SENTENZA N. 194
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA
Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 28 giugno 2023, che, approvando la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari (doc. IV-quater, n. 2), ha ritenuto insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, le dichiarazioni del senatore Mario Michele Giarrusso, promosso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Catania, con ricorso notificato il 5 aprile 2024, depositato in cancelleria il successivo 8 aprile, iscritto al n. 6 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2023, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2024, fase di merito.
Visto l’atto di costituzione del Senato della Repubblica;
udito nell’udienza pubblica del 25 settembre 2024 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;
udito l’avvocato Rosaria Aurelia Giunta per il Senato della Repubblica;
deliberato nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024.
Ritenuto in fatto
1.− Con ricorso notificato il 5 aprile 2024 e depositato il successivo 8 aprile (reg. confl. pot. n. 6 del 2023), il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Catania, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in riferimento alla deliberazione del 28 giugno 2023 del Senato della Repubblica, con la quale, approvando la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari (doc. IV-quater, n. 2), si è affermato che le dichiarazioni rese dall’allora senatore Mario Michele Giarrusso, per le quali egli è indagato per il reato previsto e punito dall’art. 595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
1.1.− Il ricorrente premette che il Giarrusso, senatore all’epoca dei fatti, è indagato del reato di diffamazione ai danni di Francesco Basentini, in relazione alle dichiarazioni rese nel corso dell’intervista del 27 maggio 2020 rilasciata durante il programma “Voxitaliatv”, pubblicata sulla piattaforma web Youtube e i cui contenuti sono interamente trascritti nel ricorso.
Il GIP riferisce che il pubblico ministero aveva formulato richiesta di archiviazione, ritenendo applicabile l’art. 68, primo comma, Cost.; richiesta che era condivisa dall’indagato e alla quale si era opposto il Basentini, chiedendo la formulazione dell’imputazione coatta o di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi a questa Corte. Il Giudice, ritenendo insussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost., sospendeva allora la decisione e trasmetteva gli atti al Senato della Repubblica, ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), perché si pronunciasse sul punto.
La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di detto ramo del Parlamento ha ritenuto, invece, che le dichiarazioni del senatore Giarrusso fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e in tal senso ha deliberato anche il Senato della Repubblica il 28 giugno 2023. Il GIP ricorrente precisa che la deliberazione è stata resa in riferimento tanto al procedimento penale quanto al procedimento pendente dinanzi all’organismo di mediazione civile Ex Aequo adr srl di Potenza: precisazione che si rende necessaria perché «il Presidente ha errato nell’indicare la votazione nominale con scrutinio simultaneo sulla sola vicenda di possibile responsabilità civile […], malgrado la proposta della Giunta si riferisse anche al presente procedimento penale».
1.2.− Ciò premesso, il GIP ricorrente rileva che la deliberazione del Senato della Repubblica inibisce l’esercizio della funzione giurisdizionale.
L’immunità, tuttavia, è «strumento per assicurare l’autonomia e la libertà delle Camere» e non può, pertanto, «considerarsi espressione di un privilegio spettante alla persona del parlamentare» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 379 del 1996 e n. 81 del 1975). La giurisprudenza di questa Corte – a partire dalle sentenze n. 10 e n. 11 del 2000 – avrebbe posto l’accento, perché si tratti di opinioni insindacabili, sulla necessità di connessione tra le attività svolte fuori dalla sede parlamentare e la funzione di parlamentare (si richiamano le sentenze n. 59 del 2018 e n. 194 del 2011): e in tal senso deve essere interpretata la stessa legge n. 140 del 2003 (sentenza n. 120 del 2004).
L’insindacabilità ex art. 68, primo comma, Cost. potrebbe dunque operare solo quando le dichiarazioni extra moenia presentino «una sostanziale coincidenza di contenuti con quelle rese in sede parlamentare e siano cronologicamente successive alle dichiarazioni cosiddette “interne”» (è richiamata Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 6-26 maggio 2014, n. 21320), non essendo invece sufficiente né la comunanza di argomenti, né un mero contesto politico cui possano riferirsi (si richiama Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 4 maggio-14 giugno 2010, n. 22716).
1.3.− Le dichiarazioni del senatore Giarrusso sono state rese extra moenia e la Giunta le ha ritenute coperte da insindacabilità in ragione dell’interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata il 28 maggio 2020, dunque il giorno appena successivo l’intervista indicata, «con una sostanziale contestualità tra le dichiarazioni e l’adozione di un atto tipico dell’attività parlamentare».
Il giudice ricorrente, al contrario, ritiene non via sia «sostanziale corrispondenza» tra le opinioni espresse nell’intervista e quelle di cui all’atto parlamentare.
