ORDINANZA N. 271
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO;
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), dell’art. 64, comma 1, lettera g), della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) e dell’art. 18 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), promosso dalla Corte di cassazione, sezione prima civile, nel procedimento vertente tra il Ministero dell’interno e altro e P. F. e altro, con ordinanza del 29 aprile 2020, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visti gli atti di costituzione di P. F. e F. B., in proprio e «quali genitori» di P. B.F., nonché gli atti di intervento di J.E. N. e del Presidente del Consiglio dei ministri;
vista l’istanza di fissazione della camera di consiglio per la decisione sull’ammissibilità dell’intervento depositata da J.E. N.;
udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 2020 il Giudice relatore Francesco Viganò;
deliberato nella camera di consiglio del 3 dicembre 2020.
Ritenuto che con ordinanza del 29 aprile 2020 la Corte di cassazione, sezione prima civile, ha sollevato – in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), agli artt. 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, e all’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) – questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), 64, comma 1, lettera g), della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) e 18 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), «nella parte in cui non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestazione per altri (altrimenti detta “maternità surrogata”) del cd. genitore d’intenzione non biologico»;
che la Sezione rimettente deve decidere sul ricorso proposto dal Ministero dell’interno e dal Sindaco del Comune di V. per l’annullamento dell’ordinanza con cui la Corte d’appello di Venezia – adita ex artt. 702-bis del codice di procedura civile e 67 della legge n. 218 del 1995 da P. F. e F. B., in proprio e «quali genitori» di P. B.F. – ha accertato la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento in Italia dell’order della Supreme Court of British Columbia, che ha riconosciuto in capo a entrambi i ricorrenti lo status di “genitori” del minore («parents»), nato in Canada dalla madre surrogata J.E. N. a seguito di fecondazione dell’ovocita di una donatrice anonima con i gameti di P. F.;
che il giudice a quo espone che P. F. e F. B., cittadini italiani, entrambi di sesso maschile, coniugati in Canada (con matrimonio trascritto in Italia come unione civile), dopo la nascita di P. B.F., con cittadinanza italiana e canadese, hanno ottenuto la trascrizione nei registri di stato civile italiani dell’atto di nascita formato all’estero, che indicava come genitore il solo P. F.;
che, successivamente alla pronuncia dell’order della Supreme Court (cui era seguita la modifica dell’atto di nascita canadese), le parti hanno chiesto altresì la trascrizione nei registri di stato civile italiani di detto provvedimento, che indica quale genitore di P. B.F. anche il padre cosiddetto “d’intenzione” F. B.;
che, a seguito del rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile del Comune di V., essi hanno introdotto ricorso per l’accertamento della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento in Italia della decisione canadese, ottenendo una pronuncia favorevole della Corte d’appello di Venezia, impugnata con ricorso per cassazione dal Ministero dell’interno e dal Sindaco del Comune di V.;
che il giudice a quo, richiamato il diritto vivente sulla contrarietà all’ordine pubblico internazionale del riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e il “genitore d’intenzione” munito della cittadinanza italiana (è citata Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 8 maggio 2019, n. 12193), ritiene che le disposizioni censurate, come interpretate dal diritto vivente, siano in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 8 CEDU, agli artt. 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione sui diritti del fanciullo e all’art. 24 CDFUE, nonché in contrasto con gli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost., che sanciscono, in rapporto alla filiazione, i principi di uguaglianza, non discriminazione, ragionevolezza e proporzionalità;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate;
che si sono costituiti in giudizio P. F. e F. B., in proprio e in qualità «di genitori» di P. B.F., chiedendo invece l’accoglimento delle questioni;
che, con atto depositato il 15 settembre 2020, J.E. N., “madre gestazionale” di P. B.F., è intervenuta in giudizio ad adiuvandum, ai sensi dell’art. 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, chiedendo a questa Corte di dichiarare ammissibile l’intervento e di accogliere le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Sezione rimettente;
che, quanto alla propria legittimazione a intervenire, J.E. N. rivendica la titolarità di un interesse diretto e immediato rispetto al rapporto dedotto in giudizio, per la sua qualità di “madre gestazionale” del minore sui cui rapporti di filiazione si controverte nel giudizio a quo;
che, ad avviso dell’interveniente, avendo la Supreme Court of British Columbia accertato la titolarità del rapporto genitoriale in capo ai soli P. F. e F. B., l’omesso riconoscimento in Italia dell’efficacia di tale provvedimento porrebbe in discussione l’accertamento, operato dalla Corte straniera, dell’assenza di legame parentale tra sé e P. B.F. e – di conseguenza – l’insussistenza di propri diritti o doveri connessi a un tale legame, «potendo creare situazioni claudicanti con rilevanti conseguenze in termini di alimenti, mantenimento e successioni»;
che tale situazione di incertezza pregiudicherebbe lo stesso minore, la cui cura parentale dovrebbe essere assicurata dal “genitore d’intenzione”, individuato come titolare della responsabilità genitoriale nell’ordinamento canadese, e meglio attrezzato, per evidenti ragioni di prossimità, ad accudire il bambino;
che, del resto, l’eventuale mancato riconoscimento, in Italia, dell’order della Supreme Court of British Columbia sarebbe contrario all’ordine pubblico canadese, sicché nessuna pretesa alimentare o successoria di P. B.F. nei confronti della “madre gestazionale” potrebbe essere riconosciuta come efficace in Canada;
che, infine, essendo in Italia precluso, secondo il diritto vivente, il riconoscimento del provvedimento canadese, in ragione della supposta contrarietà della surrogazione di maternità alla dignità della “madre gestazionale”, a quest’ultima – dei cui diritti e libertà si discute – dovrebbe essere consentito di «contraddire rispetto alla propria storia personale, alla propria identità, alla propria dignità che si presuppone lesa»;
che, con istanza depositata il 15 settembre 2020, J.E. N. ha chiesto alla Corte di essere autorizzata alla consultazione del fascicolo di causa.
