SENTENZA N.50
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giovanni CONSO, Presidente
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), in relazione all'art. 128 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1988 dalla Commissione Tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Ciana Silvio contro l'Ufficio Imposte Dirette di Verbania, iscritta al n. 357 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Udito nell'udienza pubblica del 13 dicembre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.
Considerato in diritto
1.-La Commissione Tributaria di primo grado di Verbania dubita della legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui, escludendo l'applicabilità al procedimento davanti alle Commissioni Tributarie dell'art. 128 del codice di procedura Commissioni Tributarie dell'art. 128 del codice di procedura civile, impedisce la pubblicità dell'udienza, in violazione del l'art. 101, primo comma, della Costituzione, inteso ad assicurare il controllo dell'opinione pubblica su tutte le manifestazioni della sovranità dello Stato.
2. - La questione é fondata.
Questa Corte da tempo (sentenza n. 287 del 1974) ha affermato il carattere di organo giurisdizionale delle Commissioni Tributarie per struttura, funzioni e finalità, e la giurisdizionalità del procedimento che si svolge dinanzi alle stesse, specie a seguito della riforma del contenzioso tributario di cui alla legge 9 ottobre 1971, n. 825, ed al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.
Conseguentemente, poi (sentenza n. 212 del 1986), ha ritenuto l'applicabilità anche ai detti giudizi della regola della pubblicità delle udienze la quale, espressione di civiltà giuridica, é prevista in vari atti internazionali (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950: art. 6; e ratificata con legge n. 848 del 1955; Patto internazionale di New York relativo ai diritti civili e politici: art. 14; adottato il 16 dicembre 1966 e ratificato con legge n. 881 del 1977; protocolli sullo Statuto della Corte di Giustizia annessi ai trattati CECA, CEE ed EURATOM: artt. 28 e 29).
Alla detta regola si da ampio spazio negli ordinamenti democratici fondati, come il nostro, sulla sovranità popolare.
Già si era detto (sentenza n. 12 del 1971) che, trovando fondamento l'amministrazione della giustizia nella sovranità popolare, in base al precetto costituzionale dell'art. 101, primo comma, della Costituzione, doveva ritenersi implicita nei principi costituzionali che disciplinano l'esercizio della giurisdizione, la regola generale della pubblicità dei dibattimenti giudiziari, la quale, peraltro, può subire eccezioni in riferimento a determinati procedimenti, quando abbiano obiettiva e razionale giustificazione.
Ma, per i procedimenti tributari, l'eccezione non può ritenersi sorretta da siffatte giustificazioni: anzi, in base all’ art. 53 della Costituzione, l'imposizione tributaria e soggetta al canone della trasparenza, i cui effetti riguardano anche la generalità dei cittadini, nonché ai principi di universalità ed eguaglianza, onde la posizione del contribuente non e esclusivamente personale e non e tutelabile con il segreto.
La generale conoscenza delle controversie tributarie può giovare alla concreta attuazione del sistema tributario e concorre a ridurre il numero degli inadempimenti e degli evasori in genere.
Lo stesso Governo, in occasione del decreto correttivo n. 739 del 1981, aveva formulato una norma diretta all'introduzione della regola della pubblicità, ma la modifica, nonostante il parere favorevole della Commissione parlamentare, non trovo accoglimento in sede di formulazione definitiva del testo legislativo.
La sentenza n. 212 del 1986 di questa Corte conteneva l'invito al legislatore a provvedere; invito successivamente ribadito nell' ordinanza n. 378 del 1988.
Il Ministro delle Finanze ha presentato un disegno di legge (n. 1298) di modifica dell'impugnato art. 39 nel senso di eliminare l'esclusione dell'applicabilità dell'art. 128 del codice di procedura civile (pubblicità delle udienze) ai procedimenti tributari proprio al fine di impedire dubbi di incostituzionalità del testo ora vigente e di garantire l'attuazione dei suddetti principi di universalità, di uguaglianza e di trasparenza cui deve essere informato il sistema tributario e messi in luce da questa Corte (sentenza n. 212 del 1986 e ordinanza n. 378 del 1988).
Il disegno di legge é stato approvato solo dal Senato.
Ormai compiutasi l'evoluzione legislativa e consolidatisi l'opinione dottrinale e l'orientamento giurisprudenziale circa il carattere giurisdizionale dei processi tributari, ricondotti nell'alveo della giurisdizione, onde adeguarli al precetto costituzionale dell'art. 101, primo comma, della Costituzione, non può più procrastinarsi la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui esclude l'applicabilità dell'art. 128 del codice di procedura civile (principio della pubblicità delle udienze) ai giudizi tributari di primo e secondo grado.
Va precisato al riguardo che, stante la gradualità con la quale e avvenuta detta evoluzione, soltanto ora può considerarsi realmente verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale.
La declaratoria di illegittimità costituzionale non può avere e non ha alcuna conseguenza sugli atti pregressi e sui provvedimenti emessi anteriormente alla data di pubblicazione della sentenza, i quali rimangono tutti pienamente validi.
In altri termini, il requisito della pubblicità opera esclusivamente per i procedimenti pendenti successivamente alla data prevista dall'art. 136, primo comma, della Costituzione, ferme restando le attività compiute ed i provvedimenti emessi anteriormente a tale data, nella vigenza della norma ora di chiarata costituzionalmente illegittima (nello stesso senso la Corte si é orientata con la sentenza n. 266 del 1988 sulla magistratura militare).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella parte in cui esclude l'applicabilità dell'art. 128 del codice di procedura civile (pubblicità delle udienze) ai giudizi che si svolgono dinanzi alle Commissioni Tributarie di primo e di secondo grado, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, ferma restando la validità di tutti gli atti anteriormente compiuti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/02/89.
Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 16/02/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE