SENTENZA N. 289
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 9 luglio 1998 della Camera dei deputati relativa all’insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso con ricorso del Tribunale di Caltanissetta, sez. II penale, notificato il 18 settembre 2000, depositato in cancelleria il 4 ottobre 2000 ed iscritto al n. 45 del registro conflitti 2000.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 5 giugno 2001 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi l’avvocato Adelmo Manna per il Tribunale di Caltanissetta e l’avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale di Caltanissetta, sez. II penale, davanti al quale pende un procedimento penale per diffamazione a carico del deputato Vittorio Sgarbi, ha promosso, con atto del 23 febbraio 2000, conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata nella seduta del 9 luglio 1998 con cui l’assemblea, respingendo la difforme proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere (Atti Camera, XIII legislatura, doc. IV-ter, n. 34/A), ha affermato che i fatti per i quali é in corso il procedimento penale concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni.
Il Tribunale premette che il processo trae origine dalla querela proposta il 25 luglio 1994 dal dott. Giancarlo Caselli, all’epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo; che l’on. Sgarbi é imputato del reato previsto dall’art. 595, primo e secondo comma, del codice penale, per avere, nel corso della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani", andata in onda il 20 giugno 1994, offeso la reputazione del dott. Caselli, affermando che "il giudice Caselli si é dimenticato, nel corso di questi mesi, di mandare un avviso di garanzia a Orlando per i famosi 100 miliardi. Ha aspettato ad inviarglielo, il giudice Caselli … ha aspettato che Orlando fosse eletto parlamentare europeo. Ha consentito, con evidente favoreggiamento, che fosse eletto il suo compagno di presepe per poi mandargli l’avviso di garanzia"; che nel corso del giudizio, svoltosi nella contumacia dell’imputato, il dott. Caselli si é costituito parte civile; che il procedimento era stato sospeso, e copia degli atti, su richiesta dei difensori dell’imputato, era stata trasmessa alla Camera dei deputati; e che la causa di sospensione del procedimento era cessata in seguito alla ricezione della nota del 13 luglio 1998, con la quale il Presidente della Camera dei deputati comunicava che nella seduta del 9 luglio 1998 l’Assemblea aveva deliberato che i fatti per i quali é in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni.
Richiamando l’orientamento della Corte di cassazione, il Tribunale osserva che nel giudicare il conflitto la Corte costituzionale, pur non essendo chiamata a riesaminare nel merito la valutazione compiuta dalla Camera, dovrebbe verificare dall’esterno, entro i limiti dell'arbitrarietà-plausibilità, se l’esercizio del potere di questa non abbia menomato la sfera di attribuzioni dell’autorità giudiziaria, per vizi del procedimento, o per omessa o erronea valutazione dei presupposti della prerogativa da parte della Camera; e afferma che, secondo la stessa giurisprudenza costituzionale, per aversi insindacabilità sarebbe necessaria una corrispondenza sostanziale di contenuti tra le opinioni incriminate e l’atto parlamentare, rimanendo escluse dalla prerogativa in questione le dichiarazioni genericamente ricollegabili all’attività politica del deputato che non trovino rispondenza, contenutistica e sostanziale, in specifici atti parlamentari.
Alla luce di questi principi, il ricorrente sostiene che nel caso in esame la Camera avrebbe fatto un uso distorto del potere attribuitole, non avendo dato conto del motivo per cui ha ritenuto che le dichiarazioni dell’on. Sgarbi fossero connesse ad attività parlamentari tipiche o, comunque, ad iniziative parlamentari vere e proprie; e non avendo esaminato se sussistesse quella corrispondenza sostanziale tra il contenuto delle opinioni espresse dal parlamentare e atti parlamentari, che la giurisprudenza costituzionale ritiene indefettibile presupposto per l’operatività della prerogativa. Il Tribunale afferma che la prospettazione dell’assoluta mancanza di qualsivoglia connessione con la funzione parlamentare si profilerebbe invece del tutto ragionevole, poichè le opinioni espresse dal deputato risultano pronunciate nel corso di una trasmissione televisiva non preceduta da un dibattito parlamentare specifico e non ricollegabili nemmeno lato sensu ad una iniziativa parlamentare di analogo contenuto.
La mancanza di motivazione vizierebbe dunque irrimediabilmente la delibera parlamentare, la quale sarebbe espressione di un uso arbitrario e comunque distorto del potere attribuito alla Camera. Inoltre, secondo il Tribunale, l’utilizzazione del mezzo televisivo, per la sua ampia diffusività, avrebbe reso assolutamente necessario, nel caso in esame, che la delibera parlamentare facesse concreti riferimenti alla connessione delle opinioni rispetto all’attività garantita, in modo da giustificare il prevalere della funzione parlamentare sul diritto della parte offesa.
2. – Il conflitto é stato dichiarato ammissibile, in sede di delibazione ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge n. 87 del 1953, con ordinanza di questa Corte n. 354 del 2000; l’atto introduttivo e l’ordinanza sono stati successivamente, nei termini assegnati, notificati alla Camera dei deputati e depositati con la prova dell’avvenuta notifica.
3. – Si é costituita la Camera dei deputati, chiedendo che sia dichiarato che spettava alla Camera affermare l’insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Sgarbi, e depositando alcuni documenti.
Quanto alla censura relativa al difetto di motivazione della delibera assembleare, la difesa della Camera assume in primo luogo che, nonostante l’assemblea non abbia aderito alla conclusione proposta dalla giunta per le autorizzazioni a procedere, non per questo se ne deve dedurre che la relativa relazione sia insuscettibile, almeno per una sua parte, di integrare la motivazione della delibera assembleare. Proprio nella relazione della giunta, infatti, si darebbe atto che non si é "posto in discussione il fatto che l’on. Sgarbi svolgesse nella situazione ricordata una funzione parlamentare": a tale parte della relazione l’assemblea avrebbe inteso aderire, recependone i contenuti argomentativi e assumendoli, appunto, come motivazione della delibera d’insindacabilità. In secondo luogo, il voto in assemblea sarebbe stato preceduto da un intenso dibattito relativo sia alle incongruenze insite nelle proposte della giunta, sia al rapporto di continuità esistente tra le opinioni e l’attività politico-parlamentare dell’on. Sgarbi nel quadro dell’aspra polemica apertasi nei confronti del dott. Caselli.
Neppure sarebbe possibile sostenere, secondo la difesa della Camera, l’onere di una più intensa motivazione scaturente dall’utilizzo del mezzo televisivo. La Corte costituzionale non avrebbe mai, nei casi di opinioni espresse attraverso il mezzo televisivo, condotto il proprio scrutinio secondo canoni difformi da quelli utilizzati nelle altre fattispecie sottoposte al suo giudizio; e ciò anche nei casi in cui il parlamentare rivestiva la posizione di conduttore di una trasmissione televisiva.
Ancora, la difesa della Camera ricorda che nei recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale il giudizio sui conflitti ex art. 68, primo comma, della Costituzione si configurerebbe quale scrutinio sulla effettiva sussistenza dei presupposti di operatività della disposizione costituzionale, e non già sulla mera esistenza o sufficienza della motivazione camerale. Quanto al collegamento tra le opinioni espresse extra moenia e l’attività "strettamente parlamentare", la Camera osserva che la questione delle interferenze tra potere giudiziario e potere politico, che costituirebbe l’essenziale nucleo critico delle opinioni di cui trattasi, sarebbe stata al centro dell’attività ispettiva posta in essere dal deputato Sgarbi, ad esempio con le interrogazioni n. 3/00187 del 1° agosto 1994 e n. 4/04801 dell’11 novembre 1994. In molti atti ispettivi, inoltre, le posizioni critiche del deputato si sarebbero focalizzate proprio sul modo di operare della Procura di Palermo; in particolare si citano l’interrogazione n. 2/00252 del 21 ottobre 1996 e l’interpellanza n. 2/00592 del 3 luglio 1997 (primo firmatario on. Mancuso, con l’on. Sgarbi come cofirmatario). Gli atti tipici posti in essere dall’on. Sgarbi ruoterebbero intorno ad una questione - quella del differente trattamento accordato, a suo giudizio, dagli organi inquirenti, e in particolare dalla Procura di Palermo, ad uomini politici a seconda della loro area di appartenenza - che coinciderebbe esattamente con quella avuta di mira dalle dichiarazioni incriminate. In definitiva, fra le opinioni espresse, considerate nel loro essenziale contenuto critico, e gli atti tipici posti in essere dal deputato si riscontrerebbe l’identità dei destinatari (la Procura di Palermo e il capo del medesimo ufficio), l’identità della censura (il preteso uso politico, quanto ai tempi e ai modi di svolgimento, delle indagini giudiziarie), e l’identità delle conseguenze istituzionali che se ne fanno discendere (l’asserita grave alterazione delle dinamiche politico-istituzionali).
