Ordinanza n. 269 del 2008

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 269

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco          BILE        Presidente

- Giovanni Maria  FLICK         Giudice

- Francesco       AMIRANTE          "

- Ugo             DE SIERVO         "

- Paolo           MADDALENA         "

- Alfio           FINOCCHIARO       "

- Franco          GALLO             "

- Luigi           MAZZELLA          "

- Gaetano         SILVESTRI         "

- Sabino          CASSESE           "

- Maria Rita      SAULLE            "

- Giuseppe        TESAURO           "

- Paolo Maria     NAPOLITANO        "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promosso con ordinanza depositata il 9 agosto 2007 dal Tribunale ordinario di Roma nel procedimento civile vertente tra il condominio di piazza Annibaliano, n . 4, ed il Comune di Roma, iscritta al n. 814 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 2008.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio del 25 giugno 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.

    Ritenuto che nel corso di un giudizio, nel quale un contribuente aveva proposto opposizione avverso un avviso di pagamento, notificatogli dal Comune di Roma, relativo ad una somma dovuta a titolo di canone di occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche (COSAP) per l'anno 2005, il Tribunale ordinario di Roma, con ordinanza depositata il 9 agosto 2007, ha sollevato, in riferimento agli artt. 102, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità dell'art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui stabilisce, nel secondo periodo del comma 2, che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del suddetto canone;

    che il Tribunale rimettente premette, in punto di fatto, che: a) il contribuente ha chiesto - oltre alla declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità del citato art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 per violazione degli artt. 3, 24, 25, 102, 103 Cost. e VI disposizione transitoria della Costituzione - che venga dichiarata «l'infondatezza», totale o parziale, della pretesa al pagamento di una somma a titolo di COSAP, avanzata dal Comune convenuto con l'avviso impugnato; b) il Comune di Roma, costituitosi in giudizio, ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adíto, essendo la controversia devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie in forza del novellato art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992;

    che il giudice a quo premette altresí, in punto di diritto, che: a) le commissioni tributarie sono organi aventi natura giurisdizionale «compatibili» con il dettato costituzionale, essendo preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione (richiama, al riguardo, le sentenze n. 50 del 1989; n. 21 del 1986; n. 196 del 1982; n. 63 del 1982; n. 215 del 1976; n. 287 del 1974; nonché le ordinanze n. 144 del 1998; n. 351 del 1995 della Corte costituzionale); b) la loro giurisdizione è limitata alle «controversie tributarie» e ciò «costituisce garanzia di compatibilità con il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali» (richiama, in proposito, la menzionata ordinanza n. 144 del 1998 della Corte costituzionale); c) «la natura strettamente tributaria della prestazione che costituisce oggetto della controversia» è, dunque, limite «intrinseco ed invalicabile» della giurisdizione di dette commissioni, come più volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (ordinanze n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006) e da quella di legittimità (ordinanze n. 7388 del 2007; n. 20067 del 2006; n. 16776 del 2005);

    che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il rimettente afferma, sulla base delle indicate premesse, che la disposizione censurata - nello stabilire che «appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni» - attribuisce alla cognizione delle commissioni tributarie controversie aventi ad oggetto prestazioni che, secondo la giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione (sentenze n. 20067 del 2006; n. 14864 del 2006; n. 1239 del 2005; n. 5462 del 2004; n. 12167 del 2 003) e secondo la prassi amministrativa (Ministero delle finanze, circolare n. 256/E/I/166.089 del 3 novembre 1998; Agenzia delle entrate, risoluzione n. 25/E del 5 febbraio 2003), non hanno natura tributaria, inerendo a diritti soggettivi rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario;

    che il fatto stesso che la disposizione censurata attribuisca espressamente alla giurisdizione del giudice tributario la cognizione delle controversie in tema di COSAP costituisce, secondo il giudice rimettente, «una evidente dimostrazione della natura non tributaria del canone in questione», perché, qualora detto canone avesse avuto già in precedenza natura tributaria, «il legislatore nel dicembre 2005 non avrebbe avuto alcuna necessità di attribuire espressamente le relative controversie al giudice tributario, al quale esse sarebbero spettate in base alla previsione generale dell'art. 12 della legge n. 448/2001 che [.] ha esteso la giurisdizione tributaria a "tutte le controversie avent i ad oggetto i tributi di ogni genere e specie" e [.] "comunque denominati"»;

    che, per il giudice a quo, la norma denunciata comporta, dunque, la violazione sia del divieto di istituzione di nuovi giudici speciali (art. 102, secondo comma, Cost.), sia del principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, Cost.), perché attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario controversie relative a diritti estranee alla "materia tributaria", sottraendole al proprio "giudice naturale", cioè a quello ordinario;

