Sentenza n. 260 del 2016

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SENTENZA N. 260

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                               Presidente

-           Alessandro                  CRISCUOLO                         Giudice

-           Giorgio                        LATTANZI                                 ”

-           Aldo                            CAROSI                                      ”

-           Marta                           CARTABIA                                ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                  ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                               ”

-           Giuliano                       AMATO                                      ”

-           Silvana                         SCIARRA                                   ”

-           Daria                            de PRETIS                                   ”

-           Nicolò                          ZANON                                       ”

-           Augusto Antonio         BARBERA                                 ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                           ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, del 22 aprile 2015, n. 227, promosso dalla Regione Veneto, con ricorso notificato il 22 giugno 2015, depositato in cancelleria il 30 giugno 2015 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra enti 2015.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2016 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l’avvocato Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– La Regione Veneto, con ricorso notificato il 22 giugno 2015, depositato il 30 giugno 2015 e iscritto al n. 5 del registro conflitti tra enti 2015, ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, del 22 aprile 2015, n. 227, e di quelle presupposte ed eventualmente adottate medio tempore, con cui è stata dichiarata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2014.

Secondo la ricorrente la deliberazione sarebbe lesiva degli articoli 5, 100, 113, 114, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 della Costituzione, in relazione all’autonomia istituzionale, legislativa, amministrativa, contabile e statutaria della Regione Veneto; del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213; dell’autonomia costituzionale e statutaria del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari, secondo quanto disposto dallo statuto regionale del Veneto approvato con legge regionale 17 aprile 2012, n. 1; nonché del principio di leale collaborazione.

1.1.– La ricorrente premette che il giudizio in corso costituirebbe lo sviluppo di una vicenda che attiene alla contestazione delle irregolarità nella rendicontazione dei gruppi consiliari regionali, ai sensi dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge n. 174 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 213 del 2012, già portata all’attenzione della Corte costituzionale e decisa in sede di giudizio incidentale di legittimità costituzionale con la sentenza n. 39 del 2014 e in sede di conflitto di attribuzioni con la sentenza n. 130 del 2014.

1.2.– Prosegue la ricorrente, che con la sentenza n. 39 del 2014, la Corte costituzionale avrebbe evidenziato che il sindacato della Corte dei conti sulle spese dei gruppi consiliari assume come parametro la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, e «deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi». Con la sentenza n. 130 del 2014, la Corte avrebbe inoltre riconosciuto che il comma 11 dell’art. 1 «attribuisce alla sezione regionale di controllo un giudizio di conformità dei rendiconti medesimi alle prescrizioni dettate dall’art. 1, e quindi ai criteri contenuti nelle linee guida. Il dettato normativo configura dunque il potere di controllo in esame come condizionato alla previa individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sull’evidente presupposto della loro indispensabilità».

1.3.– Secondo la ricorrente, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 1130 del 1988 avrebbe definito i gruppi consiliari «organi del Consiglio regionale, caratterizzati da una peculiare autonomia e determinanti per il funzionamento e l’attività dell’assemblea». Data l’ampia discrezionalità circa la valutazione delle esigenze obiettive proprie dei gruppi consiliari rimessa ai consigli regionali, la Corte costituzionale potrebbe «sindacare ed, eventualmente, dichiarare incostituzionali, unicamente le decisioni di spesa manifestamente irragionevoli o arbitrarie».

1.4.– Fatte queste premesse, la ricorrente lamenta l’illegittimità della delibera impugnata per interferenza e menomazione delle competenze costituzionalmente riservate al Consiglio regionale. La delibera impugnata applicherebbe criteri diversi e ulteriori rispetto a quelli deliberati in sede di Conferenza Stato-Regioni, esigendo una documentazione non richiesta ed esercitando un tipo di controllo che non sarebbe né previsto né consentito dalla legge e comunque contrario all’autonomia costituzionalmente garantita al Consiglio regionale e alle sue necessarie articolazioni interne: dunque, la sezione di controllo avrebbe esercitato un controllo autonomo «di legittimità e di merito» sulle singole spese risultanti dai rendiconti medesimi, in oggettiva «carenza di potere».

