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SENTENZA N. 9
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario
Rosario MORELLI "
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a
seguito del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e
forestali del 3 aprile 2012 (Ripartizione della quota complessiva di cattura
del tonno rosso per la campagna di pesca 2012), promosso dalla Regione autonoma
Sardegna con ricorso notificato l’11 giugno 2012, depositato in cancelleria il
18 giugno 2012 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra enti 2012.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 dicembre 2012 il Giudice
relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma
Sardegna e l’avvocato dello Stato Filippo Bucalo per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in
fatto
1. — Con ricorso notificato l’11 giugno
2012 e depositato il 18 giugno 2012, iscritto al n. 7 del registro conflitti
tra enti 2012, previa delibera della Giunta regionale del 18 aprile 2012, n.
16/40, la Regione autonoma Sardegna ha proposto conflitto di attribuzione
contro il Presidente del Consiglio dei ministri per l’annullamento, previa
sospensione, del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e
forestali del 3 aprile 2012 (Ripartizione della quota complessiva di cattura
del tonno rosso per la campagna di pesca 2012), pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 21 maggio 2012,
n. 117, per violazione degli articoli 3, primo comma, lettera i), e 6 della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) in relazione agli artt.
1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1965, n. 1627
(Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca
e saline sul demanio marittimo e nel mare territoriale) e agli artt. 1, comma
1, e 2, comma 2, del decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 70 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna concernenti il
conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di
agricoltura); degli artt. 3, 5, 9, 117, terzo, quarto, quinto e sesto comma, e
119 (recte 118) della Costituzione,
del principio di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni; dell’art. 117,
primo comma, Cost., in relazione all’art. 4, comma 2, del regolamento (CE) 6
aprile 2009, n. 302/2009 (Regolamento del Consiglio concernente un piano
pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel
Mediterraneo che modifica il regolamento (CE) n. 43/2009 e che abroga il
regolamento (CE) n. 1559/2007), al regolamento (CE) 17 gennaio 2012, n. 44/2012
(Regolamento del Consiglio che stabilisce, per il 2012, le possibilità di pesca
concesse nelle acque UE e, per le navi UE, in determinate acque non
appartenenti all’UE, per alcuni stock ittici e gruppi di stock ittici che sono
oggetto di negoziati o accordi internazionali), alla Convenzione internazionale
per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, adottata a Rio de Janeiro
nella Conferenza tenutasi tra il 2 e il 14 maggio 1966 e ratificata in Italia
con la legge 4 giugno 1997, n. 169 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione
internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, con Atto finale
ed annessi, adottata dalla Conferenza dei Plenipotenziari di Rio de Janeiro
tenutasi dal 2 al 14 maggio 1966 e al Protocollo con Atto finale fatto a Parigi
il 9-10 luglio 1984 nonché all’Atto finale ed al Protocollo con Regolamenti
interno e finanziario fatti a Madrid il 4-5 giugno 1992, e loro esecuzione),
della raccomandazione 10-04 della Commissione internazionale per la
conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT).
2. — Premette la ricorrente che il
decreto ministeriale in oggetto è stato impugnato dinnanzi al tribunale
amministrativo regionale (TAR) del Lazio con due distinti ricorsi proposti sia
dalla Regione autonoma Sardegna che dalla Tonnare Sulcitane s.r.l.,
rispettivamente rubricati al n. 3643 ed al n. 3629 del registro generale 2012.
Entrambi i ricorrenti hanno presentato istanza di idonee misure cautelari,
sulle quali il giudice amministrativo si è pronunciato con le ordinanze del 30
maggio 2012, n. 1924 e n. 1926, entrambe depositate il 31 maggio 2012.
2.1. — In tali pronunce il TAR,
rilevando che le questioni sollevate dovrebbero essere approfondite nella sede
di merito, ha affermato che la pesca a circuizione può essere svolta in un arco
temporale limitato (16 maggio – 14 giugno 2012), con la conseguenza che
l’eventuale sospensione del decreto impugnato rischierebbe di rendere
inutilizzabile la quota percentuale assegnata a tale sistema e che ogni altra
misura adottata che consentisse, in via cautelare, una diversa ripartizione
delle quote tra i vari sistemi rischierebbe di invadere la discrezionalità
dell’amministrazione resistente, peraltro senza il necessario contraddittorio
con tutte le parti interessate.
2.2. — Nelle ordinanze citate il giudice
amministrativo dà inoltre conto del fatto che con il decreto del direttore
generale del dipartimento delle politiche europee ed internazionali 23 maggio
2012, n. 13718 non impugnato in quella sede, il Ministero resistente ha
ripristinato la quota indivisa di 120 tonnellate per le tonnare fisse senza
operare una ripartizione tra le singole tonnare, come invece previsto con il
d.m. 3 aprile 2012.
2.3. — Rileva la ricorrente che il
decreto direttoriale n. 13718 del 2012 si è limitato, per ciò che concerne
l’autorizzazione alla pesca con il sistema delle tonnare fisse, ad eliminare la
quota massima di pescato assentito alle tre tonnare già autorizzate con il d.m.
3 aprile 2012, permettendo a ciascuna di esse di sforare quei limiti, purché
non venga superata la quota totale riservata al suddetto sistema di pesca.
In seguito all’emanazione del decreto
direttoriale n. 13718 del 2012, la Regione Sardegna ha trasmesso la nota
dell’Assessore all’agricoltura e alla riforma agropastorale del 31 maggio 2012,
prot. n. 834/GAB, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali
e al direttore della direzione generale della pesca marittima e dell’acquacoltura.
In tale nota si rappresenta che «visti i
contenuti del decreto direttoriale n. 13718 del 23.5.2012, considerato che le
disposizioni previste non sono soddisfacenti e non tengono conto di quanto
richiesto dall’Amministrazione regionale, si chiede che lo stesso venga
sostituito e sia prevista una quota di pesca individuale per il singolo
impianto di tonnara con la possibilità di trasferire le quote tra i diversi
operatori, analogamente a quanto previsto per gli altri sistemi, e che eventuali
sforamenti della quota di pesca siano coperti dalla quota di riserva. Si
chiede, inoltre, l’immediata abrogazione del divieto di effettuare catture
accessorie (by-catch) e si propone un
aumento della quota non divisa prevista dal D.M. n. 5595 del 3.4.2012, con
correlativa diminuzione delle quote dedicate alla pesca sportiva/ricreativa e
soprattutto della quota assegnata al sistema della circuizione».
3. — In via preliminare la ricorrente
afferma che il presente conflitto è dotato di tono costituzionale, poiché
vengono in considerazione le attribuzioni costituzionali della Regione autonoma
Sardegna ed il regime costituzionale dei suoi rapporti con lo Stato, senza che
abbia rilevanza la vicenda consumatasi, almeno parzialmente, dinnanzi al TAR
Lazio.
4. — Nel merito, la Regione autonoma
Sardegna assume innanzitutto la violazione dell’art. 3 della legge
costituzionale n. 3 del 1948, recante lo statuto speciale per la Sardegna, e
dell’art. 117 Cost. Difatti, l’art. 3, primo comma, lettera l), del citato statuto attribuisce alla
Regione autonoma Sardegna la competenza legislativa esclusiva in materia di
«caccia e pesca», competenza confermata dall’art. 117, terzo e quarto comma,
Cost.
4.1. — Le disposizioni statali relative
alla quota individuale di pescato assentito a ciascuna delle tonnare fisse
della Sardegna e alle imbarcazioni sarde che utilizzano il c.d. sistema di
pesca a "Palangaro (LL)” violerebbero, secondo la ricorrente, la suddetta
competenza legislativa esclusiva. Spetterebbe difatti al legislatore regionale
dettare la normativa concernente le autorizzazioni amministrative alla campagna
di pesca (quali, a titolo esemplificativo, procedimento, domande, criteri di
valutazione delle medesime, autorità amministrativa incaricata, forme e
modalità dei controlli).
4.2. — A giudizio della Regione, non si
potrebbe eccepire che la questione oggetto del presente ricorso afferisca alla
materia «tutela dell’ambiente». Le finalità di tutela ambientale, presenti
nella normativa sulla pesca del tonno rosso, sarebbero perseguite mediante la
determinazione, in conformità agli accordi internazionali, del totale
ammissibile di cattura con il regolamento (CE) n. 44/2012. Nel rispetto del sistema di
contingentamento delle quote di pesca e della normativa posta a presidio dei beni
ambientali, quale quella relativa alle modalità di pesca e ai periodi di pesca,
l’ulteriore disciplina rientrerebbe, secondo la ricorrente, nella materia
«pesca», di competenza esclusiva della Regione. In particolare a quest’ultima
competerebbe l’adozione di norme concernenti il procedimento e l’autorizzazione
delle imbarcazioni tonniere e delle tonnare fisse alla campagna di pesca
annuale.
4.3. — La ricorrente inoltre con nota
del 20 marzo 2012, prot. n. 384/GAB, indirizzata al Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali ed alla Commissione consultiva centrale per la
pesca e l’acquacoltura, ha espresso riserve sullo schema di decreto qui
impugnato, affermando che la Regione autonoma Sardegna deve essere ritenuta la
«amministrazione competente per la ripartizione della quota assegnata a livello
nazionale in quote individuali per singolo impianto di tonnara» e rilevando che
la gestione decentrata consentirebbe una migliore allocazione della quota
complessiva assegnata alle tonnare fisse gestite da imprese residenti nella
Regione, con conseguenti maggiori opportunità di presenza nel mercato di queste
ultime. Sotto questo profilo, l’attività delle tonnare fisse e le relative
autorizzazioni di pesca al tonno rosso devono essere valutate non solamente in
base a criteri attinenti all’attività ittico-industriale, ma anche in relazione
all’inserimento della stessa nel contesto socio-economico al quale afferisce,
come risulta dallo stesso decreto impugnato, laddove riconosce «l’opportunità
di valorizzare la continuità dell’esercizio dell’attività di pesca del tonno
rosso, in quanto strettamente connesso al principio di tradizionalità».
4.4. — Conclude sul punto la Regione
autonoma Sardegna che dovrebbe essere il legislatore regionale a stabilire in
che modo debbano essere individuati i sistemi di pesca al tonno rosso e gli
operatori autorizzati a svolgere tale attività. Al contrario il decreto
impugnato impedirebbe persino la selezione, da parte della Regione, del
richiedente più idoneo ad ottenere la concessione di uno specchio d’acqua per
il posizionamento di una tonnara fissa.
5. — La ricorrente lamenta altresì la
violazione degli artt. 3 e 6 della citata legge costituzionale n. 3 del 1948,
nonché del d.P.R. n. 1627 del 1965 e del d. lgs. n. 70 del 2004.
5.1. — A
giudizio della Regione autonoma Sardegna con il decreto impugnato lo Stato non
solo avrebbe violato la competenza legislativa esclusiva, ma avrebbe altresì
usurpato le funzioni amministrative in materia di «pesca», alla stessa
spettanti in forza degli artt. 3 e 6 dello statuto. In particolare l’art. 3,
primo comma, lettera i), dello
statuto, tra le competenze elenca, tra le materie di competenza legislativa
esclusiva, la «pesca» e l’art. 6 dello statuto fissa il principio del
parallelismo nella titolarità, in capo alla Regione Sardegna, di competenze
legislative e di funzioni amministrative. Ne conseguirebbe che il Ministero
delle politiche agricole, alimentari e forestali avrebbe esercitato funzioni
amministrative in tema di regolamentazione dell’attività di pesca, specialmente
attraverso il rilascio di autorizzazioni e permessi speciali per la campagna
del 2012, che sarebbero di sicuro appannaggio della Regione. In tal senso la
ricorrente richiama le disposizioni del d.P.R. n. 1627 del 1965, il quale ha
trasferito all’amministrazione regionale le funzioni «concernenti la
regolamentazione della pesca, i divieti e le autorizzazioni in materia di
pesca» (art. 1) e ha previsto che «i provvedimenti concernenti le concessioni
di pesca» siano «adottati dall’amministrazione regionale» (art. 2). Tali
attribuzioni della Regione autonoma Sardegna sarebbero state rafforzate dal
d.lgs. n. 70 del 2004, che ha trasferito alla stessa «tutte le funzioni e i
compiti in materia di agricoltura – ivi comprese le cooperative e i consorzi –
foreste, pesca, agriturismo, caccia, sviluppo rurale, alimentazione, svolti dal
soppresso Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, anche
tramite enti o altri soggetti pubblici» (art. 1, comma 1). Ulteriore conferma della
spettanza regionale delle funzioni in materia di pesca si avrebbe dalle
disposizioni di cui all’art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo citato,
che indica tra le competenze riservate allo Stato la sola disciplina generale e
il coordinamento nazionale della gestione delle risorse ittiche marine di
interesse nazionale oltre le 12 miglia.
5.2. — Lo Stato con un decreto in larga
parte di natura provvedimentale, avente valore di autorizzazione alla campagna
di pesca del 2012 per i soggetti individuati nei rispettivi allegati, avrebbe
esercitato funzioni amministrative, in tal modo usurpando la relativa
competenza spettante alla Regione autonoma Sardegna.
6. — In via subordinata rispetto ai
primi due motivi di ricorso, la Regione autonoma Sardegna lamenta la violazione
degli artt. 3 e 6 dello statuto, nonché degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e del principio di
leale collaborazione.
