SENTENZA N. 151
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Sabino CASSESE Giudice
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536 (Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996), convertito dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell’art. 8 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE – e successive direttive di modifica – relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna nel procedimento vertente tra la Novartis Farma spa e la Regione Emilia-Romagna ed altra, con ordinanza del 30 maggio 2012, iscritta al n. 187 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti gli atti di costituzione della Novartis Farma spa e della Regione Emilia-Romagna, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Carlo Adelchi Piria e Francesca Libanori per la Novartis Farma spa, Rosaria Russo Valentini per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza depositata il 30 maggio 2012 e iscritta al n. 187 del registro ordinanze 2012, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sezione seconda, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536 (Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996), convertito dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell’art. 8 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE – e successive direttive di modifica – relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE), per violazione degli artt. 2, 3, secondo comma, 97, primo comma, e 119, primo e quarto comma, della Costituzione.
2.– L’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996 stabilisce che «Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1° gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. L’onere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30 miliardi per anno, resta a carico del Servizio sanitario nazionale nell’ambito del tetto di spesa programmato per l’assistenza farmaceutica».
L’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006 disciplina la procedura e le condizioni di richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci (AIC). In particolare, la disposizione, nel testo in vigore al momento del promovimento della questione di legittimità costituzionale, stabiliva che «1. Per ottenere una AIC il richiedente presenta una domanda all’AIFA, ad eccezione dei casi disciplinati dal regolamento (CE) n. 726/2004. 2. Una AIC può essere rilasciata esclusivamente a richiedenti stabiliti sul territorio comunitario. 3. La domanda contiene le informazioni e documentazioni sotto elencate le quali sono presentate conformemente all’allegato 1 al presente decreto, di seguito indicato come “allegato tecnico sulla domanda di AIC”: a) nome o ragione sociale e domicilio o sede legale del richiedente e del produttore, se diverso dal primo; in caso di coproduzione, dovranno essere specificate, oltre alle sedi degli stabilimenti, italiani o esteri, le fasi di produzione e di controllo di pertinenza di ciascuno di essi; b) denominazione del medicinale; c) composizione qualitativa e quantitativa del medicinale riferita a tutti i componenti riportati utilizzando la denominazione comune; d) valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l’ambiente. Tale impatto deve essere studiato e devono essere previste, caso per caso, misure specifiche per limitarlo; e) descrizione del metodo di fabbricazione; f) indicazioni terapeutiche, controindicazioni e reazioni avverse; g) posologia, forma farmaceutica, modo e via di somministrazione e durata presunta di stabilità; h) motivi delle misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione del medicinale, per la sua somministrazione ai pazienti e per l’eliminazione dei residui, unitamente all’indicazione dei rischi potenziali che il medicinale presenta per l’ambiente; i) descrizione dei metodi di controllo utilizzati dal produttore; l) risultati: l) delle prove farmaceutiche (chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche); 2) delle prove precliniche (tossicologiche e farmacologiche); 3) delle sperimentazioni cliniche; m) descrizione dettagliata del sistema di farmacovigilanza e, se del caso, del sistema di gestione dei rischi che sarà realizzato dal richiedente; n) una dichiarazione che certifica che tutte le sperimentazioni cliniche eseguite al di fuori dell’Unione europea sono conformi ai requisiti etici contenuti nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211; o) un riassunto delle caratteristiche del prodotto redatto a norma dell’articolo 14, un modello dell’imballaggio esterno, con le indicazioni di cui all’articolo 73, e del confezionamento primario del medicinale, con le indicazioni di cui all’articolo 74, nonché il foglio illustrativo conforme all’articolo 77; p) un idoneo documento dal quale risulta che il produttore ha ottenuto nel proprio Paese l’autorizzazione a produrre medicinali; q) copia di ogni AIC relativa al medicinale in domanda, ottenuta in un altro Stato membro della Comunità europea o in un Paese terzo unitamente all’elenco degli Stati membri della Comunità europea, ove è in corso l’esame di una corrispondente domanda, ed alla copia del riassunto delle caratteristiche del prodotto e del foglio illustrativo, già approvati dallo Stato membro o solo proposti dal richiedente, nonché copia della documentazione dettagliata recante i motivi di eventuali dinieghi dell’autorizzazione, sia nella Comunità europea che in un Paese terzo; r) copia dell’assegnazione al medicinale della qualifica di medicinale orfano a norma del regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani, unitamente a copia del relativo parere dell’EMEA; s) certificazione che il richiedente dispone di un responsabile qualificato per la farmacovigilanza e dei mezzi necessari a segnalare eventuali reazioni avverse, che si sospetta si siano verificate nella Comunità europea o in un Paese terzo. 4. Le informazioni di cui alla lettera q) del comma 3 sono aggiornate ogniqualvolta intervengono modifiche nella documentazione o nelle situazioni di diritto e di fatto richiamate nella lettera medesima. 5. I documenti e le informazioni relativi ai risultati delle prove farmaceutiche e precliniche e delle sperimentazioni cliniche, di cui al comma 3, lettera l), sono accompagnati da riassunti dettagliati ai sensi dell’articolo 15. 6. Le disposizioni del presente articolo e quelle dell’allegato tecnico sulla domanda di AIC possono essere modificate e integrate con decreto del Ministro della salute, in conformità alle direttive e alle raccomandazioni della Comunità europea».
