SENTENZA N. 370
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 (Disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), e dell’art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise 27 settembre 2006, n. 28 (Norme in materia di opere relative a linee ed impianti elettrici fino a 150.000 volt), promossi con ordinanze del 25 e del 31 gennaio 2008 dal Tribunale di Campobasso, sezione per il riesame, sui ricorsi proposti da Amatruda Teresa e da Di Salvia Rosa Maria, iscritte ai nn. 94 e 95 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti di costituzione di Amatruda Teresa e Di Salvia Rosa Maria;
udito nell’udienza pubblica del 21 ottobre 2008 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
udito l’avvocato Giovanni Di Giandomenico per Amatruda Teresa e Di Salvia Rosa Maria.
Ritenuto in fatto
1.– Con due ordinanze di analogo tenore, rispettivamente del 25 e 31 gennaio 2008 (r.o. n. 94 e n. 95 del 2008), il Tribunale di Campobasso, sezione per il riesame, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 (Disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), nella parte in cui dispone che «Le aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale ricomprese nel comune di Termoli, litorale sud, sono individuate dalla linea di demarcazione determinata con verbale dell’undici dicembre 1984 della Capitaneria di porto di Pescara», e dell’art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise 27 settembre 2006, n. 28 (Norme in materia di opere relative a linee ed impianti elettrici fino a 150.000 volt), nella parte in cui prevede che «Le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge regionale 5 maggio 2006, n. 5, si interpretano nel senso di determinare quali sono nella Regione Molise le zone di cui agli articoli 822 del codice civile e 28 del codice della navigazione».Il rimettente premette, in fatto, di essere chiamato a giudicare, in entrambi i casi, della conferma del provvedimento del GIP presso il Tribunale di Larino che ha disposto il sequestro preventivo di un immobile, con annesse pertinenze, sito in Termoli, località “Rio vivo”.
Il Tribunale molisano evidenzia che il caso al suo esame è parte di un più ampio contesto che riguarda un rilevante settore dell'abitato di Termoli, edificato in corrispondenza della fascia costiera ivi esistente (cosiddetta zona “Rio vivo”) e che numerosi immobili insistenti su tale area, tra i quali quelli in esame, sono stati oggetto di sequestro preventivo da parte del GIP del Tribunale di Larino in accoglimento della richiesta della locale Procura della Repubblica che ha contestato ai proprietari il reato di cui all’art. 1161 del codice della navigazione per abusiva occupazione di spazio del demanio marittimo.
Il rimettente, nel ricostruire il complesso iter processuale del giudizio a quo, spiega che le proprietarie degli immobili sottoposti a sequestro preventivo sono ricorse al Tribunale del riesame di Campobasso rivendicando la legittimità della occupazione per essere stato il relativo terreno ceduto al loro dante causa dall'autorità statale competente con regolare rogito notarile e contestando l’appartenenza al demanio marittimo dell’area occupata.
Con una prima pronuncia, il Tribunale del riesame di Campobasso ha confermato i provvedimenti di sequestro, rigettando tutte le doglianze delle proprietarie: in particolare ritenendo sussistente la natura demaniale del terreno occupato con gli immobili in sequestro.
Questa prima ordinanza, prosegue il rimettente, è stata a sua volta impugnata innanzi alla Corte di cassazione sulla base delle stesse motivazioni circa la natura non demaniale dei terreni in esame e sulla mancanza del periculum.
La Corte di cassazione ha accolto il ricorso delle indagate sotto il profilo dell’assenza delle esigenze cautelari, non risultando chiaro in che modo il sequestro preventivo sia in grado di neutralizzare la protrazione del comportamento illecito dal momento che le indagate continuano ad occupare gli immobili e, nel contempo, ha rigettato tutti i motivi adottati dai ricorrenti sulla mancanza del fumus boni iuris e in particolare quello sulla non appartenenza al demanio delle aree oggetto di occupazione.