6.1. — La ricorrente osserva che a
partire dalla sentenza
n. 303 del 2003 la Corte costituzionale ha affermato che la chiamata in
sussidiarietà da parte dello Stato di funzioni amministrative attribuite alle
Regioni può aversi solo qualora non sia altrimenti possibile soddisfare
l’istanza unitaria ad esse sottesa ed ha chiarito che per valutare la corretta
«applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento
valutativo essenziale la previsione di un’intesa fra lo Stato e le Regioni
interessate, alla quale sia subordinata l’operatività della disciplina». A tale
proposito, la Regione autonoma Sardegna rileva che anche a voler ritenere che
l’amministrazione statale abbia ravvisato le condizioni per tale attrazione in
sussidiarietà – peraltro non menzionata nel decreto impugnato, né ammessa o
concessa dalla ricorrente – non è stata raggiunta l’intesa con il livello di
governo titolare in via principale di dette funzioni, vale a dire quello
regionale.
6.2. — Secondo la Regione ricorrente non
integrano la fattispecie dell’intesa taluni atti ai quali si fa riferimento nei
considerando del decreto impugnato, quali il parere favorevole della
Commissione consultiva centrale per la pesca marittima e l’acquacoltura,
acquisito dall’amministrazione procedente e la nota dell’Assessorato
all’agricoltura e riforma agropastorale della Regione autonoma Sardegna del 22
marzo 2012, n. 402, «con la quale l’Assessorato ha proposto, indicandone anche
la consistenza, l’attribuzione di quote individuali di cattura alle tonnare
fisse operanti nel proprio ambito territoriale».
6.2.1. — In particolare la Commissione
consultiva centrale per la pesca marittima e l’acquacoltura non sarebbe una
sede idonea all’intesa, poiché è composta da «quindici dirigenti del settore
pesca e acquacoltura delle Regioni designati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato e le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano»,
ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera k),
del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154 (Modernizzazione del settore
pesca e dell’acquacoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 7
marzo 2003, n. 38). Sul punto la ricorrente richiama anche l’art. 2, comma 2,
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti di interesse comune delle Regioni, delle Province e dei Comuni, con la
Conferenza Stato – città ed autonomie locali), ai sensi del quale «le intese si
perfezionano con l’espressione dell’assenso del Governo e dei Presidenti delle
Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano». Inoltre il parere
reso dalla Commissione suddetta non realizzerebbe in modo idoneo il necessario
coinvolgimento delle Regioni, ed in particolare della Regione autonoma
Sardegna, perché tale organo ha natura prettamente tecnica, si compone di
rappresentanti di tutte le Regioni ed ha disatteso le tesi della ricorrente,
come emergerebbe dal contenuto del decreto impugnato. Inoltre, come risulta
dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 154 del 2004, il compito istituzionale
della Commissione consultiva centrale è quello di rendere pareri, che sono
dichiarazioni di scienza, non di promuovere o concludere tra le parti accordi o
intese, che implicano una dichiarazione di volontà. Rileva la ricorrente che la
distinzione ontologica e funzionale tra parere ed intesa è chiarita dallo
stesso legislatore statale, laddove all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 281 del
1997 enumera le funzioni della Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie
locali, distinguendo quelle che consistono nel promuovere e sancire intese ed
accordi e quelle che consistono nell’esprimere pareri. Da ultimo, la Regione
ricorda come già in passato la Corte costituzionale abbia dichiarato
l’illegittimità costituzionale di disposizioni di legge nella parte in cui non
prevedevano, oltre alla partecipazione delle Regioni e delle Province autonome
in seno alla Conferenza Stato-Regioni, anche un coinvolgimento diretto della
singola Regione titolare di una posizione in fatto o in diritto distinta dalle
altre (sentenza
n. 31 del 2010).
6.2.2. — Alcuna intesa tra Stato e
Regione ricorrente è stata raggiunta anche con riferimento alla nota
assessorile n. 402 del 2012, con la quale all’esito della riunione della
Commissione centrale per la Pesca e l’Acquacoltura del 21 marzo 2012
l’amministrazione ricorrente ha ribadito «l’insoddisfazione per la quota
complessivamente assegnata al sistema tonnare fisse e per l’accoglimento di
quanto richiesto con le precedenti note» e ha formulato un’apposita proposta
circa la ripartizione delle quote tra le tre tonnare della Sardegna, al fine di
indicare «la modalità di calcolo più corretta» per la suddivisione della quota
assentita al comparto delle tonnare fisse.
6.2.3. — A fronte dell’assenza di un
qualche tentativo da parte dello Stato di raggiungere un accordo con la Regione
circa la quota di pesca da riservare alle tonnare fisse e per le altre
questioni oggetto del decreto impugnato, la ricorrente afferma di avere a più
riprese cercato un’interlocuzione con il Ministero. In particolare, con nota
del 26 gennaio 2012, n. 126/GAB, indirizzata al Ministero per le politiche
agricole alimentari e forestali ed ai componenti della Commissione consultiva
centrale per la pesca e l’acquacoltura, l’Assessore all’agricoltura e riforma
agropastorale della Regione ricorrente ha lamentato «l’assenza di una preventiva
consultazione Stato-Regione nelle sedi più adeguate per la discussione dei
criteri di ripartizione tra le diverse sub-aree geografiche e i relativi
sistemi imprenditoriali delle opportunità di cattura, anche in riferimento alle
specifiche competenze della Regione autonoma Sardegna in materia di pesca di
cui allo Statuto ed alle successive disposizioni di attuazione». Nella medesima
nota, preso atto dell’assenza di un’idonea sede di confronto istituzionale, la
Regione ha enumerato una serie di misure da adottare per la gestione del
contingente di pesca del tonno rosso, quali il «riconoscimento di una quota
individuale, non inferiore a 100 tonnellate, per le tonnare fisse della
Sardegna», la «modifica del sistema di rilascio delle licenze di pesca speciale
del tonno», il «riconoscimento di una quota alle imbarcazioni sarde che
utilizzano il sistema palangari». Nella successiva nota del 20 marzo 2012, n.
384/GAB, la Regione ha ribadito le proprie riserve, sottolineando «la notevole
importanza che l’attività delle tonnare fisse ricopre per l’economia della
Regione Sardegna, in particolare per la zona sud-occidentale dell’Isola, e (…)
la necessità che le stesse siano salvaguardate con misure di gestione
specifiche» e rilevando che le disposizioni recate dalle bozze di decreto
sottoposte alla Commissione per il parere «non consentirebbero alle tre tonnare
fisse attive nell’Isola, Isola Piana-Carloforte, Capo Altano Portoscuso e Porto
Paglia-Gonnesa, di sostenersi economicamente, con gravi danni per l’economia della
zona» e che «la quota di 120 tonnellate, prevista nella bozza di decreto (…) è
inconciliabile con l’equilibrio economico delle tre tonnare fisse sarde».
Inoltre la ricorrente ha messo in evidenza le proprie attribuzioni in materia
in forza dello statuto e delle norme di attuazione, chiedendo che
l’amministrazione regionale fosse «individuata quale amministrazione competente
al rilascio dei permessi speciali per la pesca del tonno rosso con il sistema
delle tonnare fisse nei limiti delle quote assegnate», al fine di «evitare i
limiti creati dal sistema attuale previsto dal Decreto Ministeriale del 20
settembre 2007 che non permette all’Amministrazione regionale di operare una
valutazione comparativa per la scelta del richiedente più idoneo ad ottenere la
concessione di uno specchio acqueo per il posizionamento di una tonnara fissa».
La Regione ha ritenuto altresì di dover essere «individuata quale
Amministrazione competente per la ripartizione della quota assegnata a livello
nazionale in quote individuali per singolo impianto di tonnara», misura «più
volte chiesta e sollecitata dalle società che gestiscono le tonnare fisse, in
quanto consentirebbe una gestione migliore della quota complessiva e
garantirebbe pari opportunità rispetto agli operatori autorizzati all’utilizzo
di altri sistemi». Ne consegue che la Regione autonoma Sardegna ha palesato e
motivato la propria contrarietà al decreto approvato poi dal Ministero,
contestando al contempo la titolarità di tale competenza in capo
all’amministrazione statale e chiedendo l’apertura di uno specifico confronto
istituzionale tra Stato e Regione.
7. — Ancora in via subordinata rispetto
ai primi due motivi di ricorso la Regione Sardegna lamenta la violazione degli
artt. 3 e 6 dello statuto, nonché degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e del principio di leale collaborazione.
7.1. — Stante la spettanza in via
principale alla Regione autonoma Sardegna delle funzioni amministrative in
materia di «pesca» ai sensi dei citati artt. 3 e 6 dello statuto, nonché in
base alle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1627 del 1965 e al
d.lgs. n. 70 del 2004, a giudizio della ricorrente, nel caso in cui lo Stato
avesse ravvisato le condizioni per la chiamata in sussidiarietà delle funzioni
amministrative esercitate con il decreto impugnato, quest’ultimo avrebbe dovuto
contenere una compiuta motivazione delle ragioni impeditive dell’intervento
della Regione stessa, motivazione che nel caso di specie sarebbe del tutto
assente. A tale proposito la Regione richiama testualmente quanto affermato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303 del
2003 e ricorda che lo Stato non avrebbe neppure tentato di perseguire
l’intesa con la Regione autonoma Sardegna, la quale avrebbe invece a più
riprese cercato un’interlocuzione con il ministero. Nel carteggio intercorrente
tra le parti la Regione avrebbe dato conto di essere il livello di governo più
idoneo ad adottare i provvedimenti di autorizzazione alla pesca per le imprese
armatrici della Sardegna ed avrebbe altresì indicato le modalità di
espletamento di tali funzioni in armonia con lo Stato.
7.2. — Secondo la ricorrente, il difetto
di motivazione del decreto impugnato comporterebbe la violazione dell’art. 3
Cost. sotto il profilo della ragionevolezza, in correlazione con gli artt. 3 e
6 dello statuto e con le disposizioni del d.P.R. n. 1627 del 1965 e del d.lgs.
n. 70 del 2004, poiché la sottrazione alla Regione autonoma Sardegna delle
proprie competenze in materia di pesca sarebbe avvenuta senza che sia stata
espressa alcuna motivazione sulla necessità che tali funzioni fossero
accentrate in capo al Ministero. Il difetto di motivazione, che si
riverbererebbe sull’indebita usurpazione delle competenze regionali e nella
violazione del principio di sussidiarietà e del principio di leale
collaborazione, sarebbe ancor più aggravato dal rilievo che nelle note del 26
gennaio 2012 e del 20 marzo 2012 la Regione stessa aveva rivendicato sia la
titolarità formale delle funzioni amministrative, sia la possibilità concreta
di svolgere tali funzioni in perfetta armonia con lo Stato mediante il rilascio
dei permessi speciali per la pesca del tonno per le navi tonniere con sistema
di pesca a "Palangaro (LL)” e le tonnare gestite da imprese residenti nella
Regione autonoma Sardegna.
8. — La Regione autonoma Sardegna
lamenta la violazione degli artt. 3 e 6 dello statuto, nonché degli artt. 117 e
119 (recte 118) Cost. e del principio
di leale collaborazione sotto ulteriori profili.
8.1. — La ricorrente rileva che il
decreto ministeriale impugnato non recherebbe solamente misure di natura
provvedimentale, ma detterebbe anche disposizioni di carattere più generale
proprio in ordine alle tonnare fisse. Il riferimento è in particolare al comma
4, secondo periodo, dell’unico articolo che compone il dispositivo del decreto,
in cui si dettano regole sull’attività delle tonnare non ammesse alla compagna
di pesca 2012, prescrivendo che l’autorità incaricata di autorizzare l’attività
di pesca sportivo/turistica sia «la direzione generale della pesca marittima e
dell’acquacoltura di questo ministero», cui va formulata «espressa domanda» e
che la funzione di vigilanza sia attribuita alla «locale Autorità marittima»,
che deve essere «tempestivamente informata» dello svolgimento di tale attività.
Sarebbe allora evidente, a giudizio della Regione, che lo Stato avrebbe
adottato norme di rango regolamentare in materie esulanti dalla sua competenza
legislativa, in violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost. e dell’art. 6
dello statuto.
8.2. — Si aggiunge nuovamente che anche
laddove lo Stato avesse rilevato la ricorrenza delle condizioni per
l’attrazione in sussidiarietà di tale funzione regolatrice della materia, il
decreto rimarrebbe illegittimo, dal momento che non è stata raggiunta né
promossa l’intesa con le Regioni – specie con la ricorrente – titolari in via
principale della detta potestà regolamentare.
9. — La Regione autonoma Sardegna lamenta inoltre la
violazione degli artt. 3 e 6 dello statuto, del d.P.R. n. 1627 del 1965 e del
d. lgs. n. 70 del 2004, degli artt. 3 e 117 Cost., in relazione all’art. 4,
comma 2, del regolamento (CE) n. 302/2009.
9.1. — Sul punto la
ricorrente osserva che la risorsa ittica del tonno rosso è oggetto di tutela internazionale
ad opera della «Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi
dell’Atlantico», adottata a Rio de Janeiro nella Conferenza tenutasi tra il 2 e
il 14 maggio 1966, del successivo protocollo con atto finale firmato a Parigi
il 9-10 luglio 1984, nonché dell’atto finale e relativo protocollo con
regolamento interno e finanziario, firmati a Madrid il 4 maggio 1992, atti
ratificati con la legge n. 169 del 1997.
