Sentenza n. 287 del 2005

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SENTENZA N. 287

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Fernanda                               CONTRI                    Presidente

-  Guido                                    NEPPI MODONA       Giudice

-  Piero Alberto                         CAPOTOSTI                     “

-  Annibale                                MARINI                            “

-  Franco                                   BILE                                  “

-  Giovanni Maria                     FLICK                               “

-  Francesco                              AMIRANTE                      “

-  Ugo                                       DE SIERVO                      “

-  Romano                                 VACCARELLA                “

-  Paolo                                     MADDALENA                 “

-  Alfio                                      FINOCCHIARO               “

-  Alfonso                                 QUARANTA                    “

-  Franco                                   GALLO                             “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito degli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 13 dicembre 2001, n. 470 (Regolamento concernente criteri e modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti di cui all’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari), promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 15 marzo 2002, depositato in cancelleria il 20 successivo ed iscritto al n. 9 del registro conflitti 2002.

  Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica dell’8 marzo 2005 il Giudice relatore Franco Gallo;

  uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 15 marzo 2002 e depositato il 20 marzo 2002, la Provincia autonoma di Trento ha proposto conflitto di attribuzione – in relazione agli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 13 dicembre 2001, n. 470 (Regolamento concernente criteri e modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti di cui all’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari) – per l’accertamento della non spettanza allo Stato del potere di disciplinare con regolamento ministeriale i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione da parte della Provincia autonoma di Trento dei finanziamenti previsti dall’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”, nonché del potere di disciplinare le modalità di verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca di tali finanziamenti. Ha conseguentemente richiesto l’annullamento delle indicate disposizioni regolamentari, deducendo la violazione: a) dell’art. 8, numero 25, e dell’art. 9, numero 10, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; b) dell’art. 5, commi 2 e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria); c) dell’art. 2, comma l, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); d) dell’art. 12, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale); e) dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), in quanto estende alla Provincia autonoma le maggiori autonomie stabilite per le Regioni a statuto ordinario dal nuovo testo dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione.

La Provincia autonoma di Trento premette di essere dotata, ai sensi dello statuto speciale, sia di competenza legislativa in materia di assistenza e beneficenza pubblica (art. 8, numero 25) e di igiene e sanità (art. 9, numero 10), con le correlative potestà amministrative (art. 16); sia di autonomia finanziaria (titolo VI).

In particolare, la ricorrente osserva che i commi 2 e 3 dell’articolo 5 della legge n. 386 del 1989 dispongono che i finanziamenti recati da disposizioni di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l’utilizzo a favore delle Regioni, «sono assegnati alle Province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell’ambito del corrispondente settore» e che «per l’assegnazione e per l’erogazione dei finanziamenti […] si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all’individuazione dei parametri o delle quote di riparto». L’applicabilità di tale disciplina in ordine alle procedure ed alla destinazione dei fondi, «con riferimento alle leggi statali di intervento previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate», sarebbe confermata dal richiamo espresso operato dall’art. l2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 268 del 1992.

La ricorrente rileva che il regolamento contenente le norme impugnate è stato emanato in attuazione dell’articolo 81 della legge n. 388 del 2000, secondo cui, per l’anno 2001, il Fondo nazionale per le politiche sociali è integrato da una determinata somma – non contestata dalla stessa ricorrente – destinata al finanziamento di un «programma di interventi svolti da associazioni di volontariato e da altri organismi senza scopo di lucro con comprovata esperienza nel settore dell’assistenza ai soggetti con handicap grave […], per la cura e l’assistenza di detti soggetti successiva alla perdita dei familiari che ad essi provvedevano». Sempre secondo la ricorrente, il citato articolo 81 prevede, al comma 2, che con decreto del Ministro per la solidarietà sociale siano emanate «le disposizioni per l’attuazione del presente articolo, con la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dei finanziamenti e per la relativa erogazione, nonché le modalità di verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti concessi». L’articolo 158 della stessa legge n. 388 del 2000 conterrebbe, però, una esplicita norma di salvaguardia delle prerogative costituzionali della Provincia, disponendo che le disposizioni in essa contenute si applicano alle Province autonome compatibilmente con le norme dello statuto. La violazione delle attribuzioni provinciali consisterebbe pertanto, ad avviso della ricorrente, nel fatto che, mentre, ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989, la quota ad essa spettante della integrazione del fondo nazionale per le politiche sociali disposta dalla legge n. 388 del 2000 avrebbe dovuto esserle assegnata senza alcun ulteriore vincolo o disciplina, viceversa, gli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 13 dicembre 2001, n. 470, si riferirebbero espressamente, nell’individuare i destinatari delle norme, anche alla Provincia autonoma di Trento, disciplinando in modo minuzioso e vincolante non solo i criteri di riparto (oggetto del non impugnato art. 4), ma anche i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti da parte della Provincia stessa, nonché le modalità di verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti.

