SENTENZA N. 52
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 17 giugno 1999 della Camera dei deputati relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Maurizio Gasparri nei confronti del dott. Giancarlo Caselli ed altri, promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza, notificato il 22 agosto 2000, depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2000 ed iscritto al n. 40 del registro conflitti 2000.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2002 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;
udito l’avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 19 aprile 2000, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza ha sollevato conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, a seguito della deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 17 giugno 1999 (atti Camera, doc. IV–quater, n. 72), con la quale é stata approvata la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, di dichiarare che i fatti per i quali é in corso il procedimento penale nei confronti del deputato Maurizio Gasparri concernono opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione. Il procedimento penale nei confronti del deputato Gasparri concerne un’ipotesi di diffamazione a mezzo stampa (artt. 595, primo e terzo comma, cod. pen., e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47), in relazione a dichiarazioni dal medesimo rese nel corso di una intervista rilasciata ad un quotidiano, ritenute offensive della reputazione di alcuni magistrati della procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo (dott. Giancarlo Caselli, dott. Vittorio Aliquò, dott. Antonio Ingroia, dott. Giovanni Di Leo, dott.ssa Lia Sava), che erano stati impegnati nell’inchiesta relativa al dott. Luigi Lombardini. L’on. Gasparri – si sottolinea nell’atto di conflitto – avrebbe fra l’altro affermato, nella intervista in questione: "Attenzione … i nastri che la Procura di Palermo spedirà al CSM potrebbero venire manipolati … Mi sembra che l’intera inchiesta sia stata condotta in maniera anche troppo disinvolta. Perchè, per esempio, l’avv. Concas si era allontanato dall’ufficio di Lombardini al momento del suicidio? Molti punti devono essere chiariti e solo un attento esame dei nastri potrà darci le risposte che cerchiamo. Ma, visti i precedenti, esiste la possibilità che quelle cassette possano essere ritoccate dalla Procura di Palermo. Potrebbero essere cancellate alcune parti importanti… E’ tanto facile riprodurre una cassetta…".
Ad avviso del Giudice ricorrente, la Camera dei deputati non avrebbe legittimamente esercitato il proprio potere valutativo, e ciò a causa della mancanza assoluta di nesso tra le dichiarazioni espresse nel corso della intervista giornalistica e la funzione parlamentare. L’iter argomentativo della relazione della Giunta approvata dalla Assemblea, si fonda, infatti, sulla circostanza che "le frasi proferite dal deputato costituiscono un giudizio ed una critica di natura sostanzialmente politica su fatti e circostanze che all’epoca erano al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica nonchè del dibattito politico-parlamentare… ciò sia pure in assenza di un collegamento specifico con atti o documenti parlamentari, che comunque deve ritenersi implicito, attesa l’ampiezza e la diffusione che ebbe a suo tempo la discussione tanto sugli organi di stampa quanto, in generale, nel dibattito politico". Tale deliberazione darebbe quindi erroneamente per scontato il superamento del problema dell’estensione dell’area di insindacabilità dell’esercizio delle funzioni tipicamente parlamentari o para-parlamentari allo svolgimento di attività politica anche genericamente intesa e non funzionale all’esercizio delle funzioni medesime.
Il Giudice per le indagini preliminari - dopo aver pertanto escluso che le dichiarazioni rilasciate dall’on. Gasparri siano riferibili all’esercizio delle funzioni ispettive del parlamentare - richiama, a sostegno del conflitto, la giurisprudenza di questa Corte a proposito del requisito della connessione tra le opinioni espresse dal parlamentare e l’esercizio delle relative funzioni, come indefettibile presupposto di legittimità della deliberazione parlamentare di insindacabilità. Dato che la condotta addebitabile all’on. Gasparri non presenterebbe oggettivamente alcun legame con atti parlamentari, essa, ad avviso del ricorrente, dovrebbe rientrare nella cognizione riservata, anche in forza di precetti costituzionali (artt. 24, 101 e 102 Cost.), al sindacato giurisdizionale: "a meno di voler trasformare di fatto la prerogativa di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione da strumento di tutela dell’autonomia delle Camere a privilegio di deputati e senatori". Il ricorrente chiede, quindi, che previa dichiarazione di ammissibilità del conflitto, la Corte dichiari che non spettava alla Camera dei deputati la valutazione della condotta addebitabile all’on. Gasparri, in quanto estranea alla previsione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, ed annulli di conseguenza l’impugnata delibera, ritenuta lesiva della sfera di attribuzioni giurisdizionali, costituzionalmente garantita, del Giudice per le indagini preliminari.