Con tale Convenzione è stata istituita la Commissione internazionale per la conservazione
dei tonnidi (ICCAT), che annualmente redige una raccomandazione vincolante per
gli Stati firmatari, salva espressa riserva. Mediante tali raccomandazioni
viene regolata la stagione di pesca e vengono definiti i contingenti
autorizzati agli Stati aderenti alla Convenzione. Con ulteriori raccomandazioni
l’ICCAT definisce le linee generali per la conservazione della risorsa ittica
tutelata. L’Unione europea è parte contraente della Convenzione citata a far
data dal 14 novembre 1997 e a seguito della raccomandazione n. 08-05 volta a istituire un nuovo
piano di ricostituzione del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel
Mediterraneo, la cui durata è prevista fino al 2022, ha adottato il regolamento
(CE) n. 302/2009. Quest’ultimo «stabilisce
i principi generali per l’applicazione, da parte della Comunità, di un
piano triennale di ricostruzione del tonno rosso (Thunnus thynnus) raccomandato dalla Commissione internazionale per
la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT)» (art. 1). L’art. 4 del
regolamento citato dispone che «ciascuno Stato membro redige un piano di pesca
annuale per le navi da cattura e le tonnare che praticano la pesca del tonno
rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo» (comma 2). Tale piano di
pesca annuale specifica, tra l’altro, il «metodo utilizzato per l’assegnazione
dei contingenti» (art. 4, comma 3, lettera a),
del regolamento), con particolare riferimento alla navi tonniere.
9.2. — A giudizio della
ricorrente il decreto impugnato difetterebbe di ogni motivazione in ordine ai
criteri utilizzati per la definizione della quota fissa assentita nella
determinazione dei contingenti tra i vari sistemi di pesca, limitandosi ad
enumerare le quote individuali di cattura assegnate alle singole navi e alle
singole tonnare. Tale previsione sarebbe irrazionale e quindi violerebbe anche
l’art. 3 Cost., in relazione alle norme costituzionali e statutarie che
disciplinano l’autonomia della Regione Sardegna, perché disporrebbe in assenza
della definizione di un piano e di un metodo di valutazione. Quindi lo Stato
non avrebbe solamente esercitato le competenze attribuite dalla Costituzione,
dallo statuto e dalle norme di attuazione dello statuto alla Regione autonoma
Sardegna, ma lo avrebbe fatto in violazione della disposizione di diritto
comunitario citata e, di conseguenza, dell’art. 117, primo comma, Cost. Del
pari lo Stato avrebbe impedito alla Regione Sardegna di esercitare la propria
competenza volta «all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali
e degli atti dell’Unione europea», attribuita dall’art. 117, quinto comma,
Cost.
10. — La Regione Sardegna
lamenta inoltre la violazione del principio di leale collaborazione di cui agli
artt. 5, 117 e 119 (recte 118), Cost., degli artt. 3 e 6
della legge costituzionale n. 3 del 1948, del d.P.R. n. 1627 del 1965, del
d.lgs. n. 70 del 2004, degli artt. 3, 117 e 119 (recte 118) Cost.,
anche in riferimento al regolamento (UE) n. 44/2012.
10.1. — La ricorrente sul
punto ricorda come spetti all’ICCAT la definizione mediante raccomandazione dei
contingenti di pesca assentiti alle Parti contraenti per ogni stagione annuale
di pesca e che, come affermato nelle motivazioni dello stesso decreto
impugnato, «al termine dei lavori della 22° sessione ordinaria dell’ICCAT, le
Parti Contraenti hanno deciso di confermare, anche per la campagna di pesca
2012, la piena vigenza della raccomandazione ICCAT n. 10-04, con particolare
riguardo al totale ammissibile di cattura (TAC)». Di conseguenza il Consiglio
dell’Unione europea ha adottato il regolamento (UE) n. 44/2012, il quale
stabilisce, per il 2012, le possibilità di pesca concesse nelle acque UE e, per
le navi UE, in determinate acque non appartenenti all’UE, per alcuni stock
ittici e gruppi di stock ittici che sono oggetto di negoziati o accordi
internazionali.
L’ottavo considerando del
regolamento citato dispone, quanto alla ripartizione interna dell’ammontare di
cattura (TAC) assegnato nei diversi Stati membri, che esso sia stabilito
«tenendo conto degli aspetti biologici e socioeconomici e garantendo nel
contempo parità di trattamento ai settori della pesca».
10.2. — Il decreto
impugnato, a giudizio della ricorrente, ribadisce tale previsione, affermando
che è opportuno «procedere ad un’adeguata ripartizione del totale ammissibile
di cattura (TAC) attribuito all’Italia con il predetto regolamento (UE) n.
44/2012, tra i diversi sistemi di pesca autorizzati, tenendo conto del numero
di unità autorizzate per ciascuno di essi al fine di conseguire e mantenere
adeguati livelli di sostenibilità economica e di redditività». Tuttavia, lo
Stato avrebbe disatteso le indicazioni presentate dalla Regione Sardegna con la
citata nota del 26 gennaio 2012, n. 126/GAB, nella quale la quota minima per
ogni tonnara fissa è indicata nella misura di 100 tonnellate di pescato, nonché
quanto osservato con la nota del 20 marzo 2012, n. 384/GAB, in cui è stato
rilevato che la quota di 120 tonnellate stabilita complessivamente per tutte e
tre le tonnare sarde «è inconciliabile con l’equilibrio economico delle tre
tonnare fisse sarde né si può accettare che possa essere consentito di
partecipare alla campagna di pesca 2012 solo alle due tonnare che nel corso
dell’ultimo triennio hanno evidenziato maggiori valori in termini di esercizio
dell’attività. Una disposizione del genere determinerebbe la chiusura di una
delle società che attualmente gestiscono le tonnare fisse e la conseguente
perdita di posti di lavoro in un’area già gravemente interessata da una
profonda crisi economica. Considerata l’esperienza della passata stagione di
pesca, considerati inoltre i notevoli costi d’esercizio di una tonnara fissa,
si ritiene che sia necessaria una quota di almeno 100 tonnellate per singola
tonnara fissa». Il decreto impugnato, nel riservare al sistema di pesca a
tonnara fissa solamente il 6,7 per cento dell’ammontare complessivo attribuito
all’Italia, per un totale di 120 tonnellate, violerebbe dunque il principio
della sostenibilità socioeconomica della pesca al tonno rosso e il principio di
parità di trattamento dei settori della pesca, stabilito dalla normativa
comunitaria e richiamato dalla Regione autonoma Sardegna nell’interlocuzione
con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Tale
conclusione troverebbe riscontro in altri documenti adottati negli scorsi anni
dall’amministrazione statale e dalla Commissione europea. Il riferimento è, in
particolare, al decreto del 10 maggio 2011, n. 19044 del Direttore generale
delle politiche europee ed internazionali, direzione generale della pesca
marittima e dell’acquacoltura, del Ministero delle politiche agricole,
alimentari e forestali, adottato in risposta alla nota della Commissione
europea dell’8 febbraio 2011, n. 139727, con la quale la Commissione europea ha
formulato alcune riserve sul piano annuale di pesca al tonno rosso. Tale
impianto di pesca prevedeva per il sistema a tonnara fissa sei impianti
autorizzati per un contingente complessivo di cattura pari a 120 tonnellate.
Sul punto la Commissione europea ha evidenziato la necessità di incrementare il
contingente di cattura assegnato e/o di prevedere la riduzione del numero degli
impianti autorizzati per l’annualità 2011, in ragione del fatto che la quota di
120 tonnellate è stata ritenuta insufficiente a garantire la sostenibilità
economica delle tonnare fisse. In forza di questi rilievi, il piano di pesca è
stato modificato, riducendo il numero delle tonnare autorizzare alla pesca e,
soprattutto, aumentando fino a 140 tonnellate l’ammontare del contingente di
pesca assentito.
Se ne deduce, secondo la ricorrente,
che il Ministero, nel predisporre il decreto per la campagna di pesca per il
2012, avrebbe totalmente trascurato i rilievi svolti dalla Commissione europea
due anni prima, riducendo il contingente di pesca destinato alle tonnare fisse
addirittura al di sotto della quota, che suscitò l’intervento critico della
citata istituzione comunitaria. In tal modo sarebbe rimasto inosservato il
principio di sostenibilità economica dell’impresa ittica e sarebbero stati
violati i richiamati parametri interposti di legittimità costituzionale.
10.3. — Per le medesime ragioni, a giudizio della
ricorrente, il Ministero con il decreto impugnato avrebbe esercitato competenze
riservate alla Regione autonoma Sardegna dagli artt. 3 e 6 dello statuto, dal
d.P.R. n. 1627 del 1965 e dal d. lgs. n. 70 del 2004, nonché dagli artt. 3, 117
e 119 (recte 118), Cost., anche in spregio al principio di non
discriminazione e di parità di trattamento tra i diversi sistemi di pesca.
Infatti, il decreto impugnato avrebbe privilegiato le imbarcazioni tonniere a
sistema a "Circuizione (PS)”, prevedendo per le stesse una quantità di pescato
riservato in grado di garantire la sostenibilità socio-economica dell’impresa
armatrice.
11. — La ricorrente lamenta infine la violazione del
principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5, 117 e 119 (recte 118) Cost.,
degli artt. 3 e 6 dello statuto, del d.P.R. n. 1627 del 1965, del d.lgs. n. 70
del 2004, degli artt. 3, 9, 117 e 119 (recte 118) Cost., in relazione al
regolamento (CE) n. 302 del 2009, alla Convenzione internazionale per la
conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, ratificata con legge n. 169 del 1997,
e alla raccomandazione n. 10-04 dell’ICCAT, poiché il decreto impugnato, pur
asserendo di perseguire il fine della conservazione e della tutela della fauna
marina, ostacolerebbe il sistema di pesca maggiormente compatibile con
l’ambiente.
11.1. — Secondo la Regione autonoma Sardegna il decreto impugnato,
nell’assegnare alle tonnare fisse una quota estremamente esigua del totale
ammissibile di cattura nazionale, non ha tenuto in debito conto che la
regolamentazione internazionale e comunitaria della pesca al tonno rosso
determinerebbe un evidente favor per
l’utilizzo del sistema a "Tonnara fissa
(TRAP)”. Tale preferenza deriverebbe dalla circostanza che quest’ultimo è
maggiormente selettivo sia quanto alla taglia degli animali pescati, sia quanto
alle stesse specie oggetto della banchina di pesca, coniugandosi per tale
ragione alle finalità di tutela ambientale e di ricostituzione della fauna
ittica alla base della normativa internazionale e comunitaria di settore.
Si tratterebbe di un rilievo che, a giudizio della ricorrente,
costituirebbe fatto notorio ai sensi dell’art. 115, comma 2, del codice di
procedura civile e che si desumerebbe da plurimi, convergenti ed inequivoci
elementi della legislazione e della prassi amministrativa di settore. In
particolare sia il regolamento (CE) n. 302/2009, sia la raccomandazione n.
10-04 dell’ICCAT, dettano un intero corpus
di disposizioni intese a limitare e controllare la pesca effettuata con le
navi tonniere con il sistema a "Circuizione (PS)”, prevedendo cautele che non
vengono ripetute per il sistema a "Tonnara fissa (TRAP)”. Più nel dettaglio, la
raccomandazione ICCAT n. 10-04 ai paragrafi 28 e seguenti fissa il limite
minimo di taglia delle specie pescate a 30 Kg, con l’eccezione di «catture
accidentali» effettuate da navi tonniere. Per le tonnare, invece, una simile
eccezione non è necessaria, proprio in ragione del fatto che si tratta di un sistema
selettivo quanto alla taglia. Nello stesso senso, l’art. 7 del regolamento (CE)
n. 302/2009 definisce il periodo annuale in cui è consentita la pesca al tonno
rosso, introducendo periodi di divieto della pesca molto restrittivi per tutti
i sistemi di pesca, fatta eccezione per le tonnare, proprio in ragione del
fatto che si tratta di un sistema a minor impatto ambientale e che si svolge,
sia per tradizione secolare che per ragioni tecniche, in periodi limitati
dell’anno. In particolare, il sistema di pesca con la tonnara fissa è retaggio
di una tradizione secolare, che ha uno straordinario valore storico-culturale e
costituisce anche un’attrazione turistica per le zone costiere. Rileva la
Regione autonoma Sardegna che principio di tradizionalità nell’esercizio
dell’attività di pesca al tonno è riconosciuto anche nello stesso decreto
impugnato, ma in esso verrebbe privilegiata la pesca con il sistema a
"Circuizione (PS)”, nonostante questo sia privo dello specifico valore
storico-culturale, che connota le tonnare fisse.
