SENTENZA N. 209
ANNO 2010
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE
SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.
107-bis, commi 6 e 7, della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 11 agosto 1997, n. 13 (Legge urbanistica provinciale),
promosso dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa per il
Trentino-Alto Adige/Südtirol, sezione autonoma di
Bolzano, con ordinanza del 29 ottobre 2008, iscritta al numero 74 del registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano e quello, fuori termine, del Comune di Naz Sciaves;
udito nell’udienza pubblica del 25 maggio 2010 il Giudice
relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per
Ritenuto in
fatto
1. – Con ordinanza del 29 ottobre 2008, il Tribunale
regionale di giustizia amministrativa per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sezione autonoma di Bolzano, ha sollevato
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 107-bis, commi 6 e 7, della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 agosto
1997, n. 13 (Legge urbanistica provinciale), per violazione degli artt. 3, 24,
102, 113 e 117, terzo comma, della Costituzione e degli artt. 4 e 8 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige).
1.1. – In punto di fatto, il Tribunale regionale di
giustizia amministrativa riferisce di aver accertato in un precedente giudizio,
su ricorso di E.B. e di M.L., l’illegittimità di una modifica al piano urbanistico
del Comune di Naz Sciaves,
consistente nella previsione di una zona di completamento su un’area di
proprietà della controinteressata E.K., e la
conseguente invalidità della concessione edilizia n. 33 del 2001 rilasciata per
la costruzione di una casa monofamiliare su tale area (sentenza 19 dicembre
2001, n. 366, del Tribunale regionale rimettente, confermata dal Consiglio di
Stato, sez. IV, decisione 12 giugno 2007, n. 3106).
Il medesimo Tribunale aggiunge di aver annullato,
con la sentenza 24 novembre 2003, n. 474 (confermata dal Consiglio di Stato,
sez. IV, decisione 19 dicembre 2007, n. 3302), anche la concessione edilizia n.
40 del 2002, rilasciata dal Comune di Naz Sciaves in forza del combinato disposto degli artt. 85 e 107, comma 23, della legge prov. n. 13 del 1997. Con la
citata concessione edilizia del 2002 si sarebbe tentato di legittimare la
costruzione già eseguita (ma divenuta illegittima per effetto della sentenza n.
366 del 2001 sopra richiamata), mediante «un intervento di sanatoria
consistente nel conferire un nuovo titolo sostanziale (essendo venuta meno la
zona di completamento) al fabbricato (tramite la trasformazione, con spostamento,
di cubatura rurale)».
Infine, con la sentenza 12 ottobre 2005, n. 338
(confermata dal Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 12 giugno 2007, n.
3107), il Tribunale regionale di giustizia amministrativa ha annullato la
concessione edilizia n. 42 del 2004, avente ad oggetto il rilevamento
dell’esistente, rilasciata a norma dell’art. 88 della legge prov. n. 13 del
1997, come modificato nel frattempo dall’art. 32, comma 15, della legge della
Provincia di Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006 e norme legislative collegate –
legge finanziaria 2004).
La sentenza da ultimo richiamata ha dichiarato l’illegittimità della
sanatoria per due ordini di motivi: a)
in primo luogo, perché l’illegittimità della concessione edilizia non sarebbe
derivata da vizi di procedura, ma da vizi di sostanza,
non rimovibili tramite il pagamento della sanzione pecuniaria a norma dell’art.
88 della legge prov. n. 13 del 1997; b)
in secondo luogo, in quanto contrastante con il comma 1-bis del richiamato art. 88, nel testo in allora vigente, che
vietava l’emissione della concessione edilizia in sanatoria sulle aree soggette
al vincolo di inedificabilità (anche relativa) di cui
all’art. 27 della legge della Provincia di Bolzano 21 gennaio 1987, n. 4 (Modifiche all’ordinamento urbanistico
provinciale).
Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa
riferisce ancora che tutte le indicate sentenze risultano
passate in giudicato e che le due ricorrenti hanno pertanto avviato, davanti al
medesimo Tribunale, i giudizi per ottenere la definizione dell’esecuzione e
l’ottemperanza delle sentenze stesse.
Dopo l’inizio della fase esecutiva, la
controinteressata E.K., proprietaria
dell’immobile oggetto della controversia, ha impugnato l’ingiunzione di
demolizione emessa dal Commissario ad acta.
Infine, nelle
more del giudizio di ottemperanza e dell’impugnazione
del provvedimento del Commissario ad acta, è entrata in vigore la legge della Provincia
autonoma di Bolzano 2 luglio 2007, n. 3 (Modifiche della legge
provinciale 11 agosto 1997, n. 13, recante «legge urbanistica
provinciale»), che, con l’art.