Verrebbe a mancare, innanzitutto, il legame di ordine temporale e, dunque, la finalità divulgativa dell’attività esterna rispetto a quella parlamentare. La presentazione dell’atto di sindacato ispettivo il giorno successivo avrebbe il solo scopo di «far rinvenire ex post la copertura» alle dichiarazioni rese extra moenia.
Non vi sarebbe neppure una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse e l’atto adottato nell’esercizio delle funzioni. Non è sufficiente, infatti, il mero «contesto politico» (è citata la sentenza di questa Corte n. 144 del 2015), ma è necessario che le dichiarazioni «costituiscano la sostanziale riproduzione delle specifiche e concrete opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni», altrimenti venendo in gioco la libertà di manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 Cost. (è citata la sentenza di questa Corte n. 152 del 2007).
Nel caso di specie, le affermazioni dell’indagato non sarebbero connesse «se non artificiosamente all’attività parlamentare» e non rappresenterebbero «il riflesso del peculiare contributo che ciascun parlamentare apporta alla vita democratica mediante le proprie opinioni e i propri voti – contributo coperto dalle guarentigie di cui all’art. 68 della Costituzione – ma [rientrerebbero] nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurato a tutti dall’art. 21 della Costituzione».
1.3.1.− L’art. 21 Cost., tuttavia, non impedisce al giudice ordinario «l’esame delle affermazioni ritenute lesive dalla persona offesa». L’immunità di cui all’art. 68 Cost. «segna certo una linea avanzata di libertà di manifestazione del pensiero, ma la stessa deve mantenersi collegata da un nesso intrinseco all’esercizio delle funzioni politiche e non può tracimare in attacco personale alla dignità di altri soggetti, sino a ledere il patrimonio personale di questi ultimi»: altrimenti, verrebbero lesi gli artt. 2 e 3 Cost.
A tale riguardo, il giudice ricorrente osserva, anzi, che, se l’insindacabilità ex art. 68, primo comma, Cost., è «una fattispecie di libertà maggiormente qualificata rispetto alla generale libertà di manifestazione del pensiero riconosciuta a tutti», allora essa «incontra l’obbligo del suo esercizio» secondo i canoni di disciplina e onore di cui all’art. 54 Cost., alla luce dei quali chi esercita funzioni pubbliche non può approfittarne per ledere altri beni di rilievo costituzionale quale quelli tutelati dagli artt. 2, 3, 27 e 32 Cost.
In tale prospettiva, bisognerebbe distinguere tra le dichiarazioni aventi quali destinatari altri soggetti politici e dichiarazioni rivolte invece verso soggetti estranei alla competizione politica, i quali non hanno «mezzi di tutela della propria dignità analoghi a quelli nella disponibilità degli esponenti politici (se non altro per la facilità di accesso ai mezzi di comunicazione)». Le dichiarazioni del Giarrusso, pertanto, sarebbero «estranee all’ambito di operatività dell’art. 68 Cost. per il tempo in cui sono state fatte, per le modalità e per i contenuti, nonché per il destinatario delle medesime».
Di qui l’odierno conflitto di attribuzione, in quanto la deliberazione del Senato della Repubblica sarebbe «in contrasto con l’ambito di tutela assegnato alla Camera di appartenenza del parlamentare dall’art. 68 Cost. e perciò idonea a ledere le attribuzioni giurisdizionali a tutela dei diritti dei soggetti privati garantiti dagli artt. 2, 3, 24, 101 della Costituzione e dall’art. 6 CEDU, la cui violazione ridonda in un’ipotesi di lesione dell’art. 117, I comma Cost.».
2.− Con atto depositato il 30 aprile 2024, si è costituito in giudizio il Senato della Repubblica, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque non fondato.
2.1.− La difesa del resistente ricostruisce, innanzitutto, le vicende che hanno originato il conflitto, in particolare al fine di rilevare che per la medesima intervista il dott. Basentini aveva convenuto il Giarrusso anche in sede civile, davanti all’organismo di mediazione ExAequo adr srl di Potenza: il Senato della Repubblica ha trattato unitariamente le richieste di ascrivibilità dell’intervista a opinioni ex art. 68, primo comma, Cost., giunte tanto dalla sede civile quanto dal GIP ricorrente nell’odierno conflitto, concludendo per l’insindacabilità in ragione della corrispondenza contenutistica con l’interrogazione parlamentare n. 4-03566 del 28 maggio 2020.
2.2.− Dato ampiamente conto anche dei contenuti del ricorso, secondo la difesa del Senato quest’ultimo sarebbe, innanzitutto, inammissibile.
2.2.1.− Il ricorrente non avrebbe indicato le ragioni per cui la deliberazione del Senato avrebbe menomato l’esercizio del potere giurisdizionale: per un verso, infatti, non avrebbe verificato la corrispondenza tra i contenuti dell’intervista e quelli dell’interrogazione parlamentare e, per un altro, non avrebbe lamentato una lesione di proprie attribuzioni, ma «presunte violazioni ai diritti inviolabili della persona offesa che conseguirebbero alla delibera di insindacabilità».
Sotto il primo profilo, il ricorrente afferma che le accuse rivolte al dott. Basentini nell’intervista non sarebbero connesse «se non artificiosamente all’attività parlamentare dell’[…] indagato», ma nel dir ciò non valuta se vi sia corrispondenza di contenuto con l’atto di sindacato ispettivo richiamato dal Senato. Secondo il GIP di Catania – afferma la difesa del resistente – le opinioni sarebbero estranee all’art. 68, primo comma, Cost. «per il solo fatto di riferirsi a terzi».
Quanto al secondo profilo, l’impostazione del ricorrente tradirebbe una errata ricostruzione della prerogativa dell’insindacabilità delle opinioni, funzionale a garantire l’autonomia delle Camere e non, invece, la libertà di manifestazione del pensiero del parlamentare (sono citate le sentenze di questa Corte n. 218 del 2023, n. 265 del 2014, n. 508 del 2002 e n. 11 del 2000). Ed è in ragione di ciò, e per evitare che l’immunità si trasformi in privilegio, che la giurisprudenza di questa Corte ha delimitato l’ambito di operatività dell’art. 68, primo comma, Cost. all’esercizio delle funzioni parlamentari, cui devono essere rigorosamente riconducibili le opinioni extra moenia: il che accade al ricorrere del legame temporale tra le une e le altre e della sostanziale corrispondenza di contenuto (sono richiamate le sentenze n. 144 del 2015, n. 265 e n. 115 del 2014).
Non rileva, dunque, il carattere «misurato e accorto» dell’esternazione extra moenia, ma il suo essere riconducibile a esercizio delle funzioni parlamentari, che è qualità che la caratterizza in sé e ovunque (è citata la sentenza di questa Corte n. 59 del 2018) ed è indipendente dall’eventuale contenuto diffamatorio (è citata la sentenza di questa Corte n. 371 del 2006).
Il ricorrente, al contrario, contesta il merito delle dichiarazioni del senatore Giarrusso, ritenute di per sé estranee alla funzione parlamentare, senza condurre alcuna valutazione sulla sussistenza del nesso funzionale, che invece è elemento di componimento ed equilibrio tra l’autonomia delle Camere e l’esercizio della funzione giurisdizionale.
La stessa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, del resto, avrebbe riconosciuto che l’insindacabilità delle opinioni tutela il «libero dibattito parlamentare e il mantenimento della separazione dei poteri legislativo e giudiziario», il che accade ogni qualvolta vi sia un «legame evidente» tra funzione tipica e opinione (sono richiamate Corte EDU, sentenza 6 aprile 2010, CGIL e Cofferati contro Italia e le altre pronunce ivi citate).
2.3.− Il ricorso, ad ogni modo, sarebbe non fondato.
2.3.1.− Considerato che l’interrogazione parlamentare è certamente attività tipica della funzione parlamentare (è citata anche la sentenza di questa Corte n. 379 del 2003), il Senato della Repubblica afferma che v’è senz’altro sostanziale corrispondenza di contenuti tra le dichiarazioni del senatore Giarrusso rese nel corso dell’intervista e l’interrogazione dallo stesso presentata e richiamata dalla deliberazione impugnata.
Se nell’intervista, infatti, il senatore ha alluso a una «trattativa Stato-mafia», nell’interrogazione si fa riferimento «allo “svolgimento di una qualche trattativa tra il DAP e i detenuti rivoltosi”, come pure a “un accordo segreto tra rami dei servizi segreti e l’amministrazione penitenziaria, volto a favorire rapporti diretti e riservati con mafiosi all’interno delle carceri”» che avrebbero avuto come esito «la “scarcerazione di quasi 500 mafiosi”».
Allo stesso modo, nell’intervista si dà conto dell’incontro del dott. Basentini con il detenuto M. Z., alla presenza di un terzo soggetto, presumibilmente appartenente ai servizi segreti, così come nell’interrogazione parlamentare si chiede al Ministro della giustizia se «fosse informato dell’incontro di Basentini con il boss [M. Z.] e dell’oggetto dello stesso; se fosse informato della presenza di una terza persona all’incontro; se possa indicare l’identità della terza persona presente all’incontro e se la stessa faccia parte o meno dei servizi».
Ancora, tanto nell’intervista quanto nell’interrogazione il senatore Giarrusso ha ipotizzato un collegamento tra le rivolte avvenute nelle carceri a febbraio-marzo del 2020, la circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) del 21 marzo 2020, che avrebbe recepito alcune richieste dei detenuti, e la scarcerazione di numerosi condannati per reati di stampo mafioso; così come in entrambe si fa riferimento alla peculiare adozione della circolare di sabato e da parte di «una semplice subordinata non apicale».
Infine, il senatore Giarrusso in entrambe le dichiarazioni ha fatto un esplicito riferimento, in senso critico in ragione delle funzioni esercitate, ai rapporti tra il dott. Luca Palamara, il dott. Basentini e altri esponenti ministeriali, ricollegando le dimissioni di questi alle intercettazioni del cosiddetto “caso Palamara”.
2.3.2.− Secondo la difesa del Senato della Repubblica, l’unica dichiarazione extra moenia per la quale manca la piena sovrapponibilità contenutistica è quella circa la «presunta nomina del dott. Basentini a capo del DAP con un aumento di retribuzione pur [in] assenza di adeguate competenze professionali, anche in relazione alla gestione dell’inchiesta c.d. Tempa Rossa».
A tal proposito, il resistente si rimette alle valutazioni di questa Corte in ordine alla possibilità di ritenere che anche quest’ultima opinione sia sussumibile nel contenuto dell’interrogazione parlamentare, proprio in ragione del riferimento alle dimissioni conseguenti alle intercettazioni del “caso Palamara”: e ciò perché, come la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, non è necessaria l’identità delle espressioni utilizzate ma la sostanziale corrispondenza di significato (è citata la sentenza n. 144 del 2015).
2.3.3.− La difesa del Senato della Repubblica osserva, poi, che sussiste anche il legame temporale tra l’interrogazione parlamentare, pubblicata il 28 maggio 2020, e le dichiarazioni rese nell’intervista, rilasciata il giorno precedente.
Ai sensi del regolamento del Senato, infatti, l’interrogazione parlamentare deve essere proposta per iscritto (art. 145, comma 2) e viene pubblicata solo dopo il vaglio del Presidente, anche sulla sua formulazione in termini non sconvenienti (art. 146), sicché è «plausibile che la stessa sia stata depositata quanto meno il 27 maggio e poi protocollata e pubblicata il giorno successivo».
D’altra parte, la giurisprudenza di questa Corte richiede una «sostanziale contestualità» tra dichiarazioni extra moenia e atto tipico, che in linea di principio può sussistere anche quando il secondo sia successivo alle prime (è citata la sentenza n. 221 del 2006) e purché il distacco temporale non sia rilevante (sentenza n. 133 del 2018); in particolare, è stato ritenuto necessario che l’atto tipico sia preannunciato o prevedibile (sentenza n. 335 del 2006).
Nel caso di specie, nell’intervista il senatore Giarrusso esplicitamente ha affermato che stava «presentando un’interrogazione per sapere che cosa ci faceva Basentini da [M. Z.]», di modo che l’atto tipico successivo deve ritenersi sostanzialmente contestuale alle dichiarazioni extra moenia – tanto più che deve ritenersi redatto e depositato «al più tardi la sera stessa dell’intervista» – e certo non adottato, come invece ritiene il GIP, per ottenere una «copertura ex post».
2.3.4.− La difesa del Senato, infine, precisa che le conclusioni rassegnate sono in linea con la giurisprudenza della Corte EDU, in quanto «la sostanziale comunanza di significato tra l’atto parlamentare (interrogazione) e la sua divulgazione extra moenia (intervista) non può essere disconosciuta da una persona ragionevole, sulla base della lettura di entrambi i documenti».
La deliberazione impugnata, peraltro, sarebbe ad ogni modo «in rapporto di proporzionalità con il fine perseguito», tenuto conto del contenuto dell’interrogazione parlamentare del senatore Giarrusso e dell’attività da questi svolta quale componente «in Commissione antimafia e in Commissione Giustizia».
Considerato in diritto
1.− Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Catania con il ricorso indicato in epigrafe ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in riferimento alla deliberazione del 28 giugno 2023 del Senato della Repubblica, con la quale, approvando la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari (doc. IV-quater, n. 2), si è affermato che le dichiarazioni rese dall’allora senatore Mario Michele Giarrusso, per le quali egli è indagato per il reato previsto e punito dall’art. 595, primo, secondo e terzo comma, cod. pen., fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.
1.1.− Il ricorrente premette che il Giarrusso, senatore all’epoca dei fatti, è indagato del reato di diffamazione ai danni di Francesco Basentini, in relazione alle dichiarazioni rese nel corso dell’intervista del 27 maggio 2020 rilasciata durante il programma “Voxitaliatv”, pubblicata sulla piattaforma web Youtube e i cui contenuti sono interamente trascritti nel ricorso.
Il Senato della Repubblica – su richiesta del GIP ricorrente ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 – il 28 giugno 2023 ha deliberato che quelle dell’indagato sono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.
Il GIP ritiene, per contro, che tali dichiarazioni extra moenia non siano, come richiederebbe la giurisprudenza costituzionale, né cronologicamente né sostanzialmente connesse a opinioni espresse in sede istituzionale, ma rappresentino invece espressione della libera manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost.: di qui la richiesta di annullamento della deliberazione impugnata.
2.− In via preliminare, deve essere ribadita l’ammissibilità del conflitto in relazione alla sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi, come già delibato da questa Corte con l’ordinanza n. 34 del 2024.
Non c’è dubbio, infatti, che il GIP ricorrente sia legittimato a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, trattandosi di organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell’esercizio delle funzioni attribuitegli. Altrettanto pacifica è la legittimazione passiva del Senato della Repubblica, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost.
Quanto ai presupposti oggettivi, l’inibizione a esercitare la funzione giurisdizionale, conseguente alla deliberazione del Senato della Repubblica, è idonea a cagionare, ove le affermazioni di Michele Giarrusso non fossero riconducibili a opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost., la lesione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita al potere ricorrente.
3.− Il Senato della Repubblica, costituitosi in giudizio, ha tuttavia eccepito l’inammissibilità del conflitto sotto un diverso profilo.
Il giudice ricorrente, infatti, non avrebbe indicato le ragioni per cui la deliberazione impugnata avrebbe menomato l’esercizio del potere giurisdizionale: per un verso, non avrebbe verificato la corrispondenza tra i contenuti dell’intervista e quelli dell’interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata dal senatore Giarrusso il 28 maggio 2020 e, per un altro, non avrebbe lamentato una lesione di proprie attribuzioni – contestando l’esistenza del nesso funzionale – ma «presunte violazioni ai diritti inviolabili della persona offesa che conseguirebbero alla delibera di insindacabilità».
3.1.− L’eccezione deve essere rigettata.
Il giudice ricorrente mostra di conoscere la giurisprudenza costituzionale in tema di insindacabilità ex art. 68, primo comma, Cost. ed esclude che, nel caso di specie, ricorrano, tra le dichiarazioni extra moenia e l’interrogazione parlamentare richiamata dalla deliberazione impugnata, tanto il legame temporale quanto la sostanziale corrispondenza di contenuto.
La circostanza che poi, nel motivare le ragioni del conflitto, affermi altresì che le dichiarazioni rese nell’intervista, per le modalità espressive utilizzate e per il destinatario delle stesse, siano di per sé prive di collegamento con la funzione parlamentare – collegamento che l’atto tipico, successivo all’intervista, è volto ad «artificiosamente» determinare – non impedisce l’esame nel merito del conflitto, ma anzi ad esso precisamente attiene. La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha da tempo affermato che, ove venga in contestazione tra le Camere e l’autorità giudiziaria l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost., questa Corte è chiamata non a giudicare la validità o la congruità delle motivazioni della deliberazione parlamentare d’insindacabilità, ma a «verificare se, nella specie, l’insindacabilità sussista, cioè se l’opinione di cui si discute sia stata espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari, alla luce della nozione di tale esercizio che si desume dalla Costituzione» (sentenza n. 10 del 2000; in termini analoghi anche la sentenza n. 11 del 2000).
4.− Nel merito, il conflitto è solo parzialmente fondato.
4.1.− Ai fini della risoluzione di conflitti quali quello odierno, che vertono sulla riconducibilità o meno di opinioni rese extra moenia all’esercizio della funzione parlamentare, questa Corte, come è stato ancora di recente ribadito, «ha considerato indici rivelatori dell’esistenza del nesso funzionale la sostanziale corrispondenza con opinioni espresse nell’esercizio di attività parlamentare tipica e la sostanziale contestualità temporale fra tale ultima attività e l’attività esterna (si vedano, tra le tante, le sentenze n. 218 del 2023, n. 241 del 2022, n. 59 del 2018, n. 144 del 2015 e n. 115 del 2014). Al ricorrere di queste condizioni, infatti, ben può affermarsi che le opinioni espresse fuori dalle sedi delle Camere siano connesse all’esercizio della funzione parlamentare, in quanto destinate a comunicare all’esterno, pur nell’ineliminabile diversità degli strumenti e del linguaggio adoperato nell’atto tipico e nella sua diffusione all’opinione pubblica, il significato dell’attività compiuta nell’esercizio del mandato, che, d’altronde, per sua natura è destinata “a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell’interesse della libera dialettica politica che è condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative” (sentenze n. 321 e n. 320 del 2000)» (sentenza n. 104 del 2024).