Inoltre sia il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali
del 14 aprile 2005 (Riapertura dei termini d’iscrizione per gli esercenti
impianti relativi al sistema «Tonnara fissa»), che il decreto del Ministro
delle politiche agricole e forestali del 20 settembre 2007 (Ripartizione della
quota nazionale di cattura del tonno rosso tra i sistemi di pesca e criteri di
attribuzione e ripartizione delle quote individuali per la campagna di pesca
2007) ricordano, nei rispettivi preamboli, «il basso sfruttamento delle risorse
attraverso il sistema tonnara fissa, e per contro la sempre maggiore valenza
turistica sotto il profilo socio-economico della medesima attività», specie
rispetto al sistema a "Circuizione (PS)”, che risulta maggiormente sfuggente ai
controlli sulle modalità e sulla quantità di pesca, meno selettivo rispetto
alle specie bersaglio e rispetto alla taglia degli esemplari catturati. Infine
con il regolamento (CE) 12 giugno 2008, n. 530/2008 (Regolamento della
Commissione del che istituisce misure
di emergenza per quanto riguarda le tonniere con reti a circuizione dedite alla
pesca del tonno rosso nell'Oceano Atlantico, ad est di 45° di longitudine O, e
nel Mar Mediterraneo), sono state adottate misure di emergenza necessitate
dalla accertata eccessiva capienza delle navi tonniere a circuizione, ritenute
responsabili del rapido esaurimento del totale ammissibile di cattura di tonno
nell’Atlantico Orientale e del Mediterraneo. Nei considerando 6 e 7 del citato
regolamento si afferma che «le possibilità di pesca del tonno rosso (…) nel Mar
Mediterraneo, assegnate alle tonniere con reti a circuizione battenti bandiera
della Grecia, della Francia, dell’Italia, di Cipro e di Malta o immatricolate
in tali paesi, si considerano esaurite il 16 giugno 2008» e che «la capacità di
cattura giornaliera di una singola tonniera con reti a circuizione è talmente
elevata che il livello di cattura autorizzato può essere raggiunto o superato
molto rapidamente».
Sulla base di queste considerazioni la
Commissione con il citato regolamento ha vietato il proseguimento della
campagna di pesca del tonno rosso da parte delle sole navi tonniere con reti a
circuizione.
12. — La Regione
ricorrente ha proposto nel ricorso anche
istanza di sospensione cautelare, richiedendo alla Corte costituzionale
l’adozione di ogni misura idonea alla tutela interinale delle attribuzioni
regionali e, in ogni caso, la sospensione dell’efficacia del decreto impugnato.
12.1 — Quanto al fumus, la ricorrente rinvia ai motivi enunciati
nel ricorso ed osserva che l’usurpazione delle competenze regionali in materia
di pesca e l’assenza dell’intesa con la Regione sono elementi che possono
essere accertati già ad un sommario esame della questione.
12.2 — Quanto al periculum, sarebbe di immediata evidenza
il pregiudizio grave ed irreparabile arrecato dal decreto impugnato agli
interessi della ricorrente, in ragione del fatale esaurirsi della stagione di
pesca 2012 nelle more del presente giudizio, con la conseguenza che la Regione non
avrà più modo o occasione di esercitare le proprie attribuzioni costituzionali
al fine di regolamentare la pesca al tonno rosso nell’anno in corso. A tale
proposito si ricorda che l’attività di pesca della tonnara fissa non avviene
nel corso dell’intero anno solare ma, in ragione dell’attraversamento del mare
antistante alle coste sarde da parte di banchi di tonni, solamente tra la
primavera e l’estate di ogni anno. Tale circostanza aggraverebbe il profilo
dell’irreparabilità del danno, che incombe sulla Regione, sull’industria ittica
regionale e sulle comunità locali. La Regione ribadisce sul punto che la
comparazione degli opposti interessi – criterio adottato dal TAR Lazio nelle
ordinanze cautelari sopra richiamate – giustificherebbe la maggiore tutela per
la pesca con il sistema a tonnara fissa rispetto agli altri metodi di cattura,
anche perché, come rilevato nel settimo considerando del regolamento (CE) n.
530/2008, «la capacità di cattura giornaliera di una singola tonniera con reti
a circuizione è talmente elevata che il livello di cattura autorizzato può
essere raggiunto o supertato molto rapidamente». Secondo la Regione autonoma
Sardegna non rileverebbe nel giudizio pendente dinnanzi alla Corte
costituzionale l’integrità del contraddittorio vagliato dal TAR nel rigettare
l’istanza cautelare, dal momento che nel giudizio per conflitto lo stesso è per
definizione completo con la presenza degli enti interessati. Inoltre il cattivo
esito della stagione di pesca 2012, che andrebbe a sommarsi ai danni già
maturati nelle passate stagioni – nelle quali si è verificato un continuo
abbassamento della quantità di pescato riservata alle tonnare fisse, come
risulterebbe dalla tabella di cui all’allegato C del decreto impugnato –
comprometterebbe senza rimedio l’industria della pesca al tonno nella Regione
autonoma Sardegna, che ricopre estrema importanza per l’economia regionale ed,
in particolare, per la zona sud-occidentale dell’isola, con la conseguente
perdita di lavoro in un’area già gravemente interessata da una profonda crisi
economica. A questo proposito la Regione produce il verbale della seduta del 23
marzo 2012 del Consiglio Provinciale di Carbonia-Iglesias, in cui, tra l’altro,
si è dato conto del fatto che la quantità di 120 tonnellate di pescato è «del
tutto insufficiente per rendere remunerativa l’attività dei tre stabilimenti
esistenti e quindi inidonea a garantire le unità lavorative esistenti», come
pure del fatto che, come «conseguenza immediata» dell’adozione del decreto
impugnato si è verificato «il licenziamento di cinquanta lavoratori».
12.3. — Da ultimo, la
ricorrente osserva che il d.m. del 23 maggio 2012 non è satisfattivo delle
censure formulate, poiché non innova quanto all’intero contingente assegnato al
sistema di pesca delle tonnare fisse, elemento che è stato determinato
unilateralmente dal Ministero, pretermesse le competenze attribuite alla
ricorrente dallo statuto e dalle norme di attuazione. La non satisfattività di
tale decreto risulterebbe dalla nota assessorile n. 834/GAB, in cui la
ricorrente è tornata nuovamente a chiedere un «aumento della quota non divisa
prevista dal D.M. n. 5595 del 3.4.2012, con correlativa diminuzione delle quote
indicate alla pesca sportiva/ricreativa e soprattutto della quota assegnata al
sistema della circuizione».
13. — Con memoria
depositata in cancelleria il 23 luglio 2012, previa delibera del Consiglio del
ministri del 20 luglio 2012, si è costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
14. — Il resistente, al fine dichiarato
di inquadrare correttamente la controversia, premette il quadro degli
obiettivi, dei soggetti e delle modalità di adozione delle norme, che
disciplinano il settore della pesca del tonno rosso, unica specie del
Mediterraneo oggetto di assegnazione di quote di cattura.
14.1. — Il Presidente
del Consiglio rileva innanzitutto che l’interesse pubblico sotteso alla
regolamentazione di tale tipo di pesca è quello di garantire il delicato
equilibrio tra gli interessi economici degli operatori del settore e la
necessità di tutelare il sistema eco-ambientale, onde pervenire al risultato
della sostenibilità di lungo periodo dell’attività di pesca attraverso uno
sfruttamento sostenibile delle risorse. Si tratta di un interesse
sovranazionale e sovracomunitario. Pertanto, in linea con le norme
internazionali e comunitarie sono state adottate misure che disciplinano
l’accesso alle risorse, quali la limitazione delle catture, il contenimento
dello sforzo di pesca, l’adozione di misure tecniche di contenimento, l’avvio
di piani pluriennali di ricostruzione degli stock, l’adozione di piani
pluriennali di mantenimento degli stock.
Rileva il resistente
che, proprio in ragione della circostanza che il tonno rosso è una specie
altamente migratoria, la tutela deve necessariamente essere predisposta
nell’ambito della cooperazione internazionale, come avvenuto con la Convenzione
internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico. In seno a tale
Convenzione è stata istituita la relativa Commissione internazionale,
all’interno della quale a partire dal 14 novembre 1997 gli Stati membri sono
rappresentati dalla Commissione europea. Le raccomandazioni adottate dall’ICCAT
per la gestione e la conservazione delle risorse, tra le quali quelle che
determinano i totali ammissibili di cattura (TAC), sono vincolanti per le Parti
contraenti che non sollevino obiezioni entro sei mesi dalla notifica. I TAC si
suddividono in quote che vengono attribuite alle varie Parti contraenti. Per
ciò che concerne i TAC relativi al tonno rosso assegnati all’Italia, essi
costituiscono una quota del totale attribuito dall’ICCAT all’Unione europea, la
quale poi procede a ripartire lo stesso tra gli Stati membri con regolamento
del Consiglio, adottato annualmente. Con proprio decreto l’amministrazione
italiana provvede all’ulteriore distribuzione del contingente di cattura, come
assegnato dall’UE tra i vari sistemi di pesca professionali autorizzati (circuizione,
palangaro, tonnara fissa); all’assegnazione di una quota alla pesca sportiva
e/o ricreativa; alla costituzione di una riserva (c.d. quota non divisa) a
copertura di eventuali eccessi di pesca da parte dei citati sistemi di pesca
professionali ovvero delle c.d. catture accessorie e di quelle oggetto di
sequestro; alla determinazione delle quote individuali di cattura (obbligatoria
solo per il sistema a circuizione). Le predette determinazioni vengono trasfuse
in un apposito piano annuale di pesca, che ai sensi del vigente regolamento
(CE) n. 302/2009, viene sottoposto al vaglio della Commissione europea,
affinché questa ne valuti la conformità ai parametri tecnici stabiliti a
livello internazionale, secondo quanto prescritto dalla raccomandazione ICCAT
n. 10-04.
Il resistente
evidenzia allora come le decisioni assunte a livello nazionale siano dipendenti
in maniera imprescindibile dal richiamato contesto internazionale.
14.2. — Con specifico riferimento
alla campagna di pesca 2012, l’ICCAT ha confermato il medesimo TAC dell’anno
precedente, con la conseguenza che anche il contingente di cattura assegnato
dall’UE all’Italia è rimasto invariato rispetto al 2011. Il decreto impugnato è
stato, infatti, adottato in base al regolamento (CE) n. 44/2012, il quale
stabilisce, per il 2012, la ripartizione tra le flotte degli Stati membri del
totale ammissibile di cattura del tonno rosso. Per la flotta italiana è stato
stabilito il massimale di 1.787, 91 tonnellate (Allegato ID) ed un numero di 12
imbarcazioni autorizzate alla pesca con il sistema a circuizione (Allegato IV,
Tabella A). Al fine di individuare le 12 imbarcazioni autorizzate alla pesca
del tonno rosso con il sistema a circuizione, è stato adottato il decreto del
Ministro delle politiche agricole e forestali del 22 dicembre 2011
(Ricognizione del sistema «circuizione-PS» ai fini della campagna di pesca del
tonno rosso, per l’anno 2012), pubblicato in G.U. del 22 marzo 2012, n. 68, per
avere un quadro aggiornato delle quote individuali di cattura. Sul punto il
resistente rammenta che nel corso degli ultimi anni il predetto TAC ha subito
una sensibile riduzione, ben oltre il 50 per cento, determinando la conseguente
diminuzione del nostro contingente nazionale, che è passato dalle 4.200
tonnellate del 2008 alle circa 1.800 del 2011-2012.
Tale drastica
riduzione, decisa in sede internazionale, avrebbe indotto l’amministrazione, su
richiesta delle competenti istituzioni comunitarie, ad operare una radicale
rivisitazione dell’intero comparto nazionale del tonno rosso mediante la
ristrutturazione delle flotte interessate e la revisione/modifica delle
percentuali di ripartizione del contingente nazionale di cattura. Relativamente
al primo aspetto, il settore maggiormente interessato è stato quello della
"circuizione” che, attraverso un’accelerata procedura di concentrazione delle
imprese di pesca operanti, ha visto la propria flotta ridursi dalle circa 70
imbarcazioni, autorizzate nel 2008, alle sole 12 nel biennio 2011-2012, dal
momento che il mantenimento di una flotta numericamente elevata era
incompatibile con un contingente di cattura progressivamente ridotto,
soprattutto in termini di sostenibilità economica della specifica attività di
impresa. Per altro verso, la revisione/modifica delle percentuali di
ripartizione del contingente nazionale di cattura si è resa necessaria proprio
per assicurare il pieno rispetto degli stringenti parametri di sostenibilità
economica come stabiliti dall’ICCAT. Attraverso la richiamata contrazione della
flotta a "circuizione” è stato possibile ridurne la percentuale di assegnazione
di circa 8 punti (dall’85 per cento del 2008 si è passati al 77 per cento del
2012), il tutto a vantaggio degli altri sistemi di pesca professionali, vale a
dire "palangaro” e "tonnara fissa”, che hanno rispettivamente goduto nel 2012
di un incremento di 2 e 3 punti percentuali, rispetto alla base storica del
2008.
In definitiva, quindi,
per il 2012, del pari che per le precedenti campagne di pesca al tonno rosso, i
criteri adottati per procedere alla ripartizione del contingente di cattura
assegnato dall’UE, sono obbligatoriamente e rigidamente ispirati ai parametri
quantitativi ed economici stabiliti nelle sedi sovranazionali. Il resistente rileva
che il mancato rispetto di questi ultimi potrebbe determinare il blocco delle
attività di pesca da parte delle superiori autorità comunitarie ed
internazionali.
Sarebbe evidente, a
giudizio del Presidente del Consiglio che le disposizioni nazionali in materia
sono il risultato di un negoziato anche politico con la Commissione, che
accetta il piano e rende così possibile lo svolgimento della campagna di pesca
al tonno rosso. Il piano pesca elaborato dall’Italia ai sensi dell’art. 4 del
regolamento (CE) n. 302/2009 per l’annualità 2012 è stato a tal fine comunicato
alla Commissione europea e, non essendo stati sollevati rilievi, deve
intendersi approvato. La Commissione da parte sua, provvede a trasmettere il
piano all’ICCAT, che ne fa propri gli elementi, come risulterebbe dal fatto che
le imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno per il 2012 sono indicate sul
sito del medesimo organo internazionale.
