Ordinanza 211 del 2004

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ORDINANZA N. 211

 

ANNO 2004

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai Signori:

 

-         Gustavo            ZAGREBELSKY                 Presidente

 

-         Valerio              ONIDA                                  Giudice

 

-         Carlo                 MEZZANOTTE                         "

 

-         Fernanda           CONTRI                                     "

 

-         Guido                NEPPI MODONA                     "

 

-         Piero Alberto    CAPOTOSTI                              "

 

-         Annibale           MARINI                                     "

 

-         Franco               BILE                                           "

 

-         Giovanni Maria FLICK                                        "

 

-         Francesco          AMIRANTE                               "

 

-         Ugo                   DE SIERVO                               "

 

-         Romano            VACCARELLA                        "

 

-         Paolo                 MADDALENA                          "

 

-         Alfio                 FINOCCHIARO                        "

 

-         Alfonso             QUARANTA                             "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 894 e 896 del codice civile, promosso con ordinanza del 7 aprile 2003 dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, nel procedimento civile tra Palmarini Gina e Trecca Lucia, iscritta al n. 514 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2003.

 

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

 

Ritenuto che, pronunciando sull’appello interposto da Gina Palmarini nei confronti della confinante Lucia Trecca, avverso sentenza del Giudice di pace di Nardò, il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 894 e 896 del codice civile, nella parte in cui, rispettivamente, consentono l’estirpazione, e, inoltre, il taglio di rami e radici di alberi aventi valore paesaggistico, per violazione degli artt. 3, 9 e 41 della Costituzione;

 

che, secondo il rimettente, il Giudice di pace di Nardò, provvedendo sulla domanda della Palmarini – la quale pretendeva l’estirpazione di alberi di alto fusto (e tra questi di un carrubo) piantati a distanza inferiore a 3 metri dal confine, costituenti impedimento e pericolo per l’incolumità delle persone, oltre che danno per le colture esistenti sul proprio fondo, e, in ogni caso, la recisione dei rami protesi e delle radici addentrate, di detti alberi, sul proprio fondo – aveva negato l’applicabilità degli artt. 892 e 894 cod. civ., per essere l’albero di carrubo esistente da oltre cinquant’anni, per non sussistere i lamentati danni, per l’esistenza sulla zona di vincoli paesaggistici, e aveva disposto per la potatura del carrubo a cura della convenuta e, se necessario, per l’installazione di una rete atta a evitare la caduta di foglie e frutti;

 

che dalla consulenza tecnica di ufficio disposta in primo grado risultava che due pini erano piantati a metri 2,40 e metri 2,20 dal confine, e che il carrubo era stato piantato da oltre cinquant’anni;

 

che, su tali premesse, il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, ha ritenuto di sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 894  cod. civ., applicabile nella specie – fatta salva la servitù di mantenimento a distanza non legale per l’albero ultracinquantenario – in quanto la norma, contenendo una disposizione in ogni caso inderogabile, sarebbe espressione di anacronistica concezione individuale della proprietà, e si porrebbe, pertanto, in contrasto con la sua funzione sociale e con la tutela del paesaggio inteso come forma del territorio comprensiva delle manipolazioni umane, nonché in contrasto con il principio di eguaglianza, stante la discriminazione verso i proprietari di alberi di valore paesaggistico;

 

che lo stesso giudice ha sollevato altresì la questione di legittimità costituzionale dell’art. 896 cod. civ., in quanto la potatura poteva provocare la morte del carrubo, pianta di valore paesaggistico;

 

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione.

 

Considerato che il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 894 e 896 cod. civ. nella parte in cui consentono, rispettivamente, l’estirpazione di alberi piantati a distanza dal confine minore della distanza legale, pur aventi pregio paesaggistico, e in ogni caso la recisione di rami protesi e di radici addentrate nel fondo vicino, per violazione della tutela del paesaggio (art. 9 della Costituzione), della funzione sociale della proprietà (art. 41, –recte: 42 –, della Costituzione), e del principio di uguaglianza, per disparità di trattamento tra proprietari di alberi con valore paesaggistico e proprietari di alberi privi di valore paesaggistico (art. 3 della Costituzione);

 

che l’inesattezza nell’indicazione del parametro costituzionale (art. 41 anziché 42) non preclude l’esame della questione, dovendosi, quando i termini della stessa, come nella specie, risultino sufficientemente chiari, procedere a rettificare l’indicazione erronea (ordinanze n. 5 del 1998 e n. 476 del 1994);

 

che in ordine alla questione sollevata sull’art. 896 cod. civ., fermo restando che per i due pini non è stato prospettato il pregio paesaggistico, essa riguarda la recisione di rami e radici dell’unico albero di pregio;

 

che la zona in cui insistono gli alberi di pregio risulta – per darne atto lo stesso rimettente – gravata da vincolo paesaggistico, onde l’esecuzione dell’eventuale ordine del giudice civile, di espianto, o di recisione di rami e radici, è condizionata dalla necessaria verifica di compatibilità con le esigenze di tutela ambientale da parte dell’autorità amministrativa;

 

che in definitiva ben può il giudice applicare la legge di sua competenza (art. 894 e 896 cod. civ.), regolando i rapporti di vicinato, poiché resta fermo che le esigenze pubblicistiche, connesse a interessi diversi da quelli privatistici, trovano tutela nell’opportuna sede;

 

che la salvaguardia dei valori che ad avviso del rimettente trascendono la tutela del diritto dominicale, è estranea alla norma codicistica denunciata, essendo demandata alla normativa di settore, attuativa del valore costituzionale del paesaggio, invocato dal ricorrente;

 

che di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale riguardante gli artt. 894 e 896 cod. civ. è manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 894 e 896 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 9 e 42 della Costituzione, dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, con l’ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.

 

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

 

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004.