SENTENZA
N. 94
ANNO
2018
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI
Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
-- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 709,
711, 723, lettera a), terzo periodo, e 730, della legge
28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promossi
dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Regione autonoma Sardegna e dalla
Provincia autonoma di Trento, con ricorsi notificati il 26 febbraio - 7 marzo
2016, il 29 febbraio - 7 marzo 2016 e il 29 febbraio 2016, depositati in
cancelleria il 4, il 7 e il 10 marzo 2016 e iscritti rispettivamente ai nn. 10, 13
e 20
del registro ricorsi 2016.
Visti gli atti di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza
pubblica del 20 febbraio 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Renate
von Guggenberg per la Provincia autonoma di Bolzano,
gli avvocati Giandomenico Falcon e Andrea Manzi per
la Provincia autonoma di Trento, l’avvocato Massimo Luciani per la Regione
autonoma Sardegna e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1.– La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso spedito per la
notifica il 26 febbraio 2016 e depositato in cancelleria il 4 marzo 2016 (reg.
ric. n. 10 del 2016), ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra le
altre, dell’art. 1, commi 709, 711, secondo periodo, 723, lettera a), terzo
periodo, e 730, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilità 2016)», per contrasto con gli artt. 117, terzo comma,
e 119 della
Costituzione, con il principio di leale collaborazione, nonché con gli
artt. 79, 80, 81 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), e con gli artt. 17, 18, 19 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale).
1.1.– Il comma 709 stabilisce che «[a]i fini della tutela
dell’unità economica della Repubblica, gli enti di cui al comma 1 dell’art. 9
della legge 24 dicembre 2012, n. 243, concorrono alla realizzazione degli
obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi
da 707 a 734 del presente articolo, che costituiscono principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma,
e 119, secondo comma, della Costituzione». Il secondo periodo del comma 711,
nello specificare quanto stabilito dal comma 710 (non oggetto di impugnazione,
ai sensi del quale «[a]i fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza
pubblica, gli enti di cui al comma 709 devono conseguire un saldo non negativo,
in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come
eventualmente modificato ai sensi dei commi 723, 730, 731 e 732»), prevede che
«[l]imitatamente all’anno 2016, nelle entrate e nelle
spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale
vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso
all’indebitamento». Il comma 723, lettera a), terzo periodo, stabilisce che,
«in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 710, nell’anno
successivo a quello dell’inadempienza […] [g]li enti locali delle regioni
Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle province autonome di Trento e di
Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei trasferimenti correnti erogati
dalle medesime regioni o province autonome in misura pari all’importo
corrispondente allo scostamento registrato». Infine, il comma 730 prevede che
«[a]i fini della rideterminazione degli obiettivi di cui al comma 728 [che
consente agli enti locali, previa autorizzazione regionale, di peggiorare il
saldo per consentire un aumento degli impegni di spesa in conto capitale], le
regioni e le province autonome definiscono criteri di virtuosità e modalità
operative, previo confronto in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove
non istituito, con i rappresentanti regionali delle autonomie locali. Per i
medesimi fini, gli enti locali comunicano all’Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI), all’Unione delle province d’Italia (UPI) e alle regioni e alle
province autonome, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre, gli spazi
finanziari di cui necessitano per effettuare esclusivamente impegni in conto
capitale ovvero gli spazi finanziari che sono disposti a cedere. Entro i
termini perentori del 30 aprile e del 30 settembre, le regioni e le province
autonome comunicano agli enti locali interessati i saldi obiettivo
rideterminati e al Ministero dell’economia e delle finanze, con riferimento a
ciascun ente locale e alla stessa regione o provincia autonoma, gli elementi
informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell’equilibrio dei
saldi di finanza pubblica anche con riferimento a quanto disposto dal comma
731. Gli spazi finanziari attribuiti e non utilizzati per impegni in conto
capitale non rilevano ai fini del conseguimento del saldo di cui al comma 710».
1.2.– Premette la ricorrente che in forza del Titolo VI dello
statuto reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol, la Provincia autonoma di Bolzano
gode di una particolare autonomia in materia finanziaria, sistema rafforzato
dalla previsione di un meccanismo peculiare per la modificazione delle
disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che ammette l’intervento del
legislatore statale con legge ordinaria solo in presenza di una preventiva
intesa con la Regione e le Province autonome, in applicazione dell’art. 104
dello stesso statuto.
La Provincia autonoma richiama il cosiddetto "Accordo di Milano”
del 30 novembre del 2009, con il quale la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol
e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno concordato con il Governo
la modificazione del Titolo VI dello statuto e che ha condotto, ai sensi
dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2010)», a un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo
Stato. Successivamente è intervenuto l’accordo del 15 ottobre 2014 (cosiddetto
"Patto di garanzia”), sempre tra lo Stato, la Regione autonoma Trentino-Alto
Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il quale ha
portato a ulteriori modifiche del Titolo VI dello statuto di autonomia, sempre secondo
la procedura rinforzata prevista dall’art. 104 dello statuto medesimo.
Tale ultima intesa, recepita con legge 23 dicembre 2014, n. 190,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilità 2015)», avrebbe ulteriormente rinnovato, ai
sensi dell’art. l, commi da 407 a 413, della medesima legge, il sistema di
relazioni finanziarie con lo Stato. È previsto espressamente che nei confronti
della Regione, delle Province e degli enti appartenenti al sistema territoriale
regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono
obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all’erario o concorsi comunque
denominati, ivi inclusi quelli afferenti al patto di stabilità interno, diversi
da quelli previsti dal Titolo VI dello statuto speciale di autonomia e che sono
la Regione e le Province autonome a provvedere, per sé e per gli enti del
sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle
finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche
disposizioni legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo
e coordinamento), la propria legislazione ai principi costituenti limiti in
virtù degli artt. 4 e 5, nelle materie individuate dallo statuto, adottando,
conseguentemente, autonome misure di razionalizzazione e contenimento della
spesa, anche orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare
il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni
pubbliche del territorio nazionale, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione
europea, per cui non si applicano le misure adottate per le Regioni e per gli
altri enti nel restante territorio nazionale.
In particolare, la Provincia autonoma di Bolzano richiama l’art.
79 dello statuto speciale che, al comma 2, definisce i termini e le modalità
del concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica; al comma 3
stabilisce che sono le Province autonome a provvedere al coordinamento della
finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti del loro territorio
facenti parte del sistema territoriale regionale integrato e che sono le
medesime a vigilare sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da
parte degli stessi enti locali; al comma 4-quater prevede che, a decorrere
dall’anno 2016, la Regione e le Province autonome conseguono il pareggio del
bilancio come definito dall’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243
(Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi
dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione), e che, a decorrere dall’anno
2018, ai predetti enti ad autonomia differenziata non si applicano il saldo
programmatico di cui al comma 455 dell’art. l della legge 24 dicembre 2012, n.
