ORDINANZA N. 88
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli da 124 a 137 del decreto-legge luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908), e dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con due ordinanze del 15 ottobre 2013 ed una del 20 gennaio 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 41, 42 e 134 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15 e 36, prima serie speciale, dell’anno 2014.
Visti gli atti di costituzione delle società Crescenti Costruzioni srl e Madonna Nuova srl, in liquidazione;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
udito l’avvocato Antonio Saitta, per le società Crescenti Costruzioni srl e Madonna Nuova srl, in liquidazione.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con tre ordinanze di analogo tenore, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 della Costituzione e 14, primo comma, lettere f) ed s), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, questioni di legittimità costituzionale degli articoli da 124 a 137 del decreto-legge luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908), nonché, in riferimento all’art. 76 Cost., dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246);
che le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate nel corso di giudizi instaurati per l’annullamento: di provvedimenti amministrativi aventi ad oggetto l’indizione di gare per l’aggiudicazione di comparti edificatori relativi a determinati isolati «ai sensi degli artt. 127 e ss. del TU 19 agosto 1917, n. 1399» (giudizi iscritti al reg. ord. n. 41, n. 42 e n. 134 del 2014); di determinazioni dirigenziali di approvazione di «atti di stima» di immobili ricadenti nei suddetti comparti edificatori (giudizi iscritti al reg. ord. n. 42 e n. 134 del 2014); di provvedimenti di espropriazione e di occupazione permanente di aree nonché di approvazione di piani di divisione in comparti edificatori (giudizio iscritto al reg. ord. n. 134 del 2014);
che, secondo i rimettenti, in punto di rilevanza, i ricorsi non potrebbero essere decisi «senza sollevare questione di legittimità costituzionale degli articoli da 124 a 137 compresi nel D.L.Lgt. 1399/1917, nonché dell’art. 1, comma 2, del D. Lgs. 179/2009, nella parte in cui sottrae il D.L.Lgt. 1399/1917 all’effetto abrogativo di cui all’articolo 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200»;
che, per i giudici a quibus, da un lato, il dato testuale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 179 del 2009 – oltre che «l’orientamento stabile» assunto dalla giurisprudenza pur dopo la legge regionale siciliana 27 dicembre 1978, n. 71 (Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica), che avrebbe disciplinato l’istituto del comparto edificatorio nell’ambito dell’ordinamento siciliano – osterebbe alla decisione di ritenere abrogato il d.l. lgt. n. 1399 del 1917; dall’altro lato, alcune delle censure contenute nei ricorsi presupporrebbero proprio l’applicazione del d.l. lgt. n. 1399 del 1917;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, i giudici rimettenti dubitano, in primo luogo, della compatibilità delle norme impugnate con il principio di ragionevolezza, prospettando un «[e]ccesso di potere legislativo per irragionevolezza», giacché l’utilizzo di una norma emergenziale risalente al 1917, ai fini della gestione dell’attuale assetto urbanistico, sarebbe intrinsecamente irragionevole, «in considerazione della natura temporanea ed “a termine” delle norme di natura emergenziale», oltre che del «mutato assetto urbanistico ed edilizio della Città di Messina e degli intervenuti mutamenti dell’ordinamento giuridico»;
che, per giustificare una deroga sine die alla legislazione ordinaria, non sarebbero sufficienti le esigenze di snellimento procedurale rispetto alla legislazione successiva in materia di comparti edificatori, di cui all’art. 23 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), ed all’art. 11 della legge regionale siciliana n. 71 del 1978;
che, sempre a giudizio dei rimettenti, tale irragionevolezza non potrebbe essere superata dalla «sottrazione all’effetto abrogativo» del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 – originariamente previsto dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 (Misure urgenti in materia di semplificazione normativa), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 18 febbraio 2009, n. 9 – «operata a mezzo dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179 (cd. decreto “salvaleggi”)»;
che, infatti, la sottrazione all’effetto abrogativo non sarebbe avvenuta per una valutazione in concreto della indispensabilità delle norme, ma in considerazione del fatto che l’art. 14, comma 17, lettera a), della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), prescrive la permanenza in vigore delle disposizioni contenute, tra l’altro, in ogni testo normativo – quale appunto quello in esame – recante «nell’epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico»;
che i giudici a quibus dubitano, altresì, della compatibilità delle norme censurate del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 con l’art. 14, primo comma, lettere f) ed s), dello statuto siciliano, che attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva in materia di «urbanistica» e di «espropriazione per pubblica utilità»;
