Ordinanza n. 393 del 2008

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ORDINANZA N. 393

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-Giovanni Maria                  FLICK                                Presidente

-Francesco                          AMIRANTE                        Giudice

-Ugo                                   DE SIERVO                              "

-Paolo                                MADDALENA                           "

-Alfio                                 FINOCCHIARO                         "

-Alfonso                             QUARANTA                              "

-Franco                               GALLO                                     "

-Luigi                                 MAZZELLA                               "

-Gaetano                             SILVESTRI                               "

-Sabino                               CASSESE                                 "

-Maria Rita                         SAULLE                                    "

-Giuseppe                           TESAURO                                 "

-Paolo Maria                       NAPOLITANO                          "

-Giuseppe                           FRIGO                                      "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza dell’11 dicembre 2007 dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Genova nel giudizio vertente tra la s.r.l. PhD e la s.p.a. Equitalia Polis, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visti l’atto di costituzione della s.r.l. PhD, nonché gli atti di intervento di Francesco Carlo Rizzuto e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2008 il Giudice relatore Franco Gallo;

udito l’avvocato Francesco Carlo Rizzuto per la s.r.l. PhD e l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio riguardante un’opposizione agli atti dell’esecuzione esattoriale promossa dalla s.p.a. Equitalia Polis, agente della riscossione per la provincia di Genova, nei confronti della s.r.l. PhD, il giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Genova, con ordinanza depositata l’11 dicembre 2007, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 72-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), il quale, all’alinea del comma 1, prevede che «Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede»;

che  il giudice rimettente premette che: a) il giudizio a quo si trova nella fase cautelare «prevista dall’art. 60, d.P.R. n. 602/1973», nella quale può essere disposta «legittimamente la sospensione della procedura esecutiva esattoriale, ove richiesto, qualora  ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave ed irreparabile danno»; b) devono  essere  respinte le eccezioni di mancata o tardiva «notifica del provvedimento ex art. 72-bis, d.P.R. n. 602/1973 con  cui  Equitalia S.p.A. […] ordinava a Banca Carige la consegna della  somma  versata sul  conto corrente intestato al debitore»; c) «non  appare  violato, nel  caso di specie, alcun  principio né  dispositivo di legge,  essendo  stato  notificato l’atto di  pignoramento anche al contribuente  debitore e […] pertanto  l’esecutato ha  avuto la  possibilità di  venire  a conoscenza della  procedura e  di far  valere  le  sue ragioni con il presente ricorso ex art. 617 c.p.c.»;

che il rimettente – in accoglimento di una sola delle diverse eccezioni di legittimità costituzionale proposte dall’opponente – solleva questione di legittimità costituzionale del citato art. 72-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto esso, consentendo  all’agente della  riscossione di ordinare discrezionalmente al terzo il pagamento  diretto, riconosce a detto  agente una  facoltà che,  se esercitata  (come  nella specie), sottrae al controllo del giudice dell’esecuzione la procedura di espropriazione  esattoriale  mobiliare  presso  terzi di crediti  del  debitore  e, perciò, crea una irragionevole disparità di trattamento nei confronti degli esecutati  in  procedure esattoriali alle quali, invece, sono applicabili le diverse modalità di esecuzione mediante previa citazione in giudizio del terzo, previste dagli artt. 543 e seguenti cod. proc. civ.;

che, sempre a sostegno della non manifesta infondatezza della sollevata questione, il rimettente aggiunge: a) che «il pignoramento eseguito in base alla norma censurata, con ordine coattivo di consegna immediata, in luogo di quello ex artt. 543 e segg. c.p.c., ha reso più gravosa e meno efficace per l’esecutato la sua difesa», perché se questo «avesse proposto opposizione dopo aver ricevuto la rituale citazione ex art. 543 c.p.c., nel tempo intercorrente tra la sua notifica e l’udienza di dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c., qualora il g.e. avesse sospeso l’esecuzione ex art. 60, d.P.R. n. 602/1973, stante il disposto dell’art. 49, n. 2 del d.P.R. citato, […] sarebbe stato conseguentemente applicabile, per la parte per cui non provvede l’art. 60, d.P.R. n. 602/1973, l’art. 624 c.p.c.»; b) che, pertanto, «in caso di sospensione non reclamata ex art. 669-terdecies c.p.c., o disposta o confermata in sede di reclamo, il g.e., in caso di istanza dell’opponente, avrebbe dichiarato (non facoltativamente, secondo il tenore letterale della norma novellata), con ordinanza non impugnabile, l’estinzione della procedura, liberando di fatto la somma vincolata e non ancora assegnata» c) che «è di percezione immediata quanto la diversa scelta operata nel caso in esame dal concessionario procedente, la cui discrezionalità discende dalla norma, abbia creato una disparità di trattamento ove si consideri che, in caso di sospensione ed estinzione della procedura, il recupero della somma pignorata, già versata al procedente, sarebbe non poco oneroso per l’esecutato»;

