Sentenza n. 152 del 2007

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SENTENZA N. 152

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                        Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                       Giudice

- Francesco               AMIRANTE                   "

- Ugo                        DE SIERVO                   "

- Romano                  VACCARELLA              "

- Paolo                      MADDALENA               "

- Alfio                      FINOCCHIARO             "

- Alfonso                  QUARANTA                  "

- Franco                    GALLO                          "

- Luigi                      MAZZELLA                   "

- Gaetano                  SILVESTRI                                   "

- Sabino                    CASSESE                      "

- Maria Rita              SAULLE                        "

- Giuseppe                TESAURO                     "

- Paolo Maria            NAPOLITANO               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 26 novembre 2003 (Doc. IV - quater, n. 19), relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Alfredo D’Ambrosio nei confronti dell’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed s.r.l., promosso con ricorso del Tribunale di Isernia, notificato il 31 maggio 2005, depositato in cancelleria il 13 giugno 2005 ed iscritto al n. 26 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito.

Visto l’atto di costituzione del Senato della Repubblica;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;

udito l’avvocato Giuseppe De Vergottini per il Senato della Repubblica.

Ritenuto in fatto

1.- Con il ricorso indicato in epigrafe, il Tribunale di Isernia nel corso di un procedimento civile promosso dall’Istituto Neurologico Mediterraneo, Neuromed s.r.l., per il risarcimento dei danni conseguenti alle dichiarazioni del senatore Alfredo D’Ambrosio – ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione adottata il 26 novembre 2003 (Doc. IV - quater, n. 19), con la quale si è dichiarato che i fatti per i quali è in corso l’indicato procedimento civile concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Il Tribunale riferisce che il procedimento civile in questione ha ad oggetto varie dichiarazioni attribuite al parlamentare, nella sua qualità di principale esponente del Movimento Politico Iniziativa Democratica, con le quali si denunciavano i presunti favori di cui godeva la Neuromed s.r.l. da parte di alcuni appartenenti alla Giunta della Regione Molise.

In particolare, il 18 aprile 2003, il parlamentare rilasciava un’intervista all’emittente Telemolise, denunciando il fatto che un dirigente regionale, nell’adottare un provvedimento di liquidazione a favore della Neuromed s.r.l., aveva imputato tale spesa su «un capitolo inesistente, dove non c’è copertura. In assenza di un ok, un parere dell’assessore alla Sanità e quello del Bilancio e Personale. La magistratura deve metterci le mani per fare chiarezza. Se dovesse essere così, ed io so che è cosi, credo che il dirigente deve essere allontanato da quel settore. Qui ci troviamo di fronte ad illecito contabile e abuso di ufficio». Nel corso di una seconda intervista, rilasciata alla medesima emittente il 24 aprile 2003, il parlamentare precisava che «Il Dirigente Generale della Sanità aveva previsto il pagamento di 8 miliardi di vecchie lire in favore della Neuromed s.r.l. […] non ha fatto il suo dovere […] mi ha impressionato la celerità di questo dirigente […] mentre tutti gli altri attendono, una struttura che ha il rappresentante a livello regionale riesce ad avere ciò che chiede».

Il Senato della Repubblica, con delibera del 26 novembre 2003, approvando la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, ha dichiarato che i fatti per i quali era in corso il procedimento civile nei confronti del parlamentare concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e ricadevano, pertanto, nella previsione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Ad avviso del Tribunale, diversamente da quanto sostenuto nella delibera impugnata, non sussisterebbero i presupposti per poter considerare le dichiarazioni rese dal senatore insindacabili ai sensi dell’art. 68 della Costituzione, non essendo esse divulgative di alcuna attività parlamentare.

Osserva, infatti, il Tribunale che, ai fini dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione, è irrilevante la ricorrenza di un generico contesto politico cui poter riferire le dichiarazioni rese extra moenia dal parlamentare, o la rilevanza pubblica dell’argomento con esse trattato, occorrendo, al contrario, che esse si pongano in collegamento, anche indiretto, con una concreta attività parlamentare, collegamento che costituisce al tempo stesso la ratio e il limite applicativo della norma costituzionale, in tal modo evitando che essa possa trasformarsi in un privilegio anziché in una garanzia.

Nel caso di specie, secondo il Tribunale, difetterebbe il suindicato collegamento poiché, come risulta dalla stessa motivazione della delibera impugnata, non vi sarebbe alcuna attività parlamentare posta in essere dal senatore, alla quale poter riferire le dichiarazioni oggetto del procedimento civile di cui egli è parte.

Il ricorrente chiede, pertanto, che la Corte dichiari la non spettanza al Senato del potere di qualificare come insindacabili le dichiarazioni rese dal parlamentare e oggetto del giudizio civile in questione, trattandosi di potere esercitato al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 68, primo comma, della Costituzione, con conseguente annullamento della deliberazione adottata dal Senato in data 26 novembre 2003.

2.- Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 178 del 4 maggio 2005.

3.- Il ricorso, unitamente all’ordinanza suddetta, è stato notificato il 31 maggio 2005 e depositato il 13 giugno 2005.

4.- Con atto depositato il 16 giugno 2005 si è costituito il Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, il quale, riservandosi di presentare ulteriori memorie, ha chiesto che il ricorso sia rigettato.

5.- In prossimità dell’udienza, il Senato della Repubblica ha depositato memoria insistendo affinché la Corte dichiari inammissibile o, in via subordinata, rigetti il ricorso.

5.1.- In via preliminare, la difesa del Senato osserva che l’atto introduttivo del conflitto risulta carente dell’indicazione della causa petendi e del petitum e, pertanto, privo del carattere dell’autosufficienza.

In particolare, il Tribunale ricorrente si sarebbe limitato ad esporre le prospettazioni della parte attrice, cioè le dichiarazioni rese dal senatore poste a fondamento della domanda di risarcimento danni avanzata nei suoi confronti, senza però valutarle come effettivamente diffamatorie, rendendo in tal modo impossibile rinvenire l’esatta portata delle stesse.

5.2.- Nel merito, il Senato della Repubblica, riportando le motivazioni della delibera oggetto del presente conflitto, osserva che le dichiarazioni del parlamentare, in quanto esplicazione del mandato politico allo stesso attribuito, rientrano nella garanzia di cui all’art. 68 della Costituzione, avendo con esse il senatore denunciato episodi di cattiva amministrazione di cui erano protagonisti, da un lato, la Giunta regionale del Molise e, dall’altro, la Neuromed s.r.l., società attrice nel giudizio principale.

In particolare, la difesa del Senato ritiene che, sulla base dell’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), debbano rientrare nella garanzia di insindacabilità, ex art. 68 della Costituzione, tutti quegli atti di critica e denuncia politica che, seppur non divulgativi di precedenti interventi in sede parlamentare, sono espressione, come nel caso di specie, del mandato politico attribuito al singolo membro del Parlamento, e ciò in ragione dello stretto collegamento esistente tra gli artt. 67 e 68 della Costituzione.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale di Isernia – nel corso di un giudizio civile per risarcimento danni promosso dall’Istituto Neurologico Mediterraneo, Neuromed s.r.l., nei confronti del senatore Alfredo D’Ambrosio – con ordinanza depositata il 13 giugno 2005, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione, adottata dall’Assemblea il 26 novembre 2003 (Doc. IV-quater, n. 19), con la quale si è ritenuto che i fatti, per i quali è in corso tale giudizio, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Il giudizio civile trae origine da diverse dichiarazioni rese dal parlamentare a vari organi di informazione, con le quali egli denunciava presunti favori di cui godeva la Neuromed s.r.l. presso la Giunta della Regione Molise.