La Provincia ricorrente propone, al riguardo, due articolati motivi di doglianza.

1.1. – In primo luogo, viene denunciata l’incostituzionalità ed invasività degli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del decreto ministeriale n. 470 del 2001 per violazione dell’art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989 e dell’art. 12, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 268 del 1992.

La ricorrente premette che l’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, demanda ad un regolamento ministeriale le disposizioni per la propria attuazione, con la definizione dei criteri e delle modalità di concessione ed erogazione dei finanziamenti e di verifica dell’attuazione delle attività svolte e con l’individuazione delle ipotesi di revoca dei finanziamenti concessi, e osserva che, anche se tale disposizione si pone in contrasto con i principi già vigenti in materia di fonti del diritto prima della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, non vi è motivo di sollevare in relazione ad essa questione di legittimità costituzionale. Infatti, l’articolo 158 della stessa legge n. 388 del 2000 esclude in ogni caso il potere regolamentare di cui all’art. 81, comma 2, perché prevede esplicitamente la salvaguardia delle prerogative costituzionali della Provincia, nel senso che le disposizioni in essa contenute si applicano alle Province autonome compatibilmente con le norme statutarie.

L’inapplicabilità delle norme impugnate sarebbe confermata, secondo la ricorrente, anche dalla disposizione dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 268 del 1992, secondo la quale «le disposizioni in ordine alle procedure ed alla destinazione dei fondi di cui all’art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate». Il comma 2 dello stesso articolo precisa che le disposizioni che vietano allo Stato lo svolgimento di attività amministrativa nelle materie regionali e provinciali non si riferiscono all’attribuzione o alla ripartizione di fondi a favore della Provincia per scopi determinati dalle leggi statali e che «a detti fondi continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386».

Secondo la ricostruzione proposta dalla ricorrente, non deriva in sostanza alcun diretto pregiudizio alle competenze provinciali dal disposto dell’art. 81 della legge n. 388 del 2000.

La ricorrente lamenta che, al contrario, gli articoli impugnati del decreto ministeriale n. 470 del 2001 si riferiscono espressamente, nell’individuare i destinatari delle norme, anche alla Provincia autonoma di Trento e che essi fissano una dettagliata disciplina di tutti i profili relativi ai finanziamenti in questione, talora perfino “autorizzando” le Regioni e le Province autonome a dettare discipline integrative.

Più in particolare, l’art. 1 stabilisce, integrando le disposizioni dell’art. 81 della legge n. 388 del 2000, che le risorse dovranno essere utilizzate «per la realizzazione […] di nuove strutture, destinate al mantenimento e all’assistenza» dei beneficiari e contiene una definizione vincolante di soggetto con handicap grave.

L’art. 3 definisce i «soggetti abilitati a presentare la domanda» e, ad avviso della Provincia, individua, «ben oltre quanto disposto dalla legge n. 388, gli organismi abilitati (benché l’elenco del comma 1 si chiuda poi con una clausola che allude genericamente ad “altri soggetti privati”, senza neppure più richiedere l’assenza del fine di lucro), sia ponendo requisiti per il riconoscimento della “esperienza” nel settore dell’assistenza ai soggetti con handicap grave (comma 2)».

L’art. 4 riguarda i progetti finanziabili e descrive le caratteristiche che questi devono avere.

L’art. 5 disciplina i criteri per l’individuazione dei progetti da finanziare e “autorizza” le Regioni e le Province autonome a stabilire tali criteri «con propri provvedimenti emanati nel rispetto delle norme degli statuti di autonomia», stabilendo che, «al fine di assicurare l’omogeneità qualitativa dei servizi sul territorio nazionale», le Regioni e le Province autonome debbano assegnare le risorse «sulla base della qualità del progetto, dal punto di vista: dei requisiti strutturali e funzionamento; delle attività assistenziali, di tutela, di sostegno psicologico ed educativo; del collegamento del progetto con i servizi sociali di base, con le strutture sanitarie e formative e con altre iniziative, servizi e strutture già esistenti sul territorio».