che, secondo il giudice a quo, va «ritenuta altresì sussistente la rilevanza, nel presente giudizio, della norma censurata, per le circostanze di fatto e di diritto suesposte»;

che il rimettente, contestualmente alla rimessione degli atti a questa Corte, «sospende la procedura» esecutiva;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi non fondata la sollevata questione;

che l’interveniente premette che la norma censurata è stata introdotta dall’art. 2, comma 6, del decreto-legge 2 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che ha esteso a tutti i crediti del debitore erariale moroso la facoltà di riscossione coattiva diretta da parte del concessionario, prima limitata al solo caso del pignoramento del quinto dello stipendio, allo scopo di attribuire agli organi della riscossione poteri più incisivi ed efficaci per il mancato pagamento dei debiti tributari iscritti a ruolo, come tali certi, liquidi ed esigibili;

che, per la difesa erariale, la norma censurata non è contraria al parametro della ragionevolezza, non solo perché «appare del tutto proporzionata al conseguimento dell’obiettivo, ma anche perché la contestata discrezionalità dell’agente della riscossione nell’avvalersi o meno della facoltà che la legge gli riconosce non induce una disparità di trattamento tra debitori esecutati», i quali sono «titolari di un interesse di mero fatto rispetto all’utilizzo dell’una o dell’altra modalità»;

che i margini di discrezionalità riconosciuti all’agente della riscossione sarebbero «rigidamente vincolati, fortemente limitati e ben definiti dal profilo pubblicistico dell’esercizio della sua attività»; attività che egli dovrebbe improntare alla maggiore rapidità possibile «in un’ottica di indefettibile rafforzamento dell’efficienza operativa, della fruttuosità della riscossione tributaria e dell’effettivo contrasto del fenomeno della c.d. evasione da riscossione»;

che, in relazione alla pretesa violazione dell’art. 24 Cost., la difesa erariale rileva che la denunciata maggiore gravosità della posizione del debitore esecutato conseguirebbe ad una situazione di mero fatto, perché «l’eliminazione dell’udienza per la dichiarazione di quantità […] non incide sulla facoltà per il debitore esecutato di proporre opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, nei limiti in cui ciò è consentito dall’art. 57 del d.P.R. 602/73, e di chiedere la sospensione dell’esecuzione, essendo il debitore, evidentemente, tra i destinatari della notifica dell’atto di pignoramento»;

che, anche sul piano delle concrete conseguenze fattuali della disciplina censurata – sempre per la difesa erariale – «la  nuova forma  di espropriazione  presso terzi  non ha  prodotto sensibili  differenze  rispetto alla  situazione  preesistente»,  nella quale «la possibilità  per il debitore  esecutato di rientrare  nella disponibilità  del credito pignorato – non essendo la mera sospensione idonea a far cessare il vincolo determinato dal pignoramento – presuppone la dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva e quindi, di norma, una sentenza resa all’esito di un giudizio di cognizione»;

che, pertanto, l’unica differenza fra la disciplina censurata e la disciplina ordinaria dell’espropriazione presso terzi sarebbe «che […] all’esito del giudizio di cognizione risulterà debitore il concessionario (che sarà, di regola, tenuto anche al risarcimento del danno) in luogo dell’originario debitor debitoris»; con la conseguenza di una maggiore tutela di fatto della posizione del debitore esecutato, in ragione della «istituzionale solvibilità del creditore erariale, che elimina in radice […] il rischio di ripetizione delle somme che, eventualmente, dovessero risultare riscosse sine titulo e di quelle conseguentemente dovute a titolo risarcitorio»;

che si è costituita la s.r.l. PhD, in liquidazione, opponente nel giudizio di esecuzione, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Carlo Rizzuto, chiedendo l’accoglimento della sollevata questione;

