SENTENZA N. 102
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo
Maria NAPOLITANO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell’articolo 14 della legge della Regione Lombardia 27 febbraio 2007, n. 5
(Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di
modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2007), nella formulazione risultante a
seguito delle modifiche introdotte, in sequenza, dall’art. 1, comma 8, lettera
a), della legge della Regione Lombardia del 31 marzo 2008, n. 5 (Interventi
normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione
di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale
2008), dall’art. 4 della legge della Regione Lombardia del 23 dicembre 2008, n.
33, recante «Disposizioni per l’attuazione del documento di programmazione
economico-finanziaria regionale, a sensi dell’articolo 9-ter della legge
regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulla procedura della programmazione, sul
bilancio e sulla contabilità della Regione – Collegato 2009)», e dall’art. 23
della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi
per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di
disposizioni legislative – Collegato ordinamentale
2010), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia,
sezione staccata di Brescia, nel procedimento vertente tra Elleci
Costruzioni S.r.l. e il Comune di Montichiari ed altre, con ordinanza del 9
marzo 2011 iscritta al n. 231 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno
2011.
Visto l’atto di
costituzione della Regione Lombardia
udito nell’udienza
pubblica del 26 marzo 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
udito l’avvocato
Beniamino Caravita di Toritto
per la Regione Lombardia.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 9 marzo 2011,
notificata il successivo 15 settembre, il Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, pronunciandosi sul ricorso n.
837 del 2008 – proposto da Elleci Costruzioni s.r.l.
contro il Comune di Montichiari, la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia
– ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41, 42, 97 e 117, terzo comma,
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14
della legge della Regione Lombardia 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi
normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e
integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale
2007), nella formulazione risultante a seguito delle modifiche introdotte, in
sequenza, dall’art. 1, comma 8, lettera a), della legge della Regione Lombardia
31 marzo 2008, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione
regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2008), dall’art. 4 della legge della Regione
Lombardia 23 dicembre 2008, n. 33, recante «Disposizioni per l’attuazione del
documento di programmazione economico-finanziaria regionale, a sensi
dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulla
procedura della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione
– Collegato 2009)», e dall’art. 23 della legge della Regione Lombardia 5
febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione
regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010).
1.1.– Il TAR premette che l’art. 14,
rubricato «Disposizioni di salvaguardia per l’aeroporto di Montichiari», al
momento della presentazione del ricorso, al primo comma, stabiliva che: «Al
fine di non compromettere il potenziamento dell’aeroporto di Montichiari,
secondo quanto previsto dagli strumenti della programmazione regionale, fino
all’entrata in vigore del relativo Piano regionale d’area ai sensi
dell’articolo 20 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il
governo del territorio), e comunque non oltre quindici mesi dall’entrata in
vigore della presente disposizione, si applicano le disposizioni di
salvaguardia di cui al presente articolo».
Con l’art. 1, comma 8, lettera a), della
legge reg. n. 5 del 2008 – prosegue il rimettente – la norma veniva prorogata
sino al 31 dicembre 2008; inoltre, in corso di causa, sopravvenivano ulteriori
proroghe del termine di scadenza della misura di salvaguardia, precisamente: a)
con l’art. 4 della legge reg. n. 33 del 2008, il termine del 31 dicembre 2008
veniva protratto al 30 giugno 2010; b) con l’art. 23 della legge reg. n. 7 del
2010, il termine veniva ulteriormente prorogato al 30 giugno 2011.
1.1.1.– Il rimettente, quindi, dopo aver
respinto, con separata sentenza, quattro dei cinque motivi di ricorso avanzati
dalla ricorrente società Elleci Costruzioni s.r.l.
(che, peraltro, ha anche avanzato richiesta di risarcimento del danno in forma
specifica, con riserva di agire per eventuali, ulteriori, danni), ha condiviso
la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge
reg. n. 5 del 2007, sollevata in relazione agli artt. 3, 41, 42, 97 e 117,
terzo comma, Cost.
1.1.2.– La norma impugnata – prosegue il
rimettente – al comma 2, prevede, quindi, il divieto di «ogni intervento di
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ad eccezione dei
seguenti interventi relativi a edifici esistenti:
a) manutenzione ordinaria e
straordinaria;
b) restauro e risanamento conservativo;
c) ristrutturazione edilizia non
comportante cambio di destinazione d’uso in senso residenziale;
c-bis) ampliamenti previsti negli
strumenti urbanistici vigenti, non comportanti cambio di destinazione d’uso,
sino ad un massimo del 20 per cento della superficie lorda di pavimento (SLP)
per le attività produttive, e sino ad un massimo del 10 per cento della
superficie lorda di pavimento (SLP) per la funzione residenziale, senza
possibilità di incremento delle unità immobiliari».