L’art. 6 riguarda i requisiti delle strutture di accoglienza.

L’art. 7, pur riferendosi nel titolo alle sole modalità di concessione e di erogazione dei finanziamenti, disciplina invece direttamente la realizzazione delle opere e la contribuzione.

L’art. 9 dispone che le Regioni e le Province autonome trasmettano all’amministrazione statale competente relazioni sui criteri utilizzati, sull’elenco dei progetti ammessi al finanziamento, sullo stato di attuazione e sull’efficacia degli interventi.

L’invasività di tale ultima previsione consisterebbe, ad avviso della ricorrente, sia nel fatto che l’obbligo di trasmissione non può essere stabilito da un regolamento, sia nel fatto che «tale obbligo, per il suo significato e le sue modalità, non realizza una semplice collaborazione informativa, ma al contrario è disegnato come un momento di mera attuazione, all’interno di un rapporto che si pretende di direzione, come mostra all’evidenza la sanzione della revoca del finanziamento per l’ipotesi di mancata trasmissione delle relazioni».

L’art. 10 prevede la revoca dei finanziamenti alle Regioni – senza menzionare espressamente nel primo periodo del primo comma le Province autonome – in tre distinte ipotesi: a) mancata trasmissione delle relazioni di cui all’art. 9; b) segnalazione negativa da parte delle Regioni e delle Province autonome sulle realizzazioni progettuali; c) «mancato impegno contabile delle quote di competenza in favore dei soggetti destinatari di cui all’art. 3 […] entro il 30 giugno 2002».

La censura della Provincia ricorrente si appunta in particolare sull’ipotesi sub b), per il fatto che essa si riferisce a finanziamenti già erogati ai beneficiari finali che sarebbero revocati «a prescindere dalla circostanza di averne potuto ottenere la restituzione» in concreto.

Più in generale, la ricorrente richiama la garanzia di autonomia stabilita dall’art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989, la cui violazione deriverebbe dall’inosservanza, da parte dell’atto impugnato, dell’art. 158 della legge n. 388 del 2000, che espressamente faceva salve le prerogative statutarie delle Province autonome.

Nel ricorso si sottolinea, peraltro, che «alla stessa conclusione si perverrebbe, a prescindere dalla specifica garanzia dell’art. 5 della legge n. 386 del 1989, sulla base delle regole costituzionali generali circa i rapporti tra fonti statali e fonti regionali e provinciali: se, come stabilito dall’art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, neppure le leggi si sovrappongono direttamente alla legislazione provinciale, limitandosi invece a produrre l’obbligo di adeguamento, nella misura in cui questo sia dovuto ai sensi dello statuto di autonomia, a maggiore ragione risulta illegittima una disciplina regolamentare che pretenda di disciplinare direttamente la materia di competenza provinciale».

1.2. – Con il secondo motivo, si censura l’incostituzionalità ed invasività degli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9, e 10 del decreto ministeriale n. 470 del 2001, per violazione dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, la cui applicabilità è estesa alle autonomie speciali dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

La ricorrente osserva che l’art. 117, sesto comma, della Costituzione espressamente stabilisce che «la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva», mentre «spetta alle Regioni in ogni altra materia».

Nel caso di specie, la disciplina di criteri e modalità per la concessione di contributi per la realizzazione di strutture per persone colpite da handicap rientra, ad avviso della ricorrente, per il suo carattere «tipicamente assistenziale», nella competenza legislativa residuale regionale.

La competenza regolamentare statale in materie di competenza legislativa regionale sarebbe stata peraltro esclusa anche nel sistema precedente alla riforma costituzionale del 2001, come confermato dalla stessa giurisprudenza della Corte sul punto. In ogni caso, le disposizioni di legge precedenti alla riforma che prevedano poteri regolamentari in materie regionali dovrebbero ritenersi abrogate per sopravvenuta incompatibilità con l’art. 117, sesto comma, citato.

La Provincia deduce poi, in subordine, la «sopravvenuta illegittimità costituzionale» dell’art. 81, comma 2, della legge n. 388 del 2000, in quanto esso prevede poteri regolamentari statali in contrasto con la nuova disciplina costituzionale.