4.2.− Nel caso di specie, contrariamente a quanto ritenuto dal GIP, sussiste la sostanziale contestualità temporale tra l’interrogazione parlamentare del senatore Giarrusso richiamata dall’impugnata deliberazione, pubblicata il 28 maggio 2020, e l’intervista, del 27 maggio 2020, per cui è pendente il procedimento penale.
Deve escludersi, infatti, «una rigida applicazione dell’indice del legame temporale in termini di mera divulgazione di un atto, necessariamente esistente e antecedente, [che] trasformerebbe il requisito del nesso funzionale in una sorta di nesso cronologico che non è idoneo, nella sua rigidità, a qualificare “l’esercizio delle funzioni”» (sentenza n. 104 del 2024). Ciò che rileva è che le opinioni extra e intra moenia vengano rese nel «medesimo contesto temporale» (sentenza n. 221 del 2006): il che chiaramente accade quando, come nella vicenda all’origine dell’odierno conflitto, l’atto tipico – la cui pubblicazione, ai sensi dell’art. 146 del regolamento del Senato, deve peraltro essere preceduta dal vaglio del Presidente d’Assemblea – segua di appena un giorno le dichiarazioni altrove rese (sul riscontro della contestualità temporale, ex multis, di recente, sentenze n. 104 del 2024, n. 218 del 2023, n. 241 del 2022, e già n. 276 del 2001 e n. 10 del 2000).
Del resto, il legame temporale tra le une e l’altro è chiaramente dimostrato dalla circostanza per cui, nel corso dell’intervista, il senatore Giarrusso afferma che, in relazione ai temi che stava trattando, era sul punto di presentare un’interrogazione parlamentare, sicché quest’ultima non può che considerarsi concretamente preannunciata dalle dichiarazioni extra moenia (sentenze n. 104 del 2024, n. 241 del 2022, n. 133 del 2018, n. 335 del 2006 e n. 223 del 2005).
4.3.− Per quel che concerne la sostanziale corrispondenza contenutistica tra le opinioni intra ed extra moenia, il GIP propone il conflitto per l’intero complesso di dichiarazioni per le quali il senatore Giarrusso è indagato, integralmente riportate nel ricorso.
Si tratta di due serie di dichiarazioni riguardanti, per un verso, la nomina del dott. Francesco Basentini a capo del DAP e, per un altro, l’esistenza di una «trattativa Stato-mafia». Nell’ambito di entrambe le serie di dichiarazioni, poi, il senatore Giarrusso asserisce che il dott. Basentini appartenesse alla «banda Palamara».
4.4.− La serie di affermazioni circa l’esistenza di una «trattativa Stato-mafia» è sostanzialmente corrispondente nei contenuti all’interrogazione parlamentare del 28 maggio 2020.
Al di là delle diverse «formule letterali usate» (sentenza n. 333 del 2011), che riflettono «[l]’uso di modalità espressive e comunicative fisiologicamente diverse, in considerazione dell’ineliminabile diversità degli strumenti in concreto utilizzati» (sentenza n. 104 del 2024), anche nell’atto tipico, così come nell’intervista, il senatore Giarrusso ha asserito che: a) ci sarebbe stata una trattativa tra il DAP, nella persona del dott. Basentini, e detenuti rivoltosi al fine di far cessare le rivolte nelle carceri; b) il dott. Basentini avrebbe tenuto un incontro in carcere con il detenuto M. Z., alla presenza di una terza persona, la cui identità è sconosciuta e che apparterrebbe ai servizi; c) questa trattativa avrebbe portato a una serie di richieste dei rivoltosi, che sembrerebbero essere confluite nella circolare del DAP del 21 marzo 2020, cui è seguita la cessazione delle rivolte e la scarcerazione di detenuti condannati per reati di stampo mafioso; d) tale circolare sarebbe stata emanata di sabato e firmata non dal capo del DAP o dal direttore generale della Direzione detenuti e trattamento, ma da una semplice subordinata non apicale.
La sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni intra moenia e le ora esaminate affermazioni rilasciate nel corso dell’intervista consente di ritenere sussistente il nesso funzionale richiesto dall’art. 68, primo comma, Cost., tanto più che esse sono chiaramente riconducibili al sindacato ispettivo sull’attività amministrativa tipico della prerogativa del parlamentare.
4.5.− Tutte le altre affermazioni del senatore Giarrusso non trovano invece alcun riscontro nell’interrogazione parlamentare, la quale infatti ruota interamente attorno alle vicende che, a dire del senatore, sono sottese e hanno portato all’adozione della richiamata circolare del DAP.