1.5.– Per suffragare simile posizione la ricorrente richiama la sentenza della Corte dei Conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione del 25 giugno 2014, n. 29, che espliciterebbe come il controllo sull’inerenza della spesa non possa travalicare in controllo sul merito della stessa, riservato al Presidente di ciascun gruppo. Il controllo assegnato alla Corte dei conti dovrebbe risolversi in un controllo di conformità, non tanto delle spese ma «del rendiconto al modello deliberato in sede di Conferenza permanente». Per non sindacare il merito, il controllo sull’inerenza dovrebbe attenersi al «limite esterno costituito dalla irragionevole non rispondenza ai fini istituzionali», potendosi valutare la spesa solo «laddove essa risulti incongrua, illogica e irrazionale in ragione dei mezzi predisposti rispetto ai fini che s’intende perseguire».

1.6.– Il travalicamento del sindacato di merito sarebbe palese per quel che riguarda una serie di spese richiamate dalla ricorrente, quali le spese defensionali, per il personale, per convegni, studi e seminari, al cui interno sono riconducibili anche le spese per la redazione, stampa, pubblicazione e comunicazione via web.

1.7.– Conclude, quindi, la ricorrente per l’annullamento della deliberazione impugnata e, ove occorra, degli atti presupposti e di quelli eventualmente adottati medio tempore, e per la dichiarazione che non spettasse allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Veneto, adottare la deliberazione n. 227 del 22 aprile 2015, che dichiara l’irregolare rendicontazione delle spese di alcuni gruppi consiliari della Regione Veneto per l’esercizio finanziario 2014.

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

2.1.– L’Avvocatura eccepisce l’inammissibilità del ricorso per tardività, in quanto la deliberazione n. 227 del 2015 impugnata è l’ultimo di una serie di atti, tutti astrattamente idonei a ledere l’autonomia regionale. Al fine di garantire la tempestività del ricorso, la Regione avrebbe dovuto impugnare la precedente deliberazione 5 marzo 2015, n. 147 con cui la sezione aveva formulato osservazioni ai fini della regolarizzazione dei rendiconti e con cui già manifestava l’intendimento di esercitare il potere di controllo.

2.2.– Ancora in via preliminare viene eccepita l’inammissibilità del ricorso per genericità delle censure proposte. Al di là dell’enunciazione delle disposizioni costituzionali inerenti le Regioni in generale, non sarebbero individuabili le specifiche attribuzioni lese dall’atto impugnato.

2.3.– Il ricorso sarebbe poi inammissibile per mancanza di tono costituzionale, poiché riguarderebbe non tanto questioni attinenti al riparto delle attribuzioni costituzionali, ma unicamente una diversa interpretazione delle norme che disciplinano il controllo.

3.– Nel merito, secondo l’Avvocatura, la sezione regionale di controllo avrebbe agito nel pieno rispetto della normativa statale, regionale e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2012, che, all’art. 1, comma 3, lettera a), richiama il principio della “riconducibilità” delle spese all’attività istituzionale del gruppo.

3.1.– Sulle specifiche contestazioni formulate dalla ricorrente con riferimento alle spese defensionali, fa presente l’Avvocatura generale dello Stato che le spese per contestare giudizialmente la declaratoria di irregolarità nella gestione delle risorse non rientrerebbero in alcuna delle categorie previste dal decreto-legge n. 174 del 2012, come convertito, e dal d.P.C.m. del 21 dicembre 2012. Per le spese per il personale, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 1, comma 5, dello stesso d.P.C.m. disporrebbe l’utilizzo del contributo per le spese suddette in conformità alla normativa regionale (art. 52, comma 1, legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 53, recante «Autonomia del Consiglio regionale»); la sezione regionale avrebbe, pertanto, la facoltà di richiedere ulteriore documentazione ai fini dell’espletamento del controllo, per conoscere il risultato atteso dalla collaborazione.

4.– Con memoria depositata il 23 aprile 2016, la Regione Veneto ha riferito che è intervenuto un parziale annullamento della deliberazione n. 227 del 2015, da parte della sentenza n. 61 del 2015 delle sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale, in speciale composizione. La ricorrente, in seguito a questa pronuncia, ha chiesto alla Corte di dichiarare la cessazione della materia del contendere in parte qua, relativamente alle spese defensionali e a quelle per il personale, a causa dell’esaurimento degli effetti dell’atto gravato, per sopraggiunta modificazione della situazione giuridica in relazione alla quale il conflitto era sorto. A parere della Regione ricorrente, la delibera rimarrebbe efficace solo con riguardo ad alcune spese indicate al n. 5) del modello di rendicontazione, quali le spese di redazione, stampa e spedizione di pubblicazioni o periodici, anche via web.