3.– Il collegio rimettente riferisce che la società farmaceutica Novartis Farma spa ha impugnato la deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna n. 1628 del 26 ottobre 2009, e relativi atti presupposti, con cui è stabilito di consentire la temporanea erogabilità del medicinale bevacizumab (“Avastin”) – prodotto dalla società Roche spa e autorizzato per il trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma del colon e del retto metastatico – a carico del Servizio sanitario regionale, nell’ambito delle strutture della Regione Emilia-Romagna, anche per il trattamento di nuovi casi di degenerazione maculare legata all’età (DMLE), previa acquisizione del consenso informato del paziente (cosiddetto uso off label).
La temporanea erogazione del farmaco “Avastin”, il cui uso off label era stato stabilito dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) con determinazione del 23 maggio 2007 per il trattamento delle maculopatie essudative (comprensive della maculopatia correlata all’età) e del glaucoma neovascolare, ma poi gradualmente limitato a un numero sempre più ristretto di indicazioni terapeutiche dalle quali era stato escluso il trattamento di nuovi casi di degenerazione maculare legata all’età (determinazione dell’AIFA del 4 marzo 2009), è stata deliberata dalla Giunta regionale «in base ad un protocollo che ne contempli l’uso “prevalente” rispetto al medicinale (ranibizumab) “Lucentis”», medicinale commercializzato dalla società ricorrente Novartis Farma spa con la specifica autorizzazione, ottenuta nel 2007, per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età.
3.1.– Il collegio rimettente indica, altresì, che, con primi motivi aggiunti di ricorso, la società ricorrente fa valere un’«ulteriore censura con la quale è sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge della Regione Emilia-Romagna 22 dicembre 2009 n. 24, che ha introdotto il comma 3-bis nell’art. 36» della legge regionale 29 dicembre 2006, n. 20 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007 e del bilancio pluriennale 2007-2009), secondo cui «Per il perseguimento delle finalità di cui al presente articolo, la Regione, avvalendosi della Commissione regionale del farmaco, può prevedere, in sede di aggiornamento del Prontuario terapeutico regionale, l’uso di farmaci anche al di fuori delle indicazioni registrate nell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), quando tale estensione consenta, a parità di efficacia e di sicurezza rispetto a farmaci già autorizzati, una significativa riduzione della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale e tuteli la libertà di scelta terapeutica da parte dei professionisti del SSN». Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente censura ulteriormente gli atti impugnati sotto il profilo della ritenuta mancanza di copertura normativa di rango legislativo degli stessi, a seguito della pubblicazione della sentenza n. 8 del 2011, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il citato art. 35 della legge regionale 22 dicembre 2009, n. 24 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l’esercizio finanziario 2010 e del bilancio pluriennale 2010-2012), in accoglimento di un ricorso in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.2.– Il collegio rimettente ritiene «di dovere prendere atto (…) che la Corte costituzionale, con la già citata sentenza n. 8 del 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 della legge regionale Emilia-Romagna 22 dicembre 2009 n. 24 (…)»; tuttavia, «ritiene opportuno focalizzare il proprio esame unicamente sul ricorso principale, con il quale Novartis Farma spa aggredisce direttamente la deliberazione della Giunta Regionale Emilia-Romagna 26 ottobre 2009 n. 1628, lasciando in disparte i due ricorsi aggiuntivi».
Secondo il TAR Emilia-Romagna, «i primi due motivi del ricorso principale dovrebbero essere accolti, non sussistendo, nel vigente ordinamento nazionale, sulla base di quanto dispone l’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, convertito dalla legge n. 648 del 1996, alcun potere delle Regioni di estendere o comunque modificare l’uso “off-label” di un farmaco (…), diversamente dal procedimento di autorizzazione e periodico aggiornamento previsto dalla norma stessa che attribuisce ogni competenza al riguardo alla Commissione unica del farmaco (C.U.F.) e (…) attualmente alla Agenzia Italiana del Farmaco (A.I.F.A.). Nella specie, nemmeno sussiste l’ulteriore requisito della mancanza di altro farmaco costituente “valida alternativa” a quello utilizzabile “off-label”, dal momento che proprio il farmaco “Lucentis”, prodotto dalla ricorrente, è stato autorizzato ufficialmente per la cura della D.M.L.E.».
Inoltre, il collegio rimettente ritiene che la deliberazione regionale contrasterebbe anche con l’art. 8, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 219 del 2006, perché la norma limiterebbe soltanto alle aziende produttrici o distributrici dei farmaci la possibilità di richiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio degli stessi (AIC) e non «alle pubbliche amministrazioni o comunque enti pubblici che perseguono l’interesse pubblico alla salute dei cittadini».
Il Tribunale amministrativo rimettente condivide in parte l’eccezione sollevata dalla resistente Regione Emilia-Romagna, la quale sostiene il contrasto delle dette norme con gli artt. 2, 3, 32, 33, 81, quarto comma e 119 Cost. e altresì «svolge questione pregiudiziale comunitaria ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, relativa all’interpretazione dell’art. 8 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 novembre 2001 e dell’art. 6 del Regolamento 2004/726/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004». Pertanto, il collegio solleva la questione di legittimità costituzionale delle norme sopra indicate dinanzi a questa Corte.
3.3.– In punto di rilevanza, il giudice rimettente osserva che la questione è rilevante «dovendo il gravame essere accolto per l’accertata fondatezza delle prime due censure» presentate dalla società ricorrente.
Relativamente alla non manifesta infondatezza, il TAR Emilia-Romagna afferma che l’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996 e l’art. 8, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 219 del 2006 si porrebbero in contrasto con gli «artt. 2, 3, 97, comma 1 e 119, comma 4 Cost., nella parte in cui ess(i) non prevedono (…) che le Regioni, su cui ricadono concretamente (in quanto a carico del Servizio sanitario regionale) i costi dei farmaci dispensati dal S.S.N., possano, quanto meno, avere potere di iniziativa e partecipazione procedimentale riguardo alla richiamata procedura di autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco per uso “off-label”, che necessariamente deve poi essere istruita e conclusa dalla competente Autorità statale ex art. 117 Cost.».
In particolare, le predette norme violerebbero l’art. 119, primo e quarto comma, Cost., «laddove tali parametri costituzionali prevedono che le regioni abbiano autonomia finanziaria di entrata e di spesa e che le risorse derivanti da tale autonomia di entrata consentano alle stesse di finanziare integralmente le funzioni pubbliche (tra cui quella in materia sanitaria) loro attribuite». Di conseguenza, la Regione non avrebbe modo di esercitare il controllo sulla spesa sanitaria, essendo costretta a sopportare l’alto prezzo dell’unico farmaco autorizzato e senza avere alcuna possibilità di attivarsi per richiedere l’autorizzazione di altro farmaco con riconosciuta e provata pari efficacia rispetto al farmaco ufficiale, «stante l’interessata inerzia della impresa produttrice».
Le disposizioni censurate violerebbero l’art. 119 Cost. anche perché escludono l’autorizzazione del farmaco off label per «la sola esistenza sul mercato di un farmaco autorizzato “on label” di almeno pari efficacia terapeutica, senza attribuire pertanto alcun rilievo, al fine di integrare il concetto di “valida alternativa”, anche al necessario e imprescindibile fattore economico, correlato alla primaria esigenza di controllo della spesa pubblica». A tal riguardo, il rimettente evidenzia che tali norme «sono state introdotte nell’ordinamento proprio allo specifico fine del contenimento della spesa pubblica sanitaria» e si inseriscono in un articolato quadro normativo in materia di uso off label dei farmaci, caratterizzato in particolare dall’art. 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23 (Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 8 aprile 1998, n. 94, sulla facoltà del medico, a determinate condizioni, di prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, «per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell’applicazione dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536», e dall’art. 2, commi 348 e 349, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), che vieta l’esercizio della predetta facoltà del medico «qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda» e riconosce la competenza della Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA di valutare, «oltre ai profili di sicurezza, la presumibile efficacia del medicinale, sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni cliniche già concluse, almeno di fase seconda». Siffatte valutazioni – secondo il giudice rimettente – dovrebbero essere svolte «pur sempre nell’ottica e perseguendo la medesima “ratio” di necessario contenimento della spesa pubblica sanitaria».