Ciò, tuttavia, non vale a escludere, per ciò solo, che tali affermazioni siano connesse all’esercizio della funzione parlamentare.
4.5.1.− La giurisprudenza costituzionale, infatti, se ha riconosciuto che la contestualità temporale e la sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni intra ed extra moenia sono indici rivelatori «particolarmente consistenti e qualificati» (sentenza n. 104 del 2024), non ha escluso che, in casi particolari, l’art. 68, primo comma, Cost. possa trovare applicazione anche a «dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l’esercizio della funzione parlamentare» (sentenza n. 133 del 2018).
Deve verificarsi, dunque, se ciò possa darsi per le altre affermazioni in relazione alle quali è sollevato l’odierno conflitto, fermo restando che compito di questa Corte non è quello di stabilire se esse siano o meno diffamatorie, ma «se esse, ancorché rese al di fuori della sede istituzionale, siano collegate ad attività proprie del parlamentare: costituiscano cioè espressione della sua funzione o ne rappresentino il momento di divulgazione all’esterno» (sentenza n. 508 del 2002).
4.5.2.− A tale fine, deve rilevarsi, innanzitutto, che il senatore Giarrusso, nella prima parte dell’intervista per la quale è indagato, critica fortemente la scelta dell’allora Ministro della giustizia Alfonso Bonafede, e del movimento politico di cui egli era espressione, di non nominare quale capo del DAP il dott. Antonino Di Matteo, il quale avrebbe potuto da quella posizione continuare a svolgere «ulteriori investigazioni» sulla «trattativa [Stato-mafia] del 92» e avrebbe «sicuramente bloccato qualunque tentativo di ulteriore trattativa fausta alla mafia».
4.5.3.− È a questo punto che il senatore Giarrusso afferma che il ministro Bonafede «si è circondato di un’intera banda di sodali di Palamara», tra cui il dott. Basentini, preferito al dott. Di Matteo quale capo del DAP. Più avanti nel corso dell’intervista, nuovamente il senatore Giarrusso asserisce che il dott. Basentini era uno dei «quattro della banda Palamara», sacrificato dal ministro quando questi, all’indomani delle scarcerazioni suppostamente determinate dalla circolare del DAP del 21 marzo 2020, «ha visto a rischio la sua poltrona».
Si tratta di dichiarazioni che, se usano una modalità espressiva particolarmente aspra, vanno però considerate nel contesto complessivo dell’intervista, volta in larga parte – come si è detto – a compiere una valutazione fortemente critica dell’operato del Ministro della giustizia per le nomine ai vertici degli uffici ministeriali, tra cui quella del dott. Basentini, e a interrogarsi sull’influenza che i legami tra le persone nominate e il dott. Luca Palamara potessero avere avuto sullo svolgimento delle loro stesse funzioni ministeriali: il che, proprio in considerazione del ruolo di vertice che tali persone erano state chiamate a ricoprire, non può non considerarsi con evidenza connesso all’esercizio della tipica funzione di indirizzo e controllo sull’operato del Governo che è attribuita al Parlamento e a ogni suo componente (si veda anche sentenza n. 193 del 2024).
Tali affermazioni, pertanto, devono considerarsi espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.
4.5.4.− Del pari insindacabili devono ritenersi le affermazioni a proposito della «importante esperienza» del dott. Basentini nell’ambito del «disastro epocale che è l’indagine sull’ENI quella di Tempa Rossa», che aveva portato alle dimissioni della Ministra Federica Guidi e che poi si era chiusa con un’archiviazione; archiviazione che, allude il senatore Giarrusso, sarebbe stata premiata con «un cambio di status non indifferente» quale la nomina al DAP («[è] legittimo sospettare che dietro ci sia un “do ut des”. Noi non lo sappiamo io mi auguro che non sia così. Però è strana questa nomina di questo soggetto»).
Le modalità espressive utilizzate sono certo diverse da quelle che sarebbero adoperate in un atto tipico, ma senza che per ciò venga meno la connessione con l’esercizio della funzione parlamentare. Per quanto, infatti, siano volte a sottolineare la supposta inidoneità del dott. Basentini a ricoprire il ruolo cui era stato chiamato, esse mirano a svolgere una critica, particolarmente dura ed energica, precisamente alla scelta dell’allora Ministro della giustizia, reale destinatario delle affermazioni in esame, di nominare a capo del DAP una persona che – nella prospettiva del senatore Giarrusso – non ne avrebbe avuto la competenza e le capacità. Anche in questo caso, dunque, si tratta di una opinione di un parlamentare a proposito dello svolgimento, da parte di un Ministro, di attività di governo, quale inevitabilmente è, ed ai livelli più alti, la nomina al vertice di un dipartimento di un ministero: opinione che, pertanto, deve considerarsi avere un nesso con la funzione di indirizzo e controllo sul Governo che spetta a ciascun parlamentare, in quanto tale insindacabile.