Secondo il ricorrente, il Senato della Repubblica, con la citata deliberazione di insindacabilità, avrebbe illegittimamente esercitato il proprio potere ed in tal modo leso le attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria, in quanto non vi sarebbe alcun atto tipico cui poter riferire le dichiarazioni rese extra moenia del senatore e oggetto del giudizio civile in questione. Sarebbe, infatti, irrilevante la circostanza dedotta dal Senato della Repubblica secondo cui, nel caso di specie, l’applicabilità della garanzia di cui all’art. 68 della Costituzione, discenderebbe dal fatto che le cennate dichiarazioni sarebbero collegate alla più ampia attività politica svolta dal parlamentare.

2.- Preliminarmente, deve essere confermata l’ammissibilità del conflitto sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come già ritenuto da questa Corte nell’ordinanza n. 178 del 4 maggio 2005.

Non può essere accolta, in proposito, l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa del Senato della Repubblica basata sul rilievo che l’atto introduttivo del presente giudizio difetterebbe del requisito dell’autosufficienza, impedendo in tal modo a questa Corte ogni valutazione in ordine alla sussistenza del nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia dal senatore e la sua attività di parlamentare.

Invero, l’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale prescrive che il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria delle ragioni del conflitto e l’indicazione delle norme costituzionali che regolano la materia. Entrambe le prescrizioni risultano soddisfatte dall’atto introduttivo, in cui non solo vengono riportate le dichiarazioni rese dal parlamentare, in relazione alle quali è pendente procedimento civile dinanzi al Tribunale, ma sono anche esposte le ragioni che inducono il ricorrente a ritenere non invocabile, nel caso di specie, l’art. 68, primo comma, della Costituzione, e a denunciare la lesione delle attribuzioni dell’autorità giudiziaria.

3.- Nel merito, il conflitto è fondato.

Alla luce della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, la prerogativa dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attività politica, ma solo quelle legate da nesso funzionale con le attività svolte nella qualità di membro di una delle due Camere. Tale nesso sussiste ove siano riscontrabili sia un legame temporale fra attività parlamentare ed attività esterna (che abbia finalità divulgativa della prima), sia una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni e atti esterni.

Indipendentemente dall’eventuale contenuto diffamatorio delle dichiarazioni del senatore, il compito di questa Corte è quindi limitato alla verifica se esse, ancorché rese fuori della sede istituzionale, siano collegate ad attività proprie del parlamentare e ne rappresentino il momento di divulgazione all’esterno (ex plurimis, sentenze n. 317 del 2006; n. 28, n. 164, n. 176, n. 196 e n. 235 del 2005; n. 52 del 2002; n. 10 e n. 11 del 2000).

Nel caso in esame, nella proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, cui rinvia la delibera di insindacabilità, non si rinviene alcun riferimento ad atti tipici del parlamentare, limitandosi essa a rilevare che l’intendimento del senatore non era quello di diffamare la società attrice nel giudizio principale, quanto piuttosto di perseguire l’obiettivo di una corretta azione amministrativa. A tale proposito, si deve ribadire che il collocare tali dichiarazioni in un più generale “contesto politico” e il ricondurle a temi di rilievo generale, non vale in sé a connotarle quali espressive della funzione, ove esse, mancando di costituire la sostanziale riproduzione delle specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, siano non già il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla vita democratica mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto, a garanzia delle prerogative delle Camere, dall’insindacabilità), ma una ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 della Costituzione (sentenze n. 329 e n. 317 del 2006 e n. 51 del 2002).

Le dichiarazioni rilasciate dal parlamentare ed oggetto del procedimento civile pendente davanti il Tribunale di Isernia non rientrano, pertanto, nell’esercizio della sua specifica funzione e non sono garantite dall’insindacabilità. Conseguentemente, l’impugnata delibera del Senato della Repubblica, violando l’art. 68, primo comma, della Costituzione, ha leso le attribuzioni dell’autorità giudiziaria ricorrente e deve, pertanto, essere annullata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spettava al Senato della Repubblica affermare che le dichiarazioni rese dal senatore Alfredo D’Ambrosio, oggetto del procedimento civile pendente davanti al Tribunale di Isernia, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 26 novembre 2003 (Doc. IV - quater, n. 19).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2007.