La memoria difensiva ricorda poi che l’atteggiamento di aspro dissenso nei confronti del ruolo politico che avrebbe giocato la magistratura in Italia accomuna diversi deputati e i relativi atti parlamentari, quali le interrogazioni n. 4/01753 del 13 ottobre 1994 (primo firmatario on. Martelli), n. 2/00941 del 3 novembre 1999 (sen. Cossiga) e n. 2/02070 del 16 novembre 2000 (on. Boselli); e riproduce il testo della interrogazione n. 5/01707 del 12 ottobre 1993 (primo firmatario on. Polizio). Quest’ultimo sarebbe un atto ispettivo, antecedente di svariati mesi alle dichiarazioni dell’on. Sgarbi, che investirebbe in via diretta le modalità di indagine da parte della Procura di Palermo sugli "appalti gestiti dalla amministrazione Orlando", e cioé la medesima circostanza fattuale di cui alle dichiarazioni dell’on. Sgarbi. Non potrebbe opporsi che tale corrispondenza non si presenti sotto forma di assoluta identità testuale, perchè sarebbe sufficiente la sostanziale corrispondenza di contenuti, richiesta dalla giurisprudenza costituzionale; nè che il rapporto di corrispondenza delle opinioni rese extra moenia non possa intercorrere anche con dichiarazioni rese da altri parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni.
4.– Nell’imminenza dell’udienza il Tribunale di Caltanissetta ha depositato una memoria difensiva, nella quale si insiste per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della deliberazione della Camera dei deputati. La memoria dapprima ricorda i più recenti orientamenti della Corte costituzionale in materia di conflitti ex art. 68, primo comma, della Costituzione, relativi alle opinioni espresse dal parlamentare al di fuori della sede parlamentare, e si sofferma poi particolarmente sulla sentenza n. 58 del 2000, nella quale la Corte ha stabilito che le opinioni espresse dall’on. Sgarbi nei confronti di un magistrato nel corso di una trasmissione televisiva non avevano alcun rilevante collegamento con l’attività parlamentare, e non erano quindi coperte da immunità: secondo il ricorrente il caso affrontato da quella sentenza sarebbe del tutto simile a quello attuale.
La difesa del Tribunale ricorrente esamina poi partitamente gli atti prodotti dalla difesa della Camera, per concludere che le dichiarazioni rese dal deputato non avrebbero alcuna connessione con l’attività svolta dallo stesso in sede parlamentare: la dichiarazione circa la presunta strumentalizzazione politica del ruolo di Procuratore della Repubblica di Palermo a favore del Sindaco della città Orlando, infatti, non troverebbe alcuna corrispondenza sostanziale negli atti ispettivi, e neppure nell’interrogazione n. 5/01707, presentata dall’on. Polizio, nella quale non si troverebbe alcun riferimento alla vicenda del Teatro Massimo del capoluogo siciliano.
Anche le circostanze in cui ha avuto luogo la divulgazione delle dichiarazioni dell’on. Sgarbi – trattandosi di valutazioni compiute quale opinionista nel corso di una trasmissione televisiva, senza alcuna specifica connessione con dibattiti parlamentari, interrogazioni, inchieste o discussioni di progetti di legge in cui risulti una partecipazione attiva del medesimo deputato – confermerebbero l’estraneità delle stesse all’ambito funzionale. Lo stesso on. Sgarbi, d’altronde, nella discussione in assemblea, avrebbe affermato che i convincimenti espressi non sarebbero neppure di natura politica, bensì osservazioni sul costume.