che la  parte  privata, dopo  aver  premesso  che  il giudice a quo ha  sospeso  la procedura  esecutiva, afferma  che: a) la norma  censurata – in quanto  sottrae  al  giudice dell’esecuzione il potere «di verifica  anche d’ufficio  della  validità ed efficacia dei titoli esecutivi» – si pone in contrasto con la legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del  contribuente), che «prevede espressamente che fisco e contribuente  siano posti  in condizioni di parità,  nell’ottica di un giusto processo», nonché con l’art. 6 della  Convenzione europea dei  diritti dell’uomo, che «prevede […] il diritto di  ogni persona  ad  un’equa e  pubblica udienza entro  un termine ragionevole, davanti  a un tribunale  indipendente  ed imparziale,  ai  fini della  determinazione sia dei suoi diritti  che dei suoi doveri di  carattere civile»; b) la  medesima  norma censurata non prevede «la contestuale notifica dell’atto di pignoramento, oltre  che al terzo pignorato, anche al debitore»; c) nel procedimento di espropriazione presso  terzi ordinario,  qualora l’esecuzione sia  sospesa prima che  il  terzo  debitore  corrisponda le somme all’agente della riscossione, il debitore esecutato che vede accolta la sua opposizione all’esecuzione ottiene lo svincolo dei crediti dal pignoramento, a prescindere dall’esistenza di altri debiti verso lo Stato; nel procedimento di espropriazione  presso  terzi disciplinato  dalla  norma  censurata,  invece, «le somme acquisite dal procedente o potranno essere riottenute in modo molto gravoso […] o non potranno essere riottenute affatto, qualora il contribuente abbia altri o maggiori debiti verso lo Stato, in quanto si applica la automatica compensazione ex lege»;

che è intervenuto in proprio Francesco Carlo Rizzuto, dichiarando di essere parte, quale debitore esecutato, di un procedimento analogo al giudizio a quo, pendente di fronte allo stesso Tribunale ordinario di Genova;

che, a sostegno dell’ammissibilità del suo intervento, afferma di essere portatore di un interesse personale, «in quanto la soluzione, favorevole o meno, della questione di legittimità costituzionale delle norme in materia di riscossione esattoriale incide indirettamente anche sulla propria posizione»;

che, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la s.r.l. PhD, in liquidazione, ha ribadito quanto già dedotto nell’atto di costituzione.

Considerato che il giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Genova dubita – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – della legittimità dell’art. 72-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), il quale prevede che «Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede»;

che, secondo il rimettente, la disposizione censurata víola gli evocati parametri, perché: a) crea una «disparità di trattamento nei confronti di esecutati in procedure esattoriali in ordine alla possibilità […] che la concessionaria per la riscossione applichi a sua discrezione tale modalità di esecuzione, riconoscendole una facoltà che discrimina irragionevolmente i debitori sottoposti a tale procedura “in luogo” di quella di cui agli artt. 543 e segg. C.p.c.»; b) «il pignoramento eseguito in base alla norma censurata, con ordine coattivo di consegna immediata, in luogo di quello ex artt. 543 e segg. c.p.c., ha reso più gravosa e meno efficace per l’esecutato la sua difesa», in quanto, ove questo «avesse proposto opposizione dopo aver ricevuto la rituale citazione ex art. 543 c.p.c., nel tempo intercorrente tra la sua notifica e l’udienza di dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c., qualora il g.e. avesse sospeso l’esecuzione ex art. 60, d.P.R. n. 602/1973, stante il disposto dell’art. 49, n. 2 del d.P.R. citato, […] sarebbe stato conseguentemente applicabile, per la parte per cui non provvede l’art. 60, d.P.R. n. 602/1973, l’art. 624 c.p.c.», con l’ulteriore conseguenza che, «in caso di sospensione non reclamata ex art. 669-terdecies c.p.c., o disposta o confermata in sede di reclamo, il g.e., in caso di istanza dell’opponente, avrebbe dichiarato […], con ordinanza non impugnabile, l’estinzione della procedura, liberando di fatto la somma vincolata e non ancora assegnata»;

che, preliminarmente, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento in proprio  di  Francesco  Carlo  Rizzuto, il quale  riferisce di  essere  parte non nel giudizio a quo, ma  in un giudizio analogo, nel quale il giudice non ha ritenuto di sollevare questione di  legittimità costituzionale della norma oggetto del presente giudizio;