Non vale a portare le affermazioni in esame fuori dal perimetro di applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost. la circostanza che il senatore Giarrusso manifesti il dubbio che la nomina al DAP del dott. Basentini sia un «premio» per l’avvenuta archiviazione dell’indagine “Tempa Rossa”. Per quanto, infatti, debba riconoscersi che si tratti di un sospetto tutt’altro che neutro per la reputazione del dott. Basentini, va altresì tenuto conto che la potenzialità lesiva dell’onorabilità dei singoli è «insita nella esenzione del parlamentare […] da ogni responsabilità giuridica per le opinioni espresse nello svolgimento del mandato» (sentenza n. 379 del 2003). Ciò che rileva è, dunque, che le dichiarazioni rese extra moenia possano essere ricomprese «nella sfera delle attività dei membri del Parlamento assistite dalla garanzia costituzionale» (sentenze n. 321 e n. 320 del 2000): il che si verifica, per le ragioni anzidette, con riferimento alle affermazioni ora in esame, tanto più ove si consideri che il senatore Giarrusso non attesta con certezza l’esistenza dei gravi fatti cui meramente allude ma, al contrario, espressamente ipotizza che possano rivelarsi privi di fondamento.
4.5.5.− Deve escludersi, invece, che sussista il nesso con la funzione parlamentare per le affermazioni con le quali il senatore Giarrusso asserisce che il dott. Basentini «è stato nominato al DAP senza avere nessuna esperienza, se non una discutibilissima gestione di un pentito, che era parente di sua moglie, addirittura portava lo stesso cognome con la moglie, quindi lui gestisce un pentito che porta lo stesso cognome di sua moglie, è parente di sua moglie […]».
Anche in questo caso, invero, le dichiarazioni extra moenia del senatore Giarrusso potrebbero considerarsi, al pari di quelle altre sinora esaminate, volte a sottoporre a valutazione critica la nomina del dott. Basentini a capo del DAP. Tuttavia, in questo caso esse non sono meramente allusive o dubitative, ma danno per vera – anche per i toni con cui sono espresse e il linguaggio del corpo che le accompagna (quale si desume dal video relativo all’intervista) – la circostanza secondo cui il dott. Basentini aveva gestito un «pentito» parente della moglie.
L’insindacabilità ex art. 68, primo comma, Cost. «tutela e consente dichiarazioni finalizzate al promovimento e alla qualità del dibattito pubblico, non certo al suo scadimento» (sentenza n. 104 del 2024). Quando, come nel caso di specie, la serietà (e la gravità) dell’affermazione non è suffragata da idonei elementi fattuali, che avvalorino l’esistenza, o quantomeno la plausibilità, della circostanza riferita, l’opinione extra moenia perde ogni connessione con la funzione parlamentare. Quest’ultima, infatti, per la rilevanza che la Costituzione gli riconosce nell’ordinamento democratico, è funzione pubblica che deve essere adempiuta «con disciplina ed onore» (art. 54 Cost.) e non tollera manifestazioni che, lungi dall’essere volte a dare rappresentazione ai diversi e divergenti interessi riferibili al popolo, non sono «improntate al rispetto della dignità dei destinatari della critica» (ancora, sentenza n. 104 del 2024). Così facendo, viene superato il «limite estremo della prerogativa dell’insindacabilità, e con ciò stesso delle virtualità interpretative astrattamente ascrivibili all’art. 68: questa non può mai trasformarsi in un privilegio personale, quale sarebbe una immunità dalla giurisdizione conseguente alla mera “qualità” di parlamentare» (sentenza n. 120 del 2004).
In relazione a tali affermazioni, pertanto, il ricorso è fondato, in quanto la deliberazione del Senato della Repubblica è stata adottata in violazione dell’art. 68, primo comma, Cost., ledendo le attribuzioni del GIP; essa, nella corrispondente parte, deve dunque essere annullata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara che non spettava al Senato della Repubblica, nei sensi di cui in motivazione al punto 4.5.5. del Considerato in diritto, deliberare che le dichiarazioni rese dal senatore Mario Michele Giarrusso, per le quali pende il procedimento penale davanti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Catania, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
2) annulla per l’effetto, in parte qua, la deliberazione adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 28 giugno 2023;
3) dichiara che spettava al Senato della Repubblica deliberare che le altre dichiarazioni rese dal senatore Mario Michele Giarrusso, per le quali pende il procedimento penale davanti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Catania, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 ottobre 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2024