2. – Con memoria depositata il 2 aprile 2002, si è costituita l’Avvocatura generale dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo una declaratoria di inammissibilità o comunque di infondatezza del ricorso.

Premette la difesa erariale che «la ricorrente non ha impugnato l’art. 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ai sensi del quale è stato emesso il regolamento impugnato, norma della quale non mette in dubbio la legittimità costituzionale nemmeno in questa sede». Prospetta pertanto la seguente alternativa: «o il regolamento si è attenuto alla disciplina legislativa, ed allora il ricorso è inammissibile perché la Provincia avrebbe dovuto impugnare la legge; o, nel darvi esecuzione, non vi si è attenuto, ma in questo caso sarebbe viziato da illegittimità da far valere davanti al giudice amministrativo, illegittimità che, pertanto, non può raggiungere la soglia costituzionale. Anche in questo caso il ricorso sarebbe inammissibile».

Lo Stato passa poi all’esame del merito del ricorso, osservando preliminarmente che l’obiettivo dell’art. 81 in questione è il finanziamento di interventi di solidarietà sociale da parte di associazioni di volontariato o di altri organismi senza fini di lucro, con comprovata esperienza nel settore dell’assistenza, a soggetti con handicap grave, per la cura e l’assistenza successiva alla perdita dei familiari che ad essi provvedevano. Si tratta, dunque, non della generica assistenza a soggetti portatori di handicap, ma di un tipo particolare di assistenza, già definito dalle disposizioni di legge poi attuate dal regolamento impugnato.

Secondo lo Stato, l’attribuzione dei fondi statali per scopi determinati è presa in considerazione dall’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 268 del 1992, che dichiara non applicabile l’art. 4, comma 3, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 che, per le materie di competenza propria delle Regioni e delle province autonome, dispone che le amministrazioni statali non possono concedere finanziamenti o contributi per attività nel loro ambito territoriale. Il fine ultimo di tale inapplicabilità dell’art. 4, comma 3, citato sarebbe quello di garantire che gli scopi determinati per i quali sono stati concessi i finanziamenti statali siano realizzati in modo uniforme in tutto il territorio dello Stato.

Osserva poi lo Stato che la legge n. 386 del 1989 non può costituire parametro di costituzionalità, in quanto semplice legge ordinaria, che si colloca al di fuori della previsione dell’art. 104 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in forza del quale le norme del titolo VI e quelle dell’art. 13 dello stesso statuto possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione e delle due Province autonome. Infatti, le norme di natura finanziaria del titolo VI riguarderebbero le entrate tributarie; la legge n. 386 del 1989 disciplinerebbe, invece, le competenze delle Province autonome in caso di attribuzione da parte dello Stato di fondi di origine non tributaria. Alle disposizioni della legge n. 386 citata, pertanto, non potrebbe essere assegnato rango costituzionale e la loro interpretazione non potrebbe portare a risultati in conflitto con le disposizioni di livello costituzionale, in particolare con la prima parte dell’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 268 del 1992.

La difesa erariale osserva, infine, che la Provincia non contesta la ripartizione delle erogazioni finanziarie, ma solo i vincoli apposti al loro utilizzo dalla normativa statale, con ciò pretendendo in modo arbitrario di disporre liberamente di somme assegnate dallo Stato per scopi determinati.

3. – Con memoria per l’udienza, depositata il 23 febbraio 2005, la Provincia autonoma ricorrente replica, in primo luogo, all’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura dello Stato, sostenendo che l’atto impugnato ha provocato un’autonoma lesione delle sue attribuzioni costituzionali.

Si tratta infatti, ad avviso della Provincia autonoma, di un atto che non può essere considerato meramente esecutivo della legge n. 388 del 2000, e che perciò viola sia il dettato della stessa legge – laddove estende l’applicabilità dell’art. 81 alle Province autonome –, sia direttamente il precetto costituzionale.

La Provincia osserva poi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale, la legge n. 389 del 1989, utilizzata come parametro, ha rango “parastatutario”, perché concorre ad integrare la disciplina statutaria dell’autonomia finanziaria della Regione e delle Province autonome.

Infine, evidenziando l’inesistenza di poteri regolamentari in capo allo Stato, la Provincia richiama, a conforto della propria prospettazione, i pareri 11 aprile 2002, n. 1 e 8 novembre 2002, n. 5, dell’Adunanza generale del Consiglio di Stato.