5.– Anche la Camera dei deputati ha depositato memoria, nella quale si ripropongono, in termini sintetici e riassuntivi, le argomentazioni già dedotte in sede di atto di costituzione, a riprova della legittimità della delibera di insindacabilità.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Caltanissetta ha sollevato conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera di quest'ultima in data 9 luglio 1998 con la quale, respingendo la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere, essa ha deciso che i fatti per i quali é in corso, davanti al predetto Tribunale di Caltanissetta, un procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi, per diffamazione a danno del dott. Giancarlo Caselli, all'epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
La dichiarazione contestata al deputato, resa nel corso di una trasmissione televisiva in data 20 giugno 1994, era del seguente tenore: "Il giudice Caselli si é dimenticato, nel corso di questi mesi, di mandare un avviso di garanzia a Orlando per i famosi 100 miliardi. Ha aspettato ad inviarglielo, il giudice Caselli … ha aspettato che Orlando fosse eletto parlamentare europeo. Ha consentito, con evidente favoreggiamento, che fosse eletto il suo compagno di presepe per poi mandargli l'avviso di garanzia".
La giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei deputati, nella relazione presentata il 20 febbraio 1997, pur non ponendo in discussione il fatto che l'on. Sgarbi svolgesse nella situazione ricordata una funzione parlamentare, riteneva che "ci si trovi di fronte, nella circostanza, alla imputazione apodittica al dottor Caselli della commissione di un reato (favoreggiamento)", e che in definitiva "il confine tra opinioni (protette costituzionalmente) e accuse apodittiche infamanti (che rappresentano violazione di altro valore costituzionalmente protetto: la dignità della persona) sia stato varcato nei fatti": onde concludeva ritenendo che i fatti per i quali si procede "non concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni".
Nella seduta del 9 luglio 1998 la Camera respinse, con 241 voti contro 94 e 59 astenuti, la proposta della giunta: onde, secondo la prassi oggi seguita, con detto voto la Camera ha deliberato che i fatti per i quali é in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Il Tribunale di Caltanissetta, premesso che attraverso il conflitto questa Corte sarebbe chiamata ad una "verifica esterna, entro i limiti dell'arbitrarietà-plausibilità", degli eventuali vizi del procedimento e della "omessa o erronea valutazione dei presupposti della prerogativa da parte della Camera", rileva che nella specie l'assemblea avrebbe fatto un uso distorto del potere attribuitole, poichè non avrebbe dato conto del motivo per cui le dichiarazioni del deputato sono state ritenute connesse ad attività parlamentari, e in particolare non avrebbe esaminato se sussistesse quella corrispondenza sostanziale di contenuti fra opinione incriminata e atti parlamentari, che sarebbe, secondo la giurisprudenza di questa Corte, presupposto indefettibile per l'operatività della prerogativa. Sarebbe, invece, del tutto ragionevole "la prospettazione dell'assoluta mancanza di qualsivoglia connessione con la funzione parlamentare delle affermazioni incriminate", essendo esse state pronunciate nel corso di una trasmissione televisiva non preceduta da un dibattito parlamentare specifico e non essendo pertanto ricollegabili, nemmeno in senso largo, ad una iniziativa parlamentare di analogo contenuto. Di qui discenderebbe la menomazione della sfera di attribuzioni dell'autorità giudiziaria, fatta valere con il conflitto.
La difesa della Camera, a sua volta, afferma che la motivazione della delibera potrebbe essere integrata sia dalla relazione della giunta, per la parte in cui si ricorda che non si é posto in discussione il fatto che il deputato svolgesse, nella specie, una funzione parlamentare, sia dal dibattito, in cui si sarebbe messa in rilievo la continuità fra le opinioni incriminate e l'attività politico-parlamentare dell'on. Sgarbi. Nel merito, la difesa della Camera cita numerosi atti ispettivi posti in essere dall'on. Sgarbi, che avrebbero riguardo alla questione delle interferenze tra potere giudiziario e potere politico e alla supposta parzialità degli organi inquirenti quanto al trattamento riservato ad uomini politici, nonchè atti di sindacato ispettivo posti in essere da altri deputati, che riguarderebbero anche l'azione della Procura di Palermo: fra di essi, in particolare, una interrogazione presentata in data 12 ottobre 1993 dall'on. Polizio.
2. – Il ricorso é fondato.
