ORDINANZA N. 101
ANNO 2006REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 205, primo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) promosso con ordinanza del 19 gennaio 2005 dal Tribunale di Taranto, nel procedimento di opposizione all’esecuzione promosso dal Consorzio di bonifica Stornara e Tara contro Domenico Settanni iscritta al n. 477 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto che, con separati ricorsi depositati il 9 settembre 2003 presso il Tribunale di Taranto, il Consorzio di bonifica Stornara e Tara ha proposto formale opposizione alle procedure esecutive promosse in suo danno da Domenico Settanni ed altri in forza di altrettante sentenze di condanna emesse dal Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’appello di Napoli, notificate in forma esecutiva nel periodo dal 18 aprile 2003 al 13 giugno 2003;
che le procedure sono state poi riunite in quanto aventi tutte ad oggetto il pignoramento delle somme di pertinenza del Consorzio dovute dalla Soget s.p.a., dalla Regione Puglia e del San Paolo Banco di Napoli s.p.a., istituto tesoriere dell’ente consortile;
che a sostegno dell’opposizione il Consorzio ha eccepito l’illegittimità delle azioni per difetto di validi titoli esecutivi, non rientrando tra questi le sopra citate sentenze di condanna secondo il disposto dell’art. 205, primo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), che non prevede, infatti, la provvisoria esecutività delle sentenze dei tribunali regionali di prima istanza, se non disposta dal giudice a seguito di apposita richiesta delle parti;
che il Tribunale di Taranto, condividendo la tesi dell’opponente come sopra espressa, ha sollevato, con ordinanza del 19 gennaio 2005, questione di legittimità costituzionale del citato art. 205 del r.d. n. 1775 del 1933, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione;
che, data per scontata la rilevanza della questione in ordine all’opposizione all’esecuzione in esame, il rimettente ha sostenuto la non manifesta infondatezza della questione, in riferimento ai richiamati parametri costituzionali, sotto il duplice profilo sia della ingiustificata privazione del diritto delle parti di ottenere una sentenza di primo grado automaticamente esecutiva, con disparità di trattamento rispetto a coloro che adiscono i tribunali ordinari per i quali, a norma dell’art. 282 del codice di procedura civile, l’esecutività si ha ope legis, sia della irragionevolezza di tale impedimento, nulla ostando a che le sentenze del tribunale regionale delle acque pubbliche al pari di quelle del giudice ordinario di primo grado siano soggette ad inibitoria, per effetto del rinvio operato dal successivo art. 208 del r.d. n. 1775 del 1933 alle disposizioni del codice di rito ordinario;
che non v’è stata costituzione delle parti, né intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Considerato che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Taranto, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, investe l’art. 205, primo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), nella parte in cui non prevede l’automatica efficacia esecutiva delle sentenze rese in prime cure dal Tribunale regionale delle acque pubbliche;
che, secondo il giudice a quo, la norma censurata si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione sotto il profilo della privazione del diritto di ottenere sentenza di primo grado automaticamente esecutiva con disparità di trattamento rispetto a coloro che adiscono i tribunali ordinari e della irragionevolezza di tale impedimento, ancorché la medesima sentenza sia soggetta ad inibitoria, stante il rinvio alle disposizioni del codice di rito compiuto dal citato art. 208;
che la questione non è priva di rilevanza, atteso che la sua soluzione dipende proprio dall’accertamento della esecutività o meno delle sentenze di primo grado emesse dal Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’appello di Napoli;
che questa Corte ha già avuto occasione di escludere l’esistenza di un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali tra diversi tipi di giudizio, ben potendo i rispettivi ordinamenti processuali differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni sostanziali dedotte in giudizio (cfr. sentenza n. 251 del 1989 e sentenza n. 82 del 1996);
che il processo in materia di acque pubbliche, pur con il rinvio meramente «residuale» alle norme del codice di procedura civile per tutto ciò che non sia espressamente regolato nel testo unico del 1933, presenta innegabili aspetti di specialità per più profili anche relativi all’esecuzione, che viene, ad esempio, espressamente esclusa in via provvisoria per le sentenze dei tribunali di prima istanza se emesse nei confronti dell’amministrazione dello Stato;
che la norma impugnata, tuttora operante, è speciale rispetto alle vigenti disposizioni del codice di rito, delle quali può farsi applicazione nel processo davanti ai tribunali regionali ed al Tribunale superiore delle acque pubbliche solo nei limiti indicati dal testo unico, più volte citato, per cui il complessivo sistema processuale disegnato dalla normativa del 1933, in quanto caratterizzato dall’intreccio di interessi di varia natura, pubblici e privati, non consente di operare integrazioni, attingendo alle corrispondenti norme del codice di rito, al di fuori dei casi in cui il rinvio a queste ultime sia espressamente disposto (come è avvenuto con l’art. 208 del citato t.u.), dal momento che ogni ulteriore intervento sistematico resta riservato alla discrezionalità del legislatore, da esercitarsi nei limiti della ragionevolezza;
che, pertanto, la disposizione impugnata, nella parte in cui prevede la provvisoria esecutività delle sentenze dei tribunali regionali delle acque pubbliche solo su istanza della parte e previa valutazione del giudice adìto, non deve ritenersi per ciò solo incompatibile con i parametri costituzionali invocati dal rimettente;
che, in particolare, non potendosi trarre dalla Carta costituzionale alcun argomento per ritenere l’esecutorietà provvisoria delle sentenze di primo grado alla stregua di un principio generale diretto a garantire l’uniformità tra tutte le procedure variamente previste e disciplinate dal legislatore, la norma impugnata deve ritenersi non priva di razionalità e non configura alcuna ipotesi di violazione dell’art. 3 Cost.;
che neanche è ravvisabile alcuna lesione dell’art. 24 Cost., dal momento che la previsione della esecutività della sentenza di primo grado emessa dai tribunali regionali delle acque pubbliche, ancorché condizionata alla richiesta di parte ed alla espressa disposizione del giudice, non è certamente tale da comportare alcuna apprezzabile compressione del diritto di difesa dell’ interessato;
che, dunque, la questione è manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 205, primo comma, del regio decreto 11 novembre del 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Taranto con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.
Franco BILE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2006.