Sentenza n. 458 del 1995

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SENTENZA N.458

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 7 novembre 1994, n. 621, convertito in legge 17 dicembre 1994, n. 737 (Attuazione di regolamenti comunitari relativi alla riforma della politica agricola comune), promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 4 febbraio 1995, depositato in cancelleria il 14 successivo ed iscritto al n. 9 del registro ricorsi 1995. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli; udito l'avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'avv. dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri .

Ritenuto in fatto

 

1.La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 4 febbraio 1995, ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 1 del decreto-legge 7 novembre 1994, n. 621 (Attuazione di regolamenti comunitari relativi alla riforma della politica agricola comune), convertito, senza modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1994, n. 737, per violazione degli artt. 8, numero 21, e 16 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione, nonchè per violazione dell'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, e dell'art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266. La ricorrente espone che il regolamento CEE n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, ha previsto la concessione di aiuti comunitari, sulla base di programmi zonali pluriennali, per la diffusione di metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze della protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale. A sua volta, il regolamento CEE n. 2079/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, ha previsto l'istituzione di un regime comunitario di aiuti al prepensionamento in agricoltura, da applicarsi negli Stati membri "tramite programmi pluriennali a livello nazionale o regionale" (art. 4, par. 1). Infine, il regolamento CEE n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, ha istituito un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo. La Provincia autonoma di Trento, che dispone della competenza legislativa esclusiva e della competenza amministrativa in materia di agricoltura e foreste (art. 8, numero 21, e art. 16 statuto speciale) e che, ai sensi dell'art. 6 delle norme di attuazione di cui al d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, è competente a dare attuazione, nelle materie ad essa attribuite, ai regolamenti comunitari -, ha provveduto, con la deliberazione della Giunta provinciale n. 5425 del 6 maggio 1994, a fissare le modalità di applicazione del regolamento CEE n. 2078/92, adottando poi, con delibera della Giunta provinciale n. 12425 del 30 settembre 1994, il programma zonale pluriennale per l'applicazione di detto regolamento. L'art. 27 della legge provinciale 12 settembre 1994, n. 4, ha, quindi, autorizzato la Giunta, al fine di consentire l'attuazione del programma, a concedere gli aiuti previsti nel programma stesso, imputando la relativa spesa a carico del bilancio provinciale. L'art. 42 della legge finanziaria provinciale per il 1995 (legge prov. 3 febbraio 1995, n. 1) ha, a sua volta, dettato le disposizioni per l'attuazione del regolamento CEE n. 2079/92 e ha stanziato le somme all'uopo necessarie. Sulla materia così regolata dalla normativa provinciale è, peraltro, intervenuto il decreto-legge 7 novembre 1994, n. 621, convertito con legge 17 dicembre 1994, n. 737, che ha inteso dare attuazione ai citati regolamenti CEE n. 2078/92, n. 2079/92 e n. 2080/92, autorizzando a tal fine la complessiva spesa di lire 100 miliardi per l'anno 1994, da assegnare all'Ente per gli interventi nel mercato agricolo E.I.M.A., affinchè lo stesso provveda ad erogare gli aiuti ai beneficiari, individuati con provvedimento delle Regioni o delle Province autonome nel quadro dei programmi regionali o provinciali adottati ai sensi dei regolamenti n. 2078/92 e n. 2080/92, nonchè in base al programma nazionale approvato dal CIPE in data 11 ottobre 1994 per l'attuazione del regolamento n. 2079/92.