I censurati commi
6 e 7 stabiliscono: «6. Al comma 1 dell’articolo 88 la dizione: "In caso di annullamento della concessione edilizia e qualora non sia
possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative” si interpreta
nel senso che l’annullamento della concessione edilizia può essere dipeso anche
da vizi sostanziali che non possono essere rimossi. 7. Al comma 1-bis dell’articolo 88 la dizione: "area soggetta al vincolo di inedificabilità
e menzionata dall’articolo 27 della
legge provinciale 21 gennaio 1987, n.
In applicazione delle norme appena citate, l’Assessore all’urbanistica del Comune di Naz Sciaves ha rilasciato una nuova concessione edilizia in sanatoria, anch’essa impugnata dalle ricorrenti E.B. e M.L. e che costituisce oggetto del quarto ricorso di cui è investito l’odierno rimettente.
1.2. – Il Tribunale regionale di giustizia
amministrativa, dopo aver riassunto i motivi di impugnazione
dei quattro ricorsi e aver disposto la riunione dei relativi procedimenti, ha
ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 107-bis,
commi 6 e 7, della legge prov. n. 13 del 1997, come modificato dall’art. 23
della legge prov. n. 3 del 2007, prospettata dalle ricorrenti E.B. e M.L.
A tal proposito, il rimettente sottolinea
come l’art. 88, comma 1, della legge prov. n. 13 del 1997 limiti la produzione
degli effetti della concessione in sanatoria, prevista dall’art. 85 della
medesima legge provinciale, ai casi di annullamento della concessione edilizia
«qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure
amministrative». Sarebbero invece esclusi i casi di annullamento
per vizi sostanziali ovvero riguardo a costruzioni realizzate in zone
sottoposte a vincoli di inedificabilità assoluta o relativa.
Diversamente, le censurate norme di
interpretazione autentica del suddetto art. 88 ammettono la sanatoria
quando l’annullamento di una concessione edilizia sia dipeso «anche da vizi
sostanziali che non possono essere rimossi».
In merito, il Tribunale rimettente osserva che
1.3. – In riferimento al
caso di specie, il giudice a quo evidenzia
come, con le norme interpretative censurate, sia stato attribuito al citato
art. 88 un significato diverso da quello desumibile dal dato letterale e
dall’interpretazione sistematica della disciplina, vigente nella Provincia
autonoma di Bolzano, in materia di «governo del territorio» (art. 117, terzo
comma, Cost.). D’altra parte, l’asserita interpretazione autentica non
troverebbe fondamento neanche nella normativa statale in materia (art. 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia).
Le norme censurate, inoltre, incidendo
illegittimamente su un contenzioso pendente, violerebbero «le attribuzioni
costituzionali dell’autorità giudiziaria cui spetta la tutela dei diritti»
(artt. 102 e 113 Cost.).
Sarebbero del pari violati
gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto le norme denunciate vanificherebbero in parte
«i risultati dell’attività giudiziaria svolta, sulla cui definitività
i ricorrenti potevano fare ragionevole affidamento». Il rimettente, dopo aver
richiamato alcune pronunzie della Corte costituzionale, sottolinea
come i censurati commi 6 e 7 dell’art. 107-bis,
«travolgendo provvedimenti giurisdizionali definitivi e incidendo sui
regolamenti dei rapporti in essi consacrati», finiscano «per avere la stessa
efficacia di norme retroattive e per incontrare i medesimi limiti
costituzionali» (è citata in proposito la sentenza n. 364 del
2007).
1.4. – Da ultimo, il Tribunale regionale di
giustizia amministrativa rileva che lo stesso giorno della trattazione nel
merito della causa in oggetto è entrata in vigore la legge della Provincia
autonoma di Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni),
la quale, all’art. 9, modifica l’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997 ed,
all’art. 48, dispone l’abrogazione dei censurati commi 6 e 7 dell’art. 107-bis della legge prov. n. 13 del 1997.