che, a parere dei rimettenti, la Regione siciliana avrebbe disciplinato, a mezzo dell’art. 11 della legge regionale n. 71 del 1978, la materia della formazione dei comparti edificatori con previsioni «radicalmente diverse da quelle degli artt. 124 e ss. del D.L.Lgt. 1399/1917», sicché, per il principio della «naturale cedevolezza» delle norme della legge ordinaria statale rispetto alle successive disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, la legge regionale n. 71 del 1978 ben potrebbe essere considerata direttamente applicabile alla formazione dei comparti della città di Messina, ma a ciò osterebbe il «diritto vivente» orientatosi nel senso contrario della perdurante vigenza del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 (sono citate: la sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, 3 dicembre 1990, n. 11552; la sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, 12 gennaio 1988, n. 133; la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 28 gennaio 1993, n. 8);
che, con riferimento all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 179 del 2009, i giudici a quibus prospettano la violazione dei limiti imposti per l’esercizio della delega, ritenendo che la sottrazione del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 all’effetto abrogativo (disposto dal d.l. n. 200 del 2008, come convertito), operata dalla norma censurata, sia legata non ad una valutazione in concreto della indispensabilità delle norme, ma alla circostanza che l’art. 14, comma 17, lettera a), della legge n. 246 del 2005, prescriveva la permanenza in vigore delle disposizioni contenute in ogni altro testo normativo recante «nell’epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico», laddove il precedente comma 14 dell’art. 14 della medesima legge delega imponeva al Governo di escludere, nell’individuare le disposizioni legislative statali pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970 ritenute ancora indispensabili, quelle che avessero «esaurito la loro funzione» o fossero «prive di effettivo contenuto normativo» o «comunque obsolete»;
che nei giudizi sono intervenute le società Crescenti Costruzioni srl e Madonna Nuova srl, in liquidazione, parti costituite nei giudizi a quibus, sostenendo l’infondatezza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale e prospettando, in via preliminare, l’inammissibilità delle stesse;
che, in particolare, secondo le intervenienti, le ordinanze di rimessione nulla riferiscono in ordine alle controversie che, dinanzi ai giudici a quibus, hanno dato origine alle questioni di legittimità costituzionale, rendendo impossibile qualsivoglia accertamento sulla rilevanza e, in particolare, sul necessario rapporto di pregiudizialità tra la soluzione delle sollevate questioni di legittimità costituzionale e la definizione dei giudizi;
che l’inammissibilità deriverebbe anche dal fatto che i rimettenti hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale in riferimento «a ben tredici articoli» del d.l. lgt. n. 1399 del 1917, senza che sia possibile evincere quale di questi debba essere concretamente applicato alla fattispecie;
che, quanto al merito, secondo le intervenienti le censure sollevate dai giudici a quibus contrasterebbero con il divieto di sindacare la discrezionalità del legislatore, in quanto l’intero d.l. lgt. n. 1399 del 1917 sarebbe stato inserito nell’Allegato 2 al d.lgs. n. 179 del 2009 su espressa richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero degli interni, con una scelta del tutto consapevole del legislatore delegato, in forza della creazione, ad opera del testo unico del 1917, di un modello particolare di comparto edificatorio, che non potrebbe essere considerato espressione di una normativa solo emergenziale, quanto piuttosto frutto di una legge speciale riferita a due centri urbani – città di Messina e Reggio Calabria – organicamente riprogettati dopo la distruzione comune del 1908 e (non ancora) completamente ricostruiti;
che, con riferimento al parametro statutario evocato, le intervenienti hanno contestato l’esistenza di un “diritto vivente” nel senso indicato dai rimettenti;
che, quanto al prospettato eccesso di delega che vizierebbe l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 179 del 2009, il d.l. lgt. n. 1399 del 1917, secondo le intervenienti, rientrerebbe perfettamente nella previsione del comma 17 dell’art. 14 della legge delega n. 246 del 2005, che impone al legislatore delegato di mantenere in vita i testi unici, senza necessità di accertare alcun requisito di indispensabilità.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con tre ordinanze di analogo tenore, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 della Costituzione e 14, primo comma, lettere f) ed s), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, questioni di legittimità costituzionale degli articoli da 124 a 137 del decreto-legge luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908), nonché, in riferimento all’art. 76 Cost., dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246);
che, quanto alle censure rivolte agli articoli da 124 a 137 del d.l. lgt. n. 1399 del 1917, i giudici rimettenti dubitano, in primo luogo, della compatibilità delle disposizioni censurate con il principio di ragionevolezza, giacché intrinsecamente in contrasto con tale principio sarebbe l’utilizzo di una norma emergenziale risalente al 1917, ai fini della gestione dell’attuale assetto urbanistico ed edilizio della città di Messina;