A giudizio della ricorrente, l'art. 1 del decreto-legge richiamato sarebbe lesivo dell'autonomia della Provincia autonoma per il fatto di prevedere l'assegnazione dei contributi tramite l'E.I.M.A. anzichè imputare le somme direttamente alla stessa Provincia, anche ai sensi dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, a rimborso totale o parziale delle spese da essa sostenute per gli aiuti già erogati. La stessa normativa determinerebbe altresì il rischio di una duplicazione dei benefici in capo agli stessi destinatari, nonchè l'eventualità che la Provincia possa vedersi negata la quota di finanziamento comunitario relativa agli aiuti da essa assegnati, ma non contemplati nell'intervento statale. L'intervento statale così disposto sarebbe anche in contrasto con l'art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che stabilisce il divieto per le amministrazioni statali e per gli enti dipendenti dallo Stato di disporre spese o di concedere, direttamente o indirettamente, finanziamenti o contributi a soggetti diversi dalla stessa Provincia autonoma per attività da svolgersi nell'ambito del territorio provinciale. Infine, sempre a giudizio della ricorrente, un'ulteriore violazione dell'autonomia provinciale sarebbe determinata dall'art. 1, comma 2, seconda parte, del decreto-legge impugnato, dove si stabilisce che gli aiuti previsti dal regolamento CEE n. 2079/92, in materia di prepensionamento in agricoltura, siano erogati dall'E.I.M.A. non già in base ad un programma provinciale (come è previsto per gli aiuti di cui ai regolamenti n. 2078 e n. 2080), bensì in base ad un programma nazionale approvato dal CIPE. Anche il regolamento n. 2079/92 riguarderebbe, infatti, secondo la ricorrente, materia di competenza provinciale, dovendosi ricondurre agli strumenti di politica agricola comunitaria che la Provincia è chiamata ad attuare direttamente.

2.Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, per sostenere l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del ricorso.

3.In prossimità dell'udienza la Provincia di Trento ha presentato una memoria nella quale si rileva che, con riguardo all'attuazione del regolamento CEE n. 2078/92, la Provincia autonoma ha già provveduto con propri atti che sono stati approvati dagli organi dell'Unione europea e riconosciuti dal Ministero delle risorse agricole ai fini del rimborso degli oneri sostenuti. Per quanto riguarda il regolamento CEE n. 2079/92, in materia di aiuti al prepensionamento, la ricorrente evidenzia che i criteri di attuazione stabiliti dal programma unico nazionale adottato dal CIPE in data 11 ottobre 1994 contrasterebbero con le peculiari esigenze delle aziende agricole presenti nel territorio provinciale di Trento, ponendosi in contraddizione con le affermazioni contenute nelle premesse della stessa delibera del CIPE in ordine alla necessità di formulare soluzioni differenziate secondo le diverse realtà regionali. In particolare, la Provincia rileva un contrasto tra i contenuti del programma nazionale approvato dal CIPE e quelli del regolamento CEE n. 2079/92 sia con riferimento all'ingrandimento della superficie delle aziende cedute (punto 4.7), sia con riferimento al carattere alternativo e non concorrente degli aiuti concessi (punti 5.1). La ricorrente insiste, pertanto, nelle conclusioni già formulate.

4.Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato una memoria per illustrare i motivi dell'asserita infondatezza del ricorso. Il resistente controdeduce che, ai fini dell'attuazione dei regolamenti CEE n. 2078 e n. 2080, ogni Regione e Provincia autonoma avrebbe esercitato pienamente la propria competenza in materia agricola, definendo nella più assoluta autonomia i programmi di attuazione, i criteri di scelta dei beneficiari, l'entità dei contributi da erogare. Inoltre, anche l'attuazione del regolamento CEE n. 2079, pur predisposta nella forma di un programma nazionale trattandosi di materia (politica del lavoro) sottratta alla specifica competenza regionale e provinciale -, sarebbe avvenuta, dopo il parere positivo espresso dalla Conferenza Stato-Regioni il 2 agosto 1994, nel rispetto delle competenze della Provincia autonoma, cui risulta affidata l'adozione dei provvedimenti necessari per l'individuazione dei beneficiari. In questo quadro, il ruolo dell'E.I.M.A. sarebbe quello di semplice "sportello erogatore", senza alcuna ingerenza nelle fasi di programmazione ed attuazione degli interventi che possa ritenersi lesiva delle attribuzioni provinciali. La centralizzazione delle funzioni di erogazione degli interventi risponderebbe, d'altro canto, a giudizio del resistente ad una inderogabile esigenza unitaria correlata alla responsabilità di rendicontazione e verifica che grava sullo Stato nei confronti degli organi comunitari e, segnatamente, del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), per gli aiuti afferenti alla sezione Garanzia, nel cui ambito si inquadrano gli interventi in questione.