    che, per lo stesso giudice a quo, tali dubbi di costituzionalità non sono superati dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione;

    che, in particolare, la sentenza di detta Corte n. 2888 del 2006, nel prendere atto della «tendenza espansiva dell'ambito della giurisdizione tributaria», ha affermato che detta giurisdizione non incontra «precisi limiti costituzionali, fatto salvo in ogni caso il principio di ragionevolezza»;

    che tale orientamento, secondo il giudice rimettente, non è condivisibile, perché la discrezionalità del legislatore nella configurazione del riparto fra giurisdizioni «non è affatto illimitata», ma incontra precisi limiti in Costituzione (come si desume dalla giurisprudenza costituzionale: sentenza n. 204 del 2004; ordinanze n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006; n. 144 del 1998);

    che, ad avviso del giudice a quo, non può condividersi neppure la sentenza della Corte di cassazione n. 4895 del 2006, la quale, sul presupposto che i "canoni" indicati nella disposizione censurata, al pari di quelli previsti dalla tariffa di igiene ambientale (TIA), «attengono tutti ad entrate che in precedenza rivestivano indiscussa natura tributaria», ha ritenuto manifestamente infondata una analoga questione di legittimità costituzionale in tema di giurisdizione tributaria sulla TIA;

    che, infatti, per il rimettente, tale pronuncia: a) si fonda su un'argomentazione che «si risolve in una petizione di principio (i canoni de quibus sarebbero oggi tributi solo perché lo erano in passato)»; b) si pone in contrasto con un'altra pronuncia delle sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza n. 3274 del 2006, in tema di tariffa per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani); c) postula che una norma processuale attributiva della giurisdizione su determinate controversie possa modificare la natura giuridica sostanziale delle prestazioni oggetto di quelle ste sse controversie, mentre, per quanto riguarda in particolare la giurisdizione delle Commissioni tributarie, «la natura necessariamente [.] tributaria della prestazione costituente oggetto della controversia deve precedere la norma processuale che attribuisce la giurisdizione alle commissioni tributarie»;

    che, infine, quanto alla rilevanza, il Tribunale di Roma osserva che qualunque decisione - «compresa quella relativa all'istanza di sospensione» - «non può prescindere dall'eccezione di difetto di giurisdizione» sollevata dal convenuto e che la fondatezza di tale eccezione dipende dall'applicabilità, nel giudizio principale, della disposizione censurata;

    che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio ed ha chiesto dichiararsi l'infondatezza delle sollevate questioni;

    che, nel merito, la difesa erariale afferma che: a) «Un ampliamento della competenza delle Commissioni Tributarie non equivale ad istituzione di un nuovo giudice speciale»; b) «l'intervenuta revisione non vincola il legislatore ordinario a mantenere immutati nell'ordinamento e nel funzionamento le Commissioni Tributarie come già revisionate»; c) «Non può dirsi che la mera attribuzione della competenza a conoscere dei canoni di concessione per l'occupazione dei suoli pubblici snaturi le competenze originarie delle Commissioni: tale competenza si aggiunge a quella relativa alla materia propriamente tributaria, in una logica di sistema che considera la natura pubblicistica dell'entrata la qu ale, pur non essendo "stricto sensu" tributaria, è certamente "fiscale" ed altrettanto certamente non è "privatistica", retta, come è, da principi e regole non dissimili da quelli che presiedono la "tassa"».

    Considerato che il Tribunale ordinario di Roma dubita, in riferimento agli artt. 102, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, della legittimità dell'art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui stabilisce, nel secondo periodo del comma 2, che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubblici (COSAP);

    che questa Corte, con la sentenza n. 64 del 2008, successiva alla pronuncia dell'ordinanza di rimessione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di detto art. 2, comma 2, secondo periodo, proprio nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni»;

    che, una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale - a séguito della citata sentenza - della denunciata norma attributiva alla giurisdizione tributaria delle controversie in tema di canone per l'occupazione di spazi ed aree pubblici (COSAP), la questione di costituzionalità relativa alla medesima norma, sollevata dal rimettente Tribunale ordinario di Roma, è divenuta priva di oggetto e, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;

    che a tale conclusione si giunge in considerazione del fatto che la questione in esame riguarda la stessa norma già dichiarata incostituzionale con la richiamata sentenza n. 64 del 2008 e quindi, in forza dell'efficacia ex tunc di tale pronuncia di illegittimità, è preclusa al giudice a quo una nuova valutazione della perdurante rilevanza della sollevata questione, valutazione che sola potrebbe giustificare la restituzione degli atti al giudice rimettente (ex multis, ordinanze n. 290 e n. 34 del 2002; n. 575 del 2000; n. 525 del 1995; n. 233 del 1995; n. 171 del 1992; n. 246 del 1991).

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dice mbre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - sollevata, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 102, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2008.