SENTENZA N. 220
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53), sostitutivo dell’art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425 (Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore), promossi dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con una ordinanza del 2 marzo 2006 e quattro ordinanze del 13 marzo 2006, rispettivamente iscritte ai numeri 175, 176, 177, 178 e 179 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visti gli atti di costituzione dell’Istituto internazionale di istruzione “Giovanni Paolo II” e dell’Istituto tecnico per geometri ed aeronautico paritario “Salvo D’Acquisto”, della Fondazione Granese onlus, dell’Istituto paritario Kennedy Holding e dell’Istituto De Nicola, nonché gli atti di intervento dell’Istituto “Chiron School”, del liceo linguistico “E. Hemingway” e dell’Istituto A. B. Nobel;
udito nell’udienza pubblica del 17 aprile 2007 e nella camera di consiglio del 18 aprile 2007 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Stefano Tarullo per l’Istituto internazionale di istruzione “Giovanni Paolo II” e per l’Istituto tecnico per geometri ed aeronautico paritario “Salvo D’Acquisto” e Carlo Rienzi per la Fondazione Granese onlus, per l’Istituto paritario Kennedy Holding e per l’Istituto De Nicola;
udito nuovamente nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 e nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007, rifissate in ragione della intervenuta modifica della composizione del collegio, il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi nuovamente nell’udienza pubblica del 5 giugno 2007 gli avvocati Stefano Tarullo per l’Istituto internazionale di istruzione “Giovanni Paolo II” e per l’Istituto tecnico per geometri ed aeronautico paritario “Salvo D’Acquisto” e Carlo Rienzi per la Fondazione Granese onlus, per l’Istituto paritario Kennedy Holding e per l’Istituto De Nicola.
Ritenuto in fatto
1. – Con quattro analoghe ordinanze di rimessione (r.o. nn. da 176 a 179 del 2006), il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53), nella parte in cui, sostituendo il terzo periodo dell’art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425 (Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore), dispone che, ove i candidati esterni iscritti agli esami di Stato presso le scuole paritarie superino il cinquanta per cento dei candidati interni, le commissioni d’esame per i candidati esterni eccedenti il predetto limite «possono essere costituite soltanto presso gli istituti statali» e non anche presso gli istituti paritari, per contrasto con gli artt. 3 e 33, quarto comma, 41, 76, e 118 della Costituzione.
Con un’altra ordinanza di rimessione di eguale tenore (r.o. n. 175 del 2006), lo stesso Tribunale ha sollevato la medesima questione di costituzionalità, ma senza prospettare la violazione dell’art. 118 Cost.
La disposizione censurata, nel sostituire il terzo periodo dell’art. 4, comma 4, della legge n. 425 del 1997, prevede: «I candidati esterni sono ripartiti tra le diverse commissioni degli istituti statali e paritari ed il loro numero massimo non può superare il cinquanta per cento dei candidati interni; nel caso non vi sia la possibilità di assegnare i candidati esterni alle predette commissioni possono essere costituite, soltanto preso gli istituti statali, commissioni apposite».
Espone il Tribunale che alcuni istituti privati di istruzione superiore, titolari della parità scolastica ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione), hanno fra l’altro impugnato:
– la circolare del Ministero dell’università e della ricerca (Dipartimento per l’istruzione-Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici, Ufficio VII) 18 novembre 2005, n. 86, avente ad oggetto «Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2005/2006. Termine di presentazione delle domande», nella quale è tra l’altro stabilito che: a) «[…] ove le istanze dei candidati esterni pervenute ad ogni singola scuola, statale o paritaria, dovessero eccedere il prescritto limite del 50 per cento, l’istituto interessato, immediatamente dopo la scadenza del termine per la loro presentazione, dovrà trasmettere le istanze eccedenti, individuate secondo l’osservanza di uno stretto ordine cronologico di presentazione, al Direttore Generale dell’Ufficio scolastico regionale competente per territorio. Ciò al fine di consentire al medesimo l’assegnazione degli interessati ad altre istituzioni scolastiche per una tempestiva prefigurazione del numero e della dislocazione delle Commissioni e, nel contempo, fornire ai candidati esterni certezza sulla sede nella quale dovranno sostenere gli esami»; b) «[…] per l’eventuale configurazione di commissioni cui assegnare unicamente candidati privatisti dovrà trovare applicazione l'articolo 14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 con la conseguenza che tali commissioni debbono essere costituite esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali»;
– la circolare dell’Ufficio scolastico regionale per il Lazio 21 novembre 2005, prot. n. 12695, reiterativa del contenuto della circolare ministeriale n. 86 del 2005.