5.Nel corso dell'udienza pubblica la difesa della ricorrente ha ribadito che la Provincia autonoma di Trento ha già provveduto, con proprie deliberazioni, alla diretta attuazione degli interventi previsti dai regolamenti CEE n. 2078 e n. 2080, dando altresì atto che il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali ha disposto il rimborso alla Provincia stessa da parte dell'A.I.M.A. delle somme relative agli aiuti erogati.

Considerato in diritto

 

1.La Provincia autonoma di Trento impugna, in via principale, l'art. 1 del decreto-legge 7 novembre 1994, n. 621 (convertito, senza modificazioni, nella legge 17 dicembre 1994, n. 737), recante "Attuazione di regolamenti comunitari relativi alla riforma della politica agricola comune", che ha stabilito l'assegnazione all'Ente per gli interventi nel mercato agricolo E.I.M.A. della somma di lire 100 miliardi da destinare all'attuazione dei regolamenti CEE n. 2078/92, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale; n. 2079/92, che istituisce un regime comunitario di aiuti al prepensionamento in agricoltura; e n. 2080/92, concernente un regime comunitario di aiuti alle misure forestali (art. 1, comma 1). Nello stesso decreto-legge si è stabilito anche che all'E.I.M.A. risulta affidato il compito di erogare gli aiuti ai beneficiari, la cui individuazione spetta alle Regioni ed alle Province autonome "nel quadro dei programmi regionali o provinciali adottati ai sensi dei regolamenti n. 2078/92 e n. 2080/92, nonchè in base al programma nazionale approvato dal CIPE in data 11 ottobre 1994 per l'attuazione del regolamento n. 2079/92" (art. 1, comma 2). Ad avviso della ricorrente tali norme sia per il fatto di assegnare lo stanziamento in questione all'E.I.M.A. e non direttamente alla Provincia autonoma, sia per il fatto di prevedere, ai fini dell'attuazione del regolamento CEE n. 2079/92, l'impiego di un programma nazionale e non provinciale verrebbero a violare le competenze della Provincia autonoma di Trento in tema di agricoltura (artt. 8, n. 21, e 16 dello statuto speciale), nonchè le norme di attuazione in tema di esecuzione dei regolamenti comunitari (art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526) e di rapporti finanziari tra lo Stato e la stessa Provincia (art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, e art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266).

2.Dagli atti prodotti in giudizio e dalle stesse dichiarazioni rese in udienza dal difensore della ricorrente risulta che la Provincia autonoma di Trento non ha più interesse ad ottenere una pronuncia riferita alla parte del decreto impugnato concernente l'attuazione dei regolamenti CEE n. 2078 e n. 2080 del 1992, avendo la stessa Provincia già provveduto ad erogare direttamente gli aiuti disposti da tali regolamenti. L'interesse permane, invece, con riferimento alla parte del decreto-legge concernente l'attuazione del regolamento CEE n. 2079/92, in tema di prepensionamento in agricoltura, cui viene, pertanto, limitato l'esame dei motivi prospettati nel ricorso.