4. – Con memoria per l’udienza, depositata il 23 febbraio 2005, l’Avvocatura dello Stato eccepisce preliminarmente la mancanza di attualità dell’interesse al ricorso, della quale la Provincia non avrebbe dato prova, trattandosi di finanziamenti già ricevuti – in forza della legge n. 388 del 2000 e del decreto ministeriale impugnato – e presumibilmente già spesi.

Osserva l’Avvocatura che la controparte, richiamando la limitazione dell’art. 158 della citata legge n. 388 del 2000 all’applicabilità delle norme della stessa legge alle Province autonome, ha voluto invocare il parallelismo fra funzioni legislative e funzioni amministrative statutarie ex art. 16 dello statuto. L’art. 16 citato sarebbe però in realtà inapplicabile al caso di specie, poiché la Provincia stessa non contesta che la materia nella quale è intervenuto il decreto ministeriale impugnato sia stata disciplinata con legge statale e non con legge provinciale.

Lo Stato sostiene poi la piena applicabilità dei vincoli contenuti nel secondo comma dell’art. 81 della legge n. 388 del 2000 alla Provincia, proponendo un’interpretazione restrittiva dell’art. 158 della stessa legge, che sarebbe riferibile, a suo avviso, ai soli statuti regionali e non ai decreti legislativi di attuazione. Pertanto, poiché le limitazioni all’applicabilità alla Provincia del regolamento impugnato deriverebbero solo dai decreti legislativi di attuazione – e in particolare dall’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 268 del 1992 –, tali limitazioni non potrebbero operare nel caso in esame.

La difesa erariale rileva, inoltre, che la provincia non ha fatto riferimento a proprie normative di disciplina dell’utilizzazione dei finanziamenti oggetto dell’atto censurato. Di conseguenza, in mancanza di norme provinciali, i fondi resterebbero inutilizzati e ciò contrasterebbe con quanto previsto dall’art. 5 della legge n. 386 del 1989.

L’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 deriverebbe, ad avviso dello Stato, dal fatto che «si tratterebbe di riconoscere alla Provincia una forma di autonomia più ampia, attribuita alle altre Regioni, perché la Provincia rivendica un trattamento più favorevole di quello applicabile a tutte le Regioni italiane, nei confronti delle quali ha trovato applicazione il regolamento, che, infatti, risulta impugnato solo dalla Provincia».

Prosegue l’Avvocatura ribadendo che l’atto impugnato costituisce mera attuazione della legge ed evidenziando come «non dovrebbe essere messo in dubbio che la cura e l’assistenza dei soggetti portatori di handicap successiva alla perdita dei familiari che ad essi provvedevano vadano ricondotte tra quei livelli minimi di prestazione in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, ai quali si richiama l’art. 5.1 della legge n. 386/1989».

Nell’esaminare partitamene le singole disposizioni impugnate, la difesa statale si sofferma, in particolare, sulla censura della Provincia relativa al fatto che la revoca del finanziamento (con conseguente restituzione delle somme allo Stato) sia consentita dall’art. 10 a prescindere dalla circostanza di averne potuto ottenere la restituzione (dal beneficiario finale). Osserva sul punto che «perché sorga il diritto alla restituzione il finanziamento deve essere prima revocato» e che «prevedere la revoca statale indipendentemente dalla revoca provinciale non è motivo di illegittimità della norma».

Considerato in diritto

1. – La Provincia autonoma di Trento ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 13 dicembre 2001, n. 470 (Regolamento concernente criteri e modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti di cui all’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari), emanato in attuazione dell’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”.

Secondo la Provincia ricorrente, lo Stato, con tali disposizioni regolamentari, invece di limitarsi ad assegnarle la quota di spettanza sulla integrazione del fondo nazionale per le politiche sociali disposta dall’art. 81 della legge n. 388 del 2000, si sarebbe spinto sino a disciplinare minuziosamente i criteri e le modalità di utilizzazione dei finanziamenti previsti da quest’ultimo articolo, le modalità di controllo dell’attività ad essi connessa, nonché le ipotesi di revoca di detti finanziamenti, ed avrebbe pertanto invaso la sfera di competenza costituzionale riservata alla stessa Provincia autonoma sia dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, sia, comunque, dal nuovo testo dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, applicabile alle Province autonome in forza dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Nel ricorso viene specificato che le disposizioni statutarie e le correlative disposizioni di attuazione che si assumono violate dalle impugnate norme regolamentari sono: a) gli articoli 8, numero 25, e 9, numero 10 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); b) l’art. 5, commi 2 e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria); c) l’art. 2, comma l, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); d) l’art. 12, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale).