Aggiunge il Tribunale che, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale, ha contemporaneamente accolto in via provvisoria, nell'attesa della pronuncia della Corte costituzionale, l’istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, nella parte in cui essi hanno fatto applicazione dell’art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226 del 2005.
In punto di rilevanza, il Tribunale osserva che le circolari impugnate costituiscono applicazione diretta della norma del decreto legislativo sospettata di incostituzionalità. Di conseguenza, la declaratoria di non conformità della norma ai parametri costituzionali evocati priverebbe di fondamento legale le menzionate circolari, determinandone la caducazione.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale premette che l’art. 14 del decreto legislativo n. 226 del 2005, da un lato, ha ribadito la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 4, della legge n. 425 del 1997, e cioè che il numero dei candidati esterni alle commissioni d’esame funzionanti presso gli istituti statali e quelli paritari non può superare il cinquanta per cento dei candidati interni; dall’altro, ha disposto che il superamento dell’anzidetta soglia percentuale consente la costituzione di apposite commissioni di candidati esterni, «soltanto presso gli istituti statali», laddove la pregressa regolamentazione era nel senso di prevedere, al superamento della summenzionata soglia percentuale, la costituzione di «commissioni apposite» per i candidati esterni, così prefigurando la possibilità di insediare tali commissioni non solo presso gli istituti statali, ma anche (dopo l’emanazione della legge n. 62 del 2000, sulla parità scolastica) presso gli istituti paritari.
La norma censurata, sostiene il rimettente, è in contrasto con il principio direttivo dell’art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), che individua l’obiettivo della normazione delegata in quello di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i princìpi sanciti dalla Costituzione». Infatti, mentre i valori-obiettivo dalla legge delega sono la libertà di scelta dello studente e la libertà di scelta delle famiglie, la disposizione censurata nega «quell’autonomia decisionale che pure, in special modo nell’età della formazione della personalità, assurge a condizione imprescindibile per la realizzazione del valore del pieno sviluppo della persona umana sancito nell’art. 3, cpv., Cost.» ed implica la valutazione «della sede (Istituto) più idonea per frequentare i corsi scolastici e sostenere gli esami».
La norma censurata sarebbe contraria a Costituzione anche con riferimento ad altri parametri.
Violerebbe l’art. 41 Cost., atteso che le scuole paritarie, essendo gestite da soggetti e da enti privati che svolgono un’attività volta a ricavare vantaggi economici o di altro tipo, possiedono un’indiscutibile connotazione imprenditoriale. La norma denunciata, discriminando le scuole paritarie, mediante l’esclusione della possibilità di costituire presso di esse commissioni d’esame per soli candidati esterni, sarebbe «certamente idonea ad offuscarne la considerazione presso la pubblica opinione, in termini di efficienza e di qualità del servizio pubblico erogabile da queste istituzioni scolastiche, con possibili e significative ricadute sul piano della loro sfera imprenditoriale».
L’art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226 del 2005 non sarebbe, poi, rispettoso dell’art. 33, quarto comma, Cost., che impone al legislatore, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali paritarie, di assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. La locuzione costituzionale «trattamento scolastico equipollente» non può riferirsi solo al mero riconoscimento del titolo di studio, rilasciato dalla scuola paritaria, «ma implica anche un riconoscimento della qualità del servizio di istruzione erogato dall’istituzione scolastica paritaria da considerarsi né deteriore né inferiore» rispetto a quello della scuola statale. Conseguentemente, la disposizione impugnata, colliderebbe, oltre che con il precetto costituzionale evocato, anche con la legge n. 62 del 2000, che ha dato attuazione alla parità scolastica.