3.Nei limiti in cui la controversia tuttora permane, il ricorso non è fondato. La prima censura che viene sollevata concerne il fatto che l'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 621 del 1994 ha assegnato la somma destinata ad assicurare l'avvio dell'attuazione dei regolamenti CEE di cui è causa all'E.I.M.A. (oggi A.I.M.A.) e non, per la quota spettante, direttamente alla Provincia di Trento, così come avrebbe comportato il rispetto della competenza esclusiva provinciale in tema di agricoltura nonchè delle norme di coordinamento finanziario e normativo espresse nell'art. 5 della legge n. 386 del 1989 e nell'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, dove, in particolare, si prevede l'assegnazione diretta alle Province autonome dei finanziamenti statali destinati alle Regioni nonchè il divieto per le amministrazioni statali e gli enti dipendenti dallo Stato di disporre spese e di concedere, direttamente o indirettamente, finanziamenti o contributi per attività da svolgere nell'ambito del territorio provinciale. Secondo la ricorrente, ai fini del rispetto della disciplina ricordata, non sarebbe, d'altro canto, sufficiente il fatto che alla Provincia venga riconosciuto il compito di individuare i beneficiari degli aiuti, predisponendo anche i criteri per la loro individuazione, mentre spetta all'E.I.M.A. la competenza a contabilizzare il contributo concesso dallo Stato e ad erogare gli aiuti secondo le indicazioni della stessa Provincia. Tale censura non può essere condivisa, dal momento che non tiene conto adeguato del fatto che la disposizione impugnata, investendo l'attuazione di regolamenti comunitari relativi alla riforma della politica agricola comune, può ritenersi idonea, in quanto correlata al rispetto di un obbligo di carattere internazionale derivante dal Trattato CEE, ad apportare limitazioni alla sfera delle competenze regionali e provinciali anche di natura esclusiva, nei limiti in cui la stessa disposizione risulti direttamente attuativa della normativa comunitaria e necessaria al perseguimento della finalità attuativa (v. sentenze n. 349 del 1991; n. 632 del 1988). Il limite per le competenze provinciali derivante dalla imputazione "centralizzata" dello stanziamento disposto dallo Stato nel bilancio dell'E.I.M.A. può, infatti, trovare come rileva la difesa dello Stato la sua giustificazione contabile proprio nella tipologia degli aiuti da erogare, cioè nel fatto che tali aiuti, riferiti ad interventi sul mercato agricolo, risultano imputati, per la quota di spettanza comunitaria, al Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), e, in particolare, alla sezione Garanzia di tale fondo. A questo proposito va ricordato che il regolamento CEE n. 729/70, relativo al finanziamento della politica agricola comune, ha affidato (art. 4) agli Stati membri il compito di designare "i servizi e gli organismi" abilitati a pagare le spese conseguenti agli interventi sui mercati agricoli di competenza della sezione Garanzia del Fondo; e che l'Italia, in attuazione di tale regolamento, ha provveduto a designare l'A.I.M.A. come organismo abilitato ai pagamenti in questione (v. art. 2, lettera b), del d.P.R. 16 aprile 1971, n. 321). Il riferimento all'E.I.M.A. (oggi A.I.M.A.) dello stanziamento disposto dalla norma impugnata deriva, dunque, dall'adempimento di un obbligo di natura contabile assunto in sede comunitaria, anche al fine della semplificazione delle procedure e dei controlli connessi ai rapporti con il FEAOG, senza che questo abbia di contro comportato un'incidenza sostanziale nel potere di erogazione degli aiuti da parte della Provincia, cui spetta pur sempre il compito di individuare e di indicare vincolativamente all'A.I.M.A. i singoli beneficiari.

