SENTENZA N. 133
ANNO 2018
Commenti alla decisione di
I. F. Girelli, Se per la definizione dell’alveo applicativo dell’insindacabilità parlamentare manca l’apporto della Corte Edu, soccorrono le ragioni costituzionali della rappresentanza, per g.c. di Rivista OIDU
II. T. F. Giupponi, I limiti dell’insindacabilità parlamentare nelle sentt. nn. 59 e 133 del 2018. La Corte costituzionale ancora tra forma e sostanza, in vista di una svolta dai confini incerti, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 16 settembre 2015 (Doc. IV-ter, n. 7) relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Antonio Gentile nei confronti del dott. Franco Petramala, promosso dal Tribunale ordinario di Cosenza, seconda sezione civile, con ordinanza-ricorso notificato il 4 agosto - 13 settembre 2017, depositato presso la cancelleria il 2 ottobre 2017 e iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2017, fase di merito.
Udito nella udienza pubblica del 6 febbraio 2018 il Presidente Giorgio Lattanzi, che, sentito il Giudice relatore Daria de Pretis, dispone che sia omessa la relazione.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza-ricorso del 17 gennaio 2017, depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale l’8 febbraio 2017, il Tribunale ordinario di Cosenza, seconda sezione civile, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 16 settembre 2015 con cui il Senato della Repubblica ha dichiarato insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, le dichiarazioni fatte dal senatore Antonio Gentile con riferimento al dott. Franco Petramala in tre occasioni nel 2009. A seguito di tali dichiarazioni lo stesso Petramala aveva promosso un giudizio civile, chiedendo che Gentile fosse condannato al risarcimento dei danni per diffamazione a mezzo stampa.
Il giudice ricorrente riferisce che le dichiarazioni – puntualmente riportate – ritenute diffamatorie sono contenute: in un editoriale pubblicato il 30 luglio 2009 ne «Il Quotidiano della Calabria»; in un comunicato pubblicato dall’Ansa il 3 agosto 2009 e poi, in parte, ne «Il Quotidiano della Calabria» del 4 agosto 2009; in un editoriale pubblicato ne «Il Quotidiano della Calabria» il 28 agosto 2009. Esse riguardano la mancanza dei requisiti per la nomina dell’attore a direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale (ASP) di Cosenza e la gestione dell’azienda medesima.
Poiché il senatore convenuto ha invocato l’art. 68, primo comma, Cost., il Tribunale ha trasmesso gli atti al Senato e quest’ultimo, su proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, nella seduta del 16 settembre 2015 ha affermato che le richiamate dichiarazioni costituivano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, pertanto insindacabili ai sensi della citata norma costituzionale.
Il giudice riferisce che la deliberazione del Senato mette in evidenza l’esistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni extra moenia e un atto di sindacato ispettivo del 16 settembre 2009, che, pur successivo agli articoli di stampa, sarebbe stato tuttavia prevedibile sulla base di elementi «embrionali» contenuti in un precedente atto di sindacato ispettivo del 28 luglio 2009.
Il Tribunale ricorrente non ravvisa invece tale nesso funzionale. Esso ricorda che, alla luce della giurisprudenza costituzionale (è richiamata la sentenza n. 144 del 2015), il nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia e l’attività parlamentare richiede il concorso di due requisiti: a) un legame di ordine temporale tra l’atto funzionale e l’attività esterna, tale che questa assuma una finalità divulgativa del primo; b) una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni e gli atti esterni.
Ad avviso del Tribunale, nella specie difetterebbe, in primo luogo, il legame temporale ovvero la «sostanziale contestualità» tra l’atto funzionale e le dichiarazioni esterne, in quanto l’atto parlamentare ritenuto rilevante dal Senato si colloca a distanza di 48 giorni dalla prima esternazione e di 19 dall’ultima.
Il giudice ritiene inoltre che l’atto del 16 settembre 2009 non possa considerarsi “prevedibile” e che, dunque, non possa applicarsi il criterio enucleato nella sentenza n. 335 del 2006 della Corte costituzionale, in base al quale il nesso funzionale tra esternazioni extra moenia e atti tipici ad esse successivi esiste allorquando questi ultimi siano già preannunciati nelle prime o prevedibili sulla base di una specifica situazione. Infatti, secondo il Tribunale la prevedibilità deve risultare dal tenore delle dichiarazioni esterne, «in modo tale che il collegamento tra esse e la successiva attività parlamentare risulti palese all’esterno». Soltanto in questa ipotesi potrebbe rinvenirsi nell’attività esterna quella “finalità divulgativa” che consente di ravvisare il nesso funzionale.
In ogni caso, secondo il ricorrente il consistente «distacco temporale» tra le esternazioni e l’atto interno del 16 settembre 2009 sarebbe tale «da escludere l’ipotizzabilità di detta finalità divulgativa».
Inoltre mancherebbe una «connessione oggettiva» tra l’atto ispettivo del 16 settembre 2009 e quello del 28 luglio 2009, in quanto Gentile ha denunciato, nel primo, l’illegittimità della nomina di Petramala a direttore generale per insussistenza dei requisiti di legge, in considerazione di una sua precedente candidatura alle elezioni regionali, e invece nel secondo una specifica condotta a suo giudizio non imparziale tenuta da Petramala nel concreto espletamento delle funzioni di direttore generale dell’ASP di Cosenza, in relazione alla mancata stabilizzazione di un addetto stampa.
Infine, secondo il Tribunale mancherebbe la corrispondenza contenutistica – che per la giurisprudenza costituzionale non è sufficiente se parziale – tra le dichiarazioni extra moenia e il successivo atto interno. Infatti, mentre l’interrogazione del 16 settembre 2009 affronta solo la tematica della insussistenza dei requisiti di legge per la nomina di Petramala a direttore generale dell’ASP di Cosenza, le esternazioni che hanno originato la pretesa risarcitoria presentano un contenuto più ampio, investendo vari aspetti dell’attività di gestione svolta in concreto da quest’ultimo in quella veste.
Benché il Senato abbia affermato l’esistenza di un nesso funzionale solo rispetto all’atto del 16 settembre 2009, il Tribunale «per completezza» esclude tale nesso anche in relazione ad altri atti menzionati nella delibera della Giunta per le elezioni: due atti di sindacato ispettivo del 9 febbraio 2010 e del 26 ottobre 2010 e il citato atto del 28 luglio 2009, che concerne un’unica vicenda (mancata stabilizzazione di un addetto stampa) e presenta dunque un contenuto non sovrapponibile a quello delle esternazioni in questione.
In definitiva, secondo il Tribunale ricorrente mancherebbero entrambi i requisiti necessari per ravvisare il nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia e l’attività parlamentare, e dunque mancherebbero i presupposti della insindacabilità deliberata dal Senato.
2.– Con ordinanza n. 155 del 2017 questa Corte ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni. Il Senato della Repubblica non si è costituito nel presente giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza-ricorso del 17 gennaio 2017, il Tribunale ordinario di Cosenza ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 16 settembre 2015 con cui il Senato della Repubblica ha dichiarato insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, le dichiarazioni fatte nel 2009, in tre distinte occasioni, dal senatore Antonio Gentile con riferimento al dott. Franco Petramala. Le dichiarazioni ritenute diffamatorie sono contenute in tre pubblicazioni giornalistiche e si collocano in un arco temporale che va dal 30 luglio al 28 agosto 2009. Esse riguardano la mancanza dei requisiti per la nomina di Petramala a direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale (ASP) di Cosenza e la cattiva gestione dell’azienda medesima.
