Ordinanza n. 202 del 2020

ORDINANZA N. 202

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 260 e 261, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), promosso dal Tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra Federico Imbert e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e altri con ordinanza del 20 gennaio 2020, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione di Federico Imbert e dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), nonché gli atti di intervento di Umberto Beneduce e altri, della Confederazione dei dirigenti, funzionari, quadri, ed alte professionalità, in servizio ed in quiescenza, della pubblica amministrazione (CONFEDIR), di Pier Aldo Bauchiero e altri e del Presidente del Consiglio dei ministri;

viste le istanze di fissazione della camera di consiglio per la decisione sull’ammissibilità dell’intervento depositate da Umberto Beneduce e altri, dalla CONFEDIR e da Pier Aldo Bauchiero e altri;

udito nella camera di consiglio dell’8 settembre 2020 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio dell’8 settembre 2020.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 20 gennaio 2020, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 260, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), per violazione degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, nonché questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 261, della medesima legge per violazione degli artt. 3, 23, 36, 38, 53 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848;

che il rimettente espone di essere stato investito della domanda proposta nei confronti dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), del Ministro dell’economia e delle finanze e del Presidente del Consiglio dei ministri da Federico Imbert, dirigente d’azienda in quiescenza, per l’accertamento del suo diritto di ricevere il trattamento pensionistico integrale, senza l’applicazione delle norme censurate, e per la condanna dell’Istituto al versamento delle somme medio tempore non erogate;

che, ad avviso del giudice a quo, la limitazione della rivalutazione automatica e la riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici – disposte, rispettivamente, dai commi 260 e 261 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018 – violano gli evocati parametri;

che, con atto depositato il 16 giugno 2020, sono intervenuti ad adiuvandum Umberto Beneduce, Mario Fantozzi, Guerino Mancini, Gerardo Stecca, Giovanni Toniello, Pasquale Valentino e Roberto Zago, ufficiali delle Forze armate in quiescenza, i quali, avendo agito nei confronti dell’INPS innanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Veneto, per l’accertamento del loro diritto al trattamento pensionistico integrale e per la condanna dell’Istituto al versamento delle somme medio tempore non erogate, chiedono accogliersi le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Milano in ordine alla limitazione della rivalutazione automatica;

che tali intervenienti rappresentano avere la Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Veneto, positivamente delibato la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni concernenti la limitazione della rivalutazione automatica e tuttavia sospeso il giudizio innanzi a sé in ragione della pendenza, presso questa Corte, di analoghe questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle sezioni giurisdizionali regionali per il Friuli-Venezia Giulia e la Toscana;

che, con atto depositato in pari data, sono intervenuti ad adiuvandum Pier Aldo Bauchiero, Enzo Mengoli, Bruno Picca e Antonio Pironti, dirigenti d’azienda in quiescenza, i quali, avendo agito nei confronti dell’INPS innanzi ai Tribunali ordinari di Torino e Bologna, in funzione di giudici del lavoro, per l’accertamento del loro diritto al trattamento pensionistico integrale e per la condanna dell’Istituto al versamento delle somme medio tempore non erogate, chiedono accogliersi le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Milano in ordine alla riduzione percentuale degli assegni;

che tali intervenienti rappresentano avere i Tribunali di Torino e Bologna sospeso i rispettivi giudizi in ragione della pendenza, presso questa Corte, di analoghe questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Friuli-Venezia Giulia;

che, con atto depositato in pari data, è intervenuta ad adiuvandum la Confederazione dei dirigenti, funzionari, quadri, ed alte professionalità, in servizio ed in quiescenza, della pubblica amministrazione (CONFEDIR), la quale, come soggetto rappresentativo degli interessi di categoria, chiede accogliersi le questioni sollevate dal Tribunale di Milano in ordine sia alla rivalutazione automatica, che alla riduzione percentuale dei trattamenti di pensione, sottolineando come tali misure interessino l’attività negoziale della Confederazione, per gli «evidenti riflessi sulla previdenza complementare»;

che, contestualmente ai rispettivi atti di intervento, tutti gli intervenienti hanno chiesto di prendere visione e trarre copia degli atti processuali, ai sensi dell’art. 4-bis delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, inserito dall’art. 2 della delibera di questa Corte in sede non giurisdizionale dell’8 gennaio 2020;

che, in vista della camera di consiglio fissata per la decisione sull’ammissibilità degli interventi, Pier Aldo Bauchiero e altri hanno depositato memoria.

Considerato che, ai sensi dell’art. 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, come sostituito dall’art. 1 della delibera di questa Corte in sede non giurisdizionale dell’8 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, serie generale, del 22 gennaio 2020, «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio»;

che, come già rilevato nelle ordinanze n. 111 e n. 37 del 2020, tale disposizione ha recepito la costante giurisprudenza di questa Corte in ordine all’ammissibilità dell’intervento spiegato nei giudizi in via incidentale da soggetti diversi dalle parti del giudizio principale;

che, in base a detta giurisprudenza, i soggetti che non sono parti del giudizio a quo possono intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale solo ove siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, e non di un interesse semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 158 del 2020 con allegata ordinanza letta all’udienza del 10 giugno 2020, n. 119 del 2020, n. 30 del 2020 con allegata ordinanza letta all’udienza del 15 gennaio 2020, n. 159 e n. 98 del 2019, n. 217, n. 180 e n. 77 del 2018, n. 70 e n. 33 del 2015);

che, in linea con questo orientamento, è stato dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato nel giudizio incidentale su norme limitative della perequazione automatica da un titolare di pensione che era parte in un giudizio diverso da quello di rimessione e che intendeva legittimarsi all’intervento per l’analogia della propria situazione sostanziale (sentenza n. 70 del 2015);

che i pensionati del cui intervento trattasi versano appunto in questa condizione, non essendo parti del giudizio principale innanzi al Tribunale di Milano, né titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in quel giudizio, bensì portatori di un interesse semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalle norme oggetto di censura, cioè l’interesse di tutti i pensionati a non subire l’incidenza di tali norme;

che gli intervenienti Umberto Beneduce e altri sostengono di essere titolari di un interesse differenziato per la circostanza che il loro giudizio è stato sospeso in ragione della pendenza di analoghe questioni incidentali, sollevate in altri giudizi;

che, in particolare, detti intervenienti contestano la legittimità della "sospensione impropria”, per tale intendendosi nella prassi la sospensione del giudizio disposta, pur senza l’emanazione di un’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, in attesa della decisione sulla questione di legittimità costituzionale sollevata da altro giudice;

che, nel caso di specie, la "sospensione impropria”, della quale gli intervenienti denunciano i potenziali effetti di compressione del loro diritto di interloquire presso la Corte costituzionale, sarebbe resa peculiare dalla circostanza di essere stata accompagnata da un’espressa positiva delibazione di rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni;

che, per costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento, non rileva che il giudizio di cui è parte l’interveniente sia stato sospeso in attesa dell’esito dell’incidente di costituzionalità scaturito da altro indipendente giudizio, poiché, ove si ritenesse altrimenti, verrebbe sostanzialmente soppresso il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale (sentenze n. 33 del 2015, n. 304 del 2011 con allegata ordinanza letta all’udienza del 4 ottobre 2011, n. 470 del 2002) e non sarebbe consentito alla Corte di verificare la rilevanza della questione;

che deve, inoltre, escludersi la sussistenza di una discrezionale facoltà del giudice di sospendere il processo fuori dei casi tassativi di sospensione necessaria, e «per mere ragioni di opportunità» (sentenza n. 207 del 2004);

che l’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), configura come necessaria la sospensione del giudizio nel caso in cui sia ordinata la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre l’art. 24, primo comma, della stessa legge prescrive che l’ordinanza di rigetto dell’eccezione di illegittimità costituzionale sia «adeguatamente motivata»;