4.Infondata si presenta anche la seconda censura, correlata al fatto che, ai sensi del comma 2 dell'art. 1 del decreto-legge n. 621 del 1994, l'erogazione degli aiuti previsti dal regolamento n. 2079/92, in tema di prepensionamento in agricoltura, sia disposta non in base ad un programma provinciale, bensì in base al programma nazionale approvato dal CIPE in data 11 ottobre 1994. In proposito basti solo rilevare che il regolamento CEE n. 2079/92, all'art. 4, riferisce il regime di aiuti al prepensionamento in agricoltura all'"intero territorio" degli Stati membri, individuando lo strumento attuativo in programmi pluriennali "a livello nazionale o regionale". Lo Stato, dal suo canto, con la deliberazione del CIPE dell'11 ottobre 1994 adottata dopo avere acquisito il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni ha correlato la scelta del programma nazionale all'esigenza di individuare una cornice unitaria per interventi che, in relazione alla loro particolare natura, sono destinati a incidere non solo sulla materia agraria, ma anche sulla politica dell'occupazione e della previdenza, toccando interessi che investono anche la sfera delle competenze statali. La previsione di un programma na- zionale, anzichè provinciale, nel settore in esame non può, dunque, costituire motivo sufficiente a invalidare la disciplina adottata dal decreto-legge n. 621 del 1994 in ordine all'attuazione del regolamento CEE n. 2079/92: e questo tanto più ove si consideri che il programma nazionale, pur riducendo la sfera di azione consentita alle Regioni ed alle Province autonome, non esclude la possibilità di interventi ulteriori, anche in forma programmatica, da parte di tali enti.

5.La censura ora richiamata trova svolgimento, nella memoria presentata dalla ricorrente, in relazione a due profili particolari del programma approvato dal CIPE l'11 ottobre 1994. Il primo profilo concerne il punto 4.7 di tale programma, dove si determinano le misure per l'ingrandimento minimo "in termini di superficie" dell'azienda del rilevatario (ingrandimento che il programma ritiene sempre necessario, anche per la cessione tra genitore e figlio). Ad avviso della ricorrente tale previsione verrebbe a contrastare con l'art. 6, n. 3, del regolamento n. 2079/92, che consentirebbe la possibilità di aumentare la "dimensione" dell'azienda anche prescindendo dall'aumento della superficie, ma facendo esclusivo riferimento o alla capacità professionale del rilevatario, o al reddito o al volume di lavoro. Tale interpretazione non può essere condivisa. La corretta lettura della norma regolamentare richiamata induce, infatti, a rilevare come, nel contesto della norma, il richiamo al parametro della superficie non si presenti alternativo, bensì concorrente con gli altri parametri indicati ai fini dell'aumento della dimensione dell'azienda e della relativa efficienza economica: tant'è che lo stesso regolamento, all'art. 2, definisce il "rilevatario agricolo" come la "persona che subentra al cedente come capo azienda, ampliando la superficie dell'azienda stessa oppure l'imprenditore che rileva la totalità o una parte dei terreni resi disponibili dal cedente, al fine di ampliare la propria azienda". Con il secondo profilo la ricorrente contesta, il punto 5.1 del programma, dove si impone ai beneficiari la scelta tra il premio unico per la cessazione dell'attività e l'indennità annua, mentre il regolamento n. 2079/92, all'art. 3, n. 2, consente la possibilità di combinare tra loro i due istituti. Anche tale censura si prospetta infondata, una volta che si consideri che l'art. 3 del regolamento n. 2079/92 elenca in generale i vari tipi di aiuti concessi ai cedenti ed ai lavoratori, prevedendo, da un lato, la possibilità di una loro combinazione, ma lasciando comunque liberi, dall'altro, gli Stati membri di stabilire se combinare e come combinare le diverse formule. Nè la questione prospettata può trovare fondamento negli inconvenienti di fatto, connessi all'applicazione del programma nazionale, che la Provincia autonoma di Trento ha voluto richiamare nella stessa memoria, con riferimento alla particolare situazione delle aziende agrarie presenti nel proprio territorio, dal momento che tali inconvenienti non possono assumere rilievo ai fini del giudizio di legittimità

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 7 novembre 1994, n. 621 (Attuazione di regolamenti comunitari relativi alla riforma della politica agricola comune), convertito, senza modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1994, n. 737, questione sollevata dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso di cui in epigrafe, con riferimento agli artt. 8, numero 21, e 16 dello statuto speciale ed alle relative norme di attuazione, nonchè all'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, all'art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, ed all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/10/95.