Ai commi seguenti vengono, poi,
individuate le tipologie di interventi che sono permessi, i quali riguardano
sia quelli manutentivi o conservati di edifici già esistenti, sia quelli
connessi allo svolgimento delle attività aeroportuali (tra i quali, quindi, non
rientra quello richiesto dalla società ricorrente nel giudizio a quo).
La norma in esame, dunque, vieta, in via
di salvaguardia, l’intervento richiesto dall’odierna ricorrente (nuova
edificazione) per una durata temporale già superiore ai quattro anni
(considerando l’attuale scadenza al 30 giugno 2011), essendo intervenuta nel
febbraio 2007.
Essa, prosegue il TAR rimettente, va ad
affiancare quella disposta in via amministrativa dall’art. 100 del Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP), approvato il 21 aprile 2004,
che imponeva la salvaguardia per tre anni («fino all’approvazione del Piano
Territoriale d’Area per l’aeroporto G. D’Annunzio o di specifici Accordi di
programma, e comunque non oltre tre anni dall’approvazione del PTCP l’attività
edificatoria è ammessa limitatamente agli interventi di manutenzione, restauro
e ristrutturazione edilizia degli edifici esistenti senza mutamenti di
destinazione d’uso a scopo residenziale»).
In pratica, conclude il TAR «si è
disposto un congelamento di aree, come quella in questione, classificate come
edificabili dal PRG, per una durata superiore ai 7 anni».
1.2.– Relativamente alla censura di
illegittimità costituzionale avanzata dalla società Elleci
Costruzioni s.r.l., ricorrente nel giudizio a quo, già sopra riportata, il TAR
ne riassume i termini articolandoli come di seguito specificati.
Anzitutto, l’art. 14 della legge reg. n.
5 del 2007 violerebbe l’art. 3 Cost., poiché lo stesso instaurerebbe una
irragionevole disparità di trattamento tra i proprietari delle aree comprese
nell’ambito interessato dal futuro piano d’area aeroportuale (il quadrilatero
descritto dall’art. 100 del PTCP) e gli altri proprietari dello stesso Comune.
La denunciata disposizione sarebbe violativa anche dell’art. 41 Cost., in quanto, essendo
stato più volte reiterato, dal legislatore regionale, il regime di salvaguardia
ivi previsto, si sarebbe ingenerata un’assoluta incertezza sul destino delle
aree assoggettate allo stesso in assenza di un piano adottato, determinando una
situazione che avrebbe impedito di operare qualsiasi investimento nell’area in
questione, penalizzando, in tal modo, le piccole imprese del settore delle
costruzioni quali la società ricorrente.
Inoltre – prosegue il rimettente – la
disposizione impugnata, per la ricorrente, si porrebbe in contrasto anche con
l’art. 42 Cost., poiché i proprietari delle aree edificabili comprese nella
zona non avrebbero avuto la possibilità di realizzare nuove costruzioni (pur se
coerenti con gli strumenti urbanistici vigenti); con la conseguenza, quindi,
che si sarebbero trovati nella impossibilità «di commercializzare gli immobili
in questione ovvero di programmarne il futuro utilizzo a causa dell’assoluta
incertezza in ordine a quando il piano d’area sarà approvato e quali potrebbero
essere i contenuti dello stesso». A ciò, sempre secondo la società ricorrente,
si aggiungerebbe un sostanziale svuotamento del diritto reale, svuotamento
determinato dall’assenza di previsione di qualsivoglia indennizzo da parte del
legislatore regionale, e questo non al fine di perseguire l’interesse pubblico
quanto per avallare l’inerzia dell’amministrazione che, ancora alla data di
proposizione del ricorso, non aveva provveduto all’adozione del piano d’area.
La norma in esame, poi, violerebbe anche
l’art. 97 Cost, in quanto la stessa sarebbe
ascrivibile nella categoria delle leggi-provvedimento, cioè nella categoria di
«atti formalmente legislativi destinati a tenere luogo del provvedimento
amministrativo in quanto dispongono in concreto su casi e rapporti specifici»
(al proposito si ricorda la sentenza della
Corte costituzionale n. 314 del 2007).