che, in secondo luogo, i giudici a quibus dubitano della compatibilità delle stesse disposizioni del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 con l’art. 14, primo comma, lettere f) ed s), dello statuto siciliano, che attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva in materia di «urbanistica» e di «espropriazione per pubblica utilità», competenza di cui la Regione siciliana avrebbe fatto uso, disciplinando, a mezzo dell’art. 11 della legge regionale siciliana 27 dicembre 1978, n. 71 (Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica), la materia della formazione dei comparti edificatori, con previsioni diverse da quelle degli artt. 124 e seguenti del d.l. lgt. n. 1399 del 1917;
che, con riferimento all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 179 del 2009, i giudici a quibus lamentano la violazione dei limiti imposti per l’esercizio della delega, e quindi dell’art. 76 Cost., ritenendo che la sottrazione del d.l. lgt. n. 1399 del 1917 all’effetto abrogativo (disposto dal decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, recante «Misure urgenti in materia di semplificazione normativa», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 18 febbraio 2009, n. 9), operata dalla norma censurata, sia legata non ad una valutazione in concreto della indispensabilità delle norme, ma alla mera circostanza che l’art. 14, comma 17, lettera a), della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), prescriva la permanenza in vigore delle disposizioni contenute in testi normativi recanti «nell’epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico»; mentre il precedente comma 14 dell’art. 14 della medesima legge delega, nell’individuare le disposizioni legislative statali da mantenere in vigore, imporrebbe al Governo di escludere quelle che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o risultino comunque obsolete (lettera b);
che le tre ordinanze di rimessione sollevano identiche questioni, sicché i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;
che le descritte questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente inammissibili, per due assorbenti ragioni;
che, in primo luogo, ciascuna delle ordinanze di rimessione elenca una serie di provvedimenti amministrativi impugnati, senza illustrarne lo specifico contenuto e senza indicare il titolo di legittimazione che fonda l’interesse dei privati ad impugnarli;
che, nell’ambito del d.l. lgt. n. 1399 del 1917, i censurati articoli da 124 a 137 recano «Norme speciali per i comparti del piano regolatore di Messina», e delineano una complessa procedura volta a facilitare la ricostruzione delle aree di quella città distrutte dal terremoto del 1908;
che tale procedura è scandita in fasi e ricomprende specifiche disposizioni dedicate all’espropriazione e alla riassegnazione dei beni compresi nel comparto, ma nessuna delle ordinanze di rimessione chiarisce in quale fase di tale procedura ha origine il contenzioso oggetto di ciascuno dei giudizi a quibus;
che le evidenziate lacune rendono perciò impossibile verificare se le disposizioni censurate debbano essere effettivamente applicate per definire i giudizi principali e se le ragioni esposte a sostegno del dubbio di costituzionalità abbiano attinenza con l’oggetto di ciascuno dei medesimi giudizi;
che, dunque, tutte le ordinanze di rimessione risultano carenti in punto di descrizione delle fattispecie concrete oggetto dei ricorsi che danno origine ai giudizi principali;
che tale carenza si traduce in un difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, con conseguente manifesta inammissibilità di queste ultime (ex plurimis, tra le ultime, sentenze n. 241 e n. 185 del 2015, n. 98 del 2014; ordinanze n. 25 del 2016, n. 270, n. 209, n. 207, n. 162, n. 161, n. 147, n. 121, n. 104, n. 90 e n. 36 del 2015), del resto espressamente eccepita – proprio per questa ragione – dalle parti private intervenute;
che, in secondo luogo, tutte le ordinanze di rimessione dubitano della legittimità costituzionale di un gruppo di disposizioni (ben quindici) contenute nel d.l. lgt. n. 1399 del 1917, le quali vengono censurate in blocco, senza una distinta disamina dei loro rispettivi contenuti, nonostante esse disciplinino, come già evidenziato, differenti fasi della procedura speciale dettata, per i comparti del piano regolatore della città di Messina, in vista della ricostruzione successiva al terremoto del 1908;
che, in tal modo, i rimettenti utilizzano i giudizi a quibus come mere occasioni per contestare la legittimità costituzionale di un intero settore della normativa recata dal d.l. lgt. n. 1399 del 1917, ma, così facendo, omettono del tutto di individuare – come è invece loro onere, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 218 del 2014; ordinanze n. 101 del 2015, n. 21 del 2003, n. 337 del 2002 e n. 97 del 2000) – le singole disposizioni, o parti di esse, la cui presenza nell’ordinamento determinerebbe la lamentata violazione dei parametri costituzionali e statutari evocati;
che, anche sotto questo profilo, si evidenzia un insuperabile difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni sollevate, cui consegue la manifesta inammissibilità delle stesse, come espressamente eccepito – pure per questa ragione – dalle parti private intervenute.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli articoli da 124 a 137 del decreto-legge luogotenenziale 19 agosto 1917, n. 1399 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge emanate in conseguenza del terremoto del 28 dicembre 1908), in riferimento agli artt. 3 della Costituzione e 14, primo comma, lettere f) ed s), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), in riferimento all’art. 76 Cost., sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2016.