SENTENZA N.276
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Roberto CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Mantova, notificato al consigliere regionale Enzo Lucchini in data 16 ottobre 2000, per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 30 novembre 2000, depositato in cancelleria il 19 dicembre 2000 ed iscritto al n. 62 del registro conflitti 2000.
Udito nell’udienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;
udito l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 30 novembre 2000 e depositato il 19 dicembre 2000, la Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla "informazione di garanzia" (recte: avviso della conclusione delle indagini preliminari, a norma dell’art. 415-bis, cod.proc.pen.), asseritamente notificato al consigliere regionale Enzo Lucchini il 16 ottobre 2000 dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Mantova, "per eventualmente rispondere del reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti del Direttore generale della Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova, dott. Lelio Pischedda, a causa di una intervista rilasciata al quotidiano La Gazzetta di Mantova in data 14 febbraio 2000". In tale intervista - sottolinea la Regione ricorrente - il consigliere Lucchini avrebbe espresso, quale Presidente della commissione consiliare "Sicurezza sociale" - che si occupa fra l’altro di sanità - "le proprie valutazioni politiche circa il provvedimento del direttore Pischedda di revoca dell’incarico di direttore sanitario del dott. Gustavo Galmozzi". Il 16 febbraio 2000, poi, il consigliere Lucchini aveva inviato all’assessore alla sanità ed al presidente della giunta regionale una "istanza di verifica della regolarità della delibera del dott. Pischedda di licenziamento in tronco del direttore sanitario dott.Gustavo Galmozzi, opinando sulla sussistenza della giusta causa della revoca dall’incarico e sulla correttezza procedurale della medesima". Malgrado - sostiene la ricorrente - l’evidente nesso funzionale fra il contenuto dell’intervista e l’attività politico-consiliare del Lucchini, la Procura di Mantova avrebbe adottato l’iniziativa censurata, dando così luogo ad un illegittimo sindacato della magistratura circa l’attività del consigliere regionale Lucchini, con conseguente pregiudizio per la autonomia costituzionalmente garantita alla Regione ed ai suoi organi, tra cui il Consiglio regionale.
Dopo aver sottolineato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi per la ammissibilità del conflitto, il ricorrente ha rievocato varie pronunce atte a delineare la ratio e l’ampiezza della garanzia sancita dall’art. 122, quarto comma, Cost., rammentando come l’immunità in parola si estenda ai comportamenti che, pur non rientrando fra gli atti tipici, siano collegati da nesso funzionale con l’esercizio delle attribuzioni proprie degli organi di appartenenza. Al tempo stesso - ha ancora ricordato la ricorrente - il criterio di delimitazione della insindacabilità dei consiglieri regionali sta nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti, sì che risultano garantite sotto tale aspetto anche le funzioni che, benchè di natura amministrativa, sono assoggettate al Consiglio regionale in via immediata e diretta dalle leggi dello Stato. Quanto, poi, al nesso funzionale, questa Corte - rammenta, ancora, la Regione - ha più volte avuto modo di affermare che la sostanziale corrispondenza, e quindi il carattere divulgativo, sia il criterio che consente di identificare le dichiarazioni rese al di fuori della attività parlamentare tipica e ciononostante riconducibili o inerenti a quella funzione.
Risulterebbe quindi evidente - secondo la Regione - che il contenuto della intervista rilasciata dal consigliere Lucchini e "la sua contestuale istanza di verifica inoltrata al Presidente della Giunta regionale nonchè all’Assessore alla sanità" costituirebbero "diverse modalità di esercizio della medesima attività politico-istituzionale, ovvero quella di controllo, affidata sia al Consiglio regionale nel suo complesso, sia alle Commissioni, sia ai singoli componenti del medesimo". Da ciò la pretesa illegittimità dell’atto, fatto notificare dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Mantova, del quale conclusivamente si chiede l’annullamento, a seguito di declaratoria di non spettanza del relativo potere.
2. - Con successiva memoria la Regione ricorrente, richiamata la giurisprudenza di questa Corte, ha sottolineato come le dichiarazioni del consigliere Lucchini siano state rese nell’ottica di un complessivo disegno volto ad accertare la correttezza dell’operato di un determinato ente dell’amministrazione regionale; disegno - ha puntualizzato la ricorrente - che sarebbe stato posto in essere dal Lucchini proprio nella sua qualità di consigliere regionale, attraverso attività in parte tipiche (istanza di verifica della regolarità formale della delibera), in parte atipiche (intervista rilasciata al quotidiano La Gazzetta di Mantova), costituenti, peraltro, "la manifestazione all’esterno dei contenuti di un atto tipico".