La Regione Molise, prima che la questione fosse nuovamente esaminata dal Tribunale del riesame a seguito dell’annullamento con rinvio, ha approvato la legge n. 5 del 2006 che all’art. 3 individua e delimita le aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale ricomprese nei territori dei comuni di Campomarino, di Termoli, di Petacciano e di Montenero di Bisaccia, escludendo quelle oggetto del provvedimento di sequestro preventivo.
Il Tribunale del riesame, nonostante il mutato quadro normativo, ha confermato il sequestro preventivo sia con riguardo alla sussistenza del periculum sia in riferimento alla normativa sopravvenuta.
Avverso tale ultimo provvedimento le proprietarie indagate hanno fatto nuovamente ricorso alla Corte di cassazione, ritenendo la motivazione del Tribunale del riesame contraddittoria e non conforme al principio espresso dalla Suprema Corte sulla mancanza del periculum e, inoltre, evidenziando come la legge regionale abbia definitivamente escluso il carattere demaniale della zona occupata.
Successivamente, nelle more della decisione della Corte di cassazione, la Regione Molise ha approvato la seconda delle norme qui censurate, ovvero l’art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise n. 28 del 27 settembre 2006, che chiarisce definitivamente la volontà del legislatore regionale di delimitare «quali sono nella Regione Molise le zone di cui agli articoli 822 del codice civile e 28 del codice di navigazione».
La Corte di cassazione ha annullato nuovamente il provvedimento del Tribunale del riesame perché la motivazione non fornisce una adeguata risposta al quesito specifico della compatibilità del protratto utilizzo del bene da parte degli indagati con la funzione di tutela del bene pubblico che si vuole realizzare mediante il sequestro preventivo, anche tenuto conto della nuova normativa regionale intervenuta.
Così ricostruita la vicenda giudiziaria, il Tribunale del riesame di Campobasso ritiene debba essere verificata la conformità dell’art. 3 della legge della Regione Molise n. 5 del 2006, come interpretato dall’art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise n. 28 del 2006, all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
A parere del rimettente, le norme censurate violerebbero la riserva esclusiva di competenza legislativa dello Stato nella materia dell’ordinamento civile. Le aree definibili come demanio, infatti, sono disciplinate dal codice civile, che le individua in base alle loro caratteristiche funzionali, che determinano l'esigenza di assoggettarle a uno status particolare.
La legge regionale, invece, avrebbe individuato le aree demaniali del litorale di Termoli dettando un criterio derogatorio rispetto a quanto previsto dagli artt. 822 cod. civ. e 20 (recte 28) cod. nav. che individuano come beni appartenenti al demanio marittimo la «spiaggia» e il «lido del mare».
Ne varrebbe, sempre secondo il rimettente, richiamare l’esercizio dei poteri concorrenti in tema di «porti» riconosciuto alla Regione dall’art. 117, terzo comma, Cost., vertendo la questione in materia di proprietà ed essendo la proprietà demaniale inserita nell’ambito della proprietà in generale, tipico istituto regolato dal codice civile.
Il Tribunale del riesame, così motivata la non manifesta infondatezza, si sofferma anche sulla rilevanza della questione, da un lato evidenziando che la Corte di cassazione ha espressamente invitato il Tribunale a tenere conto dello ius superveniens e, dall’altro, ritenendo che la declaratoria di incostituzionalità delle norme censurate determinerebbe il venir meno dell’interruzione della permanenza del reato ai fini della valutazione in concreto del periculum.
2.– Si sono costituite nel giudizio Armatruda Teresa e Di Salvia Rosa Maria, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale del riesame di Campobasso.
Le parti sostengono che la questione non è rilevante perché per ben due volte la Cassazione ha annullato il provvedimento del Tribunale del riesame di Campobasso evidenziando la mancanza del periculum, e perché, in relazione al fumus boni iuris, il Tribunale del riesame non ha considerato le argomentazioni circa la natura non demaniale del terreno sul quale insistono gli immobili in sequestro, che sarebbe dimostrata dalle mappe catastali del Comune di Termoli e da un verbale della Capitaneria di porto di Pescara del 1984 di delimitazione delle aree appartenenti al demanio marittimo che escludeva i terreni in esame da tale classificazione, in quanto aree non più utili ai fini degli usi pubblici della navigazione.