228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilità 2013)», e le disposizioni in materia di patto
di stabilità interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo
periodo dello stesso comma 4-quater; infine, al comma 4-sexies prevede che, a decorrere
dall’anno 2015, «il contributo in termini di saldo netto da finanziare di cui
all’Accordo del 15 ottobre 2014 tra il Governo, la regione e le province è
versato all’erario con imputazione sul capitolo 3465, articolo l, capo X, del
bilancio dello Stato entro il 30 aprile di ciascun anno. In mancanza di tali
versamenti all’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 aprile e della
relativa comunicazione entro il 30 maggio al Ministero dell’economia e delle
finanze, quest’ultimo è autorizzato a trattenere gli importi corrispondenti a
valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla regione e a ciascuna
provincia relativamente alla propria quota di contributo, avvalendosi anche
dell’Agenzia delle entrate per le somme introitate per il tramite della Struttura
di gestione».
La ricorrente rammenta che l’art. 80, comma l, dello statuto, da
ultimo sostituito dall’art. l, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilità 2014)», attribuisce alle Province autonome la
potestà legislativa primaria in materia di finanza locale; l’art. 81, comma 2,
dello statuto prevede inoltre che, allo scopo di adeguare le finanze dei Comuni
al raggiungimento delle finalità e all’esercizio delle funzioni stabilite dalle
leggi, le Province autonome corrispondono ai Comuni stessi idonei mezzi
finanziari da concordare tra il Presidente della relativa Provincia e una
rappresentanza unitaria dei rispettivi Comuni.
La Provincia autonoma di Bolzano evidenzia che il regime dei
rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali è dominato dal principio
dell’accordo e dal principio di consensualità (sono richiamate le sentenze n. 28 del
2016, n. 133
del 2010, n.
82 del 2007, n.
353 del 2004, n.
98 del 2000 e n.
39 del 1984 di questa Corte), definiti, per quanto riguarda la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello statuto speciale.
Osserva che la previsione di una disciplina statale immediatamente
e direttamente applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano si pone in
contrasto con l’art. 107 dello statuto e con il principio di leale
collaborazione, in quanto determina una modificazione unilaterale da parte
dello Stato dell’ordinamento provinciale.
Secondo la ricorrente, una modifica non potrebbe essere
giustificata nemmeno con l’asserzione che le norme in questione costituirebbero
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli
artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost.,
ovvero tutelerebbero l’unità economica della Repubblica.
Nel richiamare alcuni precedenti di questa Corte (sentenze n. 482 del
1995, n. 354
del 1993 e n.
1033 del 1988), la ricorrente sottolinea come l’esplicita qualificazione,
da parte del legislatore statale, di alcune disposizioni come "principio
fondamentale” non risulterebbe vincolante tutte le volte in cui non vi sia
corrispondenza con il relativo contenuto. In particolare, le norme oggetto del
ricorso presenterebbero un contenuto immediatamente precettivo, di diretta
applicazione, non compatibile con l’ordinamento statutario delle Province
autonome. Nel caso di specie, il contrasto si produrrebbe con le norme
statutarie che conferiscono a queste ultime la potestà legislativa esclusiva e
la corrispondente potestà amministrativa in materia di finanza locale, soggetta
al solo limite dei principi costituenti «norme di riforma economico-sociale»,
nonché con la funzione attribuita alle medesime dal coordinamento della finanza
pubblica provinciale, che comprende la finanza locale.
Espone la Provincia autonoma di Bolzano che la legge di stabilità
prescrive la cessazione dell’applicazione delle norme dell’ordinamento
concernenti la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali a
decorrere dall’anno 2016 e innova sostanzialmente l’ordinamento, introducendo
un obiettivo di saldo non negativo per gli enti territoriali (commi da 707 a
734).
Nei confronti degli enti di cui al comma l dell’art. 9 della legge
n. 243 del 2012, che comprendono le Regioni, le Province autonome e i Comuni,
la nuova normativa dispone, ai fini della tutela dell’unità economica della
Repubblica, che essi concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 707 a 734 della
legge n. 208 del 2015, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento
della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo
comma, Cost. In particolare, nei confronti dei
predetti enti prevede (commi 709 e 710) che essi devono conseguire un saldo non
negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali
(come eventualmente modificato ai sensi dei commi 728, 730, 731 e 732 della
stessa legge di stabilità 2016).
Ai fini dell’applicazione della norma che introduce l’obbligo di
conseguire un saldo non negativo (comma 710), è stabilito che «le entrate
finali sono quelle ascrivibili ai titoli l, 2, 3, 4 e 5 dello schema di
bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese
finali sono quelle ascrivibili ai titoli l, 2 e 3 del medesimo schema di
bilancio» e che, «[l]imitatamente all’anno 2016,
nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il
fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota
riveniente dal ricorso all’indebitamento» (comma 711).
Riferisce la ricorrente che sul piano tecnico-contabile è stato
evidenziato in sede di «Conferenza delle Regioni del 3 febbraio 2016» che
l’applicazione della predetta norma, limitata al 2016, comporterebbe che, dal
2017, tali poste di entrata e di spesa non possano essere considerate ai fini
del rispetto dell’equilibrio di bilancio.
In particolare si osserva che il fondo pluriennale vincolato, in
relazione alla nuova disciplina sull’armonizzazione dei sistemi contabili
(decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni in materia
di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2
della legge 5 maggio 2009, n. 42»), rappresenta lo strumento per reimputare su esercizi successivi spese già impegnate,
relativamente alle quali sussiste un’obbligazione giuridicamente perfezionata,
ma che giungeranno a scadenza negli esercizi sui quali vengono reimputate. Trattandosi di spese già impegnate
sull’esercizio in corso o su esercizi precedenti, le stesse risultano
finanziariamente coperte con entrate dell’esercizio in cui sono state
impegnate. Proprio per questo, l’operazione di reimputazione
delle spese determina la costituzione di un fondo pluriennale tra le entrate
del bilancio (alimentato con le risorse degli anni in cui erano state impegnate
le spese) che serve per finanziare le spese negli anni in cui le stesse vengono
reimputate. La quota del «fondo pluriennale vincolato
di entrata» che non serve a coprire spese reimputate
nell’esercizio, ma per spese reimputate negli
esercizi successivi, è accantonata in un «fondo pluriennale vincolato di
spesa».
Poiché - si prosegue - dal 2017, ai fini degli equilibri di finanza
pubblica, gli enti territoriali non potranno considerare, tra le entrate, il
saldo tra il «fondo pluriennale vincolato di entrata» e il «fondo pluriennale
vincolato di spesa», tanto implicherebbe che l’ente debba trovare copertura,
con risorse nuove di competenza, alle spese reimputate
sul medesimo esercizio, restando inutilizzabili le risorse accantonate nel
fondo pluriennale vincolato.
Sempre in sede tecnica («Conferenza delle Regioni») è stato anche
osservato che le risorse del fondo pluriennale vincolato non rappresentano un
"avanzo di amministrazione” non utilizzabile ai fini degli equilibri di
bilancio di cui all’art. 9 della legge n. 243 del 2012, in quanto non si tratta
di risorse non utilizzate derivanti da economie di spesa o da maggiori accertamenti
di entrata, bensì di risorse utilizzate per coprire spese per le quali sussiste
in capo all’ente un’obbligazione giuridicamente perfezionata, che giungerà a
scadenza in un esercizio successivo.
Ciò implicherebbe che l’applicazione di una specifica regola
contabile prevista dal d.lgs. n. 118 del 2011 andrebbe a incidere
significativamente sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali.