Secondo il rimettente, la prospettata violazione dei
parametri costituzionali anzidetti non verrebbe meno a seguito di siffatta
modifica. In particolare, il comma 1-bis
dell’art. 88, nel testo attualmente vigente,
stabilisce: «Il pagamento della sanzione pecuniaria è ammesso anche quando
l’annullamento della concessione edilizia sia dipeso
da vizi sostanziali. Il pagamento della sanzione pecuniaria non è ammesso
qualora la costruzione insista su un’area gravata dai vincoli di cui ai commi 1, lettere a), b) e c) e 3 dell’articolo 27 della legge provinciale 21 gennaio 1987, n. 4. La norma di cui al comma 1 non trova applicazione in caso di
condanna penale, passata in giudicato, della persona responsabile del rilascio
della concessione edilizia. L’applicazione del comma 1 è sospesa per la
durata delle indagini preliminari e del procedimento penale».
Il giudice a
quo conclude osservando che spetterà alla Corte
costituzionale valutare se l’art. 88, come modificato, «debba subire la stessa
sorte» delle norme di interpretazione autentica di cui all’art. 107-bis, commi 6 e 7, della legge prov. n.
13 del 1997, «contenendo ambedue le norme gli stessi disposti».
2. – Nel giudizio si è costituita
2.1. – La difesa provinciale, dopo aver descritto le
vicende processuali che hanno portato all’instaurazione dell’odierno giudizio
di legittimità costituzionale, rileva l’inammissibilità delle questioni
sollevate sotto diversi profili.
2.1.1. – Innanzitutto, è eccepita l’inammissibilità per la
mancata motivazione della rilevanza della questione, anche con riguardo alla
descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo.
In particolare, è rilevata l’assenza di «indicazioni chiare
in merito a quale dei vari testi normativi che si sono succeduti nel tempo
disciplini le fattispecie sottoposte» all’esame del Tribunale rimettente. Al
riguardo, la difesa provinciale si sofferma sulle modifiche operate dalla legge
prov. n. 4 del 2008 e sottolinea come risulti insufficiente l’affermazione del
giudice a quo secondo cui spetta alla
Corte costituzionale valutare se l’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997,
come modificato, debba subire la stessa sorte delle norme di interpretazione
autentica.
2.1.2. – In secondo luogo,
In proposito, la difesa provinciale evidenzia come la legge
prov. n. 3 del 2007 – che ha introdotto i commi 6 e 7 nell’art. 107-bis della legge prov. n. 13 del 1997 –
non abbia apportato alcuna modifica sostanziale al corpo della stessa legge
prov. n. 13 del 1997, «limitandosi ad un intervento di natura meramente
chiarificatrice, privo di qualsivoglia portata innovativa». La discontinuità
rispetto al dettato originario della legge urbanistica provinciale sarebbe,
piuttosto, derivata dalla legge della Provincia autonoma di Bolzano 31 marzo
2003, n. 5 (Urbanistica), la quale «ha provveduto ad
eliminare la sanzione ripristinatoria […]
mantenendo la sola sanzione pecuniaria per tutti i casi di annullamento di
concessioni edilizie, a prescindere dalla tipologia dell’annullamento medesimo (giurisdizionale
o in autotutela) e dai motivi che sorreggevano (formali o sostanziali, propri o
derivati)».
Sul punto,
Di conseguenza – aggiunge la difesa provinciale –
quand’anche dovesse essere dichiarata l’illegittimità costituzionale della
norma censurata, tale pronunzia non potrebbe avere alcuna
influenza sui provvedimenti assunti dal Comune di Naz
Sciaves, in quanto questi continuerebbero a trovare
il proprio fondamento giuridico nell’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997,
«il cui tenore testuale ed il cui significato rimarrebbero immutati anche a
seguito della eventuale eliminazione dall’ordinamento dell’interpretazione
autentica».
2.1.3. –
2.1.4. – Infine, l’esame del merito delle questioni
sollevate sarebbe ulteriormente precluso dal mancato esperimento, da parte del
giudice a quo, del tentativo di
individuare un’interpretazione della disposizione censurata che la renda conforme alla Costituzione. Da ciò discenderebbe la
manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
prospettate.
2.2. – Nel merito, la difesa provinciale contesta le
affermazioni del rimettente secondo cui le censurate norme di
interpretazione autentica avrebbero dato alle disposizioni di cui
all’art. 88 un significato diverso da quello letterale e da quello desumibile
dall’interpretazione sistematica della disciplina in materia.
2.2.1. – Al contrario,
In proposito, la difesa dell’ente territoriale ricostruisce
il contesto in cui sono state approvate le norme
censurate, precisando che il legislatore provinciale, già da tempo, si era
posto il problema di una ridefinizione della disciplina degli abusi edilizi dipendenti
dall’annullamento di concessioni edilizie, nei casi in cui non fosse stato
possibile procedere alla rimozione dei vizi delle procedure amministrative. In
particolare, il problema riguardava i vizi non meramente formali, che, in
quanto tali, non possono essere rimossi o emendati in
sede di rinnovato rilascio del titolo abilitativo, ovvero i vizi di ordine
sostanziale alla cui emendabilità non si può pervenire con apposite ripianificazioni.