Nel merito, secondo le parti costituite, la questione sarebbe infondata perché la Regione si è limitata ad esercitare, sia pure con legge, una funzione ad essa spettante in via amministrativa, quale quella della delimitazione del demanio marittimo.
Tale funzione di delimitazione del demanio marittimo rientrerebbe tra quelle delegate e conferite dallo Stato alle Regioni sin dall’approvazione dell’art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), delega in origine limitata alle funzioni amministrative con finalità turistiche e ricreative e, successivamente, ampliata anche al rilascio delle concessioni sul demanio marittimo dall’art. 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Secondo la difesa delle parti private, poiché la delega comprende anche «le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti» (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 112 del 1998), implicitamente sarebbero state trasferite anche le funzioni relative alla delimitazione delle zone demaniali, quale presupposto per l'ordinato esercizio delle prime.
In altri termini, secondo la prospettazione delle intervenienti, la delimitazione già operata nel 1984 dalla Capitaneria di porto di Pescara, mancante del decreto del Ministro delle finanze, sarebbe stata completata mediante l’approvazione della legge regionale, che avrebbe rinnovato il procedimento con lo strumento legislativo.
Inoltre, la procedura di delimitazione operata dalla Regione con le norme oggetto di censura, venendo ad essere il primo tentativo di delimitare le zone demaniali e non costituendo una nuova delimitazione più restrittiva di quella precedente, non potrebbe qualificarsi come sdemanializzazione ai sensi dell’art. 35 cod. nav.
Infine, concludono le parti private, il demanio non rientra nella materia ordinamento civile, in quanto le forme di appartenenza dei beni pubblici sono diverse da quelle dei beni privati e solo a questi ultimi è riferibile, in senso stretto, l’istituto della proprietà, così come articolato dal codice civile. Pertanto, la disciplina del demanio non sarebbe compresa in alcuna materia prevista dagli elenchi del novellato art. 117 Cost. e non rimarrebbe che attribuirne la titolarità alle Regioni in via generale e residuale.
In prossimità dell’udienza, le parti private costituite hanno depositato una memoria con la quale hanno ribadito le proprie argomentazioni, insistendo nella richiesta di una pronuncia di inammissibilità, soprattutto per l’irrilevanza della questione sollevata rispetto alla definizione del giudizio a quo, o di infondatezza della questione.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale di Campobasso, sezione per il riesame, dubita della legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 (Disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), nella parte in cui dispone che «Le aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale ricomprese nel comune di Termoli, litorale sud, sono individuate dalla linea di demarcazione determinata con verbale dell’undici dicembre 1984 della Capitaneria di porto di Pescara», e dell’art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise 27 settembre 2006, n. 28 (Norme in materia di opere relative a linee ed impianti elettrici fino a 150.000 volt), nella parte in cui dispone che «Le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge regionale 5 maggio 2006, n. 5, si interpretano nel senso di determinare quali sono nella Regione Molise le zone di cui agli articoli 822 del codice civile e 28 del codice della navigazione».A parere del rimettente, la Regione avrebbe violato la riserva esclusiva di competenza legislativa dello Stato nella materia dell’ordinamento civile.
La legge regionale, infatti, avrebbe individuato le aree demaniali del litorale di Termoli in deroga a quanto previsto dagli artt. 822 cod. civ. e 20 (recte 28) cod. nav., che individuano come beni appartenenti al demanio marittimo la «spiaggia» e il «lido del mare».
Ne varrebbe, sempre secondo il rimettente, richiamare l’esercizio dei poteri concorrenti in materia di «porti», riconosciuti alla Regione dall’art. 117, terzo comma, Cost., vertendo la questione in materia di proprietà ed essendo la proprietà demaniale inserita nell’ambito della proprietà in generale, tipico istituto regolato dal codice civile.
Essendo le questioni sollevate di analogo contenuto, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi ai fini di una trattazione unitaria e di un’unica decisione.
1.1.– Preliminarmente, occorre prendere in considerazione l’eccezione di inammissibilità dedotta dalle parti private in relazione alla mancanza di rilevanza della questione nel giudizio a quo.
