Sentenza n. 221 del 2006

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SENTENZA N. 221

ANNO 2006

 

Tommaso F. Giupponi

 

La Corte e i tempi della politica. L’insindacabilità dei consiglieri regionali e la presunta efficacia inibitoria della delibera del Consiglio

 

(per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale                   MARINI                                  Presidente

- Franco                      BILE                                       Giudice

- Giovanni Maria         FLICK                                          "

- Francesco                 AMIRANTE                                 "

- Ugo                          DE SIERVO                                 "

- Romano                    VACCARELLA                            "

- Paolo                        MADDALENA                             "

- Alfio                        FINOCCHIARO                           "

- Alfonso                    QUARANTA                                "

- Franco                      GALLO                                        "

- Luigi                        MAZZELLA                                 "

- Gaetano                    SILVESTRI                                  "

- Sabino                      CASSESE                                     "

- Maria Rita                SAULLE                                      "

- Giuseppe                  TESAURO                                    "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione sorti a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia del 29 aprile 2003 e dell’ordinanza del Tribunale di Venezia del 21 dicembre 2004, promossi con ricorsi della Regione Lombardia notificati il 20 maggio 2004 e il 14 marzo 2005, depositati in cancelleria l’8 giugno 2004 e il 30 marzo 2005 ed iscritti ai nn. 9 del registro conflitti 2004 e 15 del registro conflitti 2005.

Udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2006 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;

udito l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1. – Con il primo dei ricorsi indicati in epigrafe la Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis del codice di procedura penale, notificato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia ai consiglieri regionali Daniele Belotti, Carlo Saffioti e Pietro Macconi.

Al consigliere Belotti, attraverso l’atto citato, veniva contestato il reato di diffamazione aggravata e continuata (artt. 81, 595, comma 3, del codice penale), per avere – in relazione ad una complessa indagine relativa allo spaccio di stupefacenti, nel corso della quale erano stati dapprima tratti in arresto e successivamente liberati, a seguito di udienza di convalida, numerosi cittadini extracomunitari – più volte offeso la reputazione dei giudici della sezione per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, rilasciando due interviste, entrambe al Giornale di Bergamo, nelle edizioni del 26 marzo e del 20 aprile 2002.

Nella prima di esse, in particolare, si attribuiva al consigliere Belotti – che criticava la decisione dei magistrati di scarcerare gli indagati extracomunitari – la testuale dichiarazione: «Non è la prima volta che a Bergamo si butta all’aria per dei cavilli burocratici un lavoro di mesi delle forze dell’ordine […]; a questo punto certi magistrati, anziché pensare a “resistere, resistere, resistere”, dovrebbero pensare a “lavorare, lavorare, lavorare»; quanto alla seconda intervista, gli si contestava di avere offeso la reputazione del presidente e dell’intera sezione dei giudici delle indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, per avere invitato il primo «tra uno sciopero e l’altro» a riflettere sullo «stato d’animo dei residenti della zona interessata al fenomeno dello spaccio», insinuando «una sostanziale inerzia dello stesso organo giudicante».

Ai consiglieri Saffioti e Macconi,  con l’avviso di conclusione delle indagini, si contestava il reato di diffamazione aggravata in concorso con altri soggetti non identificati (artt. 110, 595, comma 3, cod.pen.), in relazione all’invio, al Giornale di Bergamo del 13 aprile 2002, di una lettera aperta (intitolata “Grazie Signor Giudice”) ritenuta offensiva della reputazione dei magistrati della sezione per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo. In particolare, si contestava loro di aver censurato l’operato dei giudici, in relazione alla medesima vicenda della liberazione degli extracomunitari indagati per spaccio di stupefacenti, ironizzando ed esprimendo giudizi offensivi ed «insinuando una connivenza dei magistrati con gli stessi indagati».

La ricorrente sostiene che le dichiarazioni in questione – costituendo «divulgazione di una serie di iniziative istituzionali intraprese già da tempo dai tre Consiglieri», nonché da altri componenti del Consiglio regionale lombardo, con riferimento alla necessità di interventi «su più fronti nella lotta alla criminalità ad opera di immigrati clandestini in Lombardia e, in particolare, nella provincia di Bergamo» – risultano funzionalmente connesse all’attività politico-consiliare dei predetti; con la conseguenza che l’iniziativa della Procura della Repubblica di Venezia arrecherebbe pregiudizio all’autonomia costituzionalmente garantita alla Regione ed ai suoi organi, tra cui il Consiglio regionale.

Invero – argomenta la Regione – i consiglieri Belotti, Saffioti e Macconi già in data 6 febbraio 2001 avevano presentato, unitamente ad altri consiglieri regionali, una mozione consiliare urgente (n. 106), con la quale – denunciati diversi episodi di criminalità verificatisi nella Provincia di Bergamo ad opera di immigrati clandestini – impegnavano il Presidente della Giunta regionale «da un lato, ad attivarsi presso il Ministero degli Interni al fine di ottenere un urgente potenziamento degli organici delle forze dell’ordine in servizio presso la provincia di Bergamo, dall’altro, a sollecitare il Governo centrale a procedere all’espulsione di tutti i clandestini».

Inoltre – prosegue la ricorrente – in data 23 aprile 2002, vale a dire «poco dopo» il rilascio delle dichiarazioni incriminate, i consiglieri Macconi e Saffioti avevano presentato in Consiglio regionale una mozione (n. 273), con la quale – ulteriormente denunciata la grave situazione dell’ordine pubblico in Lombardia –  avevano rilevato lo stato di una «farraginosa legislazione» che, a causa di «norme procedurali complesse ed ipergarantiste», consentiva di «rilasciare anche persone già arrestate in flagranza di reato». Nella mozione, i consiglieri suddetti avevano altresì invitato, per un verso, il Consiglio regionale ad organizzare una seduta interamente dedicata al tema dell’ordine pubblico e, per altro verso, la Giunta a sollecitare Governo e Parlamento nazionali alla modifica dell’attuale legislazione penale, «al fine di ridurre la possibilità di discrezionalità del giudizio, per una più efficace repressione» idonea a ricostituire la fiducia nelle istituzioni.

Sottolineata, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi per la ammissibilità del conflitto, la ricorrente richiama – sempre alla stregua di tale giurisprudenza – la ratio e l’ampiezza della prerogativa dell’irresponsabilità sancita dall’art. 122, comma quarto, della Carta fondamentale: prerogativa estesa a tutte quelle attività che, benché svolte fuori dalla sede consiliare e non rientranti tra gli atti tipici, siano comunque riconducibili alla sfera delle funzioni consiliari. In proposito, la Regione rileva come il nesso funzionale tra dichiarazioni rese e funzione parlamentare sussiste – sì che la dichiarazione può, conseguentemente, qualificarsi espressione dell’attività coperta dalla garanzia di immunità – quando vi sia una sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni divulgate e le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni tipiche svolte nel Consiglio regionale; e quando vi sia contestualità fra di esse.

Queste caratteristiche, a parere della Regione Lombardia, connoterebbero le dichiarazioni dei tre consiglieri, riproduttive del contenuto delle due mozioni indicate, costituenti atti di sicura espressione della funzione di indirizzo politico; le dichiarazioni rese alla stampa e le mozioni rappresenterebbero, cioè, «due diverse modalità di esercizio della medesima attività politico-istituzionale»: quella di indirizzo, affidata sia al Consiglio regionale nel suo complesso, sia ai singoli consiglieri. Infine, secondo la ricorrente, la nozione di contestualità deve essere intesa come riferibilità delle dichiarazioni rese alla stampa «ad opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni consiliari quanto meno nell’arco della medesima legislatura nella quale si esplica il mandato consiliare», perdurando, in tale ipotesi, il collegamento da nesso funzionale tra le prime e le seconde.

Da ciò discenderebbe – secondo la Regione – l’illegittimità dell’atto giudiziario notificato, esorbitando dai poteri della magistratura la facoltà di ingerirsi nell’esercizio delle funzioni di indirizzo politico dei consiglieri regionali e di sottoporre a giudizio le opinioni espresse nell’esercizio delle stesse; con conseguente richiesta di annullamento dell’atto medesimo, a seguito di declaratoria di non spettanza del relativo potere.

2. – Con il secondo ricorso indicato in epigrafe, la Regione Lombardia ha proposto ulteriore conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all’ordinanza del Tribunale di Venezia, ufficio del Giudice monocratico penale di Mestre, resa all’udienza del 21 dicembre 2004, nell’ambito del procedimento penale a carico dei consiglieri regionali Belotti, Saffioti e Macconi, con la quale era stata rigettata la richiesta – avanzata dai difensori degli imputati, sul presupposto dell’applicabilità, nella specie, dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione – di declaratoria di non punibilità ai sensi degli artt. 129 o 469 cod. proc. pen.

La ricorrente – dopo aver richiamato il precedente ricorso per conflitto di attribuzione, proposto in relazione alla emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nell’ambito della medesima vicenda processuale – evidenzia che, successivamente alla notifica di tale avviso, il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto il rinvio a giudizio dei consiglieri Belotti, Saffioti e Macconi per i medesimi reati già contestati; e che, nel frattempo, la Regione Lombardia, in attuazione dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione, aveva approvato la legge regionale 28 ottobre 2004, n. 26, recante “Norme in materia di insindacabilità dei consiglieri regionali ai sensi dell’art. 122, comma 4, della Costituzione”. In attuazione di tale normativa – prosegue la Regione – il Consiglio regionale aveva deliberato, nella seduta del 23 novembre 2004, di «esprimersi favorevolmente» in ordine alla sussistenza della causa di insindacabilità di cui agli artt. 122, comma quarto, della Costituzione e 7 dello statuto della Regione Lombardia; tale delibera (n. VI/108) era stata trasmessa all’Autorità giudiziaria procedente, la quale, all’udienza del 21 dicembre 2004, pronunciando sulla conseguente richiesta di assoluzione avanzata dai difensori dei consiglieri regionali – o, in subordine, di sollevare  conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale – aveva disatteso l’istanza difensiva, disponendo il rinvio ad una successiva udienza per l’audizione dei testi e per l’esame degli imputati.

Ad avviso della ricorrente, tale statuizione del giudice penale costituirebbe illegittimo sindacato sull’attività consiliare, lesivo dell’autonomia costituzionalmente garantita alla Regione ed ai suoi organi; e la proposizione di un nuovo conflitto trova ragion d’essere nella circostanza che – entrata in vigore, successivamente alla proposizione del primo conflitto, la menzionata legge regionale n. 26 del 2004, la quale disciplina le procedure per la valutazione di insindacabilità, in attuazione dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione – il Consiglio regionale si era appunto espresso con una delibera di insindacabilità per i consiglieri regionali Belotti, Saffioti e Macconi, relativamente ai fatti oggetto della contestazione. Pertanto – argomenta la Regione – l’ordinanza del Tribunale di Venezia risultava lesiva delle prerogative del Consiglio regionale e dei suoi membri, proprio in quanto alla citata delibera di insindacabilità – ed in forza della garanzia di cui al comma quarto dell’art. 122 della Costituzione – si collega un effetto inibitorio per l’Autorità giudiziaria procedente, la quale, conseguentemente, risulterebbe «spogliata della possibilità di giudicare il caso in questione». Secondo la Regione ricorrente, la guarentigia di cui al comma quarto dell’art. 122 della Costituzione si atteggerebbe, per i consiglieri regionali, secondo il medesimo modello giuridico e concettuale elaborato dalla giurisprudenza costituzionale per l’art. 68, comma primo, della Costituzione: con la conseguenza che, a fronte di una delibera consiliare di insindacabilità favorevole all’applicazione della guarentigia per il consigliere regionale, qualora l’autorità giudiziaria decida di procedere comunque, il Presidente della Giunta regionale è onerato della proposizione di conflitto davanti alla Corte costituzionale.

Alla luce di tali premesse – conclude la ricorrente – l’ordinanza del Tribunale di Venezia, mostrando di «non tener conto dell’effetto inibitorio della delibera consiliare», costituisce illegittima invasione nella sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla Regione, in violazione dell’art. 122, comma 4 della Costituzione; pertanto, anche di tale atto si chiede l’annullamento, a seguito di declaratoria di non spettanza del relativo potere.

3. – Con successive memorie, depositate in entrambi i giudizi, la Regione ricorrente, richiamata ancora la giurisprudenza di questa Corte, ha ulteriormente ribadito come tutte le dichiarazioni rese dai tre consiglieri regionali alla stampa ed oggetto dell’accertamento in sede penale dovessero ritenersi coperte dalla guarentigia, trattandosi di esternazioni costituenti divulgazione di atti tipici, con una sostanziale corrispondenza di significati ed in un contesto temporale di assoluta omogeneità.

Considerato in diritto

1. – Va, preliminarmente, disposta la riunione dei giudizi, avuto riguardo alla sostanziale coincidenza dell’oggetto dei due ricorsi.

La Regione Lombardia ha proposto un primo conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, deducendo che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia nei confronti dei consiglieri regionali Daniele Belotti, Carlo Saffioti e Pietro Macconi  integrerebbe atto invasivo della sfera di garanzia presidiata dall’art. 122, comma quarto, della Costituzione: così pregiudicando l’autonomia assicurata dalla Carta fondamentale alla Regione ed ai suoi organi. La ricorrente ha evidenziato, in particolare, che la contestazione del reato di diffamazione a mezzo stampa – cui l’avviso in questione si riferisce – trarrebbe origine, quanto al consigliere Belotti, da due interviste rilasciate, al medesimo quotidiano, nelle date del 26 marzo e del 13 aprile 2002, nelle quali esso avrebbe espresso delle valutazioni sull’operato dei componenti la sezione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo: valutazioni ritenute diffamatorie, aventi ad oggetto la liberazione, in esito all’udienza di convalida, di numerosi cittadini extracomunitari già tratti in arresto per reati concernenti lo spaccio di sostanze stupefacenti. Quanto ai consiglieri Saffioti e Macconi, la contestazione del reato trarrebbe origine da una loro lettera aperta ad un quotidiano, il cui contenuto, censurando la medesima decisione dei giudici ed ironizzando su di essa, era stato ritenuto offensivo della reputazione dei magistrati  stessi.

In proposito, la Regione ricorrente ha evidenziato come tali dichiarazioni risultassero divulgazione di atti tipici, rappresentati sia da una mozione consiliare urgente, del 6 febbraio 2001, sottoscritta dai tre consiglieri regionali; sia da altra mozione urgente, successiva alle esternazioni giornalistiche, in quanto datata 23 aprile 2002, e sottoscritta solo dai consiglieri Macconi e Saffioti. Il contenuto di entrambe le mozioni e la contestualità, rispetto ad esse, delle dichiarazioni alla stampa, rendevano queste ultime – a parere della Regione ricorrente – espressione di attività consiliare, in quanto aventi carattere divulgativo delle mozioni menzionate e, dunque, di funzioni tipiche svolte nel Consiglio regionale.

La Regione Lombardia ha proposto ulteriore conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza del Tribunale di Venezia, ufficio del Giudice monocratico penale di Mestre, resa all’udienza del 21 dicembre 2004, nell’ambito del medesimo procedimento penale a carico dei consiglieri regionali Belotti, Saffioti e Macconi, con la quale era stata rigettata la richiesta – avanzata dai difensori degli imputati, sul presupposto dell’immediata applicabilità dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione – di declaratoria di non punibilità ai sensi degli artt. 129 o 469 codice di procedura penale.

La ricorrente – dopo aver sottolineato come anche tale conflitto avesse per oggetto i medesimi fatti e presupposti di quello già proposto – ha rappresentato che, dopo il rinvio a giudizio dei consiglieri Belotti, Saffioti e Macconi per i reati contestati, era intervenuta l’approvazione da parte della Regione Lombardia, in attuazione dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione, della legge regionale 28 ottobre 2004, n. 26, recante “Norme in materia di insindacabilità dei consiglieri regionali ai sensi dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione”; e che, in applicazione di essa, il Consiglio regionale aveva deliberato, nella seduta del 23 novembre 2004, di «esprimersi favorevolmente» in ordine alla sussistenza della causa di insindacabilità per i tre consiglieri regionali, a norma dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione. Trasmessa tale delibera (n. VI/108) al Tribunale di Venezia, quest’ultimo, all’udienza del 21 dicembre 2004, pronunciando sulla conseguente richiesta di assoluzione avanzata dai difensori dei consiglieri regionali, aveva disatteso l’istanza difensiva, disponendo il rinvio ad una successiva udienza per l’audizione dei testi e per l’esame degli imputati. Da qui la necessità, secondo la Regione ricorrente, di proporre ulteriore conflitto di attribuzione, richiedendo l’annullamento dell’ordinanza in questione, previa declaratoria di non spettanza del relativo potere in capo all’Autorità giudiziaria: ciò in quanto anche l’atto in questione risulterebbe – per le medesime motivazioni già riferite all’avviso di conclusione delle indagini preliminari – invasivo della sfera di garanzia costituzionalmente presidiata per le funzioni di consigliere regionale.

2. – I ricorsi sono infondati.

2.1. – Va, preliminarmente, rilevato che – come esattamente affermato dalla Regione ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica – la legge della Regione Lombardia 28 ottobre 2004, n. 26, con cui è stata introdotta normativa in materia di insindacabilità dei consiglieri regionali ai sensi dell’art. 122, comma quarto, della Costituzione, non può assumere, in questa sede, rilievo alla stregua di norma interposta, atteso che tale disciplina regionale ha soltanto la funzione di regolare le cadenze procedurali interne, inerenti lo scrutinio consiliare relativo alla deliberazione sulla insindacabilità (quali: l’onere, per il consigliere regionale di investire l’organo consiliare; l’obbligo per il Consiglio di procedere alla valutazione  della sussistenza della garanzia entro un termine definito; e così via). La fonte normativa della guarentigia rimane l’art. 122, comma quarto, della Costituzione, cui soltanto si connette l’effetto “inibitorio” della delibera consiliare di insindacabilità.

Tale prerogativa, nella specie, è invocata dalla Regione quale garanzia connessa all’esercizio di un’attività costituente esplicazione di funzione consiliare tipica: ciò per l’evidente collegamento funzionale sussistente, ad avviso della ricorrente, tra le dichiarazioni rese alla stampa e l’attività consiliare svolta dai tre consiglieri attraverso le due mozioni richiamate. Le dichiarazioni avrebbero funzione divulgativa di queste ultime, in ragione sia della contestualità con esse, sia di una sostanziale corrispondenza di significati; di tal l’opinione resa al di fuori dell’esercizio delle attività parlamentari risulterebbe in simmetria a quella espressa nell’ambito di tali attività e, dunque, ad esse riconducibile.

In proposito, va tuttavia specificato che gli atti di funzione invocati dalla regione a “copertura” della insindacabilità risultano, innanzitutto, soggettivamente diversificati: infatti, la mozione del 23 aprile 2002 risulta sottoscritta esclusivamente dai consiglieri Saffioti e Macconi, ma non dal consigliere Belotti; rispetto a quest’ultimo, dunque, l’unica scriminante funzionale – nei confronti della quale le interviste apparse sulla stampa nelle edizioni del 26 marzo e del 13 aprile 2002 dovrebbero costituire mera divulgazione – è rappresentata dalla mozione n. 106 presentata in data 6 febbraio 2001. A tal fine, viene in rilievo una prima verifica inerente il requisito della contestualità tra l’opinione espressa in sede consiliare e la sua successiva divulgazione: il nesso funzionale che, in ipotesi, le collega non può evidentemente tollerare segmenti temporali di tale ampiezza da risultare incompatibile con la stessa finalità divulgativa; da ciò la nozione di “sostanziale contestualità”, con cui questa Corte ha rappresentato l’esigenza di un medesimo contesto temporale tra atto tipico e sua divulgazione, pena la stessa interruzione del nesso funzionale. Ora, tale contestualità – lungi dall’abbracciare, secondo la prospettazione della ricorrente, l’arco temporale dell’intera durata della consiliatura – non può ritenersi, invece, sussistente per dichiarazioni rese alla stampa (nelle date del 26 marzo e del 13 aprile  2002) oltre un anno dopo la presentazione della mozione n. 106 (6 febbraio 2001).