La fattispecie che avrebbe indotto l’intervento
chiarificatore del legislatore provinciale sarebbe assai simile a quella da cui
trae origine il presente giudizio in via incidentale: anche in quel caso,
precisa
Pertanto, le norme censurate avrebbero il merito di aver
chiarito che la sanzione pecuniaria è applicabile in tutti i casi di annullamento di concessioni edilizie per vizi non
emendabili (formali o sostanziali, propri del titolo abilitativo o derivati), a
prescindere dalla loro natura. Al contempo, il comma 7
dell’art. 107-bis della legge prov. n.
13 del 1997 avrebbe chiarito che la dizione «area soggetta al vincolo di inedificabilità e menzionata dall’articolo 27 della legge
provinciale 21 gennaio 1987, n. 4» deve intendersi riferita ai vincoli di cui
ai commi 1, lettere a), b) e c),
e 3 dell’art. 27 appena citato.
Le norme denunciate, dunque, non avrebbero portata
innovativa sostanziale, essendosi limitate ad esplicitare il significato già
insito nelle relative disposizioni, e sarebbero anzi perfettamente in linea con
la ratio
dell’art. 88, comma 1, della legge prov. n. 13 del 1997 e con la finalità
dell’istituto della sanatoria in generale. Al riguardo, la difesa provinciale ribadisce come si debba trattare necessariamente di vizi di
carattere sostanziale, in quanto questi sono «i soli a non poter trovare riparo
e rimedio nel rilascio di un nuovo titolo edilizio rispettoso delle regole di
forma e procedura».
Le uniche eccezioni alla regola dell’applicazione di una
sanzione pecuniaria, rispetto alle quali rivive la sanzione del ripristino e
quindi della demolizione, sono rappresentate dai casi in cui le costruzioni
abusive siano realizzate in aree assolutamente
inedificabili, o in cui il responsabile del rilascio della concessione
annullata abbia riportato una condanna penale.
2.2.2. – L’interpretazione autentica operata dalle norme
censurate, oltre ad essere coerente con il dato testuale delle disposizioni
interpretate, sarebbe in linea anche con le disposizioni statali in materia. In
particolare,
Non sarebbe rinvenibile, dunque, alcuna
violazione dei principi generali dell’ordinamento in materia di vigilanza urbanistico-edilizia e dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Con riferimento a quest’ultima norma costituzionale, la difesa provinciale
rileva l’insufficiente motivazione da parte del Tribunale rimettente e,
soprattutto, l’inconferenza del parametro richiamato.
Al riguardo, la medesima difesa osserva come alle Regioni a statuto
speciale ed alle Province autonome sia oggi
riconosciuta, in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione), una competenza legislativa e amministrativa più
ampia di quella contemplata nell’art. 117 Cost. Infatti, l’art. 8 del d.P.R. n. 670 del 1972 prevede, fra le materie di potestà
piena delle Province autonome, «urbanistica e piani regolatori» (punto 5),
«tutela del paesaggio» (punto 6), «agricoltura, foreste e Corpo forestale»
(punto 21); inoltre l’art. 16 dello stesso d.P.R.
stabilisce che «Nelle materie e nei limiti entro cui la regione o la provincia
può emanare norme legislative, le relative potestà amministrative, che in base
all’ordinamento preesistente erano attribuite allo Stato sono esercitate rispettivamente
dalla regione e dalla provincia». Ed ancora, secondo l’art. 1 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche),
«Le attribuzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di urbanistica, di
edilizia comunque sovvenzionata, di utilizzazione delle acque pubbliche, di
opere idrauliche, di opere di prevenzione e pronto soccorso per calamità
pubbliche, di espropriazione per pubblica utilità, di viabilità, acquedotti e
lavori pubblici di interesse provinciale, esercitate sia direttamente dagli
organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e di
istituti pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciali
e quelle già spettanti alla regione Trentino-Alto Adige nelle stesse materie,
sono esercitate per il rispettivo territorio dalle province di Trento e di
Bolzano ai sensi e nei limiti di cui agli articoli 8, 9 e 16 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e con
l’osservanza delle norme del presente decreto».
2.3. – Quanto alle censure prospettate in
relazione agli artt. 3, 24, 102 e 113 Cost., la difesa dell’ente
territoriale sottolinea le contraddizioni in cui sarebbe incorso il rimettente,
il quale, per un verso, avrebbe negato che le norme impugnate possano essere
definite retroattive in senso stretto, e, per altro verso, avrebbe invocato i
medesimi limiti costituzionali operanti per le norme retroattive.
In sostanza, secondo la difesa provinciale
i risultati dell’attività giudiziaria svolta non sarebbero «in alcun
modo vanificati, né potrebbero esserlo, dalla norma interpretativa censurata,
che semmai si presta – unitamente all’art. 88 [della legge prov. n. 13 del
1997] – a fornire fondamento giuridico ad ulteriori provvedimenti
amministrativi, diversi da quelli annullati ed autonomi rispetto a questi».
Infine,
3. – Nel giudizio si è costituito, fuori termine, il Comune
di Naz Sciaves, eccependo
l’inammissibilità e deducendo comunque l’infondatezza delle censure.
In via subordinata, la difesa comunale ha chiesto la
restituzione degli atti al giudice rimettente perchè valuti la perdurante
rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata, alla luce
della normativa sopravvenuta (artt. 9 e 48 della legge prov. n. 4 del 2008).
4. – In prossimità dell’udienza pubblica,
Considerato
in diritto
1. – Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa per il
Trentino-Alto Adige/Südtirol, sezione autonoma di
Bolzano, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 107-bis, commi 6 e 7, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 11 agosto 1997, n. 13 (Legge urbanistica provinciale), per violazione degli artt. 3, 24, 102,
113 e 117, terzo comma, della Costituzione e degli artt. 4 e 8 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige).
2. – Preliminarmente, deve essere dichiarata l’inammissibilità
dell’intervento in giudizio del Comune di Naz Sciaves.
Il suddetto atto di intervento
è stato depositato il 6 maggio 2009 e quindi oltre il termine di venti giorni
dalla pubblicazione dell’ordinanza nella Gazzetta
Ufficiale (avvenuta il 18 marzo 2009), previsto dall’art. 3 delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Tale termine, alla
stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte (fra le più recenti,
ordinanze n. 11 del
2010 e n.
100 del 2009), deve intendersi stabilito a pena di decadenza, con la
conseguenza che l’atto di intervento in giudizio del
Comune di Naz Sciaves è
inammissibile.
3. – Prima di esaminare le eccezioni di inammissibilità
sollevate dalla difesa provinciale è necessario ricostruire l’evoluzione della normativa
in materia.
Ai sensi dell’art. 8 del d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) le Province
autonome di Trento e di Bolzano sono titolari di potestà legislativa primaria
in materia di «urbanistica» (punto 5), oltre che di «tutela del paesaggio»
(punto 6).
Con la legge prov. n. 13 del 1997
Tale disposizione è stata modificata dall’art. 32,
commi 14 e 15, della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006 e norme
legislative collegate – legge finanziaria 2004).
In particolare, il comma
Il comma 15 dell’art. 32 della legge prov. n. 1 del
L’art. 19, comma 5, della legge della Provincia di Bolzano 2 luglio
2007, n. 3 (Modifiche della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13,
recante «legge urbanistica provinciale») ha nuovamente sostituito il
comma 1 dell’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997, mantenendo inalterate le
condizioni per il rilascio della concessione in sanatoria a seguito del
pagamento di una sanzione pecuniaria e limitandosi a modificare solo
l’ammontare di quest’ultima.
L’art. 23 della medesima legge prov. n. 3 del
I citati commi 6 e 7 contenevano norme recanti l’interpretazione
autentica, rispettivamente, dei commi 1 e 1-bis
dell’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997; in particolare, il comma 6
stabiliva che «Al comma 1 dell’articolo 88 la dizione: "In caso di annullamento
della concessione edilizia e qualora non sia possibile la rimozione dei vizi
delle procedure amministrative” si interpreta nel senso che l’annullamento
della concessione edilizia può essere dipeso anche da vizi sostanziali che non
possono essere rimossi».
Il censurato comma 7, per contro, disponeva che «Al comma 1-bis dell’articolo 88 la dizione: "area soggetta al vincolo di inedificabilità
e menzionata dall’articolo 27 della
legge provinciale 21 gennaio 1987, n.
Infine, con la legge della Provincia autonoma di
Bolzano 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche
di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni) sono stati
abrogati i censurati commi 6 e 7 dell’art. 107-bis della legge prov. n. 13 del 1997 ed il comma 1-bis dell’art. 88 di quest’ultima legge è
stato così sostituito: «Il pagamento della sanzione pecuniaria è ammesso anche
quando l’annullamento della concessione edilizia sia dipeso da vizi
sostanziali. Il pagamento della sanzione pecuniaria non è ammesso qualora la
costruzione insista su un’area gravata dai vincoli di cui ai
commi 1, lettere a), b) e c)
e 3 dell’articolo 27 della legge
provinciale 21 gennaio 1987, n. 4. La norma di cui al
comma 1 non trova applicazione in caso di condanna penale, passata in
giudicato, della persona responsabile del rilascio della concessione edilizia.
L’applicazione del comma 1 è sospesa per la durata delle indagini preliminari e
del procedimento penale».
Il rimettente ha censurato i commi 6 e 7 dell’art. 107-bis della legge urbanistica provinciale,
sebbene gli stessi fossero stati abrogati, già prima del deposito
dell’ordinanza di rimessione, dalla legge prov. n. 4
del 2008.
4. – Sulla base della ricostruzione normativa fin qui
operata è possibile esaminare le eccezioni di inammissibilità
sollevate, sotto diversi profili, dalla difesa provinciale.
4.1. – Innanzitutto, ad avviso della Provincia autonoma di
Bolzano, nell’ordinanza di rimessione mancherebbe un’adeguata motivazione sulla
rilevanza della questione e sarebbe carente la descrizione della fattispecie
oggetto del giudizio a quo.
In particolare, è denunciata l’assenza di «indicazioni chiare
in merito a quale dei vari testi normativi che si sono succeduti nel tempo
disciplini le fattispecie sottoposte» all’esame del Tribunale rimettente. Al
riguardo, la difesa provinciale si sofferma sull’avvenuta abrogazione dei
censurati commi 6 e 7 dell’art. 107-bis
ad opera della legge prov. n. 4 del 2008 e sottolinea
come risulti insufficiente l’affermazione del giudice a quo secondo cui spetta alla Corte costituzionale valutare se
l’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997, attualmente vigente, debba subire
la stessa sorte delle norme di interpretazione autentica.
Siffatta eccezione di inammissibilità
non può essere accolta.
In proposito, si deve notare come il rimettente sia investito, fra gli
altri, del ricorso (n. 79 del 2008) proposto da E.B.
e M.L., per ottenere
l’annullamento dell’ultima concessione in sanatoria, rilasciata il 17 dicembre
Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa è quindi chiamato, nel
giudizio a quo, a valutare, tra
l’altro, la legittimità di un atto amministrativo – l’ultima concessione
in sanatoria – adottato sulla base delle norme vigenti al momento del rilascio.
In virtù del principio tempus regit actum, la legittimità degli atti amministrativi va
verificata con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al
momento della loro adozione. Pertanto, nello svolgimento del suo sindacato il
rimettente non può che fare applicazione delle censurate norme di interpretazione autentica, vigenti all’epoca in cui
l’atto amministrativo è stato adottato e successivamente abrogate dalla legge
prov. n. 4 del 2008.
Sulla base di queste considerazioni si deve concludere per il rigetto dell’eccezione di
inammissibilità sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano.
4.2. – In secondo luogo,
In proposito, la difesa provinciale afferma che la legge
della Provincia autonoma di Bolzano 2 luglio 2007, n. 3 (Modifiche della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13, recante «legge
urbanistica provinciale») – che ha introdotto i commi 6 e 7 nell’art.
107-bis della legge prov. n. 13 del
1997 – non ha apportato alcuna modifica sostanziale al corpo della stessa legge
prov. n. 13 del 1997, «limitandosi ad un intervento di natura meramente
chiarificatrice, privo di qualsivoglia portata innovativa». La discontinuità
rispetto al dettato originario della legge urbanistica provinciale sarebbe,
piuttosto, derivata dalla legge della Provincia autonoma di Bolzano 31 marzo
2003, n. 5 (Urbanistica), la quale «ha provveduto ad
eliminare la sanzione ripristinatoria […]
mantenendo la sola sanzione pecuniaria per tutti i casi di annullamento di
concessioni edilizie, a prescindere dalla tipologia dell’annullamento medesimo
(giurisdizionale o in autotutela) e dai motivi che sorreggevano (formali o
sostanziali, propri o derivati)».
Innanzitutto, occorre rilevare
come l’eccezione si basi su una errata ricognizione delle norme citate. Infatti la legge prov. n. 5 del 2003, richiamata dalla
resistente, non ha apportato alcuna modifica all’art. 88 della legge prov. n.
13 del 1997. Come si è visto nel paragrafo 3, quest’ultima
disposizione è stata, invece, oggetto di modifica da parte dell’art. 32,
commi 14 e 15, della legge prov. n. 1 del
Ad ogni modo, l’eccezione in esame non merita accoglimento.
Infatti la semplice eliminazione del riferimento alla
restituzione in pristino non implica l’estensione della possibilità di
sanatoria all’ipotesi di vizi sostanziali, ma significa soltanto che tale
sanatoria è subordinata esclusivamente all’impossibilità di rimuovere i vizi
delle procedure.
4.3. –
Anche questa eccezione di
inammissibilità non può essere accolta; in proposito, occorre ribadire che il
rimettente ha sufficientemente illustrato le ragioni per le quali ritiene che
soltanto le norme di interpretazione autentica siano illegittime e non anche le
norme "interpretate” contenute nell’art. 88. D’altronde, le censure sono
focalizzate sul presunto carattere di interpretazione
autentica delle norme di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 107-bis della legge prov. n. 13 del 1997.
4.4. – Infine, secondo la difesa della Provincia autonoma,
l’esame del merito delle questioni sollevate sarebbe precluso dal mancato
esperimento, da parte del giudice a quo,
del tentativo di individuare un’interpretazione della disposizione censurata
che la renda conforme alla Costituzione. Da ciò
discenderebbe la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità
costituzionale prospettate.
Neanche quest’ultima eccezione può essere accolta. Occorre rilevare in
proposito che il significato, assegnato dal legislatore di interpretazione
autentica all’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997, non lascia margini di
dubbio e dunque non consente quell’interpretazione conforme a Costituzione cui
fa riferimento
5. – Nel merito, le questioni sono fondate.
5.1. – Questa Corte ha costantemente affermato che
il legislatore può adottare norme di interpretazione
autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una
disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche «quando la scelta
imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo
originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore»
(sentenza n. 525
del 2000; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 374 del 2002,
n. 26 del 2003,
n. 274 del 2006,
n. 234 del 2007,
n. 170 del 2008,
n. 24 del 2009).
Accanto a tale caratteristica, che vale a
qualificare una norma come effettivamente interpretativa, questa Corte ha
individuato una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi,
«che attengono alla salvaguardia, oltre che dei
principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica
posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i
quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che
ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento […];
la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio
connaturato allo Stato di diritto […]; la coerenza e la certezza
dell’ordinamento giuridico […]; il rispetto delle funzioni costituzionalmente
riservate al potere giudiziario» (sentenza n. 397 del
1994).
5.2. – Il confronto tra le disposizioni censurate ed
i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale – cui s’è fatto cenno
nel paragrafo precedente – porta alla conclusione che le stesse non solo non possono essere ritenute interpretative, nel senso prima
chiarito, ma ledono, con la loro efficacia retroattiva, il canone generale
della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), l’effettività del diritto dei
cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi (art. 24, primo comma, Cost.) e l’integrità delle attribuzioni
costituzionali dell’autorità giudiziaria (art. 102 Cost.).
6. – Con l’introduzione del comma 6 nell’art. 107-bis della legge urbanistica provinciale
la subordinazione della sanatoria, previo pagamento della sanzione pecuniaria,
all’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure, si estende ai vizi
sostanziali, con la conseguenza che rientrano nella previsione anche le ipotesi
di opere realizzate in base a concessioni dichiarate
illegittime per contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti o fondati su
variazioni degli stessi a loro volta dichiarate illegittime e annullate.
L’intervento normativo censurato (e, in particolare, l’introduzione del comma 7
dell’art. 107-bis) ha altresì
ristretto l’area di inapplicabilità dell’art. 88 della
legge prov. n. 13 del 1997 – nel testo modificato dalla legge prov. n. 1 del
2004 – alle sole ipotesi di inedificabilità assoluta
(commi 1, lettere a, b e c,
e 3 dell’art. 27 della legge prov. n. 4 del 1987), escludendo quindi i casi di inedificabilità relativa.
Sia il primo che il secondo degli interventi
normativi sopra indicati, nonostante l’autoqualificazione
di norme interpretative, contengono delle vere e
proprie innovazioni del testo previgente. Difatti,
l’espressione «vizi delle procedure amministrative» non si presta ad una
molteplicità di significati, tale da abbracciare i «vizi sostanziali», che
esprimono invece un concetto ben distinto da quello di vizi procedurali e non
in quest’ultimo potenzialmente contenuto, con la conseguenza di escludere la
sanatoria nelle ipotesi di violazioni diverse da quelle formali-procedurali.
