Ordinanza allegata alla Sentenza 21
dicembre 2016, n. 286
ORDINANZA 8 NOVEMBRE
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo
GROSSI
Presidente
- Alessandro
CRISCUOLO Giudice
- Giorgio
LATTANZI ˮ
- Aldo
CAROSI
ˮ
- Marta
CARTABIA
ˮ
- Mario
Rosario MORELLI
ˮ
- Giancarlo
CORAGGIO
ˮ
- Giuliano
AMATO
ˮ
- Silvana
SCIARRA
ˮ
- Daria
de PRETIS ˮ
- Nicolò
ZANON
ˮ
- Augusto
Antonio
BARBERA
ˮ
- Giulio
PROSPERETTI ˮ
ORDINANZA
Rilevato che, nel giudizio promosso dalla Corte di appello di Genova con ordinanza del 28 novembre 2013 (reg. ord. n. 31 del 2014), il 7 aprile 2014 ha depositato atto di intervento l’associazione Rete per la Parità, in persona del proprio legale rappresentante pro tempore.
Considerato che l’Associazione
Rete per la Parità non riveste la qualità
di parte del giudizio principale;
che la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le
tante, le ordinanze allegate alla sentenza n. 134 del
2013 e all’ordinanza n. 318
del 2013) è nel senso che la partecipazione al giudizio incidentale
di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle
parti del giudizio a quo, oltre che
al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al
Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle norme integrative per i
giudizi dinanzi alla Corte costituzionale);
che a tale disciplina è possibile derogare – senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità – soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 76 del 2016; n. 221 del 2015 e relativa ordinanza letta all’udienza del 20 ottobre 2015; n. 162 del 2014 e relativa ordinanza letta allʼudienza dellʼ8 aprile 2014; n. 293 e n. 118 del 2011; n. 138 del 2010 e relativa ordinanza letta allʼudienza del 23 marzo 2010; ordinanze n. 240 del 2014; n. 156 del 2013; n. 150 del 2012 e relativa ordinanza letta allʼudienza del 22 maggio 2012);
che, pertanto, sulla posizione soggettiva della parte interveniente l’eventuale declaratoria di illegittimità della legge deve produrre lo stesso effetto che produce sul rapporto oggetto del giudizio a quo;
che il presente giudizio – che ha ad oggetto la norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 del codice civile, 72, primo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile) e 33 e 34 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede «l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa contraria volontà dei genitori» − non sarebbe destinato a produrre, nei confronti dell’Associazione interveniente, effetti immediati, neppure indiretti;
che, pertanto, essa non riveste la posizione di terzo legittimato a partecipare al giudizio dinanzi a questa Corte.
PER QUESTI
MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento dell’Associazione Rete per la Parità.
F.to: Paolo
Grossi, Presidente