Sentenza n. 104 del 2016

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SENTENZA N. 104

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                      GROSSI                                              Presidente

-    Giuseppe                FRIGO                                                  Giudice

-    Alessandro             CRISCUOLO                                            ”

-    Giorgio                   LATTANZI                                                ”

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                               ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

-    Silvana                   SCIARRA                                                  ”

-    Daria                      de PRETIS                                                 ”

-    Nicolò                    ZANON                                                     ”

-    Franco                    MODUGNO                                              ”

-    Augusto AntonioBARBERA                                                   ”

-    Giulio                     PROSPERETTI                                          ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, 11 aprile 2014, n. 269, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 10-18 giugno 2014, depositato in cancelleria il 19 giugno 2014 ed iscritto al n. 6 del registro conflitti tra enti 2014.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− La Regione Veneto, con ricorso notificato il 10-18 giugno 2014, depositato il successivo 19 giugno ed iscritto al n. 6 del registro conflitti tra enti 2014, ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, 11 aprile 2014, n. 269, con cui è stata dichiarata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2013 nei limiti e per gli importi indicati nella deliberazione medesima.

La ricorrente ha chiesto di accertare che non spettava allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, adottare la deliberazione impugnata, esercitando un controllo sulle singole voci di spesa e chiedendo integrazioni documentali in base a criteri di propria statuizione, in violazione: 1) degli artt. 5, 100, 113, 114, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 della Costituzione, in relazione alla sua autonomia istituzionale, legislativa, amministrativa, contabile e statutaria; 2) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, «ridondante» in lesione della sua autonomia costituzionale e di quella statutaria del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari prevista dalla legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto); 3) del principio di leale collaborazione.

1.1.− Premette la Regione Veneto che:

− in ottemperanza alle prescrizioni di cui all’art. 1, comma 10, del d.l. n. 174 del 2012, il Presidente della Regione Veneto aveva trasmesso alla predetta sezione regionale di controllo i rendiconti dei gruppi relativi all’anno 2013, tutti redatti secondo il modello definito dall’Allegato B al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2012 (Recepimento delle linee guida sul rendiconto di esercizio annuale approvato dai gruppi consiliari dei consigli regionali, ai sensi dell’art. 1, comma 9, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, serie generale, del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17 febbraio seguente;

− la sezione regionale di controllo, con la deliberazione n. 190 del 12 marzo 2014, aveva riscontrato presunte «carenze ed irregolarità documentali che necessitano di essere approfondite ed eventualmente, ove possibile, regolarizzate», assegnando un termine di 15 giorni per la produzione della documentazione giustificativa analiticamente indicata per ciascuno dei gruppi consiliari;

− nonostante i gruppi avessero fornito i documenti e i chiarimenti richiesti, la citata sezione aveva concluso per l’irregolare rendicontazione degli importi meglio specificati nella deliberazione impugnata, con il conseguente obbligo di restituzione delle somme ricevute a titolo di finanziamento pubblico.

1.2.− In punto di diritto la ricorrente ritiene utile, prima di esporre il merito delle censure, rammentare i punti fermi fissati dalla Corte costituzionale in ordine all’estensione del controllo della Corte dei conti sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali.

Dall’esame delle sentenze n. 130 e n. 39 del 2014, in particolare, emergerebbe che, per non invadere la sfera di autonomia del Consiglio regionale e dei suoi gruppi, il controllo della Corte dei conti sui rendiconti deve: 1) avere come unico parametro di regolarità la loro conformità alle prescrizioni contenute nelle linee guida; 2) non spiegarsi retroattivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina; 3) rispettare la necessaria separazione tra funzione di controllo e attività amministrativa dei soggetti controllati; 4) avere natura meramente documentale; 5) non impingere nel merito delle scelte discrezionali.

1.3.− Ciò premesso, la ricorrente lamenta l’illegittimità della deliberazione impugnata perché avrebbe applicato criteri diversi da quelli stabiliti in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, avrebbe richiesto una documentazione non esigibile e si sarebbe estesa a riguardare fatti di gestione compiuti prima del 17 febbraio 2013, quindi prima dell’entrata in vigore del decreto di recepimento delle linee guida.