A seguito di tali dichiarazioni, Petramala ha promosso un giudizio civile, chiedendo il risarcimento dei danni per diffamazione a mezzo stampa, ma il Senato, con la citata deliberazione del 16 settembre 2015, ha dichiarato che le richiamate pubblicazioni costituivano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ed erano pertanto insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. La deliberazione del Senato, considerata unitamente alla proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, prospetta l’esistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni extra moenia del senatore Gentile e un atto di sindacato ispettivo proposto dallo stesso Gentile il 16 settembre 2009, che, pur successivo agli articoli di stampa, sarebbe stato tuttavia prevedibile sulla base di elementi «embrionali» contenuti in un precedente atto di sindacato ispettivo del 28 luglio 2009.
Il Tribunale ricorrente non ravvisa invece tale nesso funzionale e ritiene mancanti sia il «legame di ordine temporale» tra le dichiarazioni esterne e l’atto parlamentare, sia la «sostanziale corrispondenza di significato», cioè entrambi i requisiti che, alla luce della giurisprudenza costituzionale, sarebbero necessari per ricondurre le dichiarazioni rese extra moenia all’ambito di applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost.
2.– In primo luogo va confermata la valutazione di ammissibilità del conflitto, già operata da questa Corte con l’ordinanza n. 155 del 2017.
In tale decisione è stato ribadito che «la forma dell’ordinanza rivestita dall’atto introduttivo può ritenersi idonea ad instaurare il giudizio ove sussistano, come nella specie, gli estremi sostanziali di un valido ricorso (tra le ultime, ordinanze n. 139 e n. 91 del 2016, n. 137 del 2015)». Nel caso di specie, l’atto introduttivo del conflitto contiene tutti gli elementi richiesti dall’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), e dall’art. 24 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 7 ottobre 2008. Più precisamente, l’ordinanza-ricorso riporta per esteso le dichiarazioni considerate diffamatorie dall’attore e indica specificamente le occasioni in cui sono state rese, argomentando poi ampiamente le ragioni per le quali esse non sarebbero riconducibili alle funzioni parlamentari.
Il conflitto risulta inoltre ammissibile sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo, giacché è pacifico che il Tribunale e il Senato sono legittimati attivi e passivi al conflitto di attribuzioni e che il primo difende con il conflitto una propria attribuzione costituzionale, cioè la possibilità di esercitare la funzione giurisdizionale, “inibita” dalla delibera di insindacabilità.
3.– Nel merito il conflitto è fondato.
3.1.– È vero che la Costituzione italiana, stabilendo all’art. 68, primo comma, che «[i] membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni», adotta un criterio funzionale in base al quale l’insindacabilità non è limitata alle opinioni espresse all’interno delle Camere. Ciò similmente a quanto avviene in altri sistemi, come ad esempio quello operante per il Parlamento europeo (art. 8 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, su cui sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea 6 settembre 2011, in causa C-163/10, Patriciello), e a differenza di quanto invece prevedono altre Costituzioni che, sulla base di un criterio spaziale, limitano espressamente l’insindacabilità agli atti compiuti all’interno dell’assemblea di appartenenza (ad esempio, art. 46, comma 1, della Legge fondamentale tedesca e art. I, sezione 6, della Costituzione degli Stati Uniti d’America). Non è dunque da escludere, in astratto, che nel sistema costituzionale italiano l’insindacabilità possa coprire anche dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l’esercizio della funzione parlamentare.
Nel caso di specie, tuttavia, un collegamento di questo tipo delle dichiarazioni contestate con la funzione parlamentare non sussiste, giacché le pubblicazioni giornalistiche in relazione alle quali il Tribunale ricorrente è stato adito si presentano, in concreto – e ferma restando ovviamente la valutazione del giudice comune sul rispetto dei suoi limiti – come ordinario esercizio del diritto di informazione e di critica, che spetta al parlamentare convenuto nel giudizio ordinario nei medesimi termini e limiti in cui esso spetta a qualsiasi cittadino, e non offrono alcun elemento idoneo a qualificarle come un’evidente espressione, specifica e differenziata, della funzione parlamentare.
