SENTENZA N. 134
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 22 novembre 2005, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Alberto Di Luca nei confronti della dottoressa Mariaclementina Forleo, promosso con ricorso del giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Roma, notificato il 26 luglio 2006, depositato in cancelleria il 1° agosto 2006 ed iscritto al n. 4 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2006, fase di merito.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 1° aprile 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
udito l’avvocato Stefano Grassi per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di un procedimento penale per diffamazione a mezzo stampa a carico del deputato Alberto Di Luca, il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Roma, con ordinanza del 10 febbraio 2006, pervenuta a questa Corte lo stesso 10 febbraio 2006, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera del 22 novembre 2005 (Doc. IV-quater, n. 118), con la quale la Camera dei deputati, accogliendo la proposta della Giunta per le autorizzazioni, ha dichiarato l’insindacabilità delle dichiarazioni rilasciate dal deputato, dalle quali è originato il procedimento penale.
Il ricorrente premette che le dichiarazioni attribuite all’imputato, e comparse su due comunicati dell’ANSA del 4 febbraio 2005 «del tutto simili», si riferiscono sia alla sentenza con cui il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Milano, dottoressa Mariaclementina Forleo, ha assolto in data 21 gennaio 2005 taluni imputati dall’accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale, sia alla decisione del medesimo giudice, assunta il 4 febbraio 2005, di negare il proprio consenso all’espulsione di uno degli imputati, Mohamed Daki, disposta dal Ministro dell’interno, ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
Il deputato, in relazione al secondo di tali atti del GUP di Milano, ha sostenuto che esso «appariva di tipo politico e anteponeva astratte ragioni procedurali, certamente più formali che sostanziali, alla difesa della sicurezza di tutti gli italiani e dello Stato»; in relazione ad entrambe le pronunce del giudice, l’imputato ha aggiunto che esse mettevano «seriamente in crisi» l’efficacia dell’art. 270-bis del codice penale e l’istituto dell’espulsione, indebolendo gli strumenti di lotta al terrorismo internazionale.
Su querela della dottoressa Forleo, il PM ha richiesto al GUP ricorrente il rinvio a giudizio del parlamentare.
Nelle more del procedimento, è sopraggiunta la delibera della Camera, in relazione alla quale il GUP romano ha sollevato il conflitto, chiedendone l’annullamento.
Il ricorrente, richiamata la giurisprudenza costituzionale ed in particolare la sentenza n. 120 del 2004, ritiene che le dichiarazioni incriminate non siano espressive di attività parlamentare.
La Giunta per le autorizzazioni prima e la Camera poi avrebbero ravvisato il cosiddetto nesso funzionale, alla luce di due elementi: l’interrogazione al Ministro della giustizia presentata dal deputato Paniz successivamente alla sentenza di proscioglimento del 21 gennaio 2005; l’attività svolta dal deputato Di Luca il 2 febbraio 2005 presso il Comitato Schengen-Europol, che egli presiedeva, durante la quale si sarebbe decisa l’audizione della dottoressa Forleo su questioni concernenti i «flussi migratori».
Quanto a tale ultimo atto, il ricorrente contesta che esso possa ricollegarsi alle dichiarazioni concernenti il diniego di consenso all’espulsione, poiché anteriore alla decisione assunta dal giudice Forleo in proposito, e poiché in ogni caso resterebbe oscuro il legame tra le pronunce del giudice di Milano e l’attività del Comitato, specie con riguardo ai «flussi migratori».
Il ricorrente aggiunge che la Camera dei deputati non ha neppure appurato quale atto sia stato specificamente compiuto dal parlamentare in seno al Comitato, su quali questioni specifiche l’audizione della dottoressa Forleo dovesse avere luogo (la Camera sul punto si è basata sulle asserzioni dello stesso deputato) e quali siano le funzioni spettanti al Comitato.