1.3.1.− La sezione regionale di controllo avrebbe, in particolare, esercitato un controllo di inerenza e di opportunità sulle singole spese risultanti dai rendiconti medesimi, pur avendo dato atto, in premessa, che il proprio sindacato è documentale e non può addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali dei gruppi.

Essa, infatti, avrebbe individuato una serie di criteri di giudizio asseritamente ricavati dal d.P.C.m. 21 dicembre 2012 e dalle fonti regionali, così dando luogo ad una non prevista «operazione creativa di asserita deduzione dalla legge».

Anche sul piano della documentazione, prosegue la Regione Veneto, la sezione regionale di controllo avrebbe introdotto inediti adempimenti documentali, statuendo che essa, «oltre ad essere presente e leggibile, deve essere idonea a consentire l’esercizio della verifica di inerenza al fine istituzionale, indicando l’occasione, le circostanze e la finalità della spesa medesima».

La richiesta di tali puntuali giustificazioni e specificazioni non sarebbe tuttavia prevista dalla legge o dalle linee guida e contrasterebbe con la natura meramente documentale del controllo, finendo con l’impingere nelle scelte discrezionali dei gruppi: non vi sarebbe, in particolare, alcuna disposizione che attribuisca alla sezione regionale di controllo l’accertamento dell’inerenza delle spese all’attività istituzionale dei gruppi.

1.3.2.− Sotto altro profilo, aggiunge la Regione Veneto, la deliberazione impugnata sarebbe illegittima in tutte quelle parti in cui si riferisce a fatti di gestione riconducibili al periodo compreso tra il 1° gennaio e il 16 febbraio 2013, ossia al periodo precedente l’entrata in vigore del d.P.C.m. 21 dicembre 2012, come del resto riconosciuto dallo stesso art. 5 della legge della Regione Veneto 7 novembre 2013, n. 28 (Norme integrative, interpretative e modificative del Capo V − Norme per il funzionamento dei gruppi consiliari − della legge regionale 21 dicembre 2012, n. 47, in attuazione del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, costituzione e modifica della legge regionale 27 novembre 1984, n. 56 “Norme per il funzionamento dei gruppi consiliari”).

1.4.− La Regione Veneto lamenta, poi, che erroneamente la sezione regionale di controllo abbia disconosciuto, per assenza di inerenza, la regolarità delle spese sostenute per gli incarichi defensionali relativi ai giudizi proposti innanzi al giudice amministrativo per contestare la deliberazione di irregolarità dei rendiconti.

Secondo la ricorrente, infatti, le spese in questione sono state correttamente contabilizzate alla voce n. 6) «Spese consulenze, studi e incarichi» e, in ogni caso, le finalità istituzionali dei gruppi non sono state tipizzate dal d.P.C.m., il quale, all’Allegato B, non detta un elenco chiuso.

2.− Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

2.1.− Ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità per tardività del gravame, non avendo la ricorrente tempestivamente impugnato la presupposta deliberazione n. 190 del 12 marzo 2014, con cui la sezione regionale di controllo per il Veneto aveva formulato osservazioni ai fini della regolarizzazione dei rendiconti; atto, questo, che già avrebbe espresso in modo non equivoco l’intendimento di esercitare il potere di controllo ed esplicitato le sue modalità.

2.2.− Il ricorso, ancora, sarebbe inammissibile per difetto di legittimazione attiva, poiché il controllo esterno della Corte dei conti, lungi dall’avere attitudine lesiva delle competenze costituzionali della Regione, è volto a tutelare gli interessi di quest’ultima.

In ogni caso, anche a volere ritenere l’atto di controllo lesivo, il soggetto legittimato all’impugnazione sarebbe non già il Presidente della Regione ma il Presidente del Consiglio regionale e/o i singoli gruppi consiliari.

2.3.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito l’inammissibilità del ricorso per genericità e contraddittorietà dei motivi, non avendo la ricorrente fornito alcuna dimostrazione di come e per quali spese la sezione regionale di controllo avrebbe sconfinato nel merito delle scelte discrezionali dei gruppi.