2. - Il conflitto é stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 387 del 2000.
3. - Si é costituita la Camera dei deputati, contestando la fondatezza delle censure poste a base del conflitto. Al riguardo, si rammenta come, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, é necessario che le dichiarazioni extra moenia siano collegate con l’esercizio delle funzioni parlamentari; ma ciò non significa che tale rapporto di inerenza possa concretizzarsi solo laddove il parlamentare abbia cura di citare, nel corso delle proprie dichiarazioni, gli specifici atti parlamentari cui quelle dichiarazioni si riferiscono. Nè d’altra parte é possibile ridurre – come sembra presupporre la tesi del ricorrente – il rapporto di comunicazione politica, fra i parlamentari e l’opinione pubblica, ad un "mero rapporto informativo di tipo formalistico e quasi burocratico"; così come é da respingere la critica rivolta alle motivazioni addotte in sede parlamentare a sostegno della delibera di insindacabilità. Quest’ultima, infatti, in tanto ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 68, primo comma, Cost., in quanto ha potuto ravvisare nelle dichiarazioni rese dal parlamentare un collegamento obiettivo con l’attività politico-parlamentare: collegamento testimoniato, peraltro, da numerosi atti tipici di sindacato parlamentare, i quali "hanno come motivo costante pressanti preoccupazioni ed interrogativi in ordine allo svolgimento dell’interrogatorio del dott. Lombardini (ossia l’identico motivo attorno a cui ruotano le preoccupazioni espresse dall’on. Gasparri che hanno dato luogo al presente conflitto)". Nè sarebbe convincente – conclude la difesa della Camera – opporre che gli atti di sindacato ispettivo di cui innanzi si é detto provengano da altri parlamentari: la verifica del rapporto di inerenza tra le dichiarazioni incriminate e l’attività parlamentare non può circoscriversi agli atti posti in essere dal singolo parlamentare, "ben potendo sussistere tale rapporto ogni qualvolta questi si ricolleghi, implicitamente od esplicitamente che sia, alle posizioni critiche ufficializzate in atti di altri parlamentari, tanto più in caso di appartenenza ad un medesimo gruppo".
Con successiva memoria, depositata in prossimità della udienza pubblica, la Camera dei deputati ha riproposto, "in termini sintetici e riassuntivi", le argomentazioni già dedotte in sede di atto di costituzione.
Considerato in diritto
1. – Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza, investito di un procedimento penale promosso nei confronti del deputato Maurizio Gasparri per il reato di diffamazione a mezzo stampa, ha sollevato, con ordinanza depositata il 19 aprile 2000, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata dalla Assemblea il 17 giugno 1999 (documento IV-quater, n. 72), con la quale – su conforme parere della Giunta per le autorizzazioni a procedere – é stato dichiarato che i fatti per i quali é in corso il procedimento penale concernono opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione. Il giudice confliggente, dopo aver esposto i fatti che hanno dato origine alla formulazione della imputazione ed alla vicenda processuale, e dopo aver richiamato i principi più volte espressi da questa Corte nella ormai nutrita giurisprudenza costituzionale formatasi sull’argomento, ha sottolineato come – anche alla luce delle considerazioni e dei rilievi che compaiono nella relazione della Giunta, poi recepita dalla deliberazione assembleare posta a fondamento del conflitto – la condotta addebitabile all’on. Gasparri esuli dall’esercizio delle funzioni parlamentari e non presenti "oggettivamente alcun legame con atti parlamentari, neppure nell’accezione più ampia".