Quanto all’interrogazione parlamentare, il ricorrente rileva che essa poteva avere per oggetto la sola sentenza di proscioglimento, e non già il diniego di consenso all’espulsione, che è stato adottato successivamente; inoltre tale atto non proviene dall’imputato e non è provato che questi abbia contribuito a redigerlo.
La delibera della Camera, oltre a ritenere erroneamente sussistente il nesso funzionale, sarebbe perciò viziata da «un’assoluta mancanza di riscontri ed una generica indicazioni di elementi», e si porrebbe parimenti in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in punto di proporzionalità «tra il fine perseguito della tutela del parlamentare e i mezzi impiegati nell’esercizio di tale tutela».
2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 293 del 2006.
Il ricorrente ha provveduto a notificare tempestivamente tale ordinanza ed il ricorso introduttivo alla Camera dei deputati, ed a depositarli entro i termini previsti.
3. – Si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile ed infondato, poiché le dichiarazioni rilasciate dal deputato Di Luca troverebbero corrispondenza in numerosi atti tipici posti in essere sia da quest’ultimo, sia da parlamentari del medesimo gruppo, aventi ad oggetto problematiche legate al terrorismo internazionale.
4. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica la Camera dei deputati ha depositato memoria, insistendo nelle conclusioni già formulate.
Considerato in diritto
1. – Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma contesta che spettasse alla Camera dei deputati deliberare, nella seduta del 22 novembre 2005 (Doc. IV-quater, n. 118), che i fatti per i quali era in corso procedimento penale nei confronti del deputato Alberto Di Luca, al quale era stato contestato il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa in danno della dottoressa Mariaclementina Forleo, giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Milano, riguardavano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle funzioni parlamentari e pertanto insindacabili ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione.
In particolare, era contestato al deputato di avere offeso la reputazione della dottoressa Forleo, avendo egli dichiarato all’ANSA, con due comunicati analoghi del 4 febbraio 2005, che due provvedimenti assunti dal giudice milanese il 24 gennaio 2005 e il 3 febbraio successivo, nei confronti di imputati del reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale, apparivano l’uno «di tipo politico» ed entrambi capaci di privare lo Stato «dell’unico strumento, già debole, che consente di combattere il terrorismo internazionale».
Il giudice ricorrente ritiene insussistenti i presupposti dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione, mancando il nesso funzionale con alcun atto parlamentare del deputato riguardante i fatti di cui alle dichiarazioni oggetto del giudizio penale.
2. – Si è costituita la Camera dei deputati, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile ed infondato.
Secondo la difesa della Camera, le dichiarazioni oggetto del procedimento penale troverebbero corrispondenza nella «intensa partecipazione» del deputato Di Luca «al dibattito politico-parlamentare relativo al terrorismo internazionale», e negli atti parlamentari tipici posti in essere a tale proposito sia dallo stesso deputato, sia da altri parlamentari del suo medesimo gruppo.
3. – Deve preliminarmente essere ribadita l’ammissibilità del conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come già ritenuto da questa Corte nell’ordinanza n. 293 del 2006.
4. – Nel merito, il ricorso è fondato.
Spetta a questa Corte valutare se le dichiarazioni rese dal deputato, di cui la Cameradi appartenenza ha dichiarato l’insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, siano legate da nesso funzionale con le attività svolte dall’interessato nella sua qualità di membro della Camera, ed in particolare se esse siano «sostanzialmente riproduttive di un’opinione espressa in sede parlamentare» (tra le molte, sentenze n. 28 del 2005; n. 11 e n. 10 del 2000).
L’ampiezza della motivazione posta a base della delibera di insindacabilità non ha pertanto rilievo in sé, come parrebbe ritenere la difesa della Camera, ma per la sola parte in cui essa dà conto di tale requisito, giacché «la Corte non può limitarsi a verificare la validità o la congruità delle motivazioni espresse a sostegno della delibera» (sentenza n. 10 del 2000).
