non idoneo a garantire la selezione di soggetti più meritevoli.

 

Le disposizioni censurate si porrebbero altresì in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, poiché si consentirebbe a coloro che abbiano in corso un contenzioso non ancora definito relativo ai concorsi del 2004 e del 2006 di partecipare, per ciò solo, alla procedura riservata. Ad essi sarebbe permesso di conseguire il bene della vita cui aspirano con modalità più agevoli di quelle ordinarie e senza riguardo all’esito del giudizio, interferendo così sul suo svolgimento.

 

2.1.– In via subordinata, il giudice a quo censura il solo art. 1, comma 88, della stessa legge n. 107 del 2015, denunciando la violazione dell’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di trattamento fra i soggetti che hanno partecipato ai concorsi del 2004 e del 2006, i quali possono accedere alla procedura riservata per il solo fatto di aver presentato ricorso giurisdizionale, e quelli che hanno partecipato al concorso del 2011, i quali possono accedervi solo se abbiano superato le relative prove.

 

3.– Va preliminarmente rilevato che le suddette questioni, ancorché sollevate in distinti giudizi, hanno ad oggetto le medesime disposizioni, censurate per i medesimi profili di illegittimità costituzionale. I giudizi sono perciò tra loro connessi e vanno riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi con un’unica pronuncia.

 

4.– Per le ragioni esposte nell’ordinanza emessa all’udienza del 2 aprile 2019, allegata alla presente sentenza, deve essere confermata l’inammissibilità degli interventi spiegati da Patrizia Alauria e altri, da Mariafrancesca Maviglia e altri e da Rosaria Brusaferri e altri (nel giudizio r. o. n. 173 del 2017); da Sabrina Pozzi e da Maria Gabriella Serino e altri (nel giudizio r. o. n. 174 del 2017); da Sabrina Pozzi (nel giudizio r. o. n. 175 del 2017); nonché, infine, da Floriana Peracchia e altri, da Giovanni Acerra e altri e da Rosaria Brusaferri e altra (nel giudizio r. o. n. 176 del 2017).

 

I soggetti che hanno spiegato tali interventi non rivestono la qualità di parti dei giudizi a quibus ma, secondo quanto riferito dagli stessi, di altri giudizi nei quali si controverte circa la legittimità del decreto del MIUR 20 luglio 2015, n. 499, recante «Modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, ai sensi dell’articolo 1, comma 87, della legge 13 luglio 2015, n. 107, ovvero della sessione speciale di esame di cui all’articolo 1, comma 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107» (d’ora in avanti, anche: il concorso del 2015), adottato sulla base delle disposizioni censurate.

 

Secondo il costante orientamento di questa Corte, la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). A tale disciplina è possibile derogare − senza contraddire il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità − soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 248, n. 217, n. 194, n. 153 e n. 77 del 2018, con allegate ordinanze dibattimentali).

 

Non è ammissibile dunque l’intervento, nei giudizi davanti a questa Corte, dei titolari di interessi soltanto analoghi a quelli dedotti nel giudizio principale, dato il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, in quanto l’accesso di tali soggetti a questo giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo (sentenze n. 35 del 2017 e n. 71 del 2015, con allegate ordinanze dibattimentali, nonché sentenza n. 119 del 2012).

 

4.1.– I medesimi principi valgono in relazione agli interventi spiegati da Giuseppina Alaimo e altri, nel giudizio r. o. n. 173 del 2017, nonché da Rosalba Agenori e altri, da Mariaconcetta Del Prete, da Luigi Tuccillo e altri, da Angelo Cornetta e altri e da Luigi Orabona e altri, nel giudizio r. o. n. 176 del 2017.

 

Si tratta di soggetti che, solo successivamente all’ordinanza di rimessione, sono intervenuti ad adiuvandum nei giudizi a quibus, allorché questi erano già stati sospesi, dovendo quindi escludersi che gli stessi abbiano assunto la qualità di parti in tali giudizi (sentenze n. 223 del 2012 e n. 220 del 2007; ordinanze n. 393 e n. 295 del 2008).