In particolare, la ricorrente osserva che le impugnate disposizioni regolamentari attuative dell’art. 81 della legge n. 388 del 2000, nell’imporre alla Provincia autonoma di Trento vincoli ulteriori rispetto a quello della mera destinazione delle somme nell’àmbito del corrispondente settore di materia (interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari), si pongono in contrasto con la stessa legge che dovrebbero attuare, il cui art. 158 fa espressamente salve le prerogative statutarie delle Province autonome e, quindi, anche quelle previste dai commi 2 e 3 dell’art. 5 della legge n. 386 del 1989. Tali due commi stabiliscono, infatti, che i finanziamenti recati da leggi statali, allorché non siano diretti a garantire livelli minimi di prestazione in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, affluiscono al bilancio delle Province autonome «per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell’ambito del corrispondente settore» (comma 2) e che, per l’assegnazione e l’erogazione di tali finanziamenti, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi statali, «ad eccezione di quelli relativi all’individuazione dei parametri o delle quote di riparto» (comma 3). Sempre secondo la ricorrente, siffatta normativa sarebbe stata ribadita dai primi due commi dell’art. 12 del d.lgs. n. 268 del 1992.

Nel ricorso si aggiunge, a sostegno di tali rilievi, che, se l’art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992 esclude in via generale l’immediata applicazione alla Provincia autonoma della legislazione statale, sancendo solo un obbligo di adeguamento della legislazione regionale e provinciale, a maggiore ragione sarebbe illegittima una normativa regolamentare volta a disciplinare direttamente una materia di competenza provinciale.

La Provincia ricorrente conclude per una declaratoria della non spettanza allo Stato del potere di adottare le norme regolamentari impugnate, con conseguente annullamento di queste ultime.

2. – Debbono preliminarmente essere respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato.

2.1. – La difesa erariale, sul rilievo che la ricorrente non ha impugnato l’art. 81 della legge n. 388 del 2000, ai sensi del quale è stato emesso il regolamento censurato, ha eccepito che «o il regolamento si è attenuto alla disciplina legislativa, ed allora il ricorso è inammissibile perché la Provincia avrebbe dovuto impugnare la legge; o, nel darvi esecuzione, non vi si è attenuto, ma in questo caso sarebbe viziato da illegittimità da far valere davanti al giudice amministrativo» e non davanti alla Corte costituzionale, con conseguente inammissibilità del ricorso anche in questo caso.

L’eccezione non è fondata.

L’art. 158 della legge n. 388 del 2000 detta una “clausola di salvaguardia”, che prevede l’applicabilità alla Provincia di Trento dell’art. 81 della stessa legge, sul quale si fonda il regolamento impugnato, «compatibilmente con le norme» dello statuto speciale. Come emerge dalla sua formulazione letterale, tale clausola conferma la prevalenza del sistema statutario sul citato art. 81 e, quindi, ciò esclude in radice una lesione delle competenze statutarie da parte della legge che la contiene.

Né può essere condivisa, in proposito, l’argomentazione dell’Avvocatura generale dello Stato per cui l’art. 12, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 268 del 1992 (norma di attuazione statutaria), e l’art. 5, commi 2 e 3, della legge n. 386 del 1989 (legge adottata secondo lo speciale procedimento previsto dall’art. 104 dello statuto, per la modifica e l’integrazione del titolo VI dello statuto stesso), invocati dalla ricorrente quali parametri a fondamento del conflitto, non sarebbero norme dello statuto, sicché le relative disposizioni, escluse dalla “clausola di salvaguardia”, sarebbero state immediatamente lese dalla legge e non dal regolamento.