5.– Con memoria depositata il 14 luglio 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri replica alle deduzioni illustrate dalla ricorrente. Secondo la difesa erariale, non sarebbe comprovata la definitività della sentenza n. 61 del 2015, né le avverse deduzioni contenute nella memoria regionale sembrerebbero escludere il permanere di un interesse all’accertamento sulla spettanza del potere di adottare la deliberazione. La difesa dello Stato ribadisce, infine, le eccezioni di inammissibilità e infondatezza illustrate nell’atto di costituzione in giudizio in linea con le decisioni assunte da questa Corte con la sentenza n. 104 del 2016.

Considerato in diritto

1.– La Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’annullamento, previa dichiarazione di non spettanza allo Stato, della deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, del 22 aprile 2015, n. 227 e di quelle presupposte ed eventualmente adottate medio tempore, con cui è stata dichiarata l’irregolarità dei rendiconti presentati da alcuni gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2014, nei limiti e per gli importi indicati nella deliberazione medesima.

1.1.– Con una prima e ampia censura, la ricorrente si duole che – in violazione della sua autonomia istituzionale, legislativa, amministrativa, contabile e statutaria, dell’autonomia del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari, nonché del principio di leale collaborazione – il controllo operato dalla Corte dei conti, invece di essere meramente documentale ed esterno, sarebbe stato esercitato valutando l’inerenza delle spese all’attività istituzionale dei gruppi e sindacando il merito delle loro scelte discrezionali. La sezione avrebbe utilizzato criteri diversi da quelli stabiliti dalla normativa di riferimento, rappresentata dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, nonché dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2012 (Recepimento delle linee guida sul rendiconto di esercizio annuale approvato dai gruppi consiliari dei consigli regionali, ai sensi dell’art. 1, comma 9, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213).

1.2.– Con una seconda censura la Regione Veneto lamenta che la sezione regionale di controllo della Corte dei conti avrebbe erroneamente dichiarato l’irregolarità delle spese sostenute dai gruppi consiliari per l’instaurazione di giudizi dinanzi al giudice amministrativo, volti a contestare la precedente dichiarazione di irregolarità dei rendiconti adottata dalla medesima sezione regionale.

1.3.– Con una terza censura la ricorrente lamenta l’illegittimità del controllo, in relazione alle spese effettuate per il personale e per i collaboratori, perché fondato su un’erronea interpretazione del quadro normativo di riferimento da parte della sezione regionale.

1.4.– Con una quarta e ultima censura la ricorrente si duole dell’erroneità del controllo sulle spese per consulenze, studi, incarichi e convegni, nonché di quello relativo alle spese per pubblicazioni e stampa anche via web.

1.5.– Con memoria depositata il 23 aprile 2016, la Regione Veneto ha riferito che è nel frattempo intervenuto un parziale annullamento della deliberazione n. 227 del 2015, disposto dalla sentenza n. 61 del 2015 delle sezioni riunite della Corte dei conti. In seguito a detta pronuncia, la ricorrente ha chiesto a questa Corte di dichiarare la cessazione della materia del contendere in parte qua, relativamente alle spese defensionali e a quelle per il personale, a causa dell’esaurimento degli effetti dell’atto gravato, per sopraggiunta modificazione della situazione giuridica in relazione alla quale il conflitto era sorto. A parere della Regione, la delibera contestata rimarrebbe efficace solo con riguardo ad alcune spese indicate al n. 5) del modello di rendicontazione e riferite ad alcuni gruppi, in particolare spese di redazione, stampa e spedizione di pubblicazioni o periodici anche via web.

1.6.– Con memoria depositata il 14 luglio 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri ha replicato a queste ultime deduzioni della ricorrente, ritenendo di non doversi escludere il permanere di un interesse all’accertamento sulla spettanza del potere di adottare la deliberazione, che si riverbera sul riparto costituzionale delle attribuzioni.