Inoltre, sarebbe violato anche il principio di uguaglianza posto dall’art. 3 Cost., «non ravvisandosi profili di razionalità atti a giustificare, nella sussistenza del sistema di integrazione tra scuola pubblica e paritaria privata, la limitazione del servizio di istruzione nei riguardi di quest’ultima». In sostanza, la norma censurata sarebbe espressiva di un atteggiamento di sfiducia da parte del legislatore statale nei riguardi delle istituzioni paritarie, nel senso di reputare che solo presso le scuole statali l’esame di Stato possa svolgersi in rispondenza a canoni di efficienza e di qualità. Essendo questa l’intentio legis, si sarebbe in presenza – secondo il rimettente – di un evidente eccesso di potere legislativo. Il legislatore avrebbe omesso di considerare che il riconoscimento costituzionale della parità scolastica implica che il servizio pubblico reso dalle scuole paritarie debba essere «sotto il profilo qualitativo, comparabilmente adeguato a quello prestato dalle scuole pubbliche»; con la conseguenza che non avrebbe fondamento «inclinare a posizioni di valutazione pregiudiziale sul servizio ascrivibile alle scuole paritarie, sia pure nel ridotto ambito operativo qui esaminato». Invece la valutazione deve essere «adeguatamente operata in sede di riconoscimento della parità scolastica, accertando, in capo alle istituzioni private richiedenti, il possesso dei requisiti appositamente prescritti dall’art. 1, comma 2, della legge n. 62 del 2000 (tra i quali, in particolare, i requisiti di «qualità ed efficacia» del servizio erogabile) e, all’esito dell’intervenuto riconoscimento, sottoponendo a verifica la permanenza di detti requisiti a mezzo di una costante e capillare attività di vigilanza, pure prevista dal comma sesto del medesimo art. 1».
Infine, secondo quattro delle ordinanze di rimessione (r.o. da 176 a 179 del 2006), la disposizione denunciata sarebbe idonea a determinare un vulnus anche all’art. 118 Cost., che afferma il principio di sussidiarietà rispetto al quale la disposizione stessa costituirebbe «inattuazione, in considerazione del fatto che la configurazione della scuola paritaria, quale istituzione privata volta a soddisfare interessi considerati di carattere generale e pubblico dallo stesso legislatore, si inserisce armonicamente nel recente assetto di competenze in cui è prevista appunto la valorizzazione del principio di sussidiarietà».
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto.
3. – Si sono costituiti alcuni ricorrenti dei giudizi principali.
3.1. – L’Istituto internazionale di Istruzione «Giovanni Paolo II» e l’Istituto Tecnico per geometri e aeronautico paritario «Salvo D’Acquisto» si sono costituiti (r.o. n. 175 del 2006), riservandosi di argomentare e dedurre, ed hanno chiesto che la disposizione censurata dal giudice rimettente sia dichiarata illegittima, oltre che in relazione ai parametri dallo stesso invocati, anche con riferimento agli artt. 34 e 118 Cost.
3.2. – La Fondazione Granese ONLUS (r.o. n. 177 del 2006), l’Istituto Paritario Kennedy Holding (r.o. n. 178 del 2006), l’Istituto De Nicola (r.o. n. 179 del 2006) si sono costituiti chiedendo l’accoglimento della questione di costituzionalità.
4. – Sono intervenuti anche altri ricorrenti (Istituto «Chiron School» nel procedimento instaurato con r.o. n. 177 del 2006; Liceo linguistico «E. Hemingway» nel procedimento instaurato con r.o. n. 178 del 2006; Istituto «A.B. Nobel» nel procedimento instaurato con r.o. n. 179 del 2006) in analoghi processi pendenti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, chiedendo l’accoglimento della sollevata questione di costituzionalità.
