ORDINANZA N. 207
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1287, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), promosso dal Giudice di pace di Verbania nel procedimento vertente tra R.M.T. e il Ministero dell’economia e delle finanze − Ragioneria territoriale dello Stato di Novara, Verbano, Cusio-Ossola, con ordinanza del 14 agosto 2014, iscritta al n. 252 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2015 il Giudice relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, con ordinanza del 14 agosto 2014, il Giudice di pace di Verbania ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1287, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), nella parte in cui non estende ai cittadini italiani il beneficio della irripetibilità delle somme erogate a norma dell’art. 1, commi 331 e 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2006), «ovvero nella parte in cui non ammette la ripetibilità di somme da chiunque indebitamente percepite senza distinzione di cittadinanza»;
che il giudice rimettente deduce di essere stato investito dell’opposizione ad una ingiunzione di pagamento «emessa dalla Ragioneria Generale dello Stato di Novara/Verbania» per la restituzione, in mancanza dei previsti requisiti, della somma di euro 1.000,00 oltre accessori, relativa alla percezione del cosiddetto “bonus bebè”, di cui all’art. 1, comma 331, della legge n. 266 del 2005;
che l’opponente eccepiva l’irripetibilità della somma sulla base della norma denunciata, deducendo che la relativa previsione, ancorché stabilita per i soli cittadini extracomunitari, dovesse, invece, trovare applicazione anche nei suoi confronti;
che, escludendo la possibilità di un’interpretazione adeguatrice, il giudice a quo riteneva di dover, dunque, sollevare questione di legittimità costituzionale, in quanto la disposizione denunciata determinerebbe «una disparità di trattamento ingiustificata e illogica» nei confronti dei cittadini italiani che, come tali, «devono invece restituire le somme eventualmente e indebitamente percepite»;
che la questione sarebbe rilevante in quanto, in caso di accoglimento, il giudice dovrebbe «ritenere irripetibile la somma richiesta con l’ingiunzione impugnata e accogliere il ricorso. Nel caso contrario, invece, il ricorso dovrebbe essere rigettato»;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, la norma censurata, oltre a generare una disparità di trattamento in favore dei cittadini extracomunitari, risulterebbe, a contrario, irragionevole per il fatto che il soggetto che abbia percepito indebitamente il contributo «non debba restituirlo perché è cittadino extracomunitario, così privando lo Stato di recuperare una somma erogata indebitamente a soggetto che non ne aveva i requisiti per percepirla, in violazione di specifiche norme di legge»;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto dichiararsi manifestamente infondata la proposta questione;
che, come si evince dalla lettura degli atti parlamentari, essendo le comunicazioni per la riscossione del “bonus bebè” state inviate anche a soggetti extracomunitari ed avendo gli uffici postali provveduto a consegnare le somme relative anche a questi, alcuni di essi furono sottoposti a procedimento penale per i reati di truffa aggravata e di falso ideologico in atto pubblico;
che la norma sarebbe stata, dunque, introdotta allo scopo di «porre fine alla situazione che, a causa delle difficoltà applicative della disciplina, si era venuta a creare nei confronti dei soggetti extracomunitari»;
che sarebbe, pertanto, da escludere qualsiasi irragionevole discriminazione, apparendo la scelta del legislatore fondata su «una causa “normativa” non irrazionale né, certamente, arbitraria»;
che, d’altra parte, malgrado la genericità della formulazione della norma denunciata, non sarebbe persuasiva la tesi, prospettata dal giudice rimettente, nel senso «di una assoluta irripetibilità delle somme quando il soggetto extracomunitario difetti (anche) di un requisito diverso dalla cittadinanza», ponendosi tale opzione ermeneutica «in contrasto con il diritto-dovere della Pubblica amministrazione di ripetere, ai sensi dell’art. 2033 c.c., le somme indebitamente erogate».
Considerato che il Giudice di pace di Verbania ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1287, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), nella parte in cui non estende ai cittadini italiani il beneficio della irripetibilità delle somme erogate a norma dell’art. 1, commi 331 e 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2006), «ovvero nella parte in cui non ammette la ripetibilità di somme da chiunque indebitamente percepite senza distinzione di cittadinanza»;
che, nel sollevare la questione, il giudice rimettente si limita a riferire, in punto di fatto, che la ricorrente ha impugnato un’ingiunzione di pagamento relativa alla restituzione della somma erogata ai sensi di cui all’art. 1, comma 331, della richiamata legge n. 266 del 2005, senza nulla precisare a proposito, sia delle ragioni per le quali la ricorrente medesima sarebbe priva dei requisiti prescritti, sia delle pretese sulla cui base il ricorso è stato proposto, venendo così meno all’obbligo di fornire un’adeguata descrizione dei fatti di causa e delle motivazioni della domanda fatta valere, indispensabile ai fini dello scrutinio in ordine alla rilevanza della questione sollevata (ex plurimis, ordinanze n. 52 del 2015, n. 183 e n. 176 del 2014);
che, d’altra parte, l’ordinanza di rimessione prospetta il petitum in forma ancipite, proponendo quesiti collegati da un nesso di irrisolta alternatività;
che, infatti, sollecitando una pronuncia additiva, il giudice rimettente censura la disposizione, da un lato, «nella parte in cui non estende ai cittadini italiani il beneficio della irripetibilità delle somme erogate a norma dell’art. 1 commi 331 e 333 della Legge 266/2005» e, dall’altro lato, in alternativa («ovvero»), «nella parte in cui non ammette la ripetibilità di somme da chiunque indebitamente percepite senza distinzione di cittadinanza»;
che le due soluzioni additate risultano, peraltro, oltre che fra loro alternative, addirittura concettualmente antitetiche;
che, infatti, adottando la prima soluzione, il beneficio della irripetibilità verrebbe esteso anche nei confronti dei “non stranieri” e, adottando la seconda, esso verrebbe, invece, eliminato nei confronti di tutti, dunque anche degli stranieri, senza, per di più, in questo secondo caso, che la soluzione possa risultare utile nel giudizio principale, essendo stata la ricorrente verosimilmente intimata della restituzione per ragioni diverse da quelle della cittadinanza;
che, d’altra parte, la disposizione oggetto di censura appare adottata, in deroga al generale principio della ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 del codice civile, allo scopo − come traspare dai lavori parlamentari − di salvaguardare la buona fede di quanti, pur privi del requisito della cittadinanza, erano stati indotti a richiedere la concessione del beneficio sulla base di una lettera del Presidente del Consiglio dei ministri nella quale si segnalava il diritto alla percezione del relativo “bonus”;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non possono essere assunte quali tertia comparationis – come è stato fatto dal giudice rimettente in riferimento all’unico parametro di cui all’art. 3 Cost. sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento tra cittadini e stranieri – disposizioni eccezionali o derogatorie di princìpi generali (fra le tante, la sentenza n. 225 del 2014 e l’ordinanza n. 49 del 2013), quale, nella specie, il già richiamato principio sancito all’art. 2033 cod. civ.;
che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1287, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Verbania con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 ottobre 2015.