Al riguardo, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, si deve opporre che, al pari delle norme dello statuto speciale, anche le relative norme di attuazione (come il decreto legislativo n. 268 del 1992) e quelle di modifica o di integrazione del titolo VI dello statuto del Trentino-Alto Adige, adottate con lo speciale procedimento previsto dall’art. 104 dello stesso statuto (come l’art. 5 della legge n. 386 del 1989) possono essere utilizzate come parametro del giudizio di costituzionalità (sentenze n. 36, n. 356 e n. 366 del 1992, n. 165 del 1994, n. 458 del 1995, n. 520 del 2000, n. 334 e n. 419 del 2001, n. 28 e n. 267 del 2003). In conseguenza di questa equiparazione tra norme statutarie e norme di modifica e di attuazione dello statuto, la “clausola di salvaguardia” dettata dall’art. 158 della legge n. 388 del 2000 deve essere intesa, secondo una lettura costituzionalmente orientata, come riferita a tutte le disposizioni che fondano e definiscono l’autonomia speciale della Provincia. È allora da condividere la premessa da cui muove la ricorrente, secondo cui – proprio in ragione di tale “clausola di salvaguardia”, letta in relazione all’art. 5 della legge n. 386 del 1989 – la lesione delle competenze provinciali non deriva dall’art. 81 della legge n. 388 del 2000, ma esclusivamente dagli impugnati articoli del decreto ministeriale n. 470 del 2001, che, nel porre una penetrante disciplina in ordine alle modalità di utilizzazione dei finanziamenti, individuano espressamente la Provincia autonoma di Trento tra i propri destinatari.

Non rileva in contrario che il regolamento, invadendo la sfera di competenza costituzionale della Provincia autonoma, possa violare contemporaneamente (e conseguentemente) il disposto del citato art. 158 della legge n. 388 del 2000, rendendo l’atto impugnabile davanti all’autorità giurisdizionale. La violazione delle attribuzioni statutarie della Provincia autonoma, infatti, conferisce di per sé “tono costituzionale” al conflitto, restando irrilevante la concorrente possibilità di impugnativa giurisdizionale (v., ex plurimis, sentenza n. 199 del 2004).

2.2. – L’Avvocatura generale dello Stato eccepisce altresì l’inammissibilità del ricorso per la mancanza di un interesse attuale, in quanto le norme impugnate riguarderebbero – in difetto di prova contraria fornita dalla ricorrente – finanziamenti già ricevuti dalla ricorrente e presumibilmente già spesi.

Anche tale eccezione è infondata.

Al riguardo, va osservato che, in materia di conflitti tra enti, la lesione delle attribuzioni costituzionali ben può concretarsi anche nella mera emanazione dell’atto invasivo della competenza, potendo perdurare l’interesse dell’ente all’accertamento del riparto costituzionale delle competenze.

3. – Nel merito, il ricorso è fondato.

3.1. – La disciplina contenuta nelle disposizioni impugnate rientra, ai sensi dell’art. 8, numero 25, dello statuto speciale, nella materia dell’assistenza e beneficenza pubblica, nella quale la Provincia autonoma ha competenza legislativa esclusiva.

La riconducibilità delle norme regolamentari oggetto del conflitto alla suddetta materia emerge con evidenza dal tenore letterale dell’art. 81 della legge n. 388 del 2000 (“legge finanziaria 2001”), in attuazione del quale il regolamento è stato emanato. Tale articolo, nel fare riferimento al Fondo nazionale per le politiche sociali ed alle correlative finalità di cura ed assistenza di soggetti portatori di handicap grave, specificamente dispone che, per l’anno 2001, il suddetto Fondo sia integrato con una determinata somma destinata al finanziamento di un «programma di interventi svolti da associazioni di volontariato e da altri organismi senza scopo di lucro con comprovata esperienza nel settore dell’assistenza ai soggetti con handicap grave […], per la cura e l’assistenza di detti soggetti successiva alla perdita dei familiari che ad essi provvedevano». Per il perseguimento di tali finalità, lo stesso articolo 81 prevede, al comma 2, l’emanazione di un regolamento ministeriale attuativo, con il quale sono disciplinate «la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dei finanziamenti e per la relativa erogazione, nonché le modalità di verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti concessi».

Le norme regolamentari impugnate intervengono, dunque, nella materia dell’assistenza e beneficenza pubblica, e non disciplinano – come invece sostenuto dall’Avvocatura dello Stato nel corso dell’udienza pubblica – i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’assistenza e la beneficenza pubblica. Come già rilevato da questa Corte, infatti, le norme che, al pari del citato art. 81 della legge n. 388 del 2000, pongono vincoli nell’assegnazione alle Regioni delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, istituito dall’art. 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), non determinano livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., ma si limitano a prevedere somme a destinazione vincolata (sentenza n. 423 del 2004).