5. – Le parti private costituite e i terzi intervenuti hanno presentato memorie in prossimità della data fissata per l’udienza.
Tutti insistono nelle conclusioni già presentate e chiedono, inoltre, dichiararsi l’illegittimità dell’art. 4, comma 9, della legge 11 gennaio 2007, n. 1 (Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università), (recte: dell’art. 4, comma 9, della legge n. 425 del 1997, come sostituito dall’art. 1 della legge n. 1 del 2007), sopravvenuto alle ordinanze di rimessione.
Sottolineano, inoltre, che la disposizione denunciata è stata abrogata e che la materia in contestazione è ora disciplinata dal suddetto art. 4, comma 9, della legge n. 425 del 1997, come sostituito nel 2007. Assumono che la norma originariamente censurata e quella vigente – «salvo lievi variazioni» – sono identiche, nella parte in cui impediscono che presso le scuole paritarie siano costituite commissioni di esame per soli candidati esterni, e chiedono che, ferma restando la necessità di una pronuncia sulla disposizione abrogata, la questione di costituzionalità sia trasferita anche sulla disposizione vigente, invocando la giurisprudenza costituzionale nel giudizio in via di azione.
Nel merito, tutti riprendono le argomentazioni delle ordinanze di rimessione; in particolare, le parti costituite nel giudizio costituzionale promosso con l’ordinanza di rimessione n. 175 del 2006, invocano gli artt. 118 e 34 Cost.
Considerato in diritto
1. – Tutte le ordinanze di rimessione (r. o. da n. 175 a n. 179 del 2006) del Tribunale amministrativo regionale del Lazio sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53), in riferimento agli artt. 3, 33, quarto comma, 41, e 76, della Costituzione. Quattro delle suddette ordinanze (r.o. da n. 176 a n. 179 del 2006) sollevano tale questione anche in riferimento all’art. 118 della Costituzione.
L’art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226 del 2005 è sottoposto a giudizio di costituzionalità nella parte in cui – sostituendo il terzo periodo dell’art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425 (Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore) – dispone che, ove i candidati esterni iscritti agli esami di Stato presso le scuole paritarie superino il cinquanta per cento dei candidati interni, l’eventuale costituzione di commissioni d’esame per i candidati esterni eccedenti il predetto limite può essere effettuata «soltanto presso gli istituti statali» e non anche presso gli istituti paritari.
La Corte è chiamata a decidere se la norma censurata violi: a) l’art. 76 Cost., per contrasto con il principio direttivo di cui all’art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), in base al quale i valori-obiettivo prefissati sono la libertà di scelta dello studente e la libertà di scelta delle famiglie; b) l’art. 41 Cost., discriminando le scuole paritarie e così offuscandone «la considerazione presso la pubblica opinione, in termini di efficienza e di qualità del servizio pubblico erogabile […], con possibili e significative ricadute sul piano della loro sfera imprenditoriale»; c) l’art. 33, quarto comma, Cost., che impone al legislatore di assicurare alle scuole paritarie piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali, dovendosi interpretare la locuzione «trattamento scolastico equipollente» nel senso che essa «non si arresta al mero riconoscimento del titolo di studio [rilasciato dalla scuola paritaria], ma implica anche un riconoscimento della qualità del servizio di istruzione erogato dall’istituzione scolastica paritaria da considerarsi né deteriore né inferiore» rispetto a quello della scuola statale»; d) l’art. 3 Cost., «non ravvisandosi profili di razionalità atti a giustificare, nella sussistenza del sistema di integrazione tra scuola pubblica e paritaria privata, la limitazione del servizio di istruzione nei riguardi di quest’ultima»; e) l’art. 118 Cost., che afferma il principio di sussidiarietà, rispetto al quale la norma censurata, discriminando la scuola paritaria, comporterebbe «aspetto di inattuazione, in considerazione del fatto che la configurazione della scuola paritaria, quale istituzione privata volta a soddisfare interessi considerati di carattere generale e pubblico dallo stesso legislatore, si inserisce armonicamente nel recente assetto di competenze in cui è prevista appunto la valorizzazione del principio di sussidiarietà».