Tale impostazione é contestata dalla Camera resistente, la quale, in particolare, osserva che la dedotta sussistenza del nesso funzionale tra opinioni espresse e attività parlamentare non comporta – agli effetti della garanzia di insindacabilità – che il membro del Parlamento "debba sempre limitarsi a dar conto in termini strettamente testuali degli atti posti in essere in sede parlamentare". Al tempo stesso – deduce ancora la Camera - non possono condividersi i rilievi che il giudice confliggente reputa di poter desumere dalla relazione della Giunta, poichè in tale atto si puntualizza come le opinioni espresse dall’on. Gasparri avessero investito "fatti e circostanze che all’epoca erano al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica nonchè del dibattito politico parlamentare", come d’altra parte era testimoniato da molti atti di sindacato ispettivo svolti da altri parlamentari.
2. - Il ricorso é fondato.
Come questa Corte ha avuto modo di affermare più volte - nella ormai consolidata giurisprudenza formatasi sul tema dei conflitti di attribuzione fra autorità giudiziaria e Camere, in ordine alla applicazione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione - allorchè le dichiarazioni per le quali il parlamentare é chiamato a rispondere in sede giurisdizionale siano state rese, come nella specie, "del tutto al di fuori di un’attività funzionale riconducibile alla qualità di membro della Camera, e del tutto al di fuori delle possibilità di controllo e di intervento offerte dall’ordinamento parlamentare, l’unico punto da verificare riguarda l’eventualità che la dichiarazione medesima non rappresenti altro se non la divulgazione all’esterno… di un’opinione già espressa, o contestualmente espressa, nell’esercizio di funzione parlamentare" (v., fra le tante, la sentenza n. 289 del 2001). Per poter dunque ricondurre le dichiarazioni extra moenia al panorama delle "opinioni" per le quali opera la garanzia costituzionale della irresponsabilità, non bastano nè la semplice comunanza di argomenti, nè l’identità del "contesto" politico tra quelle dichiarazioni e l’espletamento di atti tipici della funzione parlamentare. "Occorre, invece, che la dichiarazione possa essere qualificata come espressione di attività parlamentare; il che normalmente accade se ed in quanto sussista una sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell’esercizio delle attività parlamentari tipiche svolte in Parlamento e le opinioni già espresse nell’ambito di queste ultime" (v., tra le altre, la sentenza n. 76 del 2001).
Nella specie deve escludersi che alle dichiarazioni, per le quali pende procedimento penale nei confronti dell’on. Gasparri, possa attribuirsi siffatto carattere divulgativo di una opinione parlamentare insindacabile. Gli atti di sindacato ispettivo evocati e prodotti dalla difesa della Camera - compiuti, nel caso di specie, da parlamentari diversi da quello cui si pretenderebbe estendere la garanzia costituzionale, con riferimento esclusivo a una prospettata attività di tipo meramente divulgativo - lungi dall’evidenziare, infatti, profili di sostanziale corrispondenza rispetto alle espressioni che formano oggetto della imputazione, si limitano a tratteggiare e stigmatizzare l’identica vicenda attorno alla quale si sono poi dipanate le espressioni – totalmente diverse per forma, significati e oggetto specifico – poste a fondamento della accusa contestata al predetto parlamentare.
Deve dunque ritenersi che la Camera dei deputati, nel votare per la insindacabilità delle dichiarazioni di cui qui si tratta, abbia violato l’art. 68, primo comma, della Costituzione, e leso in tal modo le attribuzioni della autorità giudiziaria ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali é in corso davanti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza il procedimento penale a carico del deputato Maurizio Gasparri, di cui alla ordinanza in epigrafe, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione; conseguentemente
annulla la deliberazione in tal senso adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 17 giugno 1999.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2002.