Va premesso che, come ricorda la difesa della Camera, secondo il più recente orientamento di questa Corte, il giudizio sui conflitti di attribuzione fra autorità giudiziaria e Camere parlamentari, in ordine alla applicazione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, originati da deliberazioni di insindacabilità adottate dalle assemblee, non si configura come mero sindacato sulla esistenza e congruità della motivazione con cui la Camera di appartenenza del parlamentare abbia affermato che la dichiarazione di cui si discute rientra nell'ambito della prerogativa, ma richiede che si verifichi se, nella specie, l'opinione sia stata espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari, alla luce della nozione di tale esercizio che si desume dalla Costituzione (sentenze n. 10 e n. 11 del 2000).
Al di là, dunque, della assenza, lamentata dal Tribunale ricorrente, di motivazione del voto con cui la Camera respinse la proposta della giunta, la Corte deve esprimersi sul punto se la dichiarazione della quale l'on. Sgarbi é chiamato a rispondere sia opinione espressa nell'esercizio delle funzioni parlamentari, nel qual caso l'art. 68 della Costituzione impedirebbe l'attivazione di tale responsabilità, ovvero sia opinione espressa allo stesso titolo di ogni altro cittadino, nel qual caso spetterebbe al giudice procedere, entrando nel merito dell'accusa per valutarne la fondatezza.
Essendo pacifico il contesto in cui si colloca la dichiarazione, resa nel corso di un programma televisivo condotto dallo stesso deputato, del tutto al di fuori di un’attività funzionale riconducibile alla qualità di membro della Camera, e del tutto al di fuori delle possibilità di controllo e di intervento offerte dall'ordinamento parlamentare, l'unico punto da verificare riguarda l'eventualità che la dichiarazione medesima non rappresenti altro se non la divulgazione all'esterno (sia pure col mezzo televisivo) di un'opinione già espressa, o contestualmente espressa, nell'esercizio di funzioni parlamentari (cfr. sentenze nn. 10, 11, 56, 58, 82, 320, 321, 420 del 2000).
3. – In concreto, deve escludersi che alla dichiarazione in esame possa attribuirsi siffatto carattere divulgativo di un'opinione parlamentare insindacabile.
Gli atti di sindacato ispettivo evocati e prodotti dalla difesa della Camera, e compiuti dall'on. Sgarbi, come firmatario o co-firmatario, tutti peraltro in epoca posteriore alla data della dichiarazione incriminata, oltre a non essere legati da rapporto di contestualità, non hanno alcuna precisa relazione di contenuto con quest'ultima, riguardando questioni o critiche attinenti all'attività di altre procure e di altri magistrati, o comunque vicende del tutto estranee a quella cui si riferisce l'esternazione in oggetto.
La stessa cosa é a dirsi riguardo agli atti di sindacato ispettivo ricordati dalla difesa della Camera, ma compiuti da altri deputati, in epoca peraltro molto posteriore rispetto ai fatti sub judice, che dimostrano solo l'esistenza di atteggiamenti critici da parte di alcuni parlamentari nei confronti dell'operato di alcuni uffici giudiziari, nonchè dello stesso dott. Caselli, ma in rapporto a vicende del tutto diverse da quella in oggetto. Nè a diversa conclusione può condurre il richiamo, operato dalla stessa difesa, all'interrogazione presentata il 12 ottobre 1993 dall'on. Polizio, e nella quale - in un contesto più ampio, in cui si asseriva che le Procure della Repubblica di Milano, Napoli e Palermo avrebbero tenuto comportamenti processuali diversi a seconda dell’appartenenza politica degli indagati - l'unico riferimento specifico alla Procura di Palermo (senza indicazioni nominative) é l'affermazione secondo cui "a Palermo non si indaga, con lo stesso rigore, sugli appalti gestiti dall'amministrazione Orlando". Anche a prescindere dal problema se possa rilevare a tal fine un atto riferibile ad altro parlamentare, sta di fatto che in esso non si trovano nè la menzione della persona offesa dal reato, nè riferimenti al fatto specifico oggetto della dichiarazione incriminata.
Deve dunque ritenersi che la Camera, votando per la insindacabilità della dichiarazione in questione, abbia violato l'art. 68, primo comma, della Costituzione, e leso in tal modo le attribuzioni della autorità giudiziaria ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali é in corso presso il Tribunale di Caltanissetta il procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi, di cui al ricorso in epigrafe, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; conseguentemente
annulla la deliberazione in tal senso adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 9 luglio 1998.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2001.