2. – Tutti i giudizi hanno ad oggetto la questione di costituzionalità dell’art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226 del 2005 e, pertanto, possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
3. – Preliminarmente, devono essere dichiarati inammissibili gli interventi di alcuni ricorrenti (Istituto «Chiron School» nel procedimento instaurato con r.o. n. 177 del 2006; Liceo linguistico «E. Hemingway» nel procedimento instaurato con r.o. n. 178 del 2006; Istituto «A.B. Nobel» nel procedimento instaurato con r.o. n. 179 del 2006) in processi analoghi pendenti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. E’ principio consolidato quello della necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio principale e del giudizio incidentale, a nulla rilevando che le parti intervenute abbiano in corso giudizi analoghi a quello principale (sentenza n. 190 del 2006).
4. – Sempre in via preliminare, va precisato che è inammissibile la censura in riferimento all’art. 34 Cost., prospettata dalle parti costituite nel giudizio promosso con l’ordinanza registrata al n. 175 del 2006, non potendo le parti invocare parametri costituzionali diversi da quelli evocati dal giudice rimettente.
5. – Successivamente alle ordinanze di rimessione è intervenuta la legge 11 gennaio 2007, n. 1 (Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università). Questa (art. 1) ha sostituito (tra gli altri) l’art. 4, del d.lgs. n. 425 del 1997, disciplinando la materia nel comma 9 dello stesso articolo, e contemporaneamente ha abrogato (art. 3, comma 3, lettera b) il censurato art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226 del 2005.
Indipendentemente dalla portata della nuova disposizione – che le parti intervenute assumono identica alla precedente, salvo lievi variazioni – le sopravvenute vicende normative non incidono sul presente giudizio di costituzionalità, atteso che il giudice a quo deve applicare la norma censurata, rilevante temporalmente.
6. – La questione non è fondata.
Il problema di costituzionalità è sostanzialmente incentrato sul contrasto della norma censurata con l’art. 33, quarto comma, Cost., nella parte in cui prevede un «trattamento scolastico equipollente», e con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della mancanza di ragionevolezza.
La necessità di garantire un «trattamento scolastico equipollente» imporrebbe, secondo il giudice rimettente, che, nel caso si renda necessaria la costituzione di commissioni per soli candidati esterni – non essendo stata possibile la ripartizione tra altre commissioni di quelli in eccesso rispetto al limite generale di trentacinque candidati per commissione, dei quali gli esterni non devono superare il cinquanta per cento degli interni – queste commissioni ad hoc possano essere costituite anche presso le scuole paritarie, donde l’illegittimità della norma censurata, nella parte in cui ne prevede la possibile costituzione solo presso le scuole statali.
6.1. – E’ opportuno soffermarsi sul quadro legislativo entro cui si inserisce la disposizione censurata.
Prima della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione), nell’ordinamento esistevano, accanto alle scuole statali, due tipologie di scuole private; quelle che non rilasciavano titoli avente valore legale e quelle (parificate, pareggiate, legalmente riconosciute) che avevano tale legittimazione. In questo contesto, i privatisti potevano sostenere gli esami di Stato solo presso gli istituti statali.
Nel 2000, in attuazione dell’art. 33, quarto comma Cost., sono state introdotte le scuole paritarie (pubbliche degli enti locali, e private), che costituiscono, insieme alle scuole statali, il sistema nazionale di istruzione, secondo un modello pluralistico integrato. Esse svolgono un servizio pubblico e sono soggette alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale, secondo standard stabiliti dalla legge. A queste condizioni la scuola paritaria è abilitata al rilascio dei titoli di studio.