che, per costante  giurisprudenza di  questa  Corte, sono  ammessi  a  intervenire nel  giudizio  incidentale di legittimità  costituzionale le sole parti del giudizio principale e i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente  inerente al rapporto sostanziale  dedotto in giudizio  e non semplicemente  regolato, al  pari di ogni altro, dalla  norma  oggetto  di  censura  (ex plurimissentenza n. 96 del 2008; ordinanza  pronunciata  nell’udienza  del  26 febbraio 2008 e ordinanza n. 414 del 2007);

che l’inammissibilità dell’intervento non viene meno in forza della pendenza di un procedimento analogo a quello principale, posto che l’ammissibilità di tale intervento contrasterebbe con il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, in quanto l’accesso delle parti a detto giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo (ex plurimis, sentenza n. 220 del 2007; ordinanze pronunciate nelle udienze del 3 luglio 2007 e del 19 giugno 2007);

che la sollevata questione di legittimità costituzionale è manifestamente inammissibile;

che il rimettente riferisce che il giudizio a quo, avente ad oggetto un’opposizione del debitore esecutato all’esecuzione esattoriale promossa dall’agente della riscossione, si trova nella fase cautelare «prevista dall’art. 60, d.P.R. n. 602/1973»;

che, secondo tale disposizione, «Il giudice dell’esecuzione non può sospendere il processo esecutivo, salvo che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno»;

che, come  questa  Corte ha più volte affermato, il giudice ben  può sollevare questione di legittimità  costituzionale in sede cautelare, sia quando non  provveda sulla domanda cautelare, sia  quando conceda la  relativa  misura,  purché  tale concessione non  si risolva  nel  definitivo  esaurimento  del potere cautelare  del quale  in quella sede il  giudice  fruisce  (ex plurimissentenza n. 161  del 2008ordinanza n. 25 del 2006);

che, nel  caso di specie, il  rimettente  non si è limitato a sospendere il giudizio cautelare, ma ha sospeso – con  provvedimento che egli  non dichiara essere soggetto a  successiva conferma nel  medesimo  giudizio  cautelare – il processo  esecutivo ed ha,  pertanto, accolto l’istanza  di cui  all’art. 60 del  d.P.R. n. 602 del 1973 proposta dalla parte opponente, cosí esaurendo definitivamente il  proprio potere cautelare;

che la questione sollevata è, conseguentemente, priva di rilevanza nel giudizio a quo, perché il giudice, avendo sospeso la procedura esecutiva e non essendosi riservato di provvedere successivamente, in via definitiva, sull’istanza cautelare, non deve più fare applicazione della norma censurata;

che, a parte ciò, il giudice rimettente non ha neppure assolto l’onere di fornire un’adeguata motivazione circa la rilevanza della sollevata questione al fine di consentire a questa Corte di verificare la plausibilità di detta motivazione; che, infatti, il giudice a quo avrebbe dovuto precisare se – ai fini della concessione della richiesta misura cautelare – oltre al fumus boni iuris fondato sulla dedotta illegittimità costituzionale della disposizione censurata, sussistesse anche il requisito del periculum in mora richiesto dal menzionato art. 60 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel senso della necessità di motivazione anche sulla sussistenza del periculum in mora, sentenze n. 370 del 2008  e n. 108 del 1995);

che, invece, il rimettente non ha fornito alcuna motivazione circa il presupposto del periculum in mora per la sospensione della procedura esecutiva, essendosi limitato a menzionare genericamente l’esistenza di «gravi motivi» per tale sospensione;

che, anche a prescindere tali rilievi in punto di inammissibilità, va rilevato che la facoltà di scelta del concessionario tra due modalità di esecuzione forzata presso terzi non crea né una lesione del diritto di difesa dell’opponente né una rilevante disparità di trattamento tra i debitori esecutati, sia perché questi sono portatori di un interesse di mero fatto rispetto all’utilizzo dell’una o dell’altra modalità e possono in ogni caso proporre le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi di cui all’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, sia perché non sussiste «un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali» (ex plurimis, ordinanze n. 67 del 2007 e n. 101 del 2006   ).   

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile l’intervento di Francesco Carlo Rizzuto, in proprio;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 72-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata dal Tribunale ordinario di Genova, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2008.