Inoltre, le dichiarazioni oggetto della incriminazione non possono considerarsi come divulgazione del contenuto della mozione in questione, difettando la sostanziale corrispondenza di contenuto fra le une e l’altra. Con la mozione del 6 febbraio 2001 si stigmatizzava la carenza degli organici di polizia della provincia di Bergamo, ritenuti inadeguati rispetto all’incremento del tasso di criminalità: tanto che il Consiglio regionale impegnava il presidente della Giunta a richiedere al Ministro dell’interno un potenziamento degli organici delle forze dell’ordine in provincia di Bergamo ed a sollecitare il Governo a procedere all’espulsione di tutti i clandestini. Le dichiarazioni rese alla stampa – vale a dire, sia le due interviste rilasciate dal consigliere Belotti, sia la “lettera aperta” a firma dei consiglieri Saffioti e Macconi – hanno, invece, ad oggetto non già l’inefficacia dell’operato delle forze di polizia o l’insufficiente dotazione di organico, quanto l’azione della magistratura, che ne avrebbe vanificato il risultato. Anzi, nelle reiterate affermazioni circa l’esistenza di una valida azione preventiva delle forze di polizia, che è dato cogliere nelle dichiarazioni in questione («la prevenzione c’è, manca la repressione», «i giudici si coordino con le forze dell’ordine per far sì che i risultati di lunghi mesi di indagini non risultino vanificati»), appare persino rovesciata – o, quantomeno, totalmente superata – l’opinione espressa nella mozione citata, che lamentava proprio l’impossibilità di una efficace prevenzione, per insufficienza degli organici di polizia. Nel caso di specie, dunque, atto funzionale tipico e dichiarazioni risultano legati, al più, solo da una generica comunanza di argomento – la sicurezza pubblica, in senso lato – idonea a ricondurre entrambi ad un generico, comune contesto politico; ma del tutto inadeguata a prospettarsi quale nesso funzionale tra quanto oggetto di atto tipico e quanto riprodotto, in chiave divulgativa, dagli organi di informazione, secondo i principi ripetutamente affermati da questa Corte (v., ex plurimis, sentenze n. 276 del 2001; n. 391 del 1999).

Quanto all’ulteriore mozione n. 273 del 23 aprile 2002, ed inerente soltanto ai consiglieri Saffioti e Maccone, non può ritenersi la sussistenza di un utile collegamento temporale, rispetto alla pubblicazione, in data 13 aprile 2002, sulla stampa locale della “lettera aperta” a firma dei due citati consiglieri regionali ed oggetto della contestazione del reato loro ascritto. Questa Corte ha effettivamente riconosciuto la possibilità che l’atto funzionale segua alle dichiarazioni esterne, entro un arco talmente compresso di tempo da poter affermare la «sostanziale contestualità» fra l’uno e le altre  (v. sentenze n. 10 del 2000 e n. 276 del 2001); ma tale ipotesi non ricorre nella specie, sussistendo uno iato temporale – dieci giorni –  considerevole tra la dichiarazione apparsa sulla stampa e la mozione proposta: così da invertire, evidentemente, l’ordine logico, prima che giuridico, tra atto consiliare e sua divulgazione.

2.2. – Si deve, quindi, concludere che le dichiarazioni dei consiglieri della Regione Lombardia Daniele Belotti, Carlo Saffioti e Pietro Macconi non possono ritenersi rese nell’esercizio della funzione consiliare regionale, né, pertanto, coperte dalla speciale immunità di cui all’art. 122, quarto comma, della Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara che spetta allo Stato – e per esso al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia ed al Tribunale di Venezia, – adottare nei confronti dei consiglieri della Regione Lombardia Daniele Belotti, Carlo Saffioti e Pietro Macconi i provvedimenti in relazione ai quali sono stati sollevati i conflitti di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2006.