Secondo la difesa delle parti costituite, infatti, mancherebbe la rilevanza sia perché la Corte di Cassazione, per ben due volte, ha annullato il provvedimento del Tribunale del riesame di Campobasso in relazione alla mancanza del periculum, sia perché il Tribunale del riesame non ha considerato le argomentazioni difensive circa la decisività dell’intestazione catastale dei beni in sequestro, anche alla stregua dell’art. 950 cod. civ. che, in caso di incertezza sui confini, ed in mancanza di altre prove, assume come dirimente proprio la intestazione catastale.
L’eccezione non può essere accolta sotto entrambi i profili.
Quanto al primo, occorre premettere che il giudice a quo, trattandosi di un giudizio cautelare rinviato dalla Corte di cassazione a seguito di annullamento della parte della decisione relativa alla sussistenza del requisito del periculum in mora, aveva l’onere di motivare circa l’incidenza che la sollevata questione di costituzionalità veniva ad avere in ordine alla decisione che era chiamato ad assumere al fine di consentire a questa Corte di verificarne la plausibilità. Deve, pertanto, rilevarsi che, dopo l’annullamento con rinvio della Corte di cassazione, il Tribunale del riesame ha motivato nuovamente, in modo più ampio e articolato, in ordine al periculum, ritenendolo sussistente «perché gli indagati risultano aver già più volte esteso la dimensione dell’occupazione sicché è concreto il pericolo che il terreno nel tempo subisca ulteriori trasformazioni». Inoltre, come sottolineato dal giudice a quo, il venir meno della natura demaniale del bene determinerebbe automaticamente la cessazione del pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato di cui all’art. 321 cod. proc. pen., tanto che la stessa Corte di cassazione ha chiesto di tener conto della nuova normativa regionale sopravvenuta.
In ordine alla mancata motivazione circa l’intestazione catastale dei beni in sequestro, dalla quale risulterebbe la loro sdemanializzazione, deve rilevarsi come l’ordinanza del rimettente riporti nel dettaglio il percorso argomentativo circa la sussistenza della natura demaniale del terreno sul quale insistono gli immobili in sequestro e, in sede di valutazione cautelare, tale motivazione è ampiamente sufficiente.
Il rimettente argomenta, quindi, in modo non implausibile in ordine alla rilevanza che la questione sottoposta al vaglio di questa Corte viene ad assumere nel giudizio a quo.
2.– La questione è fondata.
Questa Corte ha più volte affermato che la titolarità di funzioni legislative e amministrative della Regione in ordine all’utilizzazione di determinati beni non può incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario e che la disciplina degli aspetti dominicali del demanio statale rientra nella materia dell’ordinamento civile di competenza esclusiva dello Stato (sentenze n. 102 e n. 94 del 2008, n. 286 del 2004, n. 343 del 1995).
Di recente, con specifico riferimento al demanio marittimo, questa Corte ha precisato che «la competenza della Regione nella materia non può incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario. Queste infatti precedono logicamente la ripartizione delle competenze ed ineriscono alla capacità giuridica dell’ente secondo i principi dell’ordinamento civile» (sentenza n. 427 del 2004).
La natura demaniale dei beni è disciplinata dall’art. 822 cod. civ. che include tra i beni che fanno parte del demanio statale il lido del mare e la spiaggia. Inoltre, l’art. 28 cod. nav. attribuisce questa tipologia di beni al demanio marittimo. La legge regionale non può, quindi, derogare ai criteri fissati dal codice civile e dal codice della navigazione stabilendo linee di demarcazione che vengano a sottrarre il lido del mare o la spiaggia di una determinata area dai beni appartenenti al demanio marittimo.