Va da sé, invece, che non è compito di questa Corte spingere la propria valutazione fino all’apprezzamento dell’effettiva riconducibilità della condotta del parlamentare nell’area del penalmente rilevante: per tale piano, sussiste invece l’esclusiva competenza dell’Autorità giudiziaria procedente.
Così circoscritta l’indagine di cui questa Corte deve farsi carico, non assumono rilievo né gli atti attribuibili ad altri parlamentari (sentenze n. 151 del 2007; n. 193, n. 164 e n. 146 del 2005; n. 347 del 2004), quand’anche del medesimo gruppo (sentenze n. 315 e n. 314 del 2006), né quelli posti in essere dal deputato Di Luca in data posteriore alle dichiarazioni oggetto del presente giudizio (sentenze n. 260 del 2006; n. 223, n. 164, n. 146 e n. 28 del 2005; n. 347 e n. 246 del 2004; n. 521 del 2002; n. 289 del 1998).
In particolare, non è quindi utilmente richiamabile in giudizio l’interrogazione sottoscritta il 26 gennaio 2005 dal deputato Paniz.
Pertanto, la verifica circa la sostanziale identità di contenuti tra attività parlamentare e dichiarazioni oggetto di declaratoria di insindacabilità deve essere circoscritta ai soli atti parlamentari riferibili direttamente al deputato e menzionati dalla difesa della Camera.
Va, inoltre, ribadito che il mero “contesto politico” o comunque l’inerenza a temi di rilievo generale dibattuti in Parlamento, entro cui le dichiarazioni oggetto del presente conflitto si possano collocare, non connota di per sé tali dichiarazioni quali espressive della funzione parlamentare. Infatti, ove esse non costituiscano la sostanziale riproduzione delle specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni e quindi non siano il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato o ciascun senatore apporta alla vita parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto, a garanzia delle prerogative delle Camere, dall’insindacabilità), esse devono essere considerate come un diverso contributo al dibattito politico, riferito alla pubblica opinione usufruendo della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 della Costituzione (sentenze n. 302 del 2007 e n. 260 del 2006).
Per tale ragione, nessuno degli atti parlamentari propri del deputato Di Luca, menzionati dalla difesa della Camera, valgono a sorreggere la dichiarazione di insindacabilità: essi, infatti, precedono cronologicamente le particolari vicende cui sono legate le dichiarazioni oggetto del procedimento penale, e non hanno per tale evidente ragione alcuna sostanziale coincidenza con le stesse dichiarazioni.
Quanto, poi, all’intento di convocare la querelante da parte del Comitato parlamentare per l’attuazione dell’accordo di Schengen, di cui il deputato era presidente, esso è stata manifestato il 2 febbraio 2005 in ragione della «opportunità di sentire il magistrato che ha emesso la sentenza di Milano, riguardante l’assoluzione di cinque islamici accusati di terrorismo internazionale, al fine di acquisire maggiori elementi di conoscenza al riguardo»: appare evidente che in tale atto non è contenuto alcuno dei giudizi di merito che sono stati successivamente espressi dal parlamentare anche in ordine alla sentenza in oggetto. Né, ovviamente, tale convocazione poteva essere riferibile al provvedimento con cui la querelante ha negato l’espulsione di tale Mohamed Daki dal territorio nazionale.
5. – In assenza di ulteriori atti parlamentari con cui porre a raffronto le dichiarazioni in questione, l’impugnata delibera di insindacabilità ha violato l’art. 68, primo comma, della Costituzione, ledendo le attribuzioni dell’Autorità giudiziaria ricorrente, e pertanto deve essere annullata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spettava alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali era in corso procedimento penale nei confronti del deputato Alberto Di Luca, di cui al ricorso in epigrafe, riguardano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari ai sensi del primo comma dell’art. 68 della Costituzione;
annulla, per l’effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 22 novembre 2005 (Doc. IV-quater, n. 118).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2008.