Dalla ricostruzione del quadro normativo discenderebbe altresì il contrasto, ad avviso del TAR rimettente, delle norme censurate con l’art. 3, secondo comma, Cost., «in quanto esse risultano ostative, in modo del tutto irragionevole, al perseguimento di quella stessa “ratio” di contenimento della spesa pubblica per l’acquisto di farmaci, in ragione della quale le stesse sono state introdotte nell’ordinamento».
Infine, le disposizioni censurate si porrebbero in contrasto con l’art. 2 Cost., «espressione del principio di solidarietà, che impone allo Stato e alle Regioni e, in generale alle amministrazioni pubbliche, di collaborare lealmente tra loro», e con l’art. 97, primo comma, Cost., in quanto esse si inserirebbero in un quadro normativo in cui non è «consentito che la richiesta di autorizzazione all’uso “off label” di un farmaco (che deve essere esaminata e decisa dalla competente Autorità statale) (…) possa essere presentata anche da quelle stesse amministrazioni regionali sulle quali grava direttamente l’onere economico derivante dall’acquisto dei farmaci che sono a carico del Servizio sanitario nazionale, con conseguente impossibilità di espletamento, mediante la collaborazione tra gli enti pubblici coinvolti, di un’azione amministrativa che, in tale delicato settore della sanità pubblica, possa dirsi efficiente anche perché improntata a rigorosi criteri di controllo della relativa spesa».
4.– Con atto depositato il 14 settembre 2012, la Novartis Farma spa si è costituita in giudizio, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata manifestamente inammissibile e comunque manifestamente infondata.
Con riferimento all’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, la società eccepisce l’inammissibilità della questione. Innanzitutto, ad avviso di Novartis Farma spa, il collegio rimettente si sarebbe limitato ad affermare la rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, senza però considerare che il ricorso stesso avrebbe potuto comunque essere accolto sulla base dei motivi restanti, nonché dei motivi aggiunti, indipendentemente dalla questione di legittimità costituzionale sollevata. Inoltre, secondo la società ricorrente nel giudizio principale, sarebbe «evidente che non incide affatto sulle questioni dibattute nel giudizio a quo l’eventuale sussistenza di un “potere propositivo” delle autorità regionali, essendo il TAR chiamato a decidere se la Giunta regionale abbia legittimamente esercitato un potere deliberativo»; non sarebbe «per nulla imprescindibile per l’accoglimento di un tale petitum la risoluzione della questione di costituzionalità rivolta ad integrare la norma in maniera tale che, in ogni caso, la competenza deliberativa non ne verrebbe alterata».
Anche per quanto attiene all’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006, la questione sarebbe inammissibile, perché la norma riproduce letteralmente i commi 2 e 3 del corrispondente art. 8 della direttiva 6 novembre 2001, n. 2001/83/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano), per cui «ne consegue che una questione di costituzionalità sarebbe ammissibile solo se fosse ipotizzata una violazione di diritti fondamentali»; inoltre, la norma non è tra quelle di cui il collegio rimettente deve fare applicazione, non dovendo giudicare la legittimità di un rigetto di una domanda di autorizzazione di immissione in commercio (AIC) o di estensione di indicazioni terapeutiche presentata dalla Regione, ma di un provvedimento regionale con cui è direttamente stabilita l’estensione delle indicazioni terapeutiche del medicinale off label.
Nel merito, secondo la società Novartis Farma spa, le norme censurate in realtà attribuiscono alla Regione un potere propositivo e partecipativo, tanto che la Regione Emilia-Romagna aveva già «proposto all’AIFA l’inserimento nella lista dei medicinali erogabili “off label” quello oggetto del giudizio a quo, e si (era) vista rigettare l’istanza (rigetto che non risulta neppure impugnato) non per difetto di legittimazione a proporla, ma per ragioni molto sostanziali di legittimità e merito (…)». Peraltro, l’AIFA – come riporta la società – sarebbe governata da un Consiglio di amministrazione composto per metà da membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, in rappresentanza degli enti territoriali.
5.– Con atto depositato l’11 ottobre 2012, la Regione Emilia-Romagna si è costituita in giudizio, chiedendo che la questione sia accolta «per le ragioni che saranno argomentate con separata memoria nel corso del giudizio».
6.– In data 16 ottobre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto in giudizio, chiedendo il rigetto della questione di legittimità costituzionale sollevata.
La difesa dello Stato osserva, in primo luogo, che le norme censurate, lette in modo complessivo, stabiliscono che «un farmaco non può essere prescritto a carico della sanità pubblica se non per le patologie per le quali è stato riconosciuto efficace e sicuro, e quindi autorizzato dalle agenzie regolatrici (AIFA per l’Italia)». Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda, a tal riguardo, come con sentenza n. 8 del 2011 la Corte abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 24 del 2009, per violazione dall’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui prevedeva che la Regione potesse stabilire l’uso di farmaci off label, perché individuava condizioni diverse rispetto a quelle stabilite dal legislatore per l’uso dei farmaci al di fuori delle indicazioni registrate nell’autorizzazione di immissione in commercio (AIC). Anche le sentenze n. 185 del 1998 e n. 282 del 2002 di questa Corte, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, riconoscerebbero in capo soltanto al legislatore statale – e ultrastatale – il potere di formulare le predette valutazioni.
In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che l’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006 deve essere interpretato in modo estensivo, posto che l’espressione «richiedente», utilizzata dalla norma in relazione alla richiesta dell’autorizzazione di immissione in commercio (AIC), può essere riferita anche a un soggetto diverso dal produttore del farmaco per il quale deve essere presentata la richiesta, ivi incluse le Regioni interessate. Di conseguenza, il collegio rimettente non avrebbe interpretato correttamente la disposizione in esame.
7.– Il 14 e 18 marzo 2014, la Regione Emilia-Romagna ha depositato nella cancelleria di questa Corte alcuni documenti prodotti nell’ambito del giudizio principale, corrispondenti alla deliberazione relativa alla costituzione in giudizio della Giunta regionale, alle copie degli atti istruttori e del provvedimento finale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel procedimento n. 1760 avviato in data 6 febbraio 2013 nei confronti delle società Novartis AG, F. Hoffman–La Roche Ltd., Genentech Inc., Novartis Farma spa, Roche spa, per l’accertamento di violazioni dell’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (intese anticoncorrenziali), nonché agli atti consequenziali depositati dalla Regione nel processo principale.
Dalla documentazione depositata risulta che il procedimento svoltosi presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato si è concluso con l’irrogazione di rilevanti sanzioni nei confronti di F. Hoffman–La Roche Ltd., Roche spa, Novartis AG e Novartis Farma spa (provvedimento adottato in data 27 febbraio 2014 e notificato in data 5 marzo 2014). L’Autorità ha dichiarato che le predette società hanno posto in essere un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 101 del TFUE., a favore del commercio del farmaco “Lucentis” e a discapito del commercio di “Avastin”, avendo le società concordato «le rispettive politiche di offerta per limitare quella del prodotto meno costoso, in una logica di ripartizione di mercati» (paragrafo 238). Questa intesa avrebbe altresì «reso particolarmente difficoltoso l’accesso alle cure per i malati di patologie della vista gravi e diffuse, avendo prodotto sicuri effetti sul bilancio economico del sistema sanitario nel suo complesso» (paragrafo 238).
8.– In data 14 aprile 2014, la società Novartis Farma spa ha depositato una memoria, con cui sono ribadite le argomentazioni indicate nella memoria di costituzione, insistendo sulla circostanza per cui «il Tribunale bolognese ha sostanzialmente tentato di riproporre, in altra veste, la stessa questione di legittimità costituzionale risolta con la sentenza n. 8/2011».
9.– In data 15 aprile 2014, la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria, insistendo per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata.
In punto di rilevanza, la Regione sostiene che la deliberazione regionale – oggetto di impugnazione nel processo principale e la cui efficacia è stata sospesa con decorrenza dal 12 marzo 2012 a seguito dell’adozione della deliberazione regionale n. 186 del 20 febbraio 2012 – era stata adottata al fine del contenimento della spesa farmaceutica regionale, nel rispetto dei limiti indicati da norme nazionali e nell’esercizio dell’autonomia finanziaria della Regione, rispetto alla quale contrasterebbe l’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, che non ammette la possibilità per le Regioni «di intervenire attivamente mediante un’autonoma richiesta all’AIFA di utilizzo “off label” di un farmaco»; al riguardo, la Regione insiste altresì sulla necessità di interpretare il limite della «valida alternativa terapeutica» anche con riferimento all’«aspetto economico nell’uso di un farmaco sovrapponibile», tenuto conto che «tra Avastin e Lucentis per il trattamento della DMLE, esistono anche studi comparativi internazionali e indipendenti, i cui risultati sono stati validati da EMA (…), che ne hanno accertato la sovrapponibilità, sia in termini di efficacia che in termini di sicurezza» e stante l’ulteriore riconoscimento avvenuto da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità che ha inserito il “bevacizumab” per la cura della predetta patologia nel «18th WHO Model List of Essential Medicines (April 2013)».