Del resto, che questo sia il risultato che le due disposizioni si prefiggono è reso evidente sia dal loro tenore sia dal rapporto cronologico che le lega. Già con riferimento alla prima delle due disposizioni censurate (il comma 1 dell’art. 3 della legge regionale n. 5 del 2006) l’interpretazione prospettata in via di mera ipotesi dal rimettente – che cioè con essa si voglia disciplinare esclusivamente l’ambito di applicazione della legge in relazione alle funzioni amministrative che effettivamente la Regione ha nella materia del demanio marittimo – perde consistenza alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 344 e n. 255 del 2007, n. 89 del 2006); quest’ultima riconosce alle Regioni la competenza ad esercitare le suddette funzioni amministrative anche nei porti – purché non siano di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale – vale a dire in ambiti territoriali che l’art. 822 cod. civ. e l’art. 28 cod. nav. attribuiscono al demanio marittimo. Sarebbe, quindi, inutile una disposizione legislativa regionale che, ai fini dell’esercizio delle funzioni amministrative di competenza regionale, venisse ad operare una differenziazione tra aree per le quali questa distinzione non avrebbe alcun effetto, posto che non si deve confondere «la proprietà del bene con il potere di disciplinare l’uso del bene stesso» (sentenza n. 286 del 2004).
Se già, quindi, non sorgevano dubbi che il risultato della prima disposizione censurata fosse quello di sottrarre dal demanio marittimo alcune aree in esso ricomprese (probabilmente per porre termine ad una situazione che il legislatore regionale riteneva presentasse aspetti paradossali), l’interpretazione autentica resa con la seconda disposizione censurata rende addirittura esplicita, con l’espressa citazione dell’art. 822 cod. civ. e dell’art. 28 cod. nav., la volontà di incidere sulla delimitazione del demanio marittimo che nella prima risultava implicita.
Né può condividersi la tesi della difesa privata secondo la quale la funzione di delimitazione del demanio marittimo rientra tra quelle delegate e conferite dallo Stato alle Regioni.
In realtà la prima delega di funzioni amministrative su aree del demanio marittimo, di cui all’art. 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), era limitata alle sole funzioni amministrative aventi finalità turistico-ricreative e, successivamente, con l’art. 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), la delega è stata estesa anche alle funzioni amministrative «in materia di rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia».
La disciplina relativa alle funzioni di delimitazione delle aree del demanio marittimo, invece, ricade nella sfera di competenza statale ed è disciplinata dal codice della navigazione che, all’art. 32, prevede un procedimento dettagliato per il loro svolgimento.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità, da considerarsi diritto vivente, il demanio marittimo è demanio cosiddetto naturale derivante direttamente dalle caratteristiche del bene e il provvedimento formale di delimitazione, al contrario di quello di sdemanializzazione, ha solo natura ricognitiva e non costitutiva. Ne consegue che se un bene presenta le caratteristiche naturali del lido del mare o della spiaggia deve considerarsi appartenente al demanio marittimo dello Stato anche senza alcun provvedimento formale di delimitazione, mentre va esclusa la possibilità di una sdemanializzazione tacita, atteso che la cessazione della demanialità è possibile soltanto mediante uno specifico provvedimento di carattere costitutivo da parte dell’autorità amministrativa competente o, come si è verificato con l’art. 6, comma 2-bis, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali), convertito con modificazioni dalla legge n. 140 del 2004, da parte del legislatore statale.
Sulla base di queste argomentazioni, è di tutta evidenza che il comma 1 dell’articolo 3 della legge regionale n. 5 del 2006, nella parte in cui dispone che «Le aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale ricomprese nel comune di Termoli, litorale sud, sono individuate dalla linea di demarcazione determinata con verbale dell'undici dicembre 1984 della Capitaneria di porto di Pescara», e la successiva norma di interpretazione di cui all’art. 12, comma 6, della legge regionale n. 28 del 2006, che espressamente prevede «Le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge regionale 5 maggio 2006, n. 5, si interpretano nel senso di determinare quali sono nella Regione Molise le zone di cui agli articoli 822 del codice civile e 28 del codice della navigazione», violano la competenza esclusiva dello Stato nella materia dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Molise 5 maggio 2006, n. 5 (Disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale), e dell’art. 12, comma 6, della legge della Regione Molise 27 settembre 2006, n. 28 (Norme in materia di opere relative a linee ed impianti elettrici fino a 150.000 volt).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2008.