3.2.– Escluso che le dichiarazioni per le quali è conflitto siano direttamente e autonomamente riconducibili, nei termini appena indicati, all’esercizio della funzione parlamentare del senatore Gentile, occorre verificare se sia nondimeno possibile ravvisare un nesso contenutistico e temporale fra esse e atti interni al Parlamento – come sostenuto nella delibera del Senato oggetto del presente conflitto e nella proposta della Giunta delle elezioni – idoneo ad attirarle, per questa via, nell’ambito di ciò che può ritenersi coperto dalla garanzia dell’art. 68, primo comma, Cost.
Nemmeno tale nesso tuttavia sussiste. Quanto affermato nella deliberazione di insindacabilità del 16 settembre 2015 sulla corrispondenza sostanziale di contenuto fra quattro atti di sindacato ispettivo presentati dal senatore Gentile e i suoi interventi giornalistici risulta sostanzialmente smentito dalla stessa proposta della Giunta delle elezioni, che indica come atto interno rilevante solo l’interrogazione del 16 settembre 2009 e ravvisa la corrispondenza con le pubblicazioni solo per le accuse relative alla mancanza dei requisiti per la nomina a direttore generale.
In effetti, nell’interrogazione del 16 settembre 2009 Gentile aveva contestato solo l’inidoneità di Petramala all’esercizio della funzione di direttore generale e la falsità dell’autocertificazione da lui rilasciata al momento della nomina. Fra l’atto interno del 16 settembre 2009 e le dichiarazioni extra moenia c’è dunque una solo parziale corrispondenza contenutistica, ciò che esclude a priori dall’ambito dell’insindacabilità le dichiarazioni esterne diverse da quelle relative all’assenza dei requisiti.
Per tali ultime esternazioni manca comunque il legame temporale con l’interrogazione del 16 settembre 2009. Non è infatti condivisibile quanto affermato dalla Giunta delle elezioni, secondo cui questa interrogazione, benché non preannunciata dalle dichiarazioni extra moenia, sarebbe stata prevedibile «sulla base di elementi “embrionali”» contenuti in un’interrogazione del 28 luglio 2009. Quest’ultima riguardava uno specifico caso di supposta discriminazione di un addetto stampa, mentre la successiva interrogazione del 16 settembre 2009 aveva ad oggetto la mancanza in capo al Petramala dei requisiti per essere nominato direttore generale, a causa della sua candidatura in un’elezione regionale. L’evidente diversità di contenuto delle due interrogazioni esclude già di per sé la prevedibilità della seconda sulla base della prima, e quindi la contestualità temporale delle dichiarazioni in contestazione con il successivo atto parlamentare.
Questa Corte ritiene pertanto che, quanto alle dichiarazioni esterne diverse da quelle relative alla pretesa mancanza dei requisiti, il loro oggetto non corrisponda contenutisticamente a quello degli atti interni indicati come rilevanti, mentre, per quanto riguarda le esternazioni concernenti la mancanza dei requisiti, il loro distacco temporale dal successivo atto parlamentare rilevante e la non prevedibilità di quest’ultimo (anche riferito alla precedente interrogazione del 28 luglio) escludono che nella situazione specifica si possa ravvisare un’ipotesi di contestualità fra gli atti menzionati.
3.3.– In conclusione, non sussisteva il potere del Senato di dichiarare l’insindacabilità delle dichiarazioni rese extra moenia dal senatore Gentile, in quanto esse non possono considerarsi espresse nell’esercizio della sua funzione di parlamentare.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara che non spettava al Senato della Repubblica deliberare che le dichiarazioni rese alla stampa locale dal senatore Antonio Gentile sul conto del dott. Franco Petramala, per le quali pende procedimento civile davanti al Tribunale ordinario di Cosenza, di cui al ricorso indicato in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
2) annulla, per l’effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dal Senato della Repubblica, nella seduta del 16 settembre 2015 (Doc. IV-ter, n. 7).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 febbraio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2018.