2.4.− Il conflitto sarebbe ancora inammissibile per assenza di tono costituzionale, poiché il potere esercitato dalla Corte dei conti rientra tra quelli ad essa riconosciuti dall’ordinamento e per ciò solo non potrebbe considerarsi incidente sulle prerogative costituzionali della ricorrente.

2.5.− Nel merito, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, le modalità di esercizio del controllo da parte della sezione regionale sono state coerenti sia con le disposizioni contenute nella normativa regionale di riferimento sia con le indicazioni contenute nel d.P.C.m. 21 dicembre 2012.

L’art. 1, comma 3, lettera a), dell’Allegato A di quest’ultimo decreto, in particolare, nell’esplicitare il criterio della correttezza fa riferimento alla riconducibilità delle spese all’attività istituzionale dei gruppi consiliari; al comma 5, poi, è previsto che il contributo per le spese di personale possa essere utilizzato in aderenza alla normativa regionale, la quale all’art. 52, comma 1, della legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 53 (Autonomia del consiglio regionale), consente ai gruppi di attivare rapporti di lavoro unicamente nelle tipologie contrattuali coordinate e continuative, a progetto e occasionali disciplinate dal Titolo VII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30).

3.− Con memoria depositata il 26 febbraio 2016 la Regione Veneto ha ribadito le argomentazioni spese in ricorso e replicato alle eccezioni sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato.

4.− Con memoria depositata il 1° marzo 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito nelle eccezioni di inammissibilità e nelle argomentazioni di merito già formulate nella memoria introduttiva.

Considerato in diritto

1.– La Regione Veneto ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, 11 aprile 2014, n. 269, con cui è stata dichiarata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2013 nei limiti e per gli importi indicati nella deliberazione medesima.

Con una prima e articolata censura la ricorrente si duole che – in violazione della sua autonomia istituzionale, legislativa, amministrativa, contabile e statutaria, nonché dell’autonomia del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari, e del principio di leale collaborazione – il controllo operato dalla Corte dei conti, invece di essere meramente documentale ed esterno, sia stato esercitato valutando l’inerenza delle spese all’attività istituzionale dei gruppi e sindacando il merito delle loro scelte discrezionali, e quindi sulla base di criteri diversi da quelli stabiliti dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2012 (Recepimento delle linee guida sul rendiconto di esercizio annuale approvato dai gruppi consiliari dei consigli regionali, ai sensi dell’art. 1, comma 9, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, serie generale, del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17 febbraio seguente.

Con altra doglianza la Regione Veneto lamenta che erroneamente la Corte dei conti abbia disconosciuto la regolarità delle spese sostenute per l’instaurazione dei giudizi innanzi al giudice amministrativo volti a contestare la dichiarazione, proveniente dalla medesima sezione regionale di controllo della Corte, di irregolarità dei rendiconti relativi all’anno 2012. Le spese in esame, infatti, sarebbero state correttamente computate nella voce di rendiconto n. 6) «Spese consulenze, studi e incarichi», e, in ogni caso, il d.P.C.m citato non introdurrebbe un elenco chiuso di spese ammissibili.

Con un’ultima censura la Regione Veneto si duole dell’illegittimità del controllo in relazione alle spese effettuate dal 1° gennaio al 16 febbraio 2013, ovverosia prima dell’entrata in vigore dello stesso d.P.C.m.

2.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, in primo luogo, perché la Regione Veneto non ha impugnato tempestivamente la deliberazione 12 marzo 2014, n. 190, con cui la sezione regionale di controllo della Corte dei conti aveva formulato osservazioni ai fini della regolarizzazione dei rendiconti, atto, questo, che già avrebbe espresso in modo non equivoco l’intendimento di esercitare il potere di controllo.

L’eccezione non è fondata.

Questa Corte «ha ripetutamente affermato “l’inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali (confermativi, riproduttivi, esplicativi, esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori, non impugnati […]” (sentenza n. 207 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 144 del 2013 e n. 369 del 2010)» (sentenza n. 130 del 2014).