La Regione poi sostiene che i commi 4-bis e 4-ter, introdotti dall’art. 3 del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79, nel citato art. 1 del d.l. n. 536 del 1996 e contenenti previsioni dirette a favorire l’impiego dei medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale, non inciderebbero sull’oggetto della questione.
Nel merito, la Regione aggiunge che la sentenza n. 8 del 2011 non rileverebbe ai fini della decisione della presente questione di legittimità costituzionale, perché la Corte in quella sede si sarebbe limitata a valutare l’illegittimità della norma regionale, ma non avrebbe, invece, valutato l’illegittimità della norma statale (art. 1, comma 4, d.l. n. 536 del 1996), che era stata considerata soltanto come parametro interposto al fine di accertare l’invasione da parte della Regione della sfera di competenza statale in materia di erogazione dei farmaci off label.
Infine, la Regione sostiene l’impossibilità per la stessa, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006, di presentare richiesta di autorizzazione di immissione al commercio dei medicinali (AIC), non potendo rientrare nell’ambito soggettivo di applicazione della norma, che farebbe riferimento a soggetti in grado di realizzare lo «sfruttamento commerciale di un farmaco».
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza depositata il 30 maggio 2012 e iscritta al n. 187 del registro ordinanze 2012, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sezione seconda, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536 (Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996), convertito dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell’art. 8 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE – e successive direttive di modifica – relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE), per violazione degli artt. 2, 3, secondo comma, 97, primo comma, e 119, primo e quarto comma, della Costituzione.
Le disposizioni impugnate riguardano, rispettivamente, l’erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale (d’ora in avanti SSN) dei medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata – cosiddetti farmaci off label – (art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996) e la disciplina dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci (art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006). Esse, ad avviso del collegio rimettente, lederebbero l’autonomia finanziaria regionale di cui all’art. 119 Cost., nonché i principi di ragionevolezza, solidarietà e buon andamento della pubblica amministrazione nella parte in cui, in particolare: a) «non prevedono (…) che le Regioni, su cui ricadono concretamente (in quanto a carico del Servizio sanitario regionale) i costi dei farmaci dispensati dal S.S.N., possano, quanto meno, avere potere di iniziativa e partecipazione procedimentale riguardo alla richiamata procedura di autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco per uso “off-label”, che necessariamente deve poi essere istruita e conclusa dalla competente Autorità statale ex art. 117 Cost.»; b) «prevedono che costituisca “valida alternativa” al farmaco straordinariamente autorizzato “off-label” (…) la sola esistenza sul mercato di un farmaco autorizzato “on-label” di almeno pari efficacia terapeutica, senza attribuire pertanto alcun rilievo, al fine di integrare il concetto di “valida alternativa”, anche al necessario e imprescindibile fattore economico, correlato alla primaria esigenza di controllo della spesa pubblica».
Ad avviso del collegio rimettente, la questione sarebbe rilevante «dovendo il gravame essere accolto per l’accertata fondatezza delle prime due censure» presentate dalla società ricorrente nel giudizio principale e relative al contrasto tra la deliberazione regionale impugnata e l’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996.
2.– In via preliminare, deve essere precisato che, dopo la proposizione del ricorso, l’art. 3 del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79, ha inserito i commi 4-bis e 4-ter all’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, introducendo alcune disposizioni dirette a favorire l’impiego dei medicinali meno onerosi da parte del SSN.
Tale ius superveniens non può trovare applicazione nel giudizio principale, atteso che, secondo il principio tempus regit actum, il giudice rimettente è tenuto a valutare la legittimità del provvedimento impugnato «con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione» (ex plurimis, sentenze n. 90 del 2013 e n. 177 del 2012). Non sussistono i presupposti, dunque, per una restituzione degli atti al giudice rimettente, ai fini di una nuova valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione sollevata.
3.– La questione è inammissibile.