3.2. – La riconduzione della disciplina in questione alla materia dell’assistenza e beneficenza pubblica implica una diretta interferenza, da parte del regolamento impugnato, nella competenza legislativa esclusiva della Provincia autonoma in tale materia, in palese violazione del principio, più volte affermato da questa Corte, per cui un decreto ministeriale non può comunque disciplinare materie di competenza legislativa delle Province autonome (si vedano, fra le altre, le sentenze n. 267 del 2003 e n. 371 del 2001).

3.3. – Deve poi essere rilevato che, anche a prescindere dalla riconducibilità della disciplina impugnata ad una materia di competenza legislativa provinciale, trovano applicazione al presente conflitto – nel quale non si verte, come già evidenziato, in tema di “livelli essenziali delle prestazioni” – i commi 2 e 3 dell’art. 5 della legge n. 386 del 1989. Come sopra ricordato, questi due commi stabiliscono, per l’ipotesi di finanziamenti recati da leggi statali che non siano diretti a «garantire livelli minimi di prestazione in modo uniforme su tutto il territorio nazionale», rispettivamente: a) che tali finanziamenti, ove «sia previsto il riparto o l’utilizzo a favore delle regioni, sono assegnati alle Province autonome ed affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell’ambito del corrispondente settore»; b) che per l’assegnazione e per l’erogazione degli stessi finanziamenti «si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi, ad eccezione di quelli relativi all’individuazione dei parametri o delle quote di riparto». Siffatta normativa, come esattamente sottolineato dalla ricorrente, è confermata dai primi due commi dell’art. 12 del d.lgs. n. 268 del 1992: il comma 1 stabilisce che «le disposizioni in ordine alle procedure ed alla destinazione dei fondi di cui all’art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate»; il comma 2 precisa che le disposizioni che vietano allo Stato lo svolgimento di attività amministrativa nelle materie regionali e provinciali non si riferiscono all’attribuzione o alla ripartizione di fondi statali a favore della Provincia per scopi determinati dalle leggi statali e che «a detti fondi continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 5, comma 2, della legge 30 novembre 1989, n. 386».

In palese violazione dell’art. 5 sopra citato, le norme regolamentari impugnate – che sono espressamente rivolte anche alle Province autonome di Trento e di Bolzano e non attengono all’individuazione dei parametri o delle quote di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali – disciplinano, invece, in modo minuzioso e vincolante i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti da parte delle Province autonome (art. 1), definendo in particolare i soggetti con handicap grave (con lo stesso art. 1); indicando i soggetti abilitati a presentare la domanda di finanziamento (art. 3); individuando le caratteristiche dei progetti finanziabili, secondo criteri che, in parte, prescindono dalle norme degli statuti di autonomia (artt. 4, specie il comma 2, e 5); fissando i requisiti delle strutture di accoglienza (art. 6); determinando modalità di concessione e di erogazione dei finanziamenti che, in parte, prescindono dalle norme degli statuti di autonomia (art. 7, specie il comma 2); prescrivendo le modalità di verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti (artt. 9 e 10). E’ dunque evidente, anche sotto tale aspetto, la lesione delle competenze della Provincia ricorrente.

3.4. – Per quanto evidenziato in ordine alla diretta lesione di competenze statutarie da parte delle norme regolamentari impugnate, resta assorbita la questione, prospettata dalla ricorrente in via subordinata, circa la violazione, mediante tali norme, «dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, esteso alle autonomie speciali dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001».

4. – In conseguenza delle sopra esposte considerazioni, deve dichiararsi che non spetta allo Stato il potere di disciplinare con regolamento ministeriale i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione da parte della Provincia autonoma di Trento dei finanziamenti previsti dall’articolo 80, comma 14, della legge n. 388 del 2000 e devono, conseguentemente, annullarsi gli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 470 del 2001, nella parte in cui si applicano alla Provincia autonoma di Trento.

5. – In considerazione della piena equiparazione statutaria delle Province autonome di Trento e di Bolzano relativamente alle attribuzioni di cui trattasi, l’efficacia della presente sentenza deve essere estesa anche nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato il potere di disciplinare con regolamento ministeriale i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione da parte delle Province autonome di Trento e di Bolzano dei finanziamenti previsti dall’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”;

annulla, di conseguenza, gli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 13 dicembre 2001, n. 470 (Regolamento concernente criteri e modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti di cui all’articolo 81 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari), nella parte in cui si applicano alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2005.