2.– In via preliminare va precisato che la parziale caducazione della deliberazione n. 227 del 2015, disposta dalle sezioni riunite della Corte dei Conti con la citata sentenza n. 61 del 2015, non determina la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse, come invece invocato dalla ricorrente.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che la cessazione della materia del contendere, «a differenza della rinuncia al processo, importa da parte dell’organo giudicante un’indagine circa il merito della contestazione» (sentenza n. 3 del 1962). In considerazione della natura del giudizio per conflitto, l’annullamento parziale operato dalla sentenza delle sezioni riunite, pur ridimensionando gli effetti dell’atto gravato, lascia inalterato l’oggetto del contendere che permea di sé l’intero ricorso (indipendentemente dalla riferibilità della sentenza a tutti i gruppi), vale a dire la verifica circa la spettanza del potere.

Permane, infatti, l’interesse ad accertare la natura del controllo svolto dalla sezione regionale e le possibili ricadute sull’autonomia costituzionale della Regione, allo scopo di porre fine «ad una situazione di incertezza in ordine al riparto costituzionale delle attribuzioni» (sentenza n. 9 del 2013).

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha formulato tre eccezioni di inammissibilità. In primo luogo, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perché la Regione Veneto, invece di impugnare tempestivamente la deliberazione del 5 marzo 2015, n. 147, con cui la sezione regionale di controllo aveva formulato osservazioni ai fini della regolarizzazione dei rendiconti, manifestando in modo evidente l’intendimento di esercitare il potere di controllo, ha impugnato solo la successiva deliberazione n. 227 del 2015.

In secondo luogo, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per genericità delle censure proposte, poiché la ricorrente avrebbe omesso di allegare con precisione come e per quali spese la sezione regionale di controllo della Corte dei conti avrebbe sconfinato nella lamentata valutazione d’inerenza e di merito.

In terzo luogo, infine, ha ritenuto il ricorso inammissibile per difetto di tono costituzionale.

4.– Le prime due eccezioni di inammissibilità non sono fondate.

4.1.– Non è fondata l’eccezione relativa all’impugnazione della sola deliberazione n. 227 del 2015 e non anche della precedente decisione n. 147 del 2015. È ben vero che questa Corte ha ripetutamente affermato «l’inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali (confermativi, riproduttivi, esplicativi, esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori non impugnati» (sentenza n. 104 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 144 del 2013, n. 207 del 2012, n. 369 del 2010), ma la deliberazione impugnata non può considerarsi meramente consequenziale rispetto alla deliberazione n. 147 del 2015. Quest’ultima costituisce un «atto endo-procedimentale» con cui, ai sensi dell’art. 1, comma 11, del decreto-legge n. 174 del 2012, la sezione regionale di controllo, dopo aver verificato, attraverso un esame preliminare dei rendiconti, le carenze e le irregolarità documentali, ha assegnato ai gruppi consiliari un termine per la produzione di documentazione e chiarimenti, secondo le specifiche indicazioni allegate alla deliberazione (sentenze n. 104 del 2016, n. 130 del 2014). Solo in seguito a tale produzione la sezione regionale di controllo ha concluso, con la deliberazione impugnata, per l’irregolarità dei rendiconti sulla base delle argomentazioni ivi per la prima volta diffusamente esternate, il che rende evidente che è questo – e non la previa delibera istruttoria − l’atto di spendita del potere contestato dalla Regione (in termini analoghi, la sentenza n. 104 del 2016).

4.2.− Non è parimenti fondata la seconda eccezione d’inammissibilità del ricorso per genericità delle censure. La Regione Veneto, infatti, specifica con sufficiente chiarezza quali sarebbero, a suo avviso, le spese oggetto di simile illegittimo controllo. Si tratterebbe di spese defensionali, per il personale, consulenze e incarichi, per attività promozionali e convegni, di cancelleria e per pubblicazioni anche via web.

4.3.– Resta da esaminare la terza eccezione di inammissibilità, relativa all’assenza di tono costituzionale.

4.3.1.– L’eccezione non è fondata con riferimento alla prima censura avanzata nel ricorso della Regione. La ricorrente lamenta, infatti, che la sezione regionale della Corte dei conti, con la deliberazione impugnata, avrebbe esercitato, non un controllo documentale ed esterno, ma di inerenza all’attività istituzionale dei gruppi, ledendo la propria autonomia statutaria, nonché l’autonomia del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari. Come la Corte ha già avuto modo di affermare, a conferire tono costituzionale ad un conflitto basta la prospettazione dell’esercizio di un potere radicalmente diverso da quello attribuito dalla legge, così integrando «un’ipotesi di lamentata carenza di potere in concreto incidente sulle prerogative costituzionali della ricorrente» (sentenza n. 104 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 235 del 2015, n. 263 e n. 137 del 2014, n. 380 del 2007).