L’applicazione della regola in esame determinerebbe, per talune
realtà territoriali, tra le quali la Provincia autonoma di Bolzano, un
rilevante impatto in termini di investimenti realizzabili, in quanto renderebbe
necessario rifinanziare con nuove risorse investimenti che già dispongono della
relativa copertura.
La Provincia autonoma di Bolzano lamenta che tutte le disposizioni
contenute nei commi da 707 a 734 siano definite dal comma 709 come «principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica», ai sensi dell’art. 117,
terzo comma, Cost. e che le stesse disposizioni siano
dichiaratamente finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica,
laddove tale enunciazione di principio parrebbe richiamare implicitamente anche
l’art. 120, secondo
comma, Cost., che legittima l’intervento statale
nell’esercizio del potere sostitutivo quando lo richieda la «tutela dell’unità
economica».
Obietta tuttavia la Provincia autonoma che la qualificazione
nominalistica di determinate norme come "principi fondamentali” da parte del
legislatore statale non è vincolante qualora il contenuto concreto delle
medesime non sia corrispondente, secondo l’indirizzo più volte espresso da
questa Corte (sono richiamate le sentenze n. 482 del
1995, n. 355
del 1994, n.
354 del 1993 e n. 1033 del 1988).
Secondo la ricorrente, le predette disposizioni avrebbero
contenuto immediatamente precettivo, di diretta applicazione, e in parte non
sarebbero compatibili con l’ordinamento statutario delle Province autonome.
Esse, pertanto, risulterebbero incoerenti, per non dire in contrasto, con la
formula di salvaguardia secondo cui sono applicabili «compatibilmente»,
rendendola vana, in quanto, nelle parti in cui sono dettate espressamente per
le Province autonome nonché per gli enti locali (Comuni) del rispettivo
territorio, non lascerebbero spazio all’interpretazione e, nelle parti in cui
sono dettate indirettamente per le Province autonome e per gli enti locali del
relativo territorio, mediante rinvio all’art. 9 della legge n. 243 del 2012,
non li escludono espressamente.
Si renderebbe pertanto necessario impugnare la norma generale di
cui al comma 709, che prescrive anche alle Province autonome il rispetto di
tutte le disposizioni contenute nei commi da 707 a 734 della legge in esame,
anziché solamente dei principi desumibili dai predetti commi, e le disposizioni
che si riferiscono espressamente alle Province autonome (comma 723, lettera a,
terzo periodo, e comma 730), nonché il comma 711, secondo periodo, il quale
limita al solo anno 2016 la considerazione del fondo pluriennale vincolato
nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza.
2.– La Provincia autonoma di Trento, con ricorso spedito per la
notificazione il 29 febbraio 2016 e depositato in cancelleria il 10 marzo 2016
(reg. ric. n. 20 del 2016), ha promosso questioni di legittimità
costituzionale, tra le altre, dell’art. 1, commi 709, 711, secondo periodo, 723
lettera a), terzo periodo, e 730, della legge n. 208 del 2015, per contrasto
con gli artt. 97,
secondo comma, 117,
terzo comma, e 119
Cost., nonché con gli artt. 79, 80 e 81 dello statuto
reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol e con l’art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo
e coordinamento).
Espone la ricorrente che i commi 709, 711, secondo periodo, 723,
lettera a), terzo periodo, e 730 fanno parte di un gruppo di disposizioni che,
posto il passaggio dal metodo del patto di stabilità a quello dell’equilibrio
di bilancio, determinato dal comma 707, stabiliscono le regole del nuovo
sistema, anche in attuazione dell’art. 9 della legge n. 243 del 2012. La
Provincia ricorrente non contesta, sul piano generale, tale passaggio, ma non
può non rilevare che talune disposizioni presenterebbero diversi aspetti di
dissonanza dal quadro statutario, quale concordato con lo Stato. Con
riferimento al comma 709, la ricorrente osserva che tale comma sarebbe
costituzionalmente illegittimo in quanto, qualificando come principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica anche disposizioni
specifiche e dettagliate, intenderebbe porre a essa vincoli ulteriori rispetto
a quelli previsti dallo statuto, dato che i richiamati commi da 707 a 734
avrebbero per lo più contenuti specifici ed estremamente dettagliati e alcuni
non riguarderebbero neppure il sistema delle autonomie territoriali (quali, ad
esempio, i commi 717 e 718). In definitiva, i commi da 704 a 734
costituirebbero un coacervo non unitario, talora espressione di competenze
statali fondate su altro titolo, ma in ogni caso insuscettibile di essere
unificato sotto il titolo di «principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica» e di essere imposto a tale titolo, mediante autoqualificazione della norma, alla ricorrente Provincia
autonoma.
In merito al fondo pluriennale vincolato di cui all’impugnato
comma 711, secondo periodo, la Provincia autonoma di Trento contesta la limitazione
della facoltà di utilizzo del fondo al solo anno 2016, da cui deriverebbe che,
a partire dal 2017, dovranno essere impiegate, a copertura delle spese del
fondo, nuove entrate dell’anno sul quale vengono riprogrammate le spese
medesime, con conseguente congelamento delle risorse disponibili già previste.
Da ciò conseguirebbe, dunque, una compressione del principio di autonomia
finanziaria sul lato della spesa, principio implicitamente accolto dallo
statuto per far fronte all’esercizio delle funzioni assegnate agli enti ad
autonomia differenziata.
Inoltre, la limitazione del ricorso al fondo pluriennale vincolato
sarebbe in contrasto con l’art. 79, comma 4-quater, dello statuto, che pone
come obiettivo la neutralità finanziaria per i saldi di finanza pubblica,
definita tramite intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.
Infine, la ricorrente sottolinea come il vincolo posto dalla legge
di stabilità si porrebbe in contrasto con il principio del buon andamento della
pubblica amministrazione previsto dall’art. 97, secondo comma, Cost., perché precluderebbe la realizzazione di
programmi di investimento finanziati dalle entrate accantonate nel fondo
vincolato.
La Provincia autonoma di Trento sviluppa poi nel dettaglio le
censure relative ai commi 723, lettera a), terzo periodo, e 730 (entrambi a
regime a partire dal 2018, ai sensi del comma 734, non oggetto di
impugnazione), denunciandone il contrasto con le norme statutarie che affidano
all’ente ad autonomia differenziata la disciplina dei rapporti finanziari con
gli enti locali della Provincia, oltre che con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del
1992.
La ricorrente sottolinea l’invasione della competenza legislativa
provinciale in materia di finanza locale e, più in generale, del potere di
vigilanza e coordinamento della Provincia nei confronti degli «enti del sistema
territoriale integrato» previsto dagli artt. da 79 a 81 dello statuto speciale.