3.1.– Deve innanzitutto rilevarsi che l’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006 disciplina la procedura e i contenuti della domanda di autorizzazione di immissione in commercio dei farmaci (d’ora in avanti AIC). Il richiedente, ai sensi di questa disposizione, deve presentare all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) una apposita domanda per ottenere che un farmaco possa essere commercializzato per specifiche indicazioni terapeutiche (cosiddetto uso on label). La norma, dunque, non riguarda l’erogazione dei farmaci off label, perché quest’ultima corrisponde, invece, all’uso del farmaco – a carico del SSN – per indicazioni terapeutiche diverse da quelle indicate nell’AIC e, dunque, non autorizzate secondo la procedura regolata dal citato art. 8.
La deliberazione regionale impugnata nel giudizio principale, disponendo l’erogabilità del medicinale “Avastin” a carico del Servizio sanitario regionale per indicazioni terapeutiche diverse da quelle autorizzate e previste nell’AIC di questo farmaco, non ricade nell’ambito di applicazione della disposizione censurata, che quindi non può trovare diretta applicazione nel giudizio principale. Lo stesso rimettente, inoltre, «rileva che i primi due motivi del ricorso principale dovrebbero essere accolti, non sussistendo, nel vigente ordinamento nazionale, sulla base di quanto dispone l’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, convertito dalla legge n. 648 del 1996, alcun potere delle Regioni di estendere o comunque modificare l’uso “off-label” di un farmaco (…)», senza quindi rilevare a tal fine la violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006, a cui i primi due motivi presentati dalla società ricorrente non fanno, del resto, riferimento.
Ne discende che la questione, nella parte in cui è riferita all’art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006, è senz’altro inammissibile per difetto di rilevanza (da ultimo, sentenze n. 98 e n. 93 del 2014).
3.2.– La questione è peraltro inammissibile anche se circoscritta al solo art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, che pure effettivamente disciplina l’erogazione a carico del SSN dei medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata – cosiddetti farmaci off label. Tale disposizione, introdotta ai fini del «contenimento della spesa farmaceutica», prevede che «Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1° gennaio 1997, (…) i medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. (…)».
Ad avviso del collegio rimettente, la norma sarebbe costituzionalmente illegittima per due motivi: in primo luogo, le Regioni, su cui ricadono concretamente (in quanto a carico del Servizio sanitario regionale) i costi dei farmaci dispensati dal SSN, non avrebbero potere di iniziativa e partecipazione nella procedura regolata dalla norma statale; in secondo luogo, la non sussistenza di una «valida alternativa terapeutica» farebbe riferimento alla inesistenza sul mercato di un farmaco autorizzato on label di almeno pari efficacia terapeutica, «senza attribuire alcun rilievo anche al necessario e imprescindibile fattore economico, correlato alla primaria esigenza di controllo della spesa pubblica».
Ora, il giudizio principale riguarda l’impugnazione di una deliberazione adottata dalla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna in data 26 ottobre 2009, con cui la Regione ha deciso di consentire la temporanea erogabilità del medicinale “Avastin” a carico del Servizio sanitario regionale nell’ambito delle strutture della Regione Emilia-Romagna, anche per il trattamento di nuovi casi di maculopatia correlata all’età (DMLE), previa acquisizione del consenso informato del paziente. Si tratta, quindi, di una ipotesi diversa da quella della procedura, avviata più volte dalla Regione Emilia-Romagna sia in data 30 marzo 2009, sia in data 1° giugno 2011 – come risulta dai testi delle delibere della Giunta regionale, rispettivamente, n. 1628 del 2009 e n. 186 del 2012 –, per la richiesta all’AIFA di una nuova valutazione «relativa all’inclusione di bevacizumab (Avastin) nell’elenco della legge n. 648/96 per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età». Ai sensi del censurato art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, la Commissione unica del farmaco – a cui è succeduta l’AIFA con decreto del Ministro della salute 20 settembre 2004, n. 245 (Regolamento recante norme sull’organizzazione ed il funzionamento dell’Agenzia Italiana del Farmaco, a norma dell’articolo 48, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326), secondo quanto stabilito dall’art. 48, comma 14, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326 – predispone e aggiorna periodicamente il citato elenco (cosiddetta “Lista 648”) «conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa». Con la deliberazione 20 luglio 2000 (Istituzione dell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648), la Commissione ha quindi chiarito che l’inserimento dei medicinali off label nella lista avviene su iniziativa della stessa Commissione «oppure su proposta di associazioni di malati, società scientifiche, aziende sanitarie, università, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico» (art. 2, comma 1): in altri termini, su iniziativa di soggetti interessati all’adozione del provvedimento finale, a cui la legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), riconosce la garanzia della partecipazione, tra i quali va inclusa, di conseguenza, la Regione.