Rileva il resistente
che anche per quanto riguarda le tonnare fisse il decreto impugnato, in linea con
le indicazioni internazionali e comunitarie di continuità con le precedenti
annualità, conferma il numero di tonnare autorizzate per l’annualità 2011.
Inoltre la difesa erariale precisa che il citato decreto richiama la nota della
Regione Sardegna n. 402 del 2012 – e non la nota del 20 marzo 2012 indicata
dalla ricorrente – di proposta delle quote individuali di cattura da attribuire
alle tonnare fisse operanti nel proprio ambito territoriale, che viene
esattamente recepita nella parte dispositiva del decreto. Al riguardo si
sottolinea che proprio nello spirito di leale collaborazione tra diverse
amministrazioni ed al fine di venire incontro alle esigenze del settore, sulla
richiesta presentata dalla Regione autonoma Sardegna con nota del 18 maggio
2012, n. 760, l’amministrazione ha adottato il decreto direttoriale del 23
maggio 2012, n. 13718, che dispone la compensatività delle quote tra i diversi
impianti di tonnare fisse, al fine di bilanciare le catture tra i diversi
impianti.
15. — Il resistente,
in punto di diritto, eccepisce innanzitutto l’inammissibilità del ricorso sotto
il profilo della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.
15.1 — Rileva il
Presidente del Consiglio che è la stessa Regione autonoma Sardegna ad osservare
che il decreto censurato è stato oggetto di due ricorsi dinnanzi al TAR Lazio,
iscritti al R.G. n. 3629 e n. 3642 del 2012. A tali gravami si è poi aggiunto
quello promosso dalla Tonnara «Su Pranu» Portoscuso, iscritto al R.G. n. 4060
del 2012. In quest’ultimo ricorso la Regione autonoma Sardegna, sostanzialmente
rinunciando all’istanza di sospensione, ha rappresentato che «la campagna di
pesca del tonno è ormai conclusa» per cui «non avrebbe senso chiedere un
provvedimento di sospensione del decreto ministeriale impugnato».
15.2 — In particolare,
a giudizio del resistente, con il ricorso oggi pendente la Regione autonoma
Sardegna contesterebbe l’assegnazione della parte della quota di pesca del
tonno rosso al sistema con circuizione, ritenuta eccessiva in considerazione del
totale assegnato all’Italia e pertanto dannosa per gli interessi delle tre
tonnare fisse. Ne consegue che, proprio perché la stagione della pesca a
circuizione per l’anno in corso si è conclusa il 15 giugno 2012, sarebbe venuto
meno l’interesse alla decisione.
16. — Nel merito il
Presidente del Consiglio afferma che i problemi connessi alla tutela del tonno
rosso, stante la rilevanza internazionale della disciplina, non possono
ritenersi dei semplici problemi di regolamentazione della pesca di una determinata
specie, rientranti nella competenza legislativa esclusiva della ricorrente, ai
sensi dell’art. 3 dello statuto speciale della Sardegna. L’approfondimento
della questione evidenzierebbe, invece, che essa afferisce alla tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, rientrante nella competenza esclusiva statale
ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Il resistente rileva che fin dalla sentenza n. 203 del
1974, relativa proprio allo statuto della Regione autonoma Sardegna, la
Corte costituzionale ha precisato che nell’ambito della materia «pesca»
sussistono «alti interessi, il cui perseguimento è certamente giovevole alla
pesca, ma che ha una ben più ampia e generale portata» – quali la conservazione
e il miglioramento del patrimonio ittico, delle risorse biologiche del mare e
dell’ambiente in generale – considerati meritevoli di tutela nell’ordinamento
interno sul piano internazionale e la cui disciplina non potrebbe essere ricompresa
nelle competenze statutarie della Regione. Questo orientamento sarebbe stato
confermato in pronunce successive (sentenze n. 315 del 2010,
n. 213 del 2006,
n. 226 del 2003,
n. 536 del 2002),
sottolineandosi come «l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione esprime un’esigenza unitaria per ciò che
concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ponendo un limite agli
interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri
ambientali. Come già affermato da questa Corte, la tutela dell’ambiente non può
ritenersi propriamente una "materia”, essendo invece l’ambiente da considerarsi
come un "valore” costituzionalmente protetto che non esclude la titolarità in
capo alle Regioni di competenze legislative su materie (governo del territorio,
salute, ecc.) per le quali quel valore costituzionale assume rilievo (sentenza n. 407 del
2002). E, in funzione di quel valore, lo Stato può dettare standards di tutela uniformi sull’intero
territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali ex
art. 117 della Costituzione» (sentenza n. 536 del
2002).
Il resistente ne
deduce che se appartiene allo Stato la competenza esclusiva in ordine al
«valore» ambiente, allo stesso spetterebbe anche l’esercizio delle relative
funzioni amministrative di tutela. Non si potrebbe allora convenire con quanto
sostenuto dalla Regione autonoma Sardegna nel ricorso, vale a dire che, una
volta determinato dall’Unione europea il totale delle catture ammesse, le
ulteriori determinazioni sarebbero da ricomprendere nella materia della pesca
di competenza esclusiva della Regione, poiché vi sarebbe contrasto con
l’obiettivo, riconosciuto dalla stessa ricorrente, del rispetto del sistema di
contingentamento delle quote di pesca e della rimanente normativa posta a
specifico presidio dei beni ambientali, quali le modalità e i periodi di pesca.
17. — In ordine alla pretesa violazione dell’art. 3 dello statuto e
dell’art. 117 Cost., il resistente ne nega la sussistenza, poiché
l’amministrazione non avrebbe leso in alcun modo le competenze normative
statutariamente e costituzionalmente definite.
Difatti, rileva la difesa statale, il decreto impugnato è stato adottato
in esecuzione degli obblighi imposti a livello internazionale e comunitario. Il
regolamento (CE) n. 302/2009 pone l’obbligo allo Stato di provvedere affinché
la propria capacità di pesca sia commisurata al suo contingente e stabilisce la
responsabilità dello stesso nell’adottare le misure necessarie per assicurare
che lo sforzo di pesca delle sue flotte tonniere sia commisurato alle
possibilità di pesca del tonno rosso disponibili. Inoltre è entrato in vigore
il regolamento (CE) 20 novembre 2009, n. 1224/2009 (Regolamento del Consiglio
che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto
delle norme della politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE)
n. 847/96, (CE) n. 2371/2002, (CE) n. 811/2004, (CE) n. 768/2005, (CE) n.
2115/2005, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007, (CE) n.
676/2007, (CE) n. 1098/2007, (CE) n. 1300/2008, (CE) n. 1342/2008 e che abroga
i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1627/94 e (CE) n. 1966/2006). In
particolare detta fonte normativa attribuisce alla Commissione il potere di
adottare misure quali la chiusura delle attività di pesca (artt. 36, 54 e 104),
la sospensione e la soppressione dell’aiuto finanziario della Comunità previsto
dal regolamento (CE) 27 luglio 2006, n. 1198/2006 (Regolamento del Consiglio
del relativo al Fondo europeo per la
pesca) e dal regolamento (CE) 22 maggio 2006, n. 861/2001 (recte n. 861/2006) (Regolamento del Consiglio che istituisce un’azione
finanziaria della Comunità per l’attuazione della politica comune della pesca e
in materia di diritto del mare), la
detrazione del contingente futuro dello Stato membro che superi i contingenti
assegnati ovvero abbia violato le norme in materia di stock assegnati ai piani
pluriennali (artt. 105 e 107), le misure di emergenza (art. 108) se vi sono
prove del fatto che le attività di pesca praticate e/o le misure di
conservazione adottate nel quadro dei piani pluriennali costituiscono una
minaccia per l’ecosistema marino e che la situazione esige un intervento
immediato.
La
normativa richiamata evidenzia, a giudizio del Presidente del Consiglio, la
significativa e grave responsabilità dello Stato, che al fine di non incorrere
nelle misure indicate sarebbe tenuto ad assicurare un’attuazione e un controllo
centralizzati delle funzioni inerenti al piano pesca. Inoltre lo stesso art. 3
dello statuto attribuisce la materia della «caccia e pesca» alla competenza
legislativa della Regione «in armonia con la Costituzione e i principi
dell’ordinamento giuridico della Repubblica con rispetto degli obblighi
internazionali e degli interessi nazionali». Del resto, il resistente ribadisce
che la materia oggetto del decreto non è meramente la pesca, bensì la conservazione
dello sfruttamento sostenibile delle risorse, in linea con le disposizioni
internazionali e comunitarie, come tale rientrante nella tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema, con elementi di tutela della concorrenza, che rientrano nella
competenza statale.
18. — Sulla presunta violazione degli artt. 3 e
6 dello statuto, nonché del d.P.R. n. 1672 del 1965 e del d.lgs n. 70 del 2004,
il resistente afferma che l’Amministrazione statale non si sarebbe ingerita
nell’attività amministrativa riservata alla Regione, né si sarebbe sostituita
ad essa nel procedimento relativo alla concessione di uno specchio acqueo per
il posizionamento di tonnara fissa. Il riferimento presente nel decreto alle
tonnare non ammesse alla campagna del tonno rosso per il 2012 invitate a richiedere
l’autorizzazione ad operare per finalità turistiche sarebbe connesso alle
medesime esigenze di tutela, che imporrebbero un monitoraggio centralizzato
dell’attività di pesca del tonno, anche quando l’attività esercitata non sia
connessa all’esercizio professionale della pesca, ma a finalità turistiche. In
ordine alla lamentata violazione del d.lgs. n. 70 del 2004 il Presidente del
Consiglio evidenzia che il tonno rosso è sicuramente risorsa ittica marina di
interesse nazionale, che in virtù degli stringenti obblighi comunitari andrebbe
gestita in modo coordinato a prescindere dal limite delle 12 miglia, dal
momento che il piano pesca è comprensivo della pesca del tonno effettuata in
tutto l’ambito nazionale.
19. — Sull’asserita violazione degli artt. 3 e 6
dello statuto, nonché degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e del principio di leale
collaborazione la difesa statale ritiene di aver dimostrato che lo Stato non ha
esercitato in via sussidiaria un potere di competenza regionale, che presuppone
l’intesa con la Regione, ma ha agito nell’esercizio di competenze di cui è
sicuramente titolare. L’iter
procedurale seguito nell’emanazione dei decreti renderebbe evidente
l’attuazione del principio di leale collaborazione. In particolare si osserva
che un rappresentante della Regione autonoma Sardegna è membro della
Commissione consultiva centrale della pesca marittima e dell’acquacoltura, che
costituisce la sede istituzionale per l’esame dei decreti ministeriali aventi
ad oggetto la tutela delle risorse ittiche, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n.
154 del 2004; il medesimo rappresentante ha partecipato alla riunione del 22
marzo 2012, in cui è stato presentato il decreto impugnato ed a seguito delle
osservazioni da questi presentate è stato avviato un dialogo volto a definire
la parte dispositiva del decreto, che in effetti avrebbe recepito, nei limiti
del quadro complessivo della campagna di pesca per il 2012, le indicazioni
fornite dalla Regione stessa con nota del 18 maggio 2012, n. 402. Infine la
conclusione di tale campagna sarebbe stata caratterizzata da un incremento
della quota assegnata alle tonnare con revisione della quota assegnata al
sistema a circuizione e di quella spettante alla pesca sportivo/ricreativa, in
linea con quanto richiesto dalla Regione autonoma Sardegna e compatibilmente
con la situazione complessiva della risorsa.
20. — Sulla presunta violazione del principio di
leale collaborazione di cui agli artt. 3 e 6 dello statuto, nonché degli artt.
5, 117 e 119 (recte 118) Cost. e del
principio di leale collaborazione anche con riferimento al regolamento (CE) n.
44/2012, il Presidente del Consiglio rileva che le questioni concernenti i
principi di sostenibilità economica e di parità di trattamento quanto
all’entità delle quote assegnate non potrebbero rientrare nel giudizio per
conflitto di attribuzione relativo alla delimitazione della sfera di
attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali, dal cui
ambito esula il merito degli atti. Peraltro gli asseriti effetti pregiudizievoli
del provvedimento potrebbero riguardare al più la categoria professionale
costituita dagli operatori del settore ittico, che esercitano la pesca del
tonno rosso e trovano la loro tutela dinnanzi al TAR. Nondimeno, le premesse
del decreto impugnato darebbero piena contezza dell’iter istruttorio e motivazionale seguito dall’amministrazione: le
determinazioni assunte in sede internazionale, i presupposti normativi e
nazionali, i criteri e le considerazioni per l’individuazione delle unità
interessate alla campagna di pesca per il 2012, il parere dell’organo
consultivo centrale competente per le materie attinenti alla tutela delle
risorse ittiche ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 154 del 2004, nonché gli
elementi forniti dalla stessa Regione autonoma Sardegna in ordine alla
questione. Ne risulterebbe che uno dei criteri seguiti dall’amministrazione
sarebbe «l’opportunità di valorizzare la continuità dell’esercizio
dell’attività di pesca del tonno rosso, in quanto connesso al principio di
tradizionalità alla base del sistema di contingentamento». Per tale ragione non
sarebbero stati effettuati i radicali cambiamenti nei parametri di
distribuzione fra i diversi sistemi. Rileva la resistente che la stessa Regione
Sardegna ha richiamato la nota della Commissione europea n. 139727 del 2011,
relativa alla fase in cui era in approvazione il piano della pesca per il 2011,
da cui si evincerebbe che per tre tonnare la quota di 120 tonnellate appariva
congrua, atteso che l’incremento della quota medesima era ipotizzato in
riferimento a sei tonnare.