La norma censurata prende atto della avvenuta introduzione nell’ordinamento delle scuole paritarie e prevede una disciplina comune per i candidati esterni. Nell’ambito del limite generale per cui ciascuna commissione d’esame può esaminare, al massimo, trentacinque candidati, si prevede che i candidati esterni possano sostenere l’esame di Stato presso le scuole statali e presso le scuole paritarie, a loro scelta, a condizione che il numero massimo di esterni non superi il cinquanta per cento degli alunni interni per ciascuna commissione d’esame. Quindi, per l’ipotesi che – per effetto del rispetto dei suddetti limiti generali – si crei la necessità di istituire commissioni per soli candidati esterni, dispone che queste possono essere costituite soltanto presso gli istituti statali.
6.2. – Indipendentemente dalla riconducibilità del caso in esame all’art. 33, quarto comma, Cost. nella parte in cui prevede, per gli alunni delle scuole non statali che chiedono la parità, «un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali», la deroga per gli esterni che chiedono di sostenere gli esami presso le scuole paritarie è circoscritta. Essa concerne la sola ipotesi in cui la domanda dei privatisti assuma tale rilievo quantitativo da non poter essere soddisfatta mediante l’ordinaria ripartizione tra le commissioni d’esame esistenti presso le scuole paritarie e statali.
Questa deroga non è irragionevole.
Essa si collega, innanzitutto, all’esigenza di evitare che le scuole paritarie diventino sede privilegiata di esami a scapito della serietà dell’esame di Stato, richiesta dal quinto comma dell’art. 33 Cost., così prevenendo, proprio a garanzia della posizione delle scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione pluralistico previsto dal quarto comma dello stesso articolo, la loro trasformazione da luogo di insegnamento in sedi per esami di Stato (ordinanza n. 423 del 2002, con riferimento agli esami di idoneità degli esterni).
La scelta del legislatore risponde anche alla finalità di distribuire in modo più razionale sul territorio la domanda eccedente il limite sopra ricordato, atteso che le scuole statali – presso le quali esistono oramai tutti i percorsi formativi – sono più numerose e diffuse di quelle paritarie.
In conclusione, la deroga è circoscritta, essendo inserita in una disciplina comune di limiti quantitativi allo svolgimento degli esami di Stato da parte di candidati esterni, e non è irragionevole, rispondendo agli obiettivi di serietà dell’esame di cui al quinto comma dell’art. 33 Cost. e, in generale, a razionali esigenze di distribuzione sul territorio delle commissioni, in caso di domanda eccedente.
6.3. – Quanto agli altri parametri evocati dal giudice rimettente va, in generale, notato che tutte le censure presuppongono l’esistenza della discriminazione tra scuole paritarie e statali rispetto al trattamento dei candidati esterni. Essendo stata esclusa tale discriminazione, non sussistono le violazioni dedotte.
Inoltre, l’art. 76 Cost. è evocato impropriamente, limitandosi il rimettente a richiamare genericamente le finalità indicate nell’art. 1 della legge delega e non i criteri posti negli articoli successivi, tra i quali l’art. 3 si occupa espressamente degli esami di Stato.
In ordine alle censure formulate con riferimento all’art. 41 Cost., va notato che la libertà dell’iniziativa economica privata dei gestori di scuole paritarie è garantita nei limiti della parità di cui all’art. 33, quarto comma, Cost. e che la scuola paritaria non rileva come impresa quando sono in questione le modalità di svolgimento degli esami.
Infine, in riferimento all’art. 118 Cost., la cosiddetta sussidiarietà orizzontale non può consentire una interpretazione dell’art. 33, quarto comma, Cost. che induca a ritenere le scuole paritarie senz’altro legittimate ad eseguire sempre esami di Stato a beneficio di chiunque, senza esserne «alunno», chieda di svolgerli presso di esse.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in riferimento agli articoli 3, 33, quarto comma, 41, e 76, della Costituzione, con tutte le ordinanze in epigrafe, e anche in riferimento all’art. 118 della Costituzione, con quattro delle suddette ordinanze (r.o. da n. 176 a n. 179 del 2006).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2007.