Alla Commissione, oggi AIFA, spetta decidere sulle proposte di inserimento dei farmaci off label nella lista, sulla base di un apposito parere della Commissione consultiva tecnico scientifica (art. 2, comma 2), con un «provvedimento di inserimento» (art. 5, comma 1), che autorizza l’erogazione del farmaco a carico del SSN per indicazioni terapeutiche diverse da quelle riportate nell’AIC, senza che questo, comunque, possa costituire una dispensa dalla richiesta di AIC in relazione a siffatte indicazioni terapeutiche, per le quali può essere sempre, infatti, presentata domanda ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 219 del 2006. Il «provvedimento di inserimento» deve tenere conto della non sussistenza di «una valida alternativa terapeutica», secondo quanto stabilito dall’art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, ciò che richiede la ricognizione da parte dell’Agenzia delle evidenze cliniche riconosciute dalla comunità scientifica a livello nazionale e internazionale, nonché la valutazione dei dati relativi alla spesa farmaceutica dei medicinali da inserire nell’elenco, dati che devono essere comunicati – come già previsto dalla citata delibera della Commissione unica del farmaco, alla quale è succeduta l’AIFA – dalle strutture interessate ai competenti assessorati alla sanità che, a loro volta, devono trasmettere i dati stessi all’Agenzia (art. 6, comma 1, della deliberazione del 20 luglio 2000), attraverso la compilazione di una apposita «scheda rilevazione spesa medicinali erogabili ai sensi della legge n. 648/96», allegata alla citata delibera (modulo A della deliberazione del 20 luglio 2000). La mancata ricezione dei dati da parte dell’Agenzia comporta, infatti, «una rivalutazione dell’opportunità di mantenere il relativo medicinale nell’elenco» (art. 6, comma 2, della medesima deliberazione).
Il criterio della “valida alternativa” presuppone, dunque, la comparazione da parte dell’Agenzia dei farmaci “equivalenti” sotto il profilo sia medico-scientifico, sia economico, atteso che un farmaco alternativo da un punto di vista medico-scientifico potrebbe non essere una «valida alternativa terapeutica» quando non garantisca – dal punto di vista economico-finanziario – una sua efficiente utilizzazione a carico del SSN in termini di rapporto numerico tra dosi acquistabili del farmaco e pazienti curabili, così realizzando condizioni economicamente non accettabili e discriminatorie tali da limitare l’accesso alle cure e, dunque, ledere la tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantita. Lo stesso può dirsi nell’ipotesi inversa.
Nella questione all’esame di questa Corte, tuttavia, il collegio rimettente non è chiamato a valutare nel giudizio principale la legittimità di un provvedimento con cui l’Agenzia abbia eventualmente negato la legittimazione della Regione a presentare proposta di inserimento del farmaco off label nella lista, o rigettato la proposta stessa in mancanza della valutazione dei dati relativi alla spesa farmaceutica, o ancora abbia escluso il farmaco dalla lista, atti che, ricorrendone le condizioni, la Regione avrebbe potuto comunque impugnare. Il giudizio principale riguarda, invece, una deliberazione regionale con cui la Regione Emilia-Romagna ha direttamente disposto la temporanea erogabilità del medicinale “Avastin” a carico del Servizio sanitario regionale, esercitando un potere decisionale fondato su una disposizione regionale che questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittima con sentenza n. 8 del 2011. Ai fini del sindacato di legittimità della deliberazione regionale impugnata nel giudizio principale non rileva, dunque, l’eventuale accoglimento delle censure formulate dal collegio rimettente, dal momento che con questo atto la Regione non ha esercitato il predetto potere di iniziativa o di partecipazione procedimentale, ma un potere decisionale. La legge attribuisce il potere di decisione all’AIFA e questa, nel caso di specie, avrebbe dovuto da tempo esercitarlo secondo le descritte modalità. La Regione invece, anche in caso di accoglimento della questione sollevata, non avrebbe tale potere.
Da ciò discende il difetto di rilevanza della questione, con sua conseguente inammissibilità.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536 (Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996), convertito dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell’art. 8 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE – e successive direttive di modifica – relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, secondo comma, 97, primo comma, e 119, primo e quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sezione seconda, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2014.