In tal senso è la costante giurisprudenza amministrativa,
formatasi sull’art. 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.
380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia), a sua volta riproduttivo dell’art. 11 della legge 28 febbraio 1985,
n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizia) di contenuto identico
all’art. 88 della legge urbanistica provinciale (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. V,
22 maggio 2006, n. 2960; sez. V, 26 maggio 2003, n. 2849; sez. IV, 14 dicembre
2002, n. 7001).
Di contenuto innovativo è anche la seconda norma
censurata dal rimettente, in quanto la disposizione "interpretata” operava un
rinvio incondizionato all’intero art. 27 della legge prov. n. 4 del 1987 e non
conteneva alcun elemento dal quale si potesse dedurre la possibilità che il
rinvio si riferisse solo ad una parte di esso. La rilevante conseguenza di tale
restringimento è che la sanatoria viene esclusa solo
nei casi di costruzioni sorte in aree gravate da vincoli di inedificabilità
assoluta e non anche in tutti i casi contemplati dalla stessa norma di rinvio.
In definitiva, con le suddette norme
"interpretative”, il legislatore provinciale ha realizzato, con efficacia
retroattiva, rilevanti modifiche dell’ordinamento urbanistico, incidendo in
modo irragionevole sul «legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che
costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenza n. 236 del
2009).
7. – Nel caso da cui promana la
questione oggetto del presente giudizio, la corrente e indiscussa
interpretazione dell’art. 88 della legge prov. n. 13 del 1997 (del tutto
conforme, come si è visto, alla corrispondente normativa statale) aveva dato
origine a plurime pronunce definitive dei giudici amministrativi, di annullamento,
per vizi sostanziali, della prima concessione edilizia e delle successive
concessioni in sanatoria. Mentre erano pendenti sia i ricorsi relativi alle istanze di esecuzione di tali pronunce, sia il
ricorso avverso l’ingiunzione di demolizione emessa dal Commissario ad acta, sono
entrate in vigore le censurate norme di interpretazione autentica, sulla cui
base è stata rilasciata un’ulteriore concessione in sanatoria, anch’essa
impugnata dalle medesime ricorrenti nei precedenti giudizi conclusisi con decisioni
di annullamento.
Si deve rilevare che tali norme "interpretative”
hanno frustrato le legittime aspettative di soggetti
che, basandosi sulla legislazione vigente, mai oggetto di dubbi interpretativi
e di per sé chiara e univoca, avevano chiesto e ottenuto dai giudici
amministrativi, sia in primo grado sia in appello, la tutela delle proprie
situazioni giuridiche, lese dagli atti illegittimi annullati. È irragionevole
che il legislatore provinciale sia intervenuto per rendere retroattivamente
legittimo ciò che era illegittimo, senza che fosse necessario risolvere
oscillazioni giurisprudenziali e senza che il testo delle norme "interpretate”
offrisse alcun appiglio semantico nel senso delle rilevanti modifiche
introdotte. Con ciò facendo, non solo si è leso l’affidamento dei consociati
nella stabilità della disciplina giuridica delle fattispecie, che viene sconvolta dall’ingresso inopinato e immotivato di
norme retroattive che alterano rapporti pregressi, ma si rende inutile e privo
di effettività il diritto dei cittadini di adire i giudici per ottenere la
tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive.
A tale lesione di diritti fondamentali dei cittadini
si aggiunge la violazione dell’art. 102 Cost., perché le norme censurate
incidono negativamente sulle attribuzioni costituzionali dell’autorità
giudiziaria, travolgendo gli effetti di pronunce divenute irrevocabili e
definendo sostanzialmente, con atto legislativo, l’esito di giudizi in corso.
8. – La presente sentenza non incide sulla legge
prov. n. 4 del 2008, che ha abrogato le norme interpretative censurate,
sostituendole con altre di contenuto identico, ma operanti per l’avvenire, in
quanto non applicabili nel giudizio principale, nel quale si controverte su
atti disciplinati dalle suddette norme interpretative, vigenti al momento in
cui furono emanati.
9. – Restano assorbite le ulteriori
censure formulate dal rimettente.
per questi motivi
dichiara inammissibile l’intervento in giudizio del Comune di Naz
Sciaves;
dichiara l’illegittimità costituzionale dei commi 6 e 7 dell’art. 107-bis della legge della Provincia autonoma
di Bolzano 11 agosto 1997, n. 13 (Legge
urbanistica provinciale).
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
7 giugno 2010.
F.to:
Depositata in