La deliberazione impugnata, tuttavia, non può considerarsi «meramente consequenziale» rispetto alla deliberazione n. 190 del 2014, atto endoprocedimentale con cui, ai sensi dell’art. 1, comma 11, del d.l. n. 174 del 2012, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, dopo avere verificato, «ad un esame preliminare dei rendiconti», le carenze e irregolarità documentali ivi indicate, ha assegnato ai gruppi consiliari il termine di 15 giorni per la produzione di documentazione e chiarimenti, secondo le specifiche indicazioni riportate in allegato per ciascun gruppo.

Solo all’esito di tale produzione la sezione regionale di controllo ha concluso, con la deliberazione impugnata, per l’irregolarità dei rendiconti sulla base delle argomentazioni ivi per la prima volta diffusamente esternate, il che rende evidente che è questo – e non la previa delibera istruttoria − l’atto di spendita del potere contestato dalla Regione.

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito l’inammissibilità per difetto di legittimazione attiva del Presidente della Regione, poiché il controllo esterno della Corte dei conti, essendo svolto nell’interesse della ricorrente, non potrebbe ledere le sue competenze costituzionali. Legittimati all’impugnazione innanzi alla giurisdizione comune sarebbero, invece, il Presidente del Consiglio regionale o i singoli gruppi consiliari.

Anche questa eccezione non è fondata.

Da un lato, infatti, «Questa Corte, nella sentenza n. 130 del 2014, partendo dall’osservazione che i gruppi consiliari sono stati qualificati come organi del Consiglio regionale (sentenza n. 39 del 2014), ha affermato che “La lamentata lesione delle prerogative dei gruppi si risolve dunque in una compressione delle competenze proprie dei consigli regionali e quindi delle Regioni ricorrenti, pertanto legittimate alla proposizione del conflitto (sentenze n. 252 del 2013, n. 195 del 2007 e n. 163 del 1997)”» (sentenza n. 107 del 2015).

Dall’altro, che la legittimazione a sollevare il conflitto di attribuzione spetti per la Regione esclusivamente al Presidente della Giunta regionale, previa delibera di quest’ultima, è − come è noto − stabilito dall’art. 39, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito l’inammissibilità del ricorso per genericità e contraddittorietà, avendo la Regione Veneto omesso di allegare con precisione come e per quali spese la sezione regionale di controllo della Corte dei conti avrebbe sconfinato nella lamentata valutazione d’inerenza e di merito.

Neanche tale eccezione − che, per quanto indirizzata formalmente a tutto il ricorso, si dirige in realtà alla sola prima censura − è fondata.

La ricorrente, infatti, con il primo motivo lamenta l’illegittimità in sé della valutazione d’inerenza che la Corte dei conti ha espressamente dichiarato di operare con riferimento a tutte le spese e che secondo la ricorrente medesima, da un lato, non sarebbe consentita all’organo di controllo, e, dall’altro, sarebbe trasmodata in un inammissibile vaglio di merito.

La Regione Veneto, in ogni caso, specifica con sufficiente chiarezza quali sarebbero, a suo avviso, le spese oggetto di tale illegittimo controllo: si tratta, in particolare, delle spese di personale, di consulenza e incarichi, per attività promozionale e convegni, di cancelleria e per pubblicazioni.

5.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, infine, il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di tono costituzionale.

5.1.− L’eccezione non è fondata con riferimento alla prima censura, poiché con essa la ricorrente ha lamentato che la Corte dei conti, con la deliberazione impugnata, abbia esercitato un controllo non documentale ed esterno ma di inerenza all’attività istituzionale dei gruppi, con ciò ledendo la sua autonomia istituzionale, legislativa, amministrativa, contabile e statutaria, nonché l’autonomia del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari.

La prospettazione dell’esercizio di un potere radicalmente diverso da quello attribuito dalla legge integra un’ipotesi di lamentata carenza di potere in concreto incidente sulle prerogative costituzionali della ricorrente, e tanto basta a conferire tono costituzionale al conflitto (sentenze n. 235 del 2015, n. 263 e n. 137 del 2014, n. 380 del 2007).

5.2.− L’eccezione è invece fondata con riferimento alle restanti censure di erroneità del disconoscimento della regolarità delle spese sostenute per incarichi defensionali davanti alla giurisdizione amministrativa e di illegittimità del controllo in relazione alle spese effettuate dal 1° gennaio al 16 febbraio 2013.

