SENTENZA N. 245
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, e 14, comma 1, della legge della Regione Liguria 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema di trasporto pubblico regionale e locale), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra Amt Azienda Trasporti e Mobilità spa ed altri e Atpl Liguria e Regione Liguria, con ordinanza del 21 gennaio 2016, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Udito nella camera di consiglio del 5 ottobre 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.
Ritenuto in fatto
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, e 14, comma 1, della legge della Regione Liguria 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema di trasporto pubblico regionale e locale).
2.− Il rimettente premette che:
− in Liguria il trasporto pubblico locale e regionale è disciplinato dalla legge regionale n. 33 del 2013, che − in attuazione dell’art. 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 − ha introdotto per l’organizzazione e la gestione del relativo servizio la nozione di ambito territoriale ottimale (ATO), anche denominato bacino unico regionale per il trasporto;
− la gestione dell’ATO è stata attribuita alla Regione, mediante l’istituzione di un’Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale (d’ora in avanti ATPL), avente, tra l’altro, il compito di espletare la procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio da realizzarsi, ai sensi degli artt. 9, comma 1, e 14, comma 1, della legge reg. Liguria n. 33 del 2013, in un unico lotto relativo all’intero territorio regionale e con possibile estensione anche al trasporto ferroviario;
− l’Agenzia, nonostante il parere contrario dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti AGCM) e quello della stessa Regione Liguria − quest’ultimo espresso ai sensi dell’art. 34, comma 20, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221 −, ha quindi indetto una gara informale per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico su tutto il territorio ligure, pubblicando un avviso per l’individuazione degli operatori economici ai sensi dell’art. 30 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE);
− alcune società esercenti servizi di trasporto pubblico nel territorio regionale hanno impugnato tale avviso e nel giudizio si sono costituite la Regione Liguria e l’ATPL;
− in seguito alla notifica del ricorso, quest’ultima ha più volte sospeso e riaperto i termini per la presentazione delle manifestazioni di interesse, nonché rettificato i requisiti di partecipazione originari, con atti tutti oggetto di impugnazione a mezzo di motivi aggiunti;
− il tribunale adìto, con ordinanza 2 ottobre 2013, n. 231, ha accolto l’istanza cautelare.
3.− In punto di rilevanza, il rimettente osserva che le ricorrenti sono gestori di servizi di trasporto pubblico in ambito provinciale, sicché la previsione di un ambito territoriale ottimale di dimensione regionale e l’affidamento in un lotto unico sarebbero idonei a frustare le loro aspettative di aggiudicazione del servizio, aspettative che invece sarebbero garantite dal dimensionamento previsto dall’art. 3-bis del d.l. n. 138 del 2011.
Sempre sotto il profilo della rilevanza, il rimettente ritiene non fondate le eccezioni di inammissibilità, tardività e improcedibilità formulate dalle resistenti.
Andrebbe disattesa, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di presentazione della domanda di partecipazione alla gara e per difetto di lesività delle clausole impugnate, poiché con la questione di legittimità costituzionale si contesterebbe in radice la stessa gara «così come strutturata nelle sue dimensioni per effetto delle norme legislative regionali».
Nemmeno fondata apparirebbe l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di «legittimazione processuale» delle aziende ricorrenti, poiché, da un lato, tale eccezione non sarebbe stata sollevata con riferimento a una di esse (l’ATC Esercizio spa) e, dall’altro, perché, con riferimento alla ATP Esercizio srl, la circostanza che essa stia dando esecuzione a un concordato preventivo con continuità aziendale omologato dal Tribunale non comporterebbe l’impossibilità di partecipare alle gare pubbliche, non ricavandosi tale preclusione dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 (d’ora in avanti codice dei contratti pubblici o codice).
Non avrebbe pregio, poi, l’eccezione di inammissibilità per difetto di alterità sostanziale delle parti del giudizio, incentrata sul rilievo che i Comuni che detengono quote di partecipazione maggioritaria nelle società ricorrenti sono detentori anche di quote dell’ATPL resistente. Tale dato fattuale non sarebbe idoneo, infatti, a scalfire il rilievo della diversa soggettività giuridica delle ricorrenti, rispetto agli enti territoriali e all’ATPL resistente, anche in ragione dell’autonomia di cui godrebbero gli organi sociali delle prime.
Né, prosegue il TAR Liguria, potrebbe avere rilievo l’eccezione di tardività dei motivi aggiunti, dal momento che essi hanno ad oggetto solo gli atti che hanno fissato i nuovi termini e le modalità di partecipazione alla gara, la cui indizione è stata invece ritualmente impugnata con il ricorso principale.
4.− In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene che un primo profilo di illegittimità costituzionale starebbe nell’avere la Regione Liguria «adottato una legge provvedimento, in spregio alle previsioni di cui all’art. 117, comma 1», recte: secondo comma «lettera e), della Costituzione».
Osserva il TAR Liguria che la disciplina degli ATO è stata ricondotta dalla Corte costituzionale alle materie della tutela della concorrenza e dell’ambiente, di competenza esclusiva statale, e in tali materie la Regione potrebbe solo esercitare competenze amministrative; quest’ultime potrebbero essere oggetto di legge-provvedimento, solo laddove la normativa statale non prevedesse, anche implicitamente, una riserva di amministrazione.
Nella fattispecie al suo esame, prosegue il rimettente, «la norma statale di riferimento», ossia l’art. 3-bis del d.l. n. 138 del 2011, ha delegato alle Regioni l’individuazione degli ATO, predeterminando una dimensione standard coincidente con il territorio provinciale, derogabile all’esito di una complessa istruttoria, finalizzata ad accertare la ricorrenza nel caso concreto di esigenze di differenziazione territoriale e socio-economica, proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio. La scelta di un bacino territoriale ottimale di dimensione non provinciale andrebbe, quindi, specificamente motivata dalla Regione.
La complessa istruttoria e il riferimento alla motivazione starebbero a dimostrare, in conclusione, che la norma statale avrebbe imposto alle Regioni una riserva di amministrazione.
Identiche argomentazioni varrebbero per la determinazione di affidare il servizio in un unico lotto.
Anche relativamente a tale scelta, infatti, la legge statale, dettata nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, recherebbe precise disposizioni, applicabili alle concessioni di servizi in virtù del rinvio di cui all’art. 30, comma 3, del codice dei contratti pubblici, che sottopone i relativi affidamenti ai principi desumibili dal Trattato e a quelli generali relativi ai contratti pubblici.
Tra questi ultimi vi sarebbero, in particolare, quelli enunciati dall’art. 2 del codice, e tra essi, per quanto qui rileva, vi sarebbe la previsione dell’espressa motivazione in caso di mancata suddivisione della gara in lotti.
Poiché la disposizione in parola fa riferimento alla determina a contrarre, dovrebbe escludersi – conclude il rimettente − che la scelta di stabilire il numero dei lotti possa essere assunta mediante legge-provvedimento.
5.− Entrambe le disposizioni impugnate, poi, sarebbero illegittime anche «per violazione dell’art. 117 commi 1 e 2 lett. e) e dell’art. 97 Costituzione in quanto contrastanti con le norme interposte costituite per l’art. 9 l.r. 33/13 dall’art. 3-bis d.l. 138/11 mentre per l’art. 14 dagli artt. 3-bis d.l. 138/11 e 2, comma 1-bis e 30 d.lgs. 163/06».
Le norme censurate sarebbero sfornite di sufficiente motivazione e istruttoria e in contrasto con i pareri resi dall’AGCM in ordine alla strutturazione regionale dell’ambito territoriale e all’affidamento del servizio in un unico lotto.
La contrarietà dell’AGCM sarebbe stata puntualmente espressa in una fitta interlocuzione con la Regione Liguria e con l’ATPL; la stessa AGCM, con parere del 25 giugno 2015, reso ai sensi dell’art. 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), aveva invitato l’ATPL a disapplicare l’art. 14 della legge regionale n. 33 del 2013, e, a fronte del suo rifiuto, aveva impugnato gli atti di gara innanzi al TAR Liguria.
Né, infine, sarebbe idoneo a giustificare il dimensionamento regionale della gara e l’affidamento del servizio in un lotto unico lo studio di una società privata commissionato dalla Regione e richiamato dalle parti resistenti, in quanto esso risalirebbe al 2007 e non sarebbe, sotto svariati profili, esauriente.
Considerato in diritto
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con ordinanza del 21 gennaio 2016, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2016, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, e 14, comma 1, della legge della Regione Liguria 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema di trasporto pubblico regionale e locale).
Secondo il rimettente, le disposizioni censurate, nella parte in cui, rispettivamente, fanno coincidere con l’intero territorio ligure l’ambito territoriale ottimale per il trasporto pubblico regionale e locale e stabiliscono che l’affidamento del relativo servizio avvenga in un unico lotto, violerebbero l’art. 117, primo comma, lettera e) (recte: l’art. 117, secondo comma, lettere e e s) della Costituzione e il «divieto di legge-provvedimento», in quanto «le norme statali di riferimento» − ossia l’art. 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, e l’art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) −, dettate nell’esercizio delle competenze esclusive della tutela della concorrenza e dell’ambiente, porrebbero su tali scelte una riserva di amministrazione.
Le norme censurate, inoltre, violerebbero gli artt. 97 e 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost., «in quanto contrastanti con le norme interposte» citate, poiché le decisioni di stabilire un ambito territoriale coincidente con l’intera Regione e di affidare la gara in un unico lotto sono sfornite di sufficiente istruttoria e motivazione.
2.− Successivamente all’ordinanza di rimessione è intervenuta la legge della Regione Liguria 9 agosto 2016, n. 19, recante «Modifiche alla legge regionale 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema del trasporto pubblico regionale e locale) ed altre modifiche normative in materia di trasporto pubblico locale», la quale, a decorrere dal 12 agosto 2016, ha integralmente sostituito gli artt. 9 e 14 della legge regionale n. 33 del 2013.