Quanto alla differenza tra la quota attribuita
alle tonnare fisse lo scorso anno, ammontante a 140 tonnellate, si evidenzia
che nel 2011 tutte le imbarcazioni autorizzate alla pesca con circuizione hanno
raggiunto la quota minima di 71 tonnellate, indicata dall’ICCAT. Pertanto
l’ammontare delle relative quote è stato ridistribuito proporzionalmente tra
tutti i sistemi di pesca, palangari e tonnare fisse in particolare.
21. — Quanto all’istanza di sospensione
l’assenza del fumus boni juris del
ricorso sarebbe evidente e mancherebbe altresì il periculum in mora, poiché la campagna di pesca per il 2012 del
tonno rosso a mezzo di circuizione si è chiusa il 15 giugno 2012.
22. — In data 13 novembre 2012 la Regione
Sardegna ha depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale una
memoria, con la quale ha inteso replicare alle deduzioni proposte dalla difesa
statale nell’atto di costituzione.
23. — Quanto alla pretesa inammissibilità del
ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, la ricorrente rileva come lo
stesso TAR Lazio, nel giudizio pendente dinnanzi allo stesso, abbia negato alla
Regione autonoma Sardegna la tutela cautelare, affermando contestualmente,
nelle ordinanze del 31 maggio 2012, n. 1924 e n. 1926, che le questioni
sollevate necessitano dell’approfondimento tipico della sede di merito.
Ne conseguirebbe la sussistenza dell’interesse
alla definizione della controversia.
A sostegno la ricorrente richiama altresì la sentenza n. 3 del
1962, nella quale la Corte costituzionale, nell’ambito di un conflitto tra
enti, ha affermato l’esaurimento degli effetti dell’atto impugnato non fa venir
meno l’interesse della parte ad ottenere la decisione in ordine alla spettanza
del potere. Inoltre, la Regione aggiunge la considerazione che l’annullamento
dell’atto determina effetti retroattivi, utili per eventuali controversie
risarcitorie, che non si riconnettono al semplice esaurirsi degli effetti.
24 — Nel merito non sarebbe fondata
l’affermazione della difesa del Presidente del Consiglio, secondo la quale il
provvedimento impugnato sarebbe esplicazione di un potere che lo Stato italiano
ha esercitato in applicazione di normative ed impegni comunitari ed
internazionali, con la conseguenza che la Regione non potrebbe dolersene.
Secondo la ricorrente la legittimità di un atto statale che impingua nelle
competenze regionali non potrebbe essere dimostrata con il semplice richiamo
agli impegni internazionali e comunitari, dal momento l’aver esercitato
attribuzioni funzionali al rispetto degli stessi non costituirebbe automatica
garanzia che l’esercizio con quelle modalità e con quei contenuti sia
necessitato e che non sia possibile adottare scelte rispettose al contempo
degli impegni assunti e del riparto di competenze tra Stato e Regioni.
Peraltro, a giudizio della ricorrente, nell’atto di costituzione del Presidente
del Consiglio non sarebbero state svolte repliche alle specifiche censure
avanzate sul punto dalla Regione.
25. — Parimenti infondata sarebbe l’affermazione
secondo la quale, venendo in rilievo competenze in materia di ambiente e di
concorrenza, la Regione non avrebbe spazio per esercitare e tutelare le proprie
attribuzioni.
25.1 — In particolare, quanto alla concorrenza,
il resistente non offrirebbe la benché minima dimostrazione del fatto che
questa materia sia coinvolta dall’atto impugnato. Sul punto viene richiamata la
giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha chiarito che la tutela della
concorrenza si risolve soprattutto «nell’assicurare la più ampia apertura del
mercato a tutti gli operatori economici del settore in ossequio ai principi
comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento
e della libera prestazioni dei servizi» (sentenza n. 401 del
2007). Secondo la ricorrente la vicenda oggetto del presente giudizio riguarderebbe
non la massima apertura del mercato, ma piuttosto la sua più rigorosa
disciplina in funzione della protezione di interessi, che non attengono
minimamente alla concorrenza. A tale proposito la giurisprudenza costituzionale
ha affermato che «la nozione di tutela della concorrenza abbraccia nel loro
complesso i rapporti concorrenziali sul mercato». Tuttavia «una dilazione
massima di tale competenza, che non presenta i caratteri di una materia di
estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui più diversi
oggetti, rischierebbe di vanificare lo schema di riparto dell’art. 117 Cost.,
che vede attribuite alla potestà legislativa residuale e concorrente delle
Regioni materie la cui disciplina incide innegabilmente sullo sviluppo economico».
Di conseguenza «l’intervento statale si giustifica (…) per la sua rilevanza
macroeconomica: solo in tale quadro è mantenuta allo Stato la facoltà di
adottare sia specifiche misure di rilevante entità, sia regimi di aiuti ammessi
dall’ordinamento comunitario (fra i quali gli aiuti de minimis), purché siano in ogni caso idonei, quanto ad
accessibilità a tutti gli operatori ed impatto complessivo, ad incidere
sull’equilibrio economico generale». Le condizioni delineate dalla Corte
costituzionale, a giudizio della ricorrente, non sussisterebbero nel caso in
esame.
25.2. — Quanto all’ambiente, sebbene la
normativa internazionale in materia tuteli alcuni importanti interessi
ambientali, questo non giustificherebbe in modo aprioristico le scelte
censurabili compiute nell’atto impugnato. Infatti, da un lato, la Regione
autonoma Sardegna è «competente a disciplinare gli aspetti
paesistico-ambientali, nell’esercizio della propria competenza legislativa in
materia di edilizia e urbanistica» (sentenza n. 224 del
2012), con la conseguenza che non corrisponde a verità che le sfugga ogni
competenza in materia ambientale; dall’altro, a giudizio della ricorrente, il
Presidente del Consiglio non considererebbe che, sebbene l’ambiente sia una
materia «trasversale», l’esercizio della relativa competenza legislativa
statale non potrebbe travolgere quelle regionali. Gli interventi statali devono
tutelare l’ambiente quale «bene giuridico unitariamente inteso», senza
ipotizzare profili di tutela ambientale là dove questo bene non venga
coinvolto.
Nel caso in esame le censure avanzate nel
ricorso riguarderebbero aspetti del provvedimento impugnato, per i quali non
verrebbe in evidenza la tutela dell’ambiente.
Difatti la protezione delle specie ittiche
coinvolge il bene-ambiente, ma il relativo interesse verrebbe soddisfatto, a
giudizio della Regione autonoma Sardegna, dall’identificazione di un tetto
massimo pescabile, mentre esulerebbe dallo stesso la ripartizione dei
contingenti tra le diverse modalità di pesca. La resistente ribadisce che il
generico richiamo alla natura trasversale della materia «ambiente» non
giustificherebbe qualunque aggressione dell’autonomia regionale e a conforto
richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale in ordine alla stessa
competenza statale sul territorio dello Stato, nel senso che la stessa non è in
grado di travolgere quella regionale in materia di pesca (sentenza n. 102 del
2008), deducendone che a maggior ragione tale risultato non può prodursi a
seguito dell’esercizio della competenza in materia ambientale. Peraltro le
argomentazioni statali sarebbero destituite di fondamento nella misura in cui
non considerano che la preferenza per il sistema della pesca della tonnara
fissa deriva dalla maggiore selettività di questo metodo di cattura sia sulla
taglia degli animali pescati, sia sulle stesse specie oggetto della campagna di
pesca. Di conseguenza, essa si coniuga con le finalità di tutela ambientale e
di ricostituzione della fauna ittica, che sono alla base della regolamentazione
internazionale e comunitaria della pesca al tonno rosso.
26. — Quanto alla violazione delle funzioni
amministrative regionali, la stessa non potrebbe essere negata, dal momento che
la relativa competenza verrebbe in rilievo nella questione oggetto del presente
giudizio in forza del principio del parallelismo tra funzioni legislative e
funzioni amministrative, stante la competenza legislativa esclusiva della
Regione Sardegna in materia di pesca e la normativa posta dal d.P.R. n. 1627
del 1965 e dal d.lgs. n. 70 del 2004. Per altro verso, ove il Presidente del Consiglio
avesse inteso richiamare l’ipotesi della chiamata in sussidiarietà, la
resistente afferma che non ricorrerebbero le condizioni a tal fine richieste
dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 80 del 2012
e n. 165 del
2011).
27. — Relativamente alla violazione del
principio di leale collaborazione la Regione autonoma Sardegna afferma che i
meccanismi collaborativi da attivare non potrebbero ritenersi realizzati dalla
mera partecipazione di un funzionario regionale alle riunioni tecniche.
28. — Da ultimo, non sussisterebbe alcun difetto
di interesse da parte della Regione a contestare la ripartizione delle quote
fra i diversi operatori, in ragione del rilievo che tale ente è «esponenziale e
rappresentativo degli interessi generali della propria comunità» (sentenza n. 829 del
1988). Sotto questo profilo è interesse della collettività regionale che
sia garantita la conservazione di posti di lavoro e che le tradizioni locali,
qual è quella della pesca del tonno in tonnara, siano tutelate.
Considerato in diritto
1. — Con ricorso notificato l’11 giugno
2012 e depositato il 18 giugno 2012 la Regione autonoma Sardegna ha proposto
conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei
ministri. In particolare, la ricorrente chiede che la Corte costituzionale
dichiari che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro delle politiche
agricole, alimentari e forestali, emanare il decreto del 3 aprile 2012
(Ripartizione della quota complessiva di cattura del tonno rosso per la
campagna di pesca 2012).
Secondo la Regione autonoma Sardegna, l’atto
impugnato violerebbe gli articoli 3, primo comma, lettera i), e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna); gli artt. 1 e 2 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 novembre 1965, n. 1627 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale per la Sardegna in materia di pesca e saline sul demanio marittimo e
nel mare territoriale); gli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, del decreto
legislativo 6 febbraio 2004, n. 70 (Norme di attuazione dello Statuto speciale
della regione Sardegna concernenti il conferimento di funzioni amministrative
alla Regione in materia di agricoltura); gli artt. 3, 5, 9, 117, terzo, quarto,
quinto e sesto comma, e 119 (recte
118) della Costituzione, il principio di leale collaborazione fra lo Stato e le
Regioni, l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4, comma 2, del
regolamento 6 aprile 2009 (CE) n. 302/2009 (Regolamento del Consiglio del
concernente un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso
nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo che modifica il regolamento n.
43/2009 e che abroga il regolamento (CE) n. 1559/2007), al regolamento (CE) 17
gennaio 2012, n. 44/2012 (Regolamento del Consiglio che stabilisce, per il
2012, le possibilità di pesca concesse nelle acque UE e, per le navi UE, in
determinate acque non appartenenti all’UE, per alcuni stock ittici e gruppi di
stock ittici che sono oggetto di negoziati o accordi internazionali), alla
Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, adottata
a Rio de Janeiro nella Conferenza tenutasi tra il 2 e il 14 maggio 1966 e
ratificata in Italia con la legge 4 giugno 1997, n. 169 (Adesione della
Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per la conservazione dei
tonnidi dell’Atlantico, con Atto finale ed annessi, adottata dalla Conferenza
dei Plenipotenziari di Rio de Janeiro tenutasi dal 2 al 14 maggio 1966 e al
Protocollo con Atto finale fatto a Parigi il 9-10 luglio 1984 nonché all’Atto
finale ed al Protocollo con Regolamenti interno e finanziario fatti a Madrid il
4-5 giugno 1992, e loro esecuzione), alla raccomandazione 10-04 della
Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico
(ICCAT).
Per gli esposti motivi la ricorrente
chiede l’annullamento del menzionato decreto e la sospensione, in via
cautelare, dello stesso.
1.1. — I termini essenziali del
conflitto possono essere sintetizzati nei punti seguenti.
1.1.1. — Innanzitutto, il decreto
sarebbe illegittimo, in riferimento all’art. 3, primo comma, lettera i), della legge costituzionale n. 3 del
1948 ed all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., perché, nel determinare la
quota individuale di pescato assentito a ciascuna delle tonnare fisse della
Sardegna e alle imbarcazioni sarde che utilizzano il c.d. sistema di pesca a
"Palangaro (LL)”, lo Stato avrebbe violato la competenza esclusiva della
Regione autonoma Sardegna in materia di pesca.
1.1.2. — Inoltre, esso sarebbe in
contrasto con gli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, con l’art. 1 del
d.P.R. n. 1627 del 1965 e con gli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, del d.lgs. n.
70 del 2004, perché usurperebbe le funzioni amministrative spettanti alla
Regione autonoma Sardegna in materia di pesca.
1.2. — In via subordinata sono stati poi
richiamati i seguenti ulteriori profili di censura.
1.2.1. — Il decreto impugnato sarebbe in
contrasto con gli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, con gli artt.
117 e 119 (recte 118) Cost. e con il
principio di leale collaborazione poiché, a fronte dell’attrazione in sussidiarietà
dell’esercizio di funzioni amministrative di titolarità della Regione autonoma
Sardegna, esso sarebbe stato adottato senza aver previamente raggiunto l’intesa
con la Regione medesima.
1.2.2. — Gli artt. 3 e 6 della legge
cost. n. 3 del 1948, gli artt. 3, 117 e 119 (recte 118) Cost. ed il principio di leale collaborazione, nonché il
d.P.R. n. 1627 del 1965 ed il d.lgs. n. 70 del 2004 sarebbero stati violati
sotto il profilo dell’attrazione in sussidiarietà delle funzioni amministrative
statutariamente spettanti alla Regione autonoma Sardegna in assenza di
motivazione con riguardo alle ragioni che impedirebbero alla stessa di
provvedere in materia.