Considerato in diritto
1.- La Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato deducendo che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Mantova nei confronti del consigliere regionale Enzo Lucchini, integrerebbe atto invasivo della sfera di garanzia presidiata dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione, con correlativo pregiudizio per la autonomia che la Carta fondamentale assicura alla Regione ed ai suoi organi. Ciò in quanto, sottolinea la ricorrente, il procedimento penale per il reato di diffamazione a mezzo stampa – cui l’avviso contestato si riferisce – trarrebbe esclusivo fondamento da una intervista rilasciata dal consigliere Lucchini, nella quale il medesimo avrebbe espresso, quale Presidente della commissione consiliare "Sicurezza sociale", valutazioni inerenti l’operato del Direttore generale della Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova: intervista, peraltro, pressochè contestuale ad un atto di sindacato consiliare, rappresentato da una nota che il medesimo Lucchini aveva indirizzato all’assessore alla sanità ed al presidente della giunta regionale, nella quale si prospettavano dubbi circa la correttezza delle deliberazioni adottate dal Direttore generale della citata Azienda Ospedaliera.
2.- Il ricorso é fondato.
3.- Più volte questa Corte ha affermato che l’esonero da responsabilità, previsto dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione quale salvaguardia dell’autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle attività che costituiscono esplicazione di una funzione affidata a tale organo dalla stessa Costituzione o da altre fonti normative cui la prima rinvia (v., da ultimo, sentenza n. 76 del 2001). Fra tali attività, pertanto, ben possono essere annoverate quelle di vigilanza e di controllo che spettano alle commissioni consiliari, istituite quali articolazioni del Consiglio regionale chiamate a svolgere le loro attribuzioni nell’ambito delle materie di rispettiva competenza.
Per altro verso, dovendosi qui valutare la prospettata lesione della prerogativa stabilita dall’art. 122, quarto comma, Cost., in rapporto a dichiarazioni rese da un consigliere regionale ad un organo di informazione, e perciò rilasciate al di fuori dell’esercizio di funzioni consiliari tipiche, occorrerà stabilire se - ciò non di meno - quelle dichiarazioni siano identificabili come espressione della attività consiliare - sia pure nel più ampio contesto dianzi tracciato - e quindi possano ritenersi comprese tra le "opinioni" per le quali opera la richiamata garanzia costituzionale della irresponsabilità. Ai fini della accennata identificazione - ha peraltro ulteriormente puntualizzato la giurisprudenza di questa Corte - non basta la generica comunanza di argomenti oggetto della attività consiliare tipica, rispetto alle dichiarazioni fatte al di fuori di essa; nè é sufficiente la riconducibilità di queste ultime dichiarazioni ad un medesimo "contesto politico". Occorre, invece, che la dichiarazione possa essere qualificata come espressione della attività coperta dalla menzionata garanzia costituzionale di immunità; il che normalmente accade se ed in quanto sussistano una contestualità ed una sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'esercizio delle funzioni tipiche svolte nel consiglio regionale e le opinioni espresse nell’ambito di queste ultime. Il carattere divulgativo, e quindi la sostanziale corrispondenza in uno con la contestualità, finiscono dunque per rappresentare il criterio in forza del quale le dichiarazioni "esterne" godono dello stesso regime delle opinioni costituzionalmente presidiate a norma dell’art. 122, quarto comma, della Carta fondamentale, "senza con ciò determinare situazioni di ingiustificato privilegio personale" (sentenza n. 76 del 2001 ed altre ivi richiamate).
3.- Nella specie, la situazione denunciata dalla Regione ricorrente risponde ai richiamati principi. Dagli atti allegati al ricorso emergono, infatti, sia la contestualità tra la lettera – soggettivamente riconducibile alla qualità di presidente della Commissione consiliare "Sicurezza sociale", alla quale spettano compiti di vigilanza, e sostanzialmente assimilabile ad un atto ispettivo (articoli 16 e 8 dello statuto regionale) - che il consigliere regionale Enzo Lucchini ebbe ad inviare all’Assessore alla sanità ed al Presidente della Giunta regionale, e l’intervista rilasciata ad un quotidiano di Mantova, oggetto dell’addebito; sia la sostanziale corrispondenza tra quella lettera ed il tenore delle dichiarazioni rese alla stampa.
Rilevato quindi che, attraverso l’invio della citata missiva, il consigliere regionale ha posto in essere un atto inerente l’esercizio delle proprie attribuzioni di presidente di una commissione consiliare, avente specifica competenza in merito alla problematica ivi segnalata; e considerato che le affermazioni riprodotte dall’organo di informazione rappresentano una illustrazione, in chiave divulgativa, di quanto contestualmente ha formato oggetto di un atto tipico delle funzioni all’epoca esercitate: ne deriva la insindacabilità delle affermazioni in questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara che non spetta allo Stato, e, per esso, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Mantova, emettere l’avviso della conclusione delle indagini preliminari, impugnato con il ricorso indicato in epigrafe; e conseguentemente
b) annulla l’atto impugnato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2001.