Infine, la ricorrente nel giudizio a quo
– conclude il rimettente – avrebbe ritenuto la norma regionale in oggetto violativa anche dell’art. 117 Cost., poiché con essa il
legislatore regionale della Lombardia, eccedendo dall’ambito della potestà
legislativa regionale, avrebbe invaso la potestà legislativa concorrente dello
Stato, in quanto, in tema di misure di salvaguardia (rientranti nell’ambito
della materia governo del territorio e quindi di legislazione concorrente), la
Regione può dettare «norme specifiche solo all’interno dei limiti posti dalla
legge statale e nel rispetto dei principi posti dallo Stato, mentre la norma in
questione […] ha provveduto non solo a superare il limite massimo di 5 [anni],
ma addirittura ha imposto le misure di salvaguardia senza che sia neppure
intervenuta l’adozione del piano territoriale d’area».
1.2.1.– Tutto ciò premesso, il
rimettente ritiene la sollevata questione di legittimità costituzionale
rilevante e non manifestamente infondata per i seguenti motivi.
1.3.– In punto di rilevanza, il TAR
ritiene che la misura di salvaguardia invocata dal Comune non derivi da
strumenti urbanistici (dato che l’art. 100 PTCP, espressamente richiamato,
all’art. 52, dal piano regionale di governo [PRG], ha cessato di avere
efficacia alla data del 21 aprile 2007), bensì esclusivamente dall’art. 14
della legge regionale n. 5 del 2007 e successive modificazioni, che ne hanno
prorogato l’efficacia.
Pertanto, solo nel caso in cui la
disposizione impugnata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima il
regime di salvaguardia non sarebbe applicabile al caso di specie e, di
conseguenza, il permesso di costruire potrebbe essere rilasciato, posto che la
destinazione dell’area di proprietà della ricorrente – all’atto di proposizione
della domanda e di assunzione del diniego – era B2 «residenziale di
completamento semintensivo».
1.4.– La proposta questione di
costituzionalità, inoltre, secondo il TAR, non risulta manifestamente
infondata.
1.4.1.– In proposito, il rimettente
rileva che la norma censurata vieta, in via di salvaguardia, l’intervento di
nuova edificazione richiesto dalla società Elleci
costruzioni per una durata temporale (considerando l’attuale scadenza del 30
giugno 2011), già superiore ai quattro anni (essendo la norma censurata
intervenuta nel febbraio 2007).
In via di fatto, il rimettente
ribadisce, altresì, che tale salvaguardia legislativa viene a cumularsi con
quella precedentemente disposta in via amministrativa dall’art. 100 del PTCP
(approvato il 21aprile 2004), che imponeva la salvaguardia per tre anni in
quest’area e, quindi, impediva qualsiasi intervento di nuova edificazione, con
la conseguenza che viene disposto, in sostanza, – prima con un provvedimento
amministrativo e poi con una legge-provvedimento – un congelamento di aree,
come quella in questione, classificate come edificabili dal PRG, per una durata
superiore ai sette anni.
Da qui, secondo il rimettente, la
fondatezza del dubbio di legittimità costituzionale di una norma regionale che
«ha legificato il termine di salvaguardia
protraendolo ben oltre i tre anni», in contrasto sia con la norma nazionale
(art. 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia – Testo A»), sia con la stessa normativa regionale (art. 36
della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, recante «Legge per il
Governo del territorio»).
Le misure di salvaguardia – prosegue il
rimettente – perseguono la finalità di impedire quei cambiamenti degli assetti
urbanistici ed edilizi, che potrebbero contrastare con le nuove previsioni pianificatorie, ai sensi sia dell’art. 36 della legge reg.
n. 12 del 2005 sia dell’art. 12, comma 3, del d.P.R.
n. 380 del 2001, i quali, entrambi, stabiliscono che, «in caso di contrasto
dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le
previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in
ordine alla domanda».
Da qui, il dubbio di legittimità
costituzionale della norma regionale in oggetto, «in relazione ai parametri
costituzionali invocati dalla ricorrente e sopra riportati».
Tale disposizione, difatti, non
sembrerebbe una misura di salvaguardia che comporta la semplice sospensione
dell’esame della domanda edificatoria, ma si caratterizzerebbe per alcuni
contenuti peculiari che la differenzierebbero dalle ordinarie misure di
salvaguardia (ad esempio, la previsione di un divieto di realizzazione in luogo
di una mera sospensione della decisione in ordine al