1.2.3. — Il decreto sarebbe inoltre in
contrasto con gli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, con l’art. 117,
sesto comma, Cost. e col principio di leale collaborazione, in ragione del
fatto che non conterrebbe solo misure di natura provvedimentale, bensì anche
disposizioni generali di carattere regolamentare in materie che esulano dalla
potestà legislativa esclusiva statale. Ciò senza aver promosso e raggiunto
alcuna intesa con la Regione autonoma Sardegna.
1.2.4. — Vi sarebbe poi violazione degli
artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, del d.P.R. n. 1627 del 1965, del
d.lgs. n. 70 del 2004, degli artt. 3 e 117, primo e quinto comma, Cost., in
relazione all’art. 4, comma 2, del regolamento (CE) n. 302/2009, poiché il
decreto impugnato sarebbe privo di ogni motivazione circa l’indicazione dei
criteri utilizzati per la definizione della quota assentita nella
determinazione dei contingenti tra i vari sistemi di pesca, diversamente da
quanto richiesto dalla normativa comunitaria.
1.2.5. — Il decreto non sarebbe neppure
conforme agli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, in relazione al
d.P.R. n. 1627 del 1965, al d.lgs. n. 70 del 2004 ed al principio di leale
collaborazione ricavabile dal combinato degli artt. 3, 5, 117 e 119 (recte 118), anche in relazione al
regolamento (CE) n. 44/2012. Riservando al sistema di pesca a tonnara fissa
solamente 120 tonnellate, il decreto violerebbe il principio di sostenibilità
socioeconomica della pesca al tonno rosso ed il principio di parità di
trattamento dei settori della pesca.
1.2.6. — Infine, vi sarebbe contrasto
con gli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, in relazione al d.P.R. n.
1627 del 1965, al d.lgs. n. 70 del 2004 e con il principio di leale
collaborazione ricavabile dal combinato degli artt. 3, 5, 9, 117 e 119 (recte 118) Cost., in relazione al
regolamento (CE) n. 302/2009, alla Convenzione internazionale per la
conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, ratificata con legge n. 169 del 1997
ed alla raccomandazione n. 10-04 della Commissione internazionale per la
conservazione dei tonnidi. Il decreto impugnato, nell’assegnare una quota estremamente
esigua del totale ammissibile di cattura nazionale, non avrebbe tenuto in
debito conto il principio di favor
della regolamentazione internazionale e comunitaria per l’utilizzo di tale
sistema di pesca, che sarebbe meno invasivo per l’ambiente.
1.3. — Nel corso della udienza la difesa
della Regione ha richiamato la "posizione” del Parlamento europeo
P7_TC1-COD(2011)0144 definita in prima lettura il 23 maggio 2012 in vista
dell’adozione del nuovo regolamento dell’Unione europea, che dovrebbe modificare
il regolamento (CE) n. 302/2009, attraverso un nuovo piano pluriennale di
ricostituzione del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo.
L’art. 1 di detto documento dispone la modifica dell’art. 7 del regolamento
oggi vigente nel modo seguente: «il paragrafo 2 è sostituito dal seguente "la
pesca del tonno rosso con reti a circuizione è vietata nell’Atlantico orientale
e nel Mediterraneo nel periodo dal 15 giugno al 15 maggio”». La disposizione in itinere confermerebbe il principio di
disfavore nei confronti del sistema di pesca privilegiato dall’impugnato
decreto.
2. — Costituitosi in giudizio lo Stato
ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse. Poiché la Regione autonoma Sardegna lamenta
l’insufficienza della quota concessa ai sistemi di pesca delle tonnare sarde in
relazione al sovradimensionamento di quella "a circuizione” e chiede un
riequilibrio attraverso la riduzione della quota afferente al sistema ritenuto
ingiustamente privilegiato, l’intervenuta conclusione, fin dal 15 giugno
dell’anno in corso (secondo quanto previsto dall’impugnato decreto), della
pesca a circuizione farebbe mancare l’interesse alla decisione in ragione
dell’impossibilità a realizzare il petitum
del ricorso.
Nel merito, la difesa erariale sostiene
l’infondatezza di tutte le censure, premettendo in via generale che nel caso di
specie la materia interessata sarebbe la tutela dell’ecosistema, la quale
appartiene alla competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost.
Quanto alla pretesa violazione dell’art.
3 dello statuto e dell’art. 117 Cost., il resistente sottolinea come la
normativa comunitaria di settore ponga in capo allo Stato membro la
responsabilità per l’attuazione delle norme della politica della pesca.
Spetterebbe dunque allo Stato, al fine di non incorrere nelle sanzioni
comunitarie, assicurare l’attuazione ed il controllo centralizzato delle
funzioni relative al piano pesca.
Quanto alla pretesa violazione degli artt.
3 e 6 dello statuto nonchè delle norme di attuazione, il Presidente del
Consiglio afferma che l’amministrazione statale non si sarebbe ingerita
nell’attività amministrativa riservata alla controparte e neppure avrebbe
sostituito la Regione nel procedimento relativo alla concessione di uno
specchio acqueo per il posizionamento di tonnara fissa.
Per quel che riguarda l’asserita
violazione degli artt. 3 e 6 dello statuto, degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e del principio di
leale collaborazione, il resistente ritiene di non aver esercitato in via
sussidiaria un potere di competenza regionale o comunque condizionato
all’intesa Stato-Regione, ma di aver agito nell’esercizio delle proprie
competenze. Inoltre, sebbene non sia stata seguita una procedura d’intesa, in
quanto non prevista dalla vigente normativa, nondimeno vi sarebbe stato un
atteggiamento di dialogo tra lo Stato e la Regione, culminato in un incremento
della quota assegnata alle tonnare, conformemente a quanto richiesto dalla
Regione autonoma Sardegna ed in modo compatibile con la disponibilità
complessiva della risorsa.
Quanto alla presunta violazione del
principio di leale collaborazione anche con riferimento al regolamento (CE) n.
44/2012, degli artt. 3 e 6 dello statuto e degli artt. 5, 117 e 119 (recte 118) Cost., secondo lo Stato la
contestazione nel merito delle quote assegnate non potrebbe comunque essere
oggetto di un conflitto di attribuzione, per violazione del principio di
sostenibilità economica e di parità di trattamento. Peraltro, le premesse del
decreto impugnato darebbero contezza dell’iter
istruttorio e motivazionale, dei presupposti normativi comunitari e nazionali,
dei criteri per l’individuazione delle unità interessate alla campagna di pesca
2012, del parere dell’organo consultivo centrale competente per le materie
attinenti alla tutela delle risorse ittiche, nonché degli elementi forniti
dalla stessa Regione autonoma Sardegna.
3. — Preliminarmente, va disattesa
l’eccezione formulata dallo Stato in ordine alla pretesa cessazione della
materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse ed alla
conseguente inammissibilità del conflitto. Secondo il resistente, la
conclusione della campagna di pesca a circuizione, avvenuta il 15 giugno 2012,
farebbe venir meno qualsiasi interesse alla decisione, che non potrebbe in ogni
caso mutare lo stato delle cose consolidatosi a tale data. L’oggetto della
doglianza consisterebbe infatti nella contestazione della quota di pesca del
tonno rosso assegnata al sistema a circuizione, ritenuta eccessiva rispetto a
quella attribuita al sistema utilizzato dalle tonnare.
Questa Corte ha già avuto modo di
affermare l’irrilevanza delle sopravvenienze di fatto, come l’esaurimento degli
effetti dell’atto impugnato, ai fini del persistere dell’interesse alla
decisione dei conflitti di attribuzione (sentenze n. 222 del 2006,
n. 287 del 2005,
n. 263 del 2005
e n. 289 del
1993). In particolare, nei conflitti di attribuzione sussiste comunque – anche
dopo l’esaurimento degli effetti dell'atto impugnato – un interesse
all’accertamento, il quale trae origine dall’esigenza di porre fine – secondo
quanto disposto dall’art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) – ad una
situazione di incertezza in ordine al riparto costituzionale delle
attribuzioni.
Infatti, ancorché la data di scadenza
prevista dal decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e
forestali del 3 aprile 2012 sia trascorsa relativamente al sistema di pesca di
cui la ricorrente richiede il contenimento per favorire l’espansione dei
sistemi utilizzati dalle tonnare sarde, nell’ambito del presente conflitto
l’interesse della Regione alla pronuncia di questa Corte permane al fine del
riconoscimento della titolarità del potere concretamente esercitato dallo Stato
nel caso di specie, di cui la Regione stessa contesta la spettanza in nome del
vigente riparto delle competenze previsto in Costituzione (ex multis sentenza n. 289 del
1993).
4. — Ancora in via preliminare va
osservato che, sia nel ricorso introduttivo della ricorrente che nella memoria
di costituzione del Presidente del Consiglio, la violazione delle competenze
amministrative spettanti alla Regione autonoma Sardegna viene invocata con
riferimento all’art. 119 Cost. piuttosto che all’art. 118 Cost., malgrado le
argomentazioni evidenzino in modo non equivoco che la censura attiene alla lesione
delle attribuzioni amministrative.
Sul punto questa Corte ha già avuto modo
di osservare che l’inesatta indicazione del parametro costituzionale non
preclude l’esame della questione quando i termini della stessa – come nel caso
di specie – risultino sufficientemente chiari nel percorso logico argomentativo
che conduce al precetto costituzionale (ordinanze n. 211 del 2004,
n. 5 del 1998
e n. 476 del
1996). Il ricorso è pertanto ammissibile anche in riferimento al parametro
costituzionale inesattamente richiamato.
5. — Nel merito, il ricorso non è
fondato.
Ai fini della presente decisione è
opportuno dividere le questioni in due gruppi in relazione agli argomenti che
ne costituiscono i presupposti: il primo si basa sul convincimento che nella
materia oggetto di conflitto la Regione autonoma Sardegna sia titolare di
potestà legislativa primaria e di correlate funzioni amministrative; il secondo
è caratterizzato da censure che imputano allo Stato la violazione di regole
internazionali e comunitarie afferenti alla pesca del tonno rosso.
6. — Il primo gruppo di questioni si
fonda sull’assunto che il decreto impugnato abbia invaso la competenza
legislativa primaria e quella amministrativa della Regione autonoma Sardegna e,
in subordine, che abbia attratto in sussidiarietà le funzioni amministrative in
suddetta materia senza il necessario rispetto del principio di leale collaborazione
secondo le condizioni indicate dalla costante giurisprudenza di questa Corte.
Entrambi gli argomenti sono privi di
fondamento perché, nel caso di specie, lo Stato ha esercitato funzioni
amministrative di natura non regolamentare nella materia della tutela
dell’ecosistema, di cui è titolare in via esclusiva. Ancorché la Regione
autonoma Sardegna sia titolare della competenza primaria nella materia della
pesca e, conseguentemente, della relativa funzione amministrativa (che le
appartengono in ragione delle norme statutarie di rango costituzionale evocate
nel ricorso), l’oggetto del decreto impugnato riguarda la materia ambiente ed
ecosistema, di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
Detta competenza – come è stato più volte precisato da questa Corte – si
riferisce all’ambiente ed all’ecosistema in termini generali ed
onnicomprensivi. Data l’ampiezza e la complessità delle tematiche coinvolte, i
principi e le regole elaborati dallo Stato in
subiecta materia coinvolgono interessi giuridicamente tutelati nell’ambito
di altre competenze legislative ripartite secondo i canoni dell’art. 117 Cost.
Quando il carattere trasversale della normativa in tema di tutela dell’ambiente
e dell’ecosistema comporta fenomeni di sovrapposizione ad altri ambiti
competenziali, questa Corte ha già avuto modo di affermare (sentenza n. 378 del
2007) che la prevalenza debba essere assegnata alla legislazione statale
rispetto a quella spettante alle Regioni o alle Province autonome, nelle
materie di propria competenza trasversalmente intercettate. Ciò in relazione al
fatto che la disciplina unitaria e complessiva dell’ambiente e dell’ecosistema
inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto
e deve garantire un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre
discipline di settore. Sotto questo profilo, dunque, la competenza derivante da
altre materie attribuite alla Regione diventa necessariamente recessiva, non
potendo in alcun modo derogare il livello di tutela ambientale stabilito dallo
Stato (sentenze n.
278 del 2012 e n. 378 del 2007).
Nel caso in esame, infine, i profili che incidono sulla disciplina della pesca
appaiono strumentali all’obiettivo perseguito, consistente proprio nella
salvaguardia dell’ecosistema, come emerge da quanto si richiama più
specificamente nel successivo paragrafo a proposito della normativa
internazionale e comunitaria, in relazione alla quale il decreto si pone in
rapporto di attuazione.
Quanto alla titolarità della funzione
amministrativa in concreto esercitata attraverso il decreto, occorre
preliminarmente rilevare come in ogni caso debba escludersi che esso rivesta
natura regolamentare, limitandosi ad individuare, con precetti di estremo
dettaglio, il riparto tra gli operatori autorizzati delle quote spettanti
all’Italia, secondo le tipologie di pesca consentite. Tanto premesso, occorre
rilevare che nel caso in esame lo Stato si è limitato ad adottare un atto
esecutivo di prescrizioni, provenienti da una convenzione internazionale e da
atti normativi comunitari meglio specificati nel successivo considerato n. 7.