che la sospensione di un giudizio per la pendenza di una questione incidentale di legittimità costituzionale sollevata in un giudizio diverso è, quindi, un provvedimento difforme da univoche indicazioni normative;

che, tuttavia, tale difformità, generando una questione di natura squisitamente endoprocessuale, trova rimedio nei mezzi di impugnazione che consentono alla parte di riattivare il corso del processo erroneamente sospeso e non può ridondare in un titolo di legittimazione di quella stessa parte agli effetti dell’intervento in un giudizio incidentale di legittimità costituzionale promosso altrove;

che una differente soluzione altererebbe, come detto, la struttura incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, non consentendo di garantire l’identità oggettiva tra la questione pendente innanzi alla Corte costituzionale e quella dedotta nel giudizio "impropriamente sospeso”, né l’osservanza del termine perentorio di intervento fissato dall’art. 4, comma 4, delle Norme integrative (sentenza n. 304 del 2011 con allegata ordinanza letta all’udienza del 4 ottobre 2011);

che questi rilievi trovano puntuale conferma nella fattispecie odierna, nella quale Umberto Beneduce e altri, titolari di trattamenti pensionistici superiori a sei volte il minimo, sono intervenuti in un giudizio incidentale che non soltanto è stato promosso in un giudizio principale diverso e ulteriore rispetto a quelli indicati nell’ordinanza di "sospensione impropria” (ciò hanno fatto, del resto, anche gli intervenienti Pier Aldo Bauchiero e altri), ma è anche relativo a una questione non coincidente sul piano oggettivo, poiché quella sollevata dal Tribunale di Milano riguarda i trattamenti pensionistici superiori a nove volte il minimo;

che gli interventi adesivi dei titolari di pensione non risultano quindi sorretti da un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto nel giudizio incidentale cui il loro intervento si riferisce;

che, riguardo ai soggetti rappresentativi di interessi collettivi o di categoria, qual è la Confederazione dei dirigenti, funzionari, quadri, ed alte professionalità, in servizio ed in quiescenza, della pubblica amministrazione (CONFEDIR), è inammissibile l’intervento nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale qualora essi vantino, rispetto al suo oggetto, un interesse solo indiretto, connesso in via generale agli scopi statutari di tutela economica e professionale degli iscritti (sentenze n. 159 del 2019, n. 130 del 2019 con allegata ordinanza letta all’udienza del 7 maggio 2019, n. 77 del 2018);

che, come già da questa Corte evidenziato nell’ordinanza n. 37 del 2020, ciò vale a fortiori oggi, alla luce dell’art. 4-ter delle Norme integrative, aggiunto dalla delibera in sede non giurisdizionale dell’8 gennaio 2020, che consente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità di presentare alla Corte un’opinione scritta in qualità di amici curiae;

che quello della CONFEDIR, rispetto all’oggetto del giudizio incidentale di legittimità costituzionale relativo alle norme sulle pensioni, è un interesse solo indiretto, connesso in via generale agli scopi statutari di tutela economica e professionale dei dirigenti pubblici, né eccedono l’ambito di questo interesse i «riflessi sulla previdenza complementare» che – a dire della stessa CONFEDIR – tali norme potrebbero avere;

che quindi tutti gli interventi devono essere dichiarati inammissibili.

Visti gli artt. 4 e 4-bis delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili gli interventi spiegati da Umberto Beneduce, Mario Fantozzi, Guerino Mancini, Gerardo Stecca, Giovanni Toniello, Pasquale Valentino e Roberto Zago; da Pier Aldo Bauchiero, Enzo Mengoli, Bruno Picca e Antonio Pironti; dalla Confederazione dei dirigenti, funzionari, quadri, ed alte professionalità, in servizio ed in quiescenza, della pubblica amministrazione (CONFEDIR).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 settembre 2020.

F.to:

Mario Rosario MORELLI, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 settembre 2020.