Per quanto qui rileva, le nuove disposizioni non prevedono più, per l’esercizio dei servizi di trasporto terrestre e marittimo, un bacino ottimale su scala regionale ma quattro ambiti territoriali omogenei (d’ora in avanti ATO), coincidenti col territorio della Città metropolitana di Genova e degli enti di area vasta di Imperia, La Spezia e Savona (un unico ATO è rimasto per i soli servizi ferroviari non oggetto della gara impugnata innanzi al giudice a quo). È stato anche eliminato il lotto unico, prevedendosi che «Gli enti affidanti definiscono lotti di gara di dimensioni che garantiscano la più ampia partecipazione alle procedure di affidamento, secondo modalità non discriminatorie» (così il novellato art. 14, comma 4).
2.1.− Lo ius superveniens non impone la restituzione degli atti al rimettente, poiché è ininfluente nel giudizio a quo, ove si discute della legittimità di provvedimenti amministrativi da valutare in base al principio tempus regit actum (sentenze n. 203, n. 49 e n. 30 del 2016, n. 151 del 2014, n. 90 del 2013, n. 177 del 2012, n. 209 del 2010 e n. 509 del 2000).
3.− Le questioni sono inammissibili per difetto di rilevanza, non sussistendo la legittimazione a ricorrere delle imprese che non hanno partecipato alla gara.
3.1.− In base alla giurisprudenza di questa Corte, la valutazione della sussistenza della giurisdizione, dell’interesse a ricorrere e degli altri presupposti concernenti la legittima instaurazione del giudizio a quo è riservata al giudice rimettente, mentre la verifica della Corte costituzionale è meramente esterna e strumentale al riscontro della rilevanza della questione di legittimità costituzionale, con la conseguenza che la motivazione su tali presupposti può essere sindacata solo laddove implausibile (sentenze n. 154 e n. 110 del 2015, n. 200 del 2014, n. 91 del 2013, n. 41 del 2011, n. 270 del 2010, n. 241 del 2008, n. 50 del 2007 e n. 62 del 1992).
Secondo il TAR Liguria, l’eccezione di difetto di «interesse ad agire» delle ricorrenti «per difetto di presentazione della domanda di partecipazione e per difetto di lesività delle clausole» impugnate sarebbe infondata, perché, da un lato, le ricorrenti medesime contesterebbero «in radice la stessa gara così come strutturata nelle sue dimensioni per effetto delle norme legislative censurate», sicché non sarebbe stata necessaria la domanda di partecipazione alla gara medesima; e, dall’altro, la previsione di un lotto unico sarebbe immediatamente lesiva delle loro posizioni giuridiche.
3.2.− La motivazione è implausibile.
Per come riferito dal rimettente, le ricorrenti, imprese già affidatarie di servizi di trasporto pubblico su scala provinciale, non hanno preso parte alla gara informale bandita dall’amministrazione regionale ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 163 del 2006, limitandosi a impugnare l’avviso per l’individuazione degli operatori economici recante l’invito a presentare le manifestazioni d’interesse, nella parte in cui dispone l’affidamento su base regionale e in un lotto unico.
La giurisprudenza amministrativa è consolidata nel ritenere che l’impresa che non partecipi alla gara non può contestare la relativa procedura e l’aggiudicazione in favore di imprese terze, perché la sua posizione giuridica sostanziale non è sufficientemente differenziata ma riconducibile a un mero interesse di fatto (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione III, 2 febbraio 2015, n. 491; Consiglio di Stato, sezione VI, 10 dicembre 2014, n. 6048; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4).
È anche acquisizione consolidata che «i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1).
A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4).
In tali casi, la domanda di partecipazione alla procedura non rileva ai fini dell’impugnazione, o perché è la stessa gara a mancare, o perché la sua contestazione in radice ovvero l’impossibilità di parteciparvi fanno emergere ex se una situazione giuridica differenziata (in capo, rispettivamente, all’impresa titolare di un rapporto giuridico incompatibile con l’indizione della nuova procedura e all’impresa di settore cui è impedita la partecipazione) e una sua lesione attuale e concreta (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4).
Che il caso all’esame del giudice a quo non rientri in queste ipotesi eccezionali emerge dalla stessa motivazione dell’ordinanza di rimessione, laddove si afferma che le clausole impugnate inciderebbero sulle chanches di aggiudicazione delle ricorrenti che «si ridurrebbero fin quasi ad azzerarsi», mentre, in presenza di una gara dimensionata su base provinciale e suddivisa in lotti, esse «avrebbero moltissime probabilità di aggiudicarsi il servizio, non foss’altro per effetto del vantaggio di essere state le precedenti gestrici dello stesso».
Da tale motivazione non si ricava alcun impedimento certo e attuale alla partecipazione alla gara, bensì la prospettazione di una lesione solo eventuale, denunziabile da parte di chi abbia partecipato alla procedura ed esclusivamente all’esito della stessa, in caso di mancata aggiudicazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, e 14, comma 1, della legge della Regione Liguria 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema di trasporto pubblico regionale e locale), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2016.