Dette prescrizioni sono finalizzate alla tutela dell’ecosistema in un ambito
internazionale, al quale lo Stato italiano partecipa per la parte relativa al
suo territorio.
In tale contesto, nessuna specifica
disposizione attribuisce la titolarità di funzioni amministrative alla Regione
autonoma Sardegna. Ciò appare del tutto coerente col rilievo nazionale
dell’impugnato decreto e con la diretta responsabilità che lo Stato italiano
assume nella corretta esecuzione delle prescrizioni di cui è destinatario in
relazione ad uno spazio marino e ad operatori ittici considerati nel loro
complesso e, in quanto tali, non suscettibili di una disciplina articolata e
differenziata su base regionale.
Dunque, non esistendo alcuna norma
attributiva di funzione amministrativa alla Regione autonoma Sardegna nel
settore in esame e considerata la ristretta tempistica consentita dal piano
determinato in ambito internazionale e comunitario, assolutamente incompatibile
con la formalizzazione di una procedura d’intesa, peraltro non prevista da
alcuna specifica disposizione, l’adozione dell’impugnato decreto da parte dello
Stato appare conforme all’assetto delle proprie attribuzioni.
6.1. — Le conclusioni raggiunte nel
precedente paragrafo consentono di rilevare l’infondatezza delle questioni
proposte dalla Regione in riferimento all’art. 3, comma 1, lettera i), della legge costituzionale n. 3 del
1948 ed all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., con riguardo alla pretesa
violazione della competenza esclusiva della Regione autonoma Sardegna in
materia di pesca, che sarebbe avvenuta attraverso il riparto delle quote
riguardanti le tonnare sarde ed i sistemi di pesca concorrenti; in riferimento
agli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, all’art. 1 del d.P.R. n. 1627
del 1965 ed all’art. 1, comma 1, e 2, comma 2, del d.lgs. n. 70 del 2004, per
la pretesa usurpazione delle funzioni amministrative spettanti alla Regione
autonoma Sardegna in materia di pesca; in riferimento agli artt. 3 e 6 della
legge cost. n. 3 del 1948, agli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. ed al principio di leale collaborazione, per la
pretesa attrazione in sussidiarietà senza previa intesa delle funzioni
amministrative della Regione in materia di pesca; in riferimento agli artt. 3 e
6 della legge cost. n. 3 del 1948, agli artt. 3, 117 e 119 (recte 118) Cost., al principio di leale
collaborazione, al d.P.R. n. 1627 del 1965 ed al d.lgs. n. 70 del 2004, per la
dedotta assenza di motivazione in ordine alle ragioni dell’attrazione in
sussidiarietà della funzione amministrativa in materia di pesca; in riferimento
agli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, all’art. 117, sesto comma,
Cost. ed al principio di leale collaborazione, per l’eccepita natura
regolamentare di alcune prescrizioni del decreto.
7. — Ai fini dell’esame del gruppo di
censure fondate sulla pretesa violazione di regole internazionali e comunitarie
afferenti alla pesca del tonno rosso, è opportuno ricostruire sinteticamente il
quadro normativo che disciplina la materia.
La Convenzione internazionale per la
conservazione dei tonnidi dell’Atlantico è stata adottata a Rio de Janeiro
nella Conferenza tenutasi tra il 2 e il 14 maggio 1966. L’Italia vi ha preso
parte, procedendo alla sua ratifica con la legge n. 169 del 1997. La
Convenzione comprende tutte le acque dell’Oceano Atlantico e dei mari adiacenti
(art. 1), ivi compresa la zona interessata al presente conflitto. La
realizzazione degli obiettivi in essa previsti è affidata ad una Commissione
appositamente costituita, denominata Commissione internazionale per la
conservazione dei tonnidi (ICCAT). Questa istituzione formula, tra l’altro,
raccomandazioni intese a mantenere le popolazioni di tonnidi e di specie affini
che possono essere pescate nella zona della Convenzione a livelli che
consentano le catture massime sostenibili per scopi alimentari ed altri fini.
La raccomandazione adottata dalla Commissione entra in vigore decorsi sei mesi
dalla sua notifica alle parti contraenti ed è vincolante per le parti medesime,
che si impegnano ad adottare tutte le misure necessarie a garantire
l’applicazione della Convenzione ed a trasmettere alla Commissione ogni due
anni – ovvero, ogniqualvolta la stessa ne faccia richiesta – un resoconto di queste
misure (art. IX della Convenzione).
In ambito comunitario l’Unione, ai sensi
dell’art. 3, lettera d), TFUE, ha
competenza esclusiva in materia di conservazione delle risorse biologiche del
mare nel quadro della politica comune della pesca, mentre l’art. 4, paragrafo
2, lettera d), TFUE attribuisce alla
stessa la competenza concorrente con quella degli Stati membri nel settore
della pesca, ad esclusione della conservazione delle risorse biologiche del
mare. Il combinato di tali disposizioni evidenzia che la conservazione delle
risorse ittiche involge interessi ulteriori e sovraordinati a quelli inerenti
all’attività di pesca genericamente considerata. Detti interessi vengono curati
attraverso una normativa uniforme, assicurata dal riconoscimento di una
competenza esclusiva e dalla conseguente adozione di regolamenti.
In questo contesto normativo è stata
assunta la decisione del Consiglio n. 238/86 del 9 giugno 1986, relativa
all’adesione della Comunità alla Convenzione internazionale per la conservazione
dei tonnidi dell’Atlantico, emendata dal protocollo allegato all’atto finale
della conferenza dei plenipotenziari degli Stati aderenti alla convenzione
firmato a Parigi il 10 luglio 1984. La Corte di giustizia con la sentenza
del 25 ottobre 2001, in causa C-120/99, Italia c. Consiglio, si è occupata
del regolamento (CE) n. 49/99 del 18 dicembre 1998, il quale stabiliva la quota
di cattura del tonno rosso per i Paesi comunitari, Italia compresa, per il
1999, attraverso un rinvio esplicito a raccomandazioni vincolanti dell’ICCAT.
In tale sede è stato affermato che l’Unione, con l’adesione alla Convenzione
istitutiva dell’ICCAT, «si è surrogata ai diritti ed obblighi degli Stati
membri che erano già parte di questa [convenzione]». Ne discende che l’Unione è
«pienamente autorizzata a discutere nell’ambito dei negoziati condotti in seno
all’ICCAT relativi al contingente comunitario (…) di tutti i parametri
pertinenti, comprese le conseguenze degli eccessi di pesca effettuati da
taluni, prima della data della sua adesione a detta organizzazione».
Conformemente al nuovo assetto dei
rapporti tra normative internazionali, comunitarie e degli Stati membri,
nell’anno 2006 l’ICCAT ha adottato un piano pluriennale di ricostituzione del
tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo, poi modificato nel
2008. Tale piano è stato ulteriormente modificato e approvato nella riunione
annuale dell’ICCAT del 2010 mediante la raccomandazione n. 10-04. Al termine
dei lavori della 22^ sessione ordinaria dell’ICCAT, le parti contraenti hanno
deciso di confermare, anche per la campagna di pesca 2012, la piena vigenza
della raccomandazione n. 10-04, con particolare riferimento alla definizione
del totale ammissibile di catture (TAC). Con il regolamento (UE) n. 44/2012 è
stato ripartito, tra le flotte degli Stati membri, il TAC del tonno rosso
assegnato all’Unione europea per l’anno 2012. In tale contesto alla flotta
italiana è stato attribuito un massimale di 1.787,91 tonnellate (Allegato ID),
nonché, ai sensi dell’art. 16, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 44/2012, un
numero massimo di 12 imbarcazioni autorizzate per la pesca con il sistema a
circuizione (Allegato IV, punto 4) e, ai sensi del successivo paragrafo 5
dell’articolo citato, il numero delle tonnare impegnate nella pesca del tonno
rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo è stato limitato ad un
massimo di 6 (Allegato IV, punto 5).
Il piano pluriennale di ricostituzione
del tonno rosso adottato dall’ICCAT è stato recepito dall’Unione europea
mediante il regolamento (CE) n. 302/2009, con il quale sono stati stabiliti i
principi generali per la sua applicazione da parte della Comunità (ora Unione)
europea. In particolare, ai sensi dell’art. 4, ciascuno Stato membro adotta le
misure necessarie per assicurare che lo sforzo di pesca delle sue navi da
cattura e delle sue tonnare sia commisurato alle quote di pesca di tonno rosso
assegnate. A tal fine lo Stato interessato redige un piano di pesca annuale per
le navi da cattura e le tonnare praticanti la pesca del tonno rosso, che viene
trasmesso entro il 31 gennaio di ogni anno alla Commissione europea.
Quest’ultima, a sua volta, comunica detto piano al segretariato dell’ICCAT
entro il 1° marzo di ogni anno. Il piano di pesca annuale specifica: a) le navi
da cattura di lunghezza superiore ai 24 metri comprese nell’elenco delle navi
autorizzate ai sensi dell’art. 14 del regolamento (CE) n. 302/2009 ed i
contingenti individuali loro assegnati, nonché il metodo utilizzato per
l’assegnazione dei contingenti e la misura intesa ad assicurare il rispetto dei
contingenti individuali; b) per le navi da cattura di dimensioni inferiori a 24
metri e per le tonnare, almeno i contingenti assegnati alle organizzazioni di
produttori o ai gruppi che praticano la pesca con un sistema analogo.
La ripartizione del TAC attribuito
all’Italia con il regolamento (UE) n. 44/2012 tra i diversi sistemi di pesca
autorizzati, tenendo conto del numero di unità autorizzate per ciascuno di essi
al fine dichiarato di conseguire e mantenere adeguati livelli di sostenibilità
economica e di redditività, è stata operata con il decreto ministeriale del 3
aprile 2012, impugnato con l’odierno ricorso.
Come risulta evidente dalla
ricostruzione del quadro normativo internazionale ed europeo riguardante la
conservazione dei tonnidi, le modalità attuative a livello nazionale sono di
natura meramente amministrativa e la discrezionalità dei relativi provvedimenti
incontra limiti soltanto nelle specifiche prescrizioni contenute nella
disciplina sovranazionale. Nessuna delle censure della Regione ricorrente è
posta con riferimento alle richiamate prescrizioni ed alla ridondanza sulle
attribuzioni della Regione stessa.
7.1. — Per questo motivo risultano prive
di fondamento le doglianze formulate in riferimento agli artt. 3 e 6 della
legge costituzionale n. 3 del 1948, al d.P.R. n. 1627 del 1965, al d.lgs. n. 70
del 2004, agli artt. 3 e 117, primo e quinto comma, Cost., in relazione
all’art. 4, comma 2 del regolamento (CE) n. 302/2009, per la mancata ostensione
– nella determinazione dei contingenti dei vari sistemi di pesca – dei relativi
criteri; quelle espresse in riferimento agli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3
del 1948, al d.P.R. n. 1627 del 1965, al d.lgs. n. 70 del 2004, al principio di
leale collaborazione di cui agli artt. 3, 5, 117 e 119 (recte 118), anche in relazione al regolamento (CE) n. 44/2012 per
pretesa violazione del principio di sostenibilità socioeconomica della pesca al
tonno rosso ed al principio di parità di trattamento dei settori della pesca;
quelle, infine, enunciate in riferimento agli artt. 3 e 6 della legge cost. n.
3 del 1948, al d.P.R. n. 1627 del 1965, al d.lgs. n. 70 del 2004 ed al
principio di leale collaborazione, in relazione al regolamento (CE) n.
302/2009, alla Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi
dell’Atlantico ed alla raccomandazione n. 10-04 della Commissione
internazionale per la conservazione dei tonnidi per omessa considerazione del
preteso principio di favor della
regolamentazione internazionale e comunitaria nei riguardi dei sistemi di pesca
utilizzati dagli operatori autorizzati nell’ambito della Regione autonoma
Sardegna.
Sotto l’ultimo profilo, occorre precisare
che l’art. 1 della "posizione” del Parlamento europeo P7_TC1-COD(2011)0144,
definita in prima lettura il 23 maggio 2012 in vista dell’adozione del nuovo
regolamento dell’Unione europea che dovrebbe modificare il regolamento (CE) n.
302/2009, non ha ancora assunto valore precettivo attraverso la fisiologica
conclusione dell’iter legislativo
europeo e quindi non poteva essere preso a riferimento ai fini della spettanza
del potere esercitato dallo Stato. L’eventuale consolidamento della norma, nei
termini espressi dal documento del 23 maggio 2012, sarà vincolante per lo Stato
italiano nella determinazione dei futuri contingenti di pesca, ancorché essa
esprima non tanto un principio di favor
verso il sistema delle tonnare o a palangari quanto un regime di disfavore
verso quello a circuizione.
8. — In conclusione, la materia esula
dall’ambito di competenza legislativa ed amministrativa della Regione autonoma
Sardegna. La riconduzione della stessa alla potestà legislativa esclusiva dello
Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. ed a quella amministrativa spettante allo stesso ai sensi
dell’art. 118 Cost. comporta la non fondatezza del conflitto in oggetto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spettava allo Stato determinare con decreto del
Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 3 aprile 2012 (Ripartizione della quota complessiva di cattura del tonno
rosso per la campagna di pesca 2012), la ripartizione della quota complessiva
di cattura del tonno rosso per la campagna di pesca 2012, impugnato dalla
Regione autonoma Sardegna con il ricorso per conflitto di attribuzione indicato
in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio
2013.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI