ORDINANZA N. 171
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, n. 31, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e 195, terzo e quarto comma, del codice di procedura penale, in relazione all'art.512 dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 21 ottobre 1991 dal Pretore di Bergamo nel procedimento penale a carico di Borella Francesca, iscritta al n. 718 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1991;
udito nella camera di consiglio del 18 marzo 1992 il Giudice relatore Mauro Ferri.
Ritenuto che il Pretore di Bergamo, con ordinanza del 21 ottobre 1991, ha sollevato questione di legittimità costituzionale "degli artt.2, n.31, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, e 195, quarto e terzo comma, in relazione all'art. 512 del codice di procedura penale, nella parte in cui vietano agli ufficiali di polizia giudiziaria, a differenza di qualunque altro teste, di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, nonchè nella parte in cui non consentono, in caso di impossibilità di ripetizione della deposizione per acquisizione della qualità di imputato, di dare lettura delle dichiarazioni assunte dalla polizia giudiziaria, per contrasto con gli artt. 3, 102 e 112 della Costituzione";
che, ad avviso del giudice a quo, il divieto assoluto per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni (art. 195, quarto comma, del codice di procedura penale) viola il principio di ragionevolezza e di uguaglianza (art. 3 della Costituzione), nonchè quelli dell'effettività di procedura penale) viola il principio di ragionevolezza e di uguaglianza (art. 3 della Costituzione), nonchè quelli dell'effettività dell'esercizio della funzione giurisdizionale e dell'obbligatorietà dell'azione penale (artt. 102 e 112 della Costituzione), e ciò riverbera la propria incostituzionalità anche sull'art. 512 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente la lettura delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria qualora, per la sopravvenuta ed imprevedibile assunzione della qualità di imputato da parte del teste, si è verificata l'irripetibilità dell'atto, dovuta alla facoltà dell'imputato stesso di non rispondere.
Considerato che questa Corte, con sentenza n. 24 del 1992, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 195, quarto comma, del codice di procedura penale, nonchè dell'art. 2, n. 31, secondo periodo, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, nella parte in cui vieta la utilizzazione agli effetti del giudizio, attraverso testimonianza della stessa polizia giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni;
che una volta caducato - a seguito della citata sentenza - il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, deve ritenersi che la seconda questione sollevata dal remittente, relativa all'art. 512 del codice di procedura penale, come si evince dalla sua stessa prospettazione non abbia più ragion d'essere.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 195, quarto comma, del codice di procedura penale, e 2, n. 31, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 102 e 112 della Costituzione, dal Pretore di Bergamo con l'ordinanza in epigrafe, norme già dichiarate illegittime (la seconda nella parte indicata in motivazione) con sentenza n. 24 del 1992.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30/03/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 8 aprile del 1992.