In particolare, risulterebbero violati l’art. 80, comma, 1, laddove attribuisce
alla ricorrente competenza legislativa primaria in materia di finanza locale, e
l’art. 79, comma 3, che affida alle Province autonome il compito di coordinare
la finanza pubblica provinciale, definendo i concorsi e gli obblighi nei
confronti degli enti del sistema territoriale integrato, e di vigilare sul
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. A questo proposito, la
ricorrente sottolinea che il potere di vigilanza includerebbe, per costante
giurisprudenza costituzionale, anche la competenza in materia di sanzioni per
la mancata osservanza delle regole. Vi sarebbe poi una lesione del comma 4 del
citato art. 79, che sancisce l’inapplicabilità, agli enti del sistema
territoriale integrato, delle norme statali che fissano «obblighi, oneri,
accantonamenti, riserve all’erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi
quelli afferenti il patto di stabilita` interno,
diversi da quelli previsti dal presente titolo». A tutela dell’assetto testé
citato, l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 esclude la possibilità per lo Stato
di disciplinare immediatamente le materie di competenza provinciale, spettando
invece alla Provincia un potere-dovere di adeguamento della normativa.
Considerazioni in parte analoghe sono riservate alla seconda
disposizione summenzionata. Il comma 730 dell’art. 1 della legge n. 208 del
2015 porrebbe norme dettagliate e direttamente applicative, di natura
procedurale, nel caso in cui la Provincia autonoma decida di autorizzare uno
scostamento degli enti locali dalla regola del saldo non negativo, per
consentire un aumento degli impegni di spesa in conto capitale (art. 1, comma
728, della legge n. 208 del 2015). La norma, di diretta applicazione nei
confronti della Provincia autonoma e di dettaglio, attribuirebbe allo Stato una
generale competenza a disciplinare il rapporto della medesima Provincia con gli
enti locali del proprio territorio, in violazione dello statuto e della
normativa di attuazione.
3.– La Regione autonoma Sardegna, con ricorso spedito per la
notificazione il 29 febbraio 2016 e depositato in cancelleria il 7 marzo 2016
(reg. ric. n. 13 del 2016), ha promosso, tra le altre, questioni di
costituzionalità dell’art. 1, comma 711, della legge n. 208 del 2015, per
violazione degli artt.
3, 81, 117, 118 e 119 Cost.
e degli artt. 7 e 8 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
Ad avviso della ricorrente, la scelta di limitare al solo anno
2016 la rilevanza del fondo pluriennale vincolato determinerebbe un
irragionevole sacrificio della sua autonomia finanziaria.
Evidenzia in proposito la Regione autonoma Sardegna che
dall’esercizio 2017, ai sensi del comma 711, ai fini degli equilibri di finanza
pubblica, gli enti territoriali non potranno più considerare tra le entrate il
saldo tra il «fondo pluriennale vincolato di entrata» e il «fondo pluriennale
vincolato di spesa». Ne conseguirebbe che ciascun ente (ivi comprese le
Regioni) dovrà trovare copertura, con risorse nuove di competenza, alle spese reimputate sul medesimo esercizio, non potendo utilizzare
quelle accantonate nel fondo pluriennale vincolato. Tale circostanza
comporterebbe una rilevante compressione dell’autonomia finanziaria degli enti
territoriali, perché irrigidisce le condizioni alle quali le Regioni possono
essere considerate con i «saldi in equilibrio», ai sensi del comma 709. Tale
irrigidimento, però, secondo la Regione, sarebbe del tutto irragionevole e
ingiustificato. In primo luogo, perché l’inclusione nel saldo del fondo
pluriennale vincolato per il solo esercizio 2016 creerebbe un’evidente
difficoltà nella costruzione del bilancio finanziario su base triennale, come
previsto dal comma 712 della legge di stabilità 2016, che impone di allegare al
bilancio un prospetto contenente le previsioni di competenza triennali
rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo
finale di competenza. In secondo luogo, perché la rilevanza del fondo
pluriennale vincolato, per quanto concerne sia le voci di entrata che le voci
di spesa, limitata al solo anno 2016, comporterebbe che le poste residue del
fondo pluriennale che saranno effettivamente riscosse negli anni dal 2017 in
avanti non verranno considerate al fine dell’equilibrio dei saldi; per
converso, le poste residue del fondo pluriennale effettivamente impiegate in
uscita saranno considerate al fine dell’equilibrio dei saldi. Ne consegue che
le poste in uscita impiegate a partire dal 2017 dovranno sostanzialmente essere
rifinanziate, nonostante che le risorse in entrata per il loro finanziamento
siano state già individuate e contabilizzate per il tramite del fondo
pluriennale vincolato.
Per tale ragione il comma 711, nella parte in cui limita al solo
anno 2016 la rilevanza del saldo del fondo pluriennale di entrata e di spesa,
risulterebbe irragionevole e violerebbe gli artt. 3, 81, 117 e 119 Cost.
e 7 e 8 dello statuto
reg. Sardegna, producendo l’irragionevole effetto di richiedere agli enti
territoriali, tra cui la Regione autonoma Sardegna, di stanziare ulteriori
risorse per spese che trovano già la loro copertura nel fondo pluriennale
vincolato, determinando un irragionevole sacrificio della loro autonomia
finanziaria, protetta dagli artt. 7 e 8 dello statuto e 117 e 118 Cost.
Secondo la ricorrente, la mancata considerazione del saldo del
fondo pluriennale di spesa comporterebbe anche la violazione del principio di
veridicità dei bilanci pubblici, di cui all’art. 81 Cost.
In particolare, dato che non si verificherebbe l’effetto di «neutralizzazione»
temporale cui è preordinato il fondo pluriennale vincolato secondo le
prescrizioni del d.lgs. n. 118 del 2011, gli enti territoriali vincolati dal
comma 711 si troveranno ad aver accumulato poste in entrata non utilizzabili e,
per converso, a doverne stanziare di nuove a copertura di spese già finanziate.
Tanto integrerebbe anche la violazione delle disposizioni costituzionali e statutarie
che proteggono l’autonomia economico-finanziaria della Regione autonoma
Sardegna (art. 7 e 8 dello statuto e 117 e 119 Cost.).
L’art. 117 Cost., risulterebbe ulteriormente violato
in quanto l’imposizione di tale vincolo nei confronti delle Regioni costituirebbe
un esercizio illegittimo della competenza legislativa concorrente in materia di
«coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, terzo comma, Cost. Il legislatore statale, nella sostanza, non avrebbe
fissato un principio di contenimento della spesa collegato all’attuazione
dell’art. 81 Cost., bensì avrebbe determinato un
vincolo specifico, arbitrario e illimitato nel tempo sugli "spazi”
economico-finanziari delle Regioni.
4.– Con riferimento a tutti i ricorsi si è costituito in giudizio
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che siano dichiarate infondate
le questioni di legittimità costituzionale prospettate.
In via generale, la difesa dello Stato sottolinea la non applicabilità
agli enti ad autonomia differenziata delle disposizioni impugnate. Il comma 992
dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 prevede, infatti, che «[l]e
disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con
le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche
con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2005, n. 3».
Ne deriverebbe, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la non
fondatezza delle questioni di legittimità prospettate, perché la clausola di
salvaguardia eliminerebbe in radice qualsiasi dubbio circa la legittimità
costituzionale delle disposizioni oggetto del ricorso. A supporto di tale
argomentazione la difesa erariale richiama le pronunce di questa Corte (sentenze n. 241 del
2012 e n.