Considerato che l’intervento nel giudizio costituzionale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo è regolato dagli artt. 4 e 4-bis delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
che, ai sensi dell’art. 4-bis delle Norme integrative, l’interveniente può chiedere alla Corte di prendere visione e trarre copia degli atti processuali, dopo che questa – con deliberazione da assumere in camera di consiglio prima dell’udienza pubblica – abbia dichiarato ammissibile il suo intervento;
che J.E. N. ha chiesto a questa Corte di dichiarare ammissibile il proprio intervento e, conseguentemente, di essere autorizzata a prendere visione degli atti processuali e a trarne copia;
che l’art. 4, comma 7, delle Norme integrative stabilisce che «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio»;
che tale disposizione recepisce la costante giurisprudenza di questa Corte in merito all’ammissibilità dell’intervento nei giudizi in via incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Giunta regionale;
che, in base a tale giurisprudenza, l’intervento di detti soggetti è ammissibile soltanto in quanto essi si assumano titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (ex plurimis, sentenze n. 158 del 2020 con allegata ordinanza letta all’udienza del 10 giugno 2020, n. 119 del 2020, n. 30 del 2020 con allegata ordinanza letta all’udienza del 15 gennaio 2020, n. 253 del 2019 con allegata ordinanza letta all’udienza del 22 ottobre 2019, n. 206 del 2019 con allegata ordinanza letta all’udienza del 4 giugno 2019, n. 173 del 2019 con allegata ordinanza letta all’udienza del 18 giugno 2019; ordinanze n. 202 del 2020 e n. 204 del 2019);
che tale interesse qualificato sussiste allorché si configuri una «posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale» (sentenza n. 159 del 2019; sentenza n. 194 del 2018 con allegata ordinanza letta all’udienza del 25 settembre 2018);
che, nel caso di specie, non risulta che J.E. N., “madre gestazionale” di P. B.F., nato in Canada tramite maternità surrogata, sia mai stata designata come genitore del minore, né nell’atto di nascita formato dalle autorità canadesi e rettificato a seguito dell’order della Supreme Court of British Columbia, né nei registri di stato civile italiani;
che, d’altra parte, J.E. N. si è limitata a prospettare il mero rischio di essere in futuro considerata titolare di diritti e doveri nei confronti del minore «in termini di alimenti, mantenimento e successioni»;
che, inoltre, il giudizio a quo, pendente innanzi alla Corte di cassazione e relativo al riconoscimento, in Italia, dell’efficacia di tale order, riguarda unicamente la posizione giuridica di P. F. (“padre biologico”) e di F. B. (“padre d’intenzione”), nei confronti del minore P. B.F.;
che, dunque, l’esito del giudizio costituzionale non è atto a produrre effetti giuridici diretti e immediati nella sfera della “madre gestazionale” J.E. N.;
che, in difetto di un’immediata e diretta incidenza dell’esito del giudizio incidentale sulla situazione giuridica di J.E. N., non è sufficiente a fondare la legittimazione all’intervento l’aspirazione della “madre gestazionale” a introdurre nel contraddittorio la «propria storia personale, [la] propria identità, [la] propria dignità che si presuppone lesa»;
che, infine, resta estranea alla valutazione della legittimazione all’intervento della “madre gestazionale” qualsiasi considerazione relativa all’allegato interesse del minore al riconoscimento in Italia dell’efficacia dell’order della Supreme Court of British Columbia;
che, pertanto, l’intervento di J. E.N. deve essere dichiarato inammissibile.
Visti gli artt. 4 e 4-bis delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento di J.E. N. nel giudizio indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2020.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Francesco VIGANÒ, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 18 dicembre 2020.