 

4.2.– Va altresì confermata l’inammissibilità dell’intervento di Giacinto Fabiano e altri nel giudizio r. o. n. 174 del 2017.

 

L’atto di intervento è stato depositato il 16 gennaio 2018, oltre il termine di 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’atto introduttivo del giudizio, previsto dall’art. 4, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, giacché la pubblicazione dell’ordinanza del Consiglio di Stato r. o. n. 174 del 2017 è avvenuta nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 6 dicembre 2017.

 

Secondo il costante orientamento di questa Corte, il termine previsto dal richiamato art. 4, comma 4, deve ritenersi perentorio e non ordinatorio, con la conseguenza che l’intervento avvenuto dopo la sua scadenza è inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 99 del 2018, n. 303 del 2010, n. 263 e n. 215 del 2009).

 

5.– In via preliminare, vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge n. 107 del 2015, sollevate dal Consiglio di Stato in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, 97, quarto comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU.

 

5.1.– Nelle ordinanze di rimessione è lo stesso Consiglio di Stato a riferire che, nei giudizi a quibus, il d.m. n. 499 del 2015, con il quale è stata data applicazione alle disposizioni censurate, non è impugnato nella sua integralità, ma soltanto nella parte in cui esso non ha consentito agli appellanti la partecipazione alla procedura ivi bandita. In tali giudizi si controverte, dunque, della sola illegittimità dell’esclusione dal corso-concorso del 2015, mentre rimane estranea alle impugnazioni devolute al Consiglio di Stato la complessiva disciplina che istituisce e regola tale procedura.

 

La motivazione del rimettente a sostegno della rilevanza delle questioni sollevate fa leva sulla natura del complesso normativo censurato, quale «unica fonte» del potere esercitato con l’atto impugnato. Secondo questa prospettazione, l’invocata caducazione di tale corpus normativo determinerebbe la radicale nullità dell’atto che di esso fa applicazione. Il rimettente sembra ricostruire, quindi, le conseguenze dell’accoglimento della questione di legittimità costituzionale in termini di nullità del d.m. n. 499 del 2015 per difetto assoluto di attribuzione, ai sensi dell’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

 

Tuttavia, nel regolare le modalità di configurazione e svolgimento della procedura selettiva, le disposizioni censurate stabiliscono le specifiche condizioni per l’esercizio del potere di indire il concorso, ma non ne costituiscono il fondamento. La relativa violazione integra, dunque, un motivo di annullamento.

 

In ogni caso, alla luce del principio della domanda e del rispetto dei limiti segnati dai motivi di ricorso, gli argomenti spesi dal rimettente non risultano idonei a sostenere le ragioni della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale attinenti all’intero corpus normativo, che istituisce e regola la procedura selettiva in esame, ed è quindi estraneo, nella sua integralità, alla questione sottoposta al rimettente.

 

6.– Deve essere parimenti dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in via subordinata, relativa all’art. 1, comma 88, lettera a), della legge n. 107 del 2015.

 

Questa disposizione consente la partecipazione al concorso riservato in funzione dell’esito favorevole delle prove del concorso del 2011, a prescindere, quindi, dalla attuale pendenza di ricorsi. La lettera a) contempla, infatti, i vincitori e i soggetti che abbiano superato positivamente le fasi di tale concorso, successivamente annullate in sede giurisdizionale.

 

In considerazione della specifica situazione giuridica fatta valere dalle parti appellanti nei giudizi a quibus – quali ricorrenti nell’ambito di giudizi amministrativi concernenti gli atti del concorso del 2011 – la denunciata preclusione all’accesso alla procedura riservata non discende da tale disposizione, ma da quella della successiva lettera b). È questa, infatti, la norma, dedicata alla definizione del contenzioso ancora pendente avverso precedenti concorsi, della quale il giudice a quo è chiamato a fare applicazione, poiché è questa che – non contemplando la situazione degli appellanti – ha inibito la loro partecipazione alla procedura del 2015. Il requisito della rilevanza è soddisfatto, pertanto, solo rispetto alla questione avente ad oggetto tale disposizione.

 

7.– Nel merito, non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 88, lettera b), della legge n. 107 del 2015, sollevata in via subordinata dal Consiglio di Stato in riferimento all’art. 3 Cost.