215 del 2013), che hanno stabilito come, in presenza di una clausola di
salvaguardia, la questione di legittimità costituzionale debba essere
dichiarata non fondata, perché, ove il contrasto non sussista, ovviamente non
vi sarebbe alcuna violazione della normativa statutaria, mentre, in caso di
incompatibilità, la clausola impedirebbe l’applicazione alle ricorrenti della
normativa censurata.
In ogni caso, al netto della clausola di salvaguardia, secondo la
difesa statale le disposizioni impugnate costituirebbero piena attuazione del
coordinamento della finanza pubblica di cui agli artt. 117, terzo comma, e 119,
secondo comma, Cost.
5.– Tutte le ricorrenti e il Presidente del Consiglio dei ministri
hanno depositato memorie sia in prossimità dell’udienza del 9 maggio 2017 che
in prossimità di quella successiva del 20 febbraio 2018, con le quali hanno
ribadito e sviluppato le argomentazioni contenute negli atti precedenti.
1.– Con i ricorsi indicati in epigrafe la Provincia autonoma di Bolzano,
la Provincia autonoma di Trento e la Regione autonoma Sardegna hanno promosso,
tra le altre, secondo quanto qui di seguito specificato, questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 709, 711, 723, lettera a), terzo
periodo, e 730, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilità 2016)», in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 81, 97, secondo
comma, 117, 118 e 119 della Costituzione, al principio di leale collaborazione,
agli artt. 79, 80, 81 e 107 del decreto del Presidente della Repubblica 31
agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli artt. 7 e 8
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la
Sardegna) nonché in relazione agli artt. 17, 18 e 19 del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) e all’art. 2
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti
legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale
di indirizzo e coordinamento).
1.1.– In particolare, la Regione autonoma Sardegna ha impugnato il
solo comma 711 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, in riferimento agli
artt. 3, 81, 117, 118 e 119 Cost., nonché 7 e 8 della
legge cost. n. 3 del 1948.
1.2.– Le questioni sollevate dalle Province autonome di Bolzano e
di Trento possono essere accorpate secondo la seguente articolazione.
1.2.1.– La Provincia autonoma di Bolzano sostiene che l’art. 1,
comma 709, della legge n. 208 del 2015 sia costituzionalmente illegittimo in
quanto qualificherebbe come principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.,
norme dettagliate con contenuto immediatamente precettivo e, in quanto tali,
non compatibili con il d.P.R. n. 670 del 1972.
Secondo la Provincia autonoma di Trento, il citato comma 709
sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto, qualificando come principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica anche disposizioni
specifiche e dettagliate, intenderebbe porre vincoli ulteriori rispetto a
quelli previsti dallo statuto speciale.
1.2.2.– La Provincia autonoma di Bolzano censura il successivo
comma 711, laddove, ai fini della determinazione delle entrate e delle spese
valevoli per l’equilibrio di bilancio, limita al solo anno 2016 la
considerazione del fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto
della quota proveniente dal ricorso all’indebitamento.
Ciò comporterebbe che, dall’esercizio 2017, tali poste di entrata
e di spesa non possano essere considerate per il rispetto dell’equilibrio di
bilancio.
Poiché, ai fini degli equilibri di finanza pubblica, dal 2017 gli
enti territoriali non potrebbero considerare, tra le entrate, il saldo tra il «fondo
pluriennale vincolato di entrata» e il «fondo pluriennale vincolato di spesa»,
essi dovrebbero trovare copertura, con risorse nuove di competenza, alle spese reimputate sul medesimo esercizio, restando inutilizzabili
quelle accantonate nel fondo pluriennale vincolato. La Provincia autonoma di
Bolzano richiama inoltre alcuni passaggi del verbale della «Conferenza delle
Regioni» relativi al problematico regime dell’avanzo di amministrazione e del
fondo pluriennale vincolato.
1.2.3.– La Provincia autonoma di Bolzano lamenta inoltre che
l’art. 1, commi 723, lettera a), terzo periodo, e 730, della legge n. 208 del
2015 abbia dettato norme che interferirebbero in modo evidente con l’assetto
dei rapporti finanziari intercorrenti tra le Province autonome e lo Stato, che
comprende anche la finanza dei Comuni del territorio provinciale.
Con riguardo al menzionato comma 723, lettera a), terzo periodo,
la Provincia autonoma di Trento sottolinea l’invasione della competenza
legislativa provinciale in materia di finanza locale e, più in generale, del
potere di vigilanza e coordinamento della Provincia autonoma nei confronti
degli «enti del sistema territoriale integrato» previsto dallo statuto
speciale. In particolare, risulterebbero violati l’art. 80, comma 1, dello
statuto, laddove attribuisce alla ricorrente competenza legislativa primaria in
materia di finanza locale, e l’art. 79, comma 3, dello statuto, che affida alle
Province autonome il compito di coordinamento, definendo i concorsi e gli
obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato, e di
vigilare sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.
1.2.4.– In ordine all’art. 1, comma 730, della legge n. 208 del
2015, le Province autonome di Bolzano e di Trento evocano, come meglio
specificato nella parte narrativa della presente sentenza, gli artt. 79, 80, 81
dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, gli artt. 17 e 18 del d.lgs.
n. 268 del 1992 e l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.
La Provincia autonoma di Bolzano deduce che il fondo pluriennale
vincolato, in relazione alla nuova disciplina sull’armonizzazione dei sistemi
contabili recata dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), rappresenterebbe lo strumento per reimputare su esercizi successivi spese già impegnate,
relativamente alle quali sussiste un’obbligazione giuridicamente perfezionata,
ma che giungeranno a scadenza negli esercizi sui quali vengono reimputate. Trattandosi di spese già impegnate
sull’esercizio in corso o su esercizi precedenti, le stesse risulterebbero
finanziariamente coperte con entrate dell’esercizio in cui sono state
impegnate.
Conseguentemente, il fatto che, dall’anno 2017, ai fini degli
equilibri di finanza pubblica gli enti territoriali non possano considerare nel
novero delle entrate il saldo tra il «fondo pluriennale vincolato di entrata» e
il «fondo pluriennale vincolato di spesa», renderebbe necessaria per l’ente la
ricerca di una nuova copertura al fine di fronteggiare con risorse di
competenza spese reimputate sul medesimo esercizio,
restando irragionevolmente inutilizzabili le risorse accantonate in attuazione
di interventi pianificati negli esercizi precedenti.
L’applicazione della regola in esame determinerebbe, per talune
realtà territoriali, tra le quali la Provincia autonoma di Bolzano e i propri
enti locali, un rilevante impatto sfavorevole, in quanto renderebbe necessario
rifinanziare con nuove risorse investimenti che già disporrebbero della
relativa copertura, assicurata con risorse degli esercizi nei quali essi sono
stati programmati e finanziati.
In particolare, dette norme non sarebbero compatibili con le
previsioni statutarie che attribuiscono alle Province autonome la potestà
legislativa esclusiva, e la corrispondente potestà amministrativa, in materia
di finanza locale.
La Provincia autonoma di Trento svolge analoghe censure. In
particolare, ritiene illegittimo l’art. 1, comma 730, della legge n. 208 del
2015 in quanto detterebbe in tema di avanzo di amministrazione e fondo
pluriennale vincolato norme dettagliate direttamente applicative. Non
competerebbe allo Stato né determinare regole in materia di finanza
provinciale, né strutturare i saldi di finanza pubblica in modo tale da ledere
l’autonomia provinciale in relazione ai principi di programmazione e di buon
andamento dell’amministrazione. La norma disporrebbe un indebito accantonamento
di risorse degli enti territoriali provinciali appositamente conservate per i
pertinenti investimenti nel fondo pluriennale vincolato.
2.– Poiché i ricorsi vertono su disposizioni parzialmente
coincidenti risulta opportuna la riunione dei relativi giudizi ai fini di una
decisione congiunta, riservando a separate pronunce la decisione delle altre
questioni di legittimità costituzionale promosse con i medesimi ricorsi.
3.– Preliminarmente, occorre evidenziare che, successivamente alla
loro proposizione, l’art. 1, comma 463, della legge 11 dicembre 2016, n. 232
(Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio
pluriennale per il triennio 2017-2019), ha disposto che «[a] decorrere
dall’anno 2017 cessano di avere applicazione i commi da 709 a 712 e da 719 a
734 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Restano fermi gli
adempimenti degli enti territoriali relativi al monitoraggio e alla
certificazione del saldo di cui all’art. 1, comma 710, della legge 28 dicembre
2015, n. 208, nonché l’applicazione delle sanzioni in caso di mancato
conseguimento del saldo 2016, di cui al medesimo comma 710, accertato ai sensi
dei commi da 720 a 727 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 […]».
Sempre in via preliminare va rilevato che, con deliberazione della
Giunta regionale del 13 febbraio 2018, la Regione autonoma Sardegna ha
rinunciato al ricorso. Al riguardo va dichiarata la cessazione della materia
del contendere, non essendo intervenuta accettazione della rinuncia a opera del
resistente né risultando un contrario interesse di questo a coltivare il
giudizio.
4.– Ciò posto, è pregiudiziale l’esame dell’eccezione sollevata
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con la quale viene prospettata
l’infondatezza di tutte le questioni in ragione della clausola di salvaguardia
enunciata dall’art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015.
L’eccezione non è fondata.
Questa Corte, pronunciandosi proprio in merito a detta clausola di
salvaguardia, ha precisato che «[l]’art. l, comma 992, della legge n. 208 del
2015, introdotto nel corso dell’esame al Senato al precipuo scopo di tutelare
le autonomie speciali (emendamento 50.0.14), non contempla una mera formula di
stile, priva di significato normativo, ma ha la precisa funzione di rendere
applicabili le disposizioni della medesima legge agli enti ad autonomia
differenziata, a condizione che tali disposizioni non siano lesive delle
prerogative regionali e provinciali. L’operatività delle clausole di
salvaguardia deve essere esclusa nei particolari casi in cui singole norme di
legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente
applicabili agli enti ad autonomia speciale (fra le tante, sentenza n. 40 del
2016). Si deve dunque verificare, con riguardo alle singole disposizioni
impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di
autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola
generale» (sentenza
n. 191 del 2017).
Ebbene, poiché le norme impugnate annoverano direttamente le
ricorrenti (e i rispettivi enti locali) tra i destinatari delle previsioni
ritenute lesive dell’autonomia speciale, non è possibile, come vorrebbe lo
Stato, escludere a priori e in generale la loro lesività, ma occorre esaminare
le singole disposizioni, valutandosi se risulti di volta in volta contraddetta
e vanificata la garanzia posta dalla clausola di salvaguardia (sentenza n. 40 del
2016), specie laddove le censure delle ricorrenti si appuntino, come nel
caso in esame, non sui principi espressi in dette disposizioni, ma sul loro
contenuto dettagliato e immediatamente precettivo.
5.– Le questioni sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano e
dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell’art. 1, comma 709, della
legge n. 208 del 2015 non sono fondate nei termini di seguito specificati.
Il citato comma 709 stabilisce che «[a]i fini della tutela
dell’unità economica della Repubblica, gli enti di cui al comma 1 dell’art. 9
della legge 24 dicembre 2012, n. 243, concorrono alla realizzazione degli
obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi
da 707 a 734 del presente articolo, che costituiscono principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma,
e 119, secondo comma, della Costituzione».
Questa Corte ha più volte affermato che l’autoqualificazione
operata dal legislatore è priva di carattere precettivo e non determina alcun
effetto vincolante (ex plurimis, sentenze n. 121
e n. 39 del 2014).
È l’esame analitico del «contenuto normativo», dell’«oggetto» e dello «scopo»
della singola disposizione che ne delinea il significato precettivo (sentenza n. 39 del
2014). Solo l’analisi delle restanti diposizioni impugnate è in grado di
svelare la correttezza della qualificazione legislativa e cioè se
effettivamente esse esprimano principi di coordinamento della finanza pubblica
oppure, come sostengono le ricorrenti, se contengano altresì norme specifiche e
dettagliate: in tal senso, per dirimere la questione sottoposta all’attenzione
di questa Corte, lo scrutinio del comma 709 non può essere considerato a sé
stante, ma deve essere condotto di pari passo all’esame compiuto sulle
disposizioni cui l’autoqualificazione accede. Di per
sé, quindi, il comma 709 non presenta profili di incostituzionalità se non
attraverso l’associazione con norme specificamente in contrasto con i caratteri
del coordinamento della finanza pubblica. Tale patologica combinazione è stata
dedotta dalle parti in giudizio per le disposizioni oggetto di successivo
scrutinio. All’esito di non fondatezza di tali questioni consegue analoga
pronuncia per la disposizione in esame.
6.– Le censure relative all’art. 1, commi 711, secondo periodo, e
730, della legge n. 208 del 2015 sono caratterizzate da un indissolubile
intreccio, in particolare con riguardo agli istituti dell’avanzo di
amministrazione e del fondo pluriennale vincolato, e meritano pertanto uno
scrutinio contestuale.
L’applicazione di tali norme determinerebbe per talune realtà
territoriali, tra le quali le Province ricorrenti, un rilevante impatto, in
quanto renderebbe necessario rifinanziare con nuove risorse investimenti che
già dispongono della relativa copertura. Infatti, sia l’avanzo di
amministrazione che il fondo pluriennale vincolato comportano la conservazione
di risorse accertate in esercizi precedenti per una diacronica utilizzazione
secondo le finalità programmate nei predetti antecedenti programmi. Ed è
proprio il timore che i meccanismi contabili ipotizzati dal legislatore
nazionale possano pregiudicare l’esecuzione di interventi già pianificati e
finanziati secondo un fisiologico cronoprogramma a ispirare le impugnative
delle Province ricorrenti.
Tanto premesso, le questioni non sono fondate nei sensi appresso
specificati.
Il secondo periodo dell’art. 1, comma 711, della legge n. 208 del
2015, nello specificare quanto stabilito dal precedente comma 710 (non oggetto
di impugnazione) – ai sensi del quale, «[a]i fini del concorso al contenimento
dei saldi di finanza pubblica, gli enti di cui al comma 709 devono conseguire
un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le
spese finali, come eventualmente modificato ai sensi dei commi 728, 730, 731 e
732» – prevede che, «[l]imitatamente all’anno 2016,
nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il
fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota
riveniente dal ricorso all’indebitamento».
Il comma 730 del medesimo articolo dispone che, «[a]i fini della
rideterminazione degli obiettivi di cui al comma 728, le regioni e le province
autonome definiscono criteri di virtuosità e modalità operative, previo
confronto in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con
i rappresentanti regionali delle autonomie locali. Per i medesimi fini, gli
enti locali comunicano all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI),
all’Unione delle province d’Italia (UPI) e alle regioni e alle province
autonome, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre, gli spazi finanziari di
cui necessitano per effettuare esclusivamente impegni in conto capitale ovvero
gli spazi finanziari che sono disposti a cedere. Entro i termini perentori del
30 aprile e del 30 settembre, le regioni e le province autonome comunicano agli
enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e al Ministero dell’economia
e delle finanze, con riferimento a ciascun ente locale e alla stessa regione o
provincia autonoma, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del
mantenimento dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica anche con
riferimento a quanto disposto dal comma 731. Gli spazi finanziari attribuiti e
non utilizzati per impegni in conto capitale non rilevano ai fini del
conseguimento del saldo di cui al comma 710».
Le Province autonome di Trento e di Bolzano lamentano che con le
norme impugnate il legislatore statale avrebbe escluso la collocazione del
fondo pluriennale vincolato tra le poste di entrata e di spesa valevoli ai fini
del rispetto dell’equilibrio di bilancio. Analoga sorte avrebbe riguardato
l’avanzo di amministrazione.
La lesione determinata dalla disposizione impugnata si sarebbe
concretata proprio con il mancato utilizzo, a partire dall’anno 2017, del fondo
pluriennale vincolato, limite venuto poi meno grazie all’intervento della legge
n. 232 del 2016, che, con l’art. 1, comma 466, ne ha esteso l’impiego ai futuri
esercizi finanziari (2017, 2018 e 2019).
Se, da un lato, non si può disconoscere che l’intervenuta
previsione sia almeno parzialmente satisfattiva delle esigenze manifestate
dalle ricorrenti – dato che, con i ricorsi in esame, esse richiedono proprio
un’estensione dell’impiego del predetto fondo negli esercizi finanziari
successivi fino alla fine del triennio 2016-2018 – dall’altro è necessario
ricordare come la normativa in esame sia stata assoggettata da questa Corte a
interpretazione adeguatrice con le precedenti
sentenze n. 247
e n. 252 del
2017. Non è invece in discussione in questa sede la reintroduzione della
regola contestata a decorrere dall’esercizio 2020 per effetto del medesimo art.
1, comma 466, della legge n. 232 del 2016. Tale reintroduzione è fatta oggetto
di autonoma impugnazione attraverso successivi ricorsi, tra cui quelli delle
medesime Province autonome (reg. ric. n. 20 e n. 24 del 2017).
L’art. 1, comma 730, della legge n. 208 del 2015 detta
prescrizioni di natura procedurale che si inseriscono nell’ambito del
cosiddetto patto di solidarietà tra enti territoriali, disciplinato dall’art.
1, commi da 728 a 732, della medesima legge. Tale patto consente agli enti
locali di ricorrere all’indebitamento per finanziare spese di investimento, a
condizione che sia rispettato un duplice requisito: a) la definizione di
appositi piani di ammortamento; b) il rispetto, per il complesso degli enti di
ciascuna Regione, dell’equilibrio di bilancio.
Il patto di solidarietà permette il ricorso all’indebitamento per
spese di investimento purché sia rispettata la regola posta dal citato comma
728 – a sua volta riproduttiva dell’art. 10, comma 3, della legge 24 dicembre
2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di
bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione) – ma pretende
il rispetto dell’obiettivo finanziario a livello regionale, mediante un
contestuale miglioramento compensativo, di pari importo, del saldo dei restanti
enti locali della Regione e delle Province ricorrenti.
Pertanto – come già rilevato – il combinato delle disposizioni
impugnate, malgrado una non perfetta corrispondenza, risulta sostanzialmente
analogo a quello già scrutinato da questa Corte a proposito delle norme
introdotte dalla legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre
2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti
locali), in tema di utilizzazione dell’avanzo di amministrazione e del fondo
pluriennale vincolato.
Con i ricorsi iscritti ai numeri 68, 69, 70, 71 e 74 del registro
ricorsi dell’anno 2016 era stato, infatti, impugnato, l’art. 1, comma 1,
lettere b) ed e), della legge n. 164 del 2016 sulla base dell’assunto secondo
cui tale norma avrebbe precluso l’utilizzazione dell’avanzo di amministrazione
e del fondo pluriennale vincolato alle loro naturali scadenze. Con due distinte
pronunce (sentenze
n. 252 e n.
247 del 2017) questa Corte ha respinto tale interpretazione, adottandone
un’altra costituzionalmente adeguata.
Quanto all’avanzo di amministrazione, è stato affermato che le
intese in ordine alla volontaria messa a disposizione da parte degli enti
territoriali del proprio avanzo di amministrazione «costituiscono […] lo
strumento per garantire un equilibrio di bilancio non limitato al singolo ente
ma riferito all’intero comparto regionale. […] [S]e è vero che nella previsione
è presente un obbligo procedimentale che condiziona l’immediata utilizzabilità
degli avanzi di amministrazione, è anche vero che la concreta realizzazione del
risultato finanziario rimane affidata al dialogo fra gli enti interessati che
l’avvio dell’intesa dovrebbe comportare. […] Alla stregua di tali
considerazioni […] non si è in presenza di una espropriazione dei residui di
amministrazione. […] Egualmente infondata è l’ulteriore censura della Regione,
secondo cui la norma introdurrebbe il vincolo di utilizzare i risultati di
amministrazione per i soli investimenti, violando, così, la sua autonomia
finanziaria. La disposizione, in effetti, dà per scontato il vincolo, ma ciò fa
solo nei limiti connessi al positivo espletamento dell’intesa» (sentenza n. 252 del
2017); e che «gli enti territoriali in avanzo di amministrazione hanno la
mera facoltà – e non l’obbligo – di mettere a disposizione delle politiche
regionali di investimento una parte o l’intero avanzo. È infatti nella piena
disponibilità dell’ente titolare dell’avanzo partecipare o meno alle intese in
ambito regionale. Solo in caso di libero esercizio di tale opzione l’ente può
destinare l’avanzo all’incremento degli spazi finanziari regionali» (sentenza n. 247 del
2017).
Per quel che riguarda il fondo pluriennale vincolato, è stato in
quella sede ribadito che «accertamenti, impegni, obbligazioni attive e passive
rimangono rappresentati e gestiti in bilancio secondo quanto programmato a suo
tempo dall’ente territoriale. Pertanto, l’iscrizione o meno nei titoli 1, 2, 3,
4 e 5 dell’entrata e nei titoli 1, 2 e 3 della spesa deve essere intesa in
senso meramente tecnico-contabile, quale criterio armonizzato per il
consolidamento dei conti nazionali. Tale aggregazione contabile non incide né
quantitativamente né temporalmente sulle risorse legittimamente accantonate per
la copertura di programmi, impegni e obbligazioni passive concordate negli
esercizi anteriori alle scadenze del fondo pluriennale vincolato. […] [L]a
qualificazione normativa del fondo pluriennale vincolato costituisce una
definizione identitaria univoca dell’istituto, la cui disciplina è assolutamente
astretta dalla finalità di conservare la copertura delle spese pluriennali. Ciò
comporta che nessuna disposizione – ancorché contenuta nella legge rinforzata –
ne possa implicare un’eterogenesi semantica e funzionale senza violare l’art.
81 della Costituzione» (sentenza n. 247 del
2017).
In definitiva, la disciplina in esame, analogamente a quella
introdotta dalla legge n. 164 del 2016, non comporta un’ablazione né
dell’avanzo di amministrazione, né del fondo pluriennale vincolato, i quali, in
conformità alla loro specifica disciplina contenuta nel d.lgs. n. 118 del 2011,
sono rimasti anche per l’anno 2016 nella disponibilità degli enti territoriali
titolari, fermo restando l’obbligo procedimentale del tentativo di intesa per
eventualmente commutare l’avanzo di amministrazione in spazio finanziario
conferibile a diversa amministrazione in ambito regionale.
Peraltro, nel corso dell’udienza le stesse ricorrenti – che al
momento della proposizione dei ricorsi non potevano giovarsi del riscontro con
la sopravvenuta giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 252
e n. 247 del
2017) – hanno condiviso la soluzione esegetica contenuta nelle precitate
sentenze.
Così interpretate, le disposizioni impugnate superano pertanto il
vaglio di costituzionalità e, conseguentemente, le questioni sollevate dalle ricorrenti
risultano non fondate.
7.– Le questioni di legittimità costituzionale promosse dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano nei confronti dell’art. 1, comma 723,
lettera a), terzo periodo, della legge n. 208 del 2015 non sono fondate poiché
detta disposizione, se correttamente interpretata, non lede le prerogative
delle ricorrenti.
Detto periodo stabilisce che, in caso di mancato conseguimento del
saldo di cui al comma 710, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza,
«gli enti locali delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle
province autonome di Trento e di Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei
trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome in
misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato».
Come precedentemente ricordato, la disposizione impugnata è stata
in vigore fino al 31 dicembre 2016, a seguito dell’emanazione dell’art. l,
comma 463, della legge n. 232 del 2016. La norma subentrata ha tenuto fermi –
con riferimento al 2017 – «[…] gli adempimenti degli enti territoriali relativi
al monitoraggio e alla certificazione del saldo di cui all’art. 1, comma 710,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nonché l’applicazione delle sanzioni in
caso di mancato conseguimento del saldo 2016, di cui al medesimo comma 710,
accertato ai sensi dei commi da 720 a 727 dell’art. 1 della legge 28 dicembre
2015, n. 208 […]». Il complesso quadro normativo è peraltro arricchito
dall’art. l, comma 734, della legge n. 208 del 2015, il quale stabiliva che,
per gli anni 2016 e 2017, le disposizioni del comma 723 non trovassero
applicazione per le autonomie speciali, rimanendo ferma la precedente
disciplina recata dal patto di stabilità.
Inoltre, per quanto concerne le sanzioni applicabili agli enti
locali che non rispettino il saldo di bilancio, la materia è stata in seguito
disciplinata dall’art. 1, comma 1, lettera e), della legge n. 164 del 2016, che
ha sostituito il testo dell’art. 9, comma 4, della legge n. 243 del 2012. Con
tale ultima previsione è stato introdotto un meccanismo di "premi e sanzioni”,
demandandone l’attuazione a una legge dello Stato. Tanto è in effetti avvenuto
con la legge n. 232 del 2016, che ha introdotto un articolato sistema di
monitoraggio (art. 1, commi da 368 a 474), sanzionatorio (art. 1, commi da 475
a 478, 480 e 481) e premiale (art. 1, comma 479), in parte oggetto di
impugnazione (art. 1, comma 475) da parte della Provincia autonoma di Bolzano
con il ricorso iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2017.
La polivalenza semantica del caleidoscopico quadro normativo,
modificatosi in un ristretto arco di tempo, non ne impedisce un’interpretazione
secundum Constitutionem,
potendosi ricondurre al principio generale più volte affermato da questa Corte,
secondo cui la tutela degli equilibri della finanza pubblica allargata
«riguarda pure le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, non potendo
dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della "finanza pubblica
allargata”, come già affermato da questa Corte (in particolare, sentenza n. 425 del
2004)» (sentenza
n. 267 del 2006).
È vero – come sostenuto dalle ricorrenti – che la materia della
finanza provinciale di Trento e di Bolzano è ispirata al principio
dell’accordo, il quale nel caso di specie si è manifestato, tra l’altro,
attraverso una legislazione peculiare finalizzata all’attuazione e al rispetto
dei vincoli macroeconomici di matrice europea e nazionale. È altresì
indiscutibile che la vigilanza e la concreta attuazione di tale specifico
quadro finanziario – ferma restando la competenza in termini di controllo di
legittimità-regolarità sui bilanci delle locali sezioni di controllo della
Corte dei conti (sentenza
n. 40 del 2014) – è demandata alle Province autonome in coerenza con gli
obiettivi loro assegnati. Le disposizioni provinciali – emanate a seguito dello
specifico strumento dell’accordo – assumono così carattere di «parametro
normativo primario per la gestione finanziaria degli enti sub-regionali tra i
quali, appunto, gli enti locali territorialmente interessati» (sentenza n. 40 del
2014).
Tuttavia, il carattere generale e indefettibile dei vincoli di
finanza pubblica esige che, indipendentemente dallo speciale regime di cui
godono gli enti territoriali provinciali nel perseguimento degli obiettivi
macroeconomici assegnati alla finanza provinciale, i colpevoli scostamenti
registrati nelle singole gestioni di bilancio debbano trovare riscontro in un
omogeneo sistema sanzionatorio, proporzionato all’entità delle infrazioni – nel
caso in esame riferite a un ordito normativo di matrice provinciale – commesse
dagli enti locali.
Dunque, a prescindere dalla complessa e costante successione delle
diverse formulazioni normative che lo hanno espresso nel tempo, il principio di
indefettibilità delle sanzioni per gli enti territoriali che si discostano
colpevolmente dagli obiettivi di finanza pubblica – se inteso in modo conforme
alla peculiare disciplina provinciale – non contrasta coi parametri statutari
invocati dalle ricorrenti e le relative censure risultano pertanto infondate.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi e riservata a separate pronunce la decisione
delle ulteriori questioni di illegittimità costituzionale promosse con i
ricorsi indicati in epigrafe;
1) dichiara cessata la
materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 711, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilità 2016)», promossa, in riferimento agli artt. 3, 81, 117, 118
e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 7 e 8 della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dalla Regione autonoma
Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondate,
nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 709, 711, secondo periodo, 723, lettera a), terzo periodo, e
730, della legge n. 208 del 2015, promosse, in riferimento agli artt. 97,
secondo comma, 117 e 119 Cost., al principio di leale
collaborazione e agli artt. 79, 80, 81 e 107 del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige),
nonché in relazione agli artt. 17, 18 e 19 del decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige in materia di finanza regionale e provinciale), e all’art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali
e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi
indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2018.