Quanto alla prima, infatti, la ricorrente non contesta l’esercizio di un potere radicalmente diverso da quello per legge spettante alla Corte dei conti e per ciò solo incidente sulle sue prerogative costituzionali di autonomia, bensì la mera violazione dei criteri contenuti nel d.P.C.m. 21 dicembre 2012, criteri che, a suo avviso, consentirebbero di ritenere regolari le spese in questione.

La seconda, poi, non ha ad oggetto la contestazione del potere di controllo sui rendiconti relativi all’anno 2013 nella loro globalità, potere la cui esistenza è del resto implicita nella necessaria unitarietà dei relativi rendiconti. Ciò che viene contestato, in realtà, è il fatto che, per le spese anteriori all’entrata in vigore del d.P.C.m, il controllo sia stato effettuato alla stregua di criteri non ancora emanati.

In entrambi i casi, dunque, oggetto delle doglianze non è l’invasione della sfera costituzionale della ricorrente ma la mera illegittimità della funzione esercitata, illegittimità da fare valere innanzi alla giurisdizione comune (sentenze n. 263 del 2014, n. 52 del 2013, n. 305 del 2011, n. 412 e n. 235 del 2008, n. 380 del 2007).

6.– La residua prima censura non è fondata.

L’art. 1, comma 11, del d.l. n. 174 del 2012 «attribuisce alla sezione regionale di controllo un giudizio di conformità dei rendiconti medesimi alle prescrizioni dettate dall’art. 1, e quindi ai […] criteri contenuti nelle linee guida» (sentenza n. 130 del 2014).

Tra questi criteri, all’art. 1, dell’Allegato A al citato d.P.C.m. 21 dicembre 2012, vi sono quelli di «veridicità e correttezza delle spese», laddove «la veridicità attiene alla corrispondenza tra le poste indicate nel rendiconto e le spese effettivamente sostenute» (comma 2), e la «correttezza attiene alla coerenza delle spese sostenute con le finalità previste dalla legge» (comma 3, alinea), con l’ulteriore specificazione che «ogni spesa deve essere espressamente riconducibile all’attività istituzionale del gruppo» (comma 3, lettera a).

Questa Corte, con la sentenza n. 263 del 2014, ha affermato, con riferimento al controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari, che esso, «se, da un lato, non comporta un sindacato di merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, dall’altro, non può non ricomprendere la verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi medesimi, secondo il generale principio contabile, costantemente seguito dalla Corte dei conti in sede di verifica della regolarità dei rendiconti, della loro coerenza con le finalità previste dalla legge».

Ebbene, dalla deliberazione impugnata emerge che la sezione regionale di controllo della Corte dei conti si è attenuta a tali principi, effettuando un controllo volto ad accertare la conformità delle spese rendicontate ai criteri di veridicità e correttezza contenuti nelle linee guida.

Anche le censurate richieste di chiarimenti e di integrazione documentale e il lamentato controllo analitico della documentazione prodotta dai gruppi a supporto dei rendiconti appaiono nient’altro che lo strumento indicato dal legislatore, oltre che logicamente necessario, per valutare l’inerenza delle spese ai fini istituzionali, come si evince, del resto, dall’art. 1, commi 9 e 11, del d.l. n. 174 del 2012 e dall’art. 3 dell’Allegato A al d.P.C.m. 21 dicembre 2012.

Nessun controllo di merito, infine, risulta essere stato effettuato e, del resto, neanche la ricorrente attribuisce in concreto alla deliberazione impugnata valutazioni dirette a sindacare l’opportunità, l’utilità o la proficuità delle spese (sentenza n. 392 del 1999).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili il secondo e il terzo motivo del ricorso per conflitto di attribuzione, promosso dalla Regione Veneto nei confronti dello Stato, in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, 11 aprile 2014, n. 269, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) respinge per il resto il ricorso, dichiarando che spettava alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, operare la verifica della regolarità dei rendiconti consiliari sulla base dei criteri individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2012.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2016.