 

7.1.– Nello stabilire i criteri per l’ammissione al concorso, questa disposizione riconosce ad alcune categorie di aspiranti la possibilità di partecipare ad un corso intensivo di formazione, finalizzato all’immissione nei ruoli dei dirigenti scolastici.

 

È sulla ragionevolezza di tali criteri identificativi dei beneficiari di questo speciale percorso formativo che si appuntano le censure del rimettente e delle parti private costituite.

 

Tali criteri fanno riferimento al contenzioso relativo alle risalenti procedure concorsuali del 2004 e del 2006, le quali prevedevano requisiti di ammissione e prove concorsuali differenti rispetto a quelli del successivo concorso bandito nel 2011. Nell’ambito di quest’ultima procedura, infatti, hanno trovato applicazione le disposizioni di cui al d.P.R. 10 luglio 2008, n. 140 (Regolamento recante la disciplina per il reclutamento dei dirigenti scolastici, ai sensi dell’articolo 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296).

 

D’altra parte, lo svolgimento delle selezioni concorsuali aveva dato luogo ad un contenzioso giurisdizionale, che in alcune Regioni aveva portato all’annullamento della relativa procedura, a distanza di alcuni anni dalla sua conclusione.

 

Pertanto, anche in passato, il legislatore era ripetutamente intervenuto adottando disposizioni volte a definire la situazione dei partecipanti a tali concorsi. Ciò era avvenuto dapprima con l’art. 1, commi 605 e 619, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», e in seguito con l’art. 24-quinquies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 31.

 

Attraverso la previsione di canali di accesso riservato per alcune categorie di candidati dei precedenti concorsi, si è voluto rispondere, allo stesso tempo, ad esigenze di certezza dei rapporti giuridici e di tempestività nel reclutamento di dirigenti scolastici.

 

7.2.– In linea di continuità con questi precedenti interventi normativi, la disciplina introdotta dalla lettera b) si è prefissa, dunque, l’obiettivo di regolare situazioni meritevoli di specifica attenzione da parte del legislatore, al fine di dare una definitiva soluzione al contenzioso amministrativo che ha investito alcuni concorsi, evitando che i relativi effetti continuassero a rendere problematica la programmazione del servizio e aumentassero il fenomeno delle reggenze.

 

La scelta effettuata dalla legge n. 107 del 2015 ha, quindi, consentito di sopperire tempestivamente alle carenze di organico, tenendo nella debita considerazione la diversità dello stato, sia a livello procedimentale, sia giurisdizionale, in cui versavano le procedure concorsuali che si sono susseguite, e in alcuni casi rinnovate, nel corso di oltre un decennio.

 

Nel raffronto tra la situazione dei ricorrenti che hanno impugnato gli atti del concorso del 2011 e quella dei soggetti contemplati dalla disposizione censurata sono altresì rilevanti la durata, nonché la diversa consistenza – anche quantitativa – del contenzioso scaturito dalle due situazioni, poiché è da questi stessi elementi che discende il prevedibile impatto sul regolare svolgimento del servizio scolastico.

 

Il bilanciamento tra i contrapposti interessi, operato dalla legge n. 107 del 2015, accorda una particolare tutela alle esigenze di certezza dei rapporti giuridici e di efficacia dell’azione amministrativa, anche sotto il profilo della sua tempestività, a fronte di una compressione non irragionevole del diritto di accesso all’impiego pubblico e del principio del pubblico concorso.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), sollevate dal Consiglio di Stato, sezione sesta, in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, 97 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, con le ordinanze indicate in epigrafe;

 

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 88, lettera a), della legge n. 107 del 2015, sollevata dal Consiglio di Stato, sezione sesta, in riferimento all’art. 3 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe;

 

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 88, lettera b), della legge n. 107 del 2015 sollevata dal Consiglio di Stato, sezione sesta, in riferimento all’art. 3 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2019.

 

F.to:

 

Giorgio LATTANZI, Presidente

 

Giuliano AMATO, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2019.

 

Allegato:

 

Ordinanza letta all'udienza del 2 aprile 2019