4.3.2.– L’eccezione di inammissibilità relativa al difetto di tono costituzionale è, invece, fondata con riferimento alle restanti censure che riguardano la presunta irregolarità del controllo relativo a specifiche spese (per incarichi defensionali davanti alla giurisdizione amministrativa, per il personale, per convegni, studi e seminari, per le spese di redazione, stampa, pubblicazione e comunicazione anche via web).

Per costante giurisprudenza di questa Corte, «il tono costituzionale del conflitto sussiste quando le Regioni non lamentino una lesione qualsiasi, ma una lesione delle proprie attribuzioni costituzionali (sentenze n. 263 del 2014, n. 52 del 2013, n. 305 del 2011, n. 412 del 2008, n. 380 del 2007 e n. 467 del 1997)» (sentenza n. 87 del 2015). Vanno, dunque, distinti i casi in cui la lesione derivi da un atto meramente illegittimo (la tutela dal quale è apprestata dalla giurisdizione amministrativa), da quelli in cui l’atto è viziato per contrasto con le norme attributive di competenza costituzionale (mentre non rileva che l’atto possa essere anche oggetto di impugnazione in sede giurisdizionale) (così, espressamente, sentenze n. 87 del 2015, n. 137 del 2014 e n. 287 del 2005).

Del resto, con specifico riguardo al conflitto sorto in riferimento al peculiare controllo delle sezioni regionali della Corte dei conti sulle singole spese, in ordine a censure dal contenuto analogo pur se riferite ad esercizi diversi, questa Corte ha già avuto modo di sottolineare che «oggetto delle doglianze non è l’invasione della sfera costituzionale della ricorrente ma la mera illegittimità della funzione esercitata, illegittimità da fare valere innanzi alla giurisdizione comune» (sentenze n. 104 del 2016, n. 263 del 2014, n. 52 del 2013).

5.– La censura della ricorrente, circa la natura non meramente documentale ed esterna del controllo da parte della sezione regionale, non è fondata.

Questa Corte ha più volte evidenziato che l’art. 1, comma 11, del decreto-legge n. 174 del 2012 «attribuisce alla sezione regionale di controllo un giudizio di conformità dei rendiconti medesimi alle prescrizioni dettate dall’art. 1, e quindi ai […] criteri contenuti nelle linee guida» (sentenze n. 104 del 2016, n. 130 del 2014). Tra i criteri richiamati, l’art. 1 dell’Allegato A al d.P.C.m. 21 dicembre 2012, menziona la «veridicità e correttezza delle spese», specificando che «la veridicità attiene alla corrispondenza tra le poste indicate nel rendiconto e le spese effettivamente sostenute» (comma 2), mentre «la correttezza attiene alla coerenza delle spese sostenute con le finalità previste dalla legge» (comma 3), con l’ulteriore puntualizzazione che «ogni spesa deve essere espressamente riconducibile all’attività istituzionale del gruppo» (comma 3, lettera a).

Come ribadito più volte da questa Corte, il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari, «se, da un lato, non comporta un sindacato di merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, dall’altro, non può non ricomprendere la verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi medesimi, secondo il generale principio contabile, costantemente seguito dalla Corte dei conti in sede di verifica della regolarità dei rendiconti, della loro coerenza con le finalità previste dalla legge» (sentenze n. 104 del 2016, n. 263 del 2014).

Dalla deliberazione impugnata emerge, pertanto, che la sezione regionale di controllo della Corte dei conti si è attenuta a tali principi e ha svolto un controllo finalizzato ad accertare la conformità delle spese rendicontate ai criteri di veridicità e correttezza contenuti nelle linee guida (sentenza n. 104 del 2016). Nessun controllo di merito, quindi, risulta essere stato effettuato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili le censure del ricorso per conflitto di attribuzione, promosso dalla Regione Veneto nei confronti dello Stato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, del 22 aprile 2015, n. 227, relative alla rendicontazione delle spese defensionali, delle spese per il personale, nonché di quelle di redazione, stampa, pubblicazione e comunicazione anche via web;

2) respinge per il resto il ricorso, dichiarando che spettava alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, operare la verifica della regolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari della Regione Veneto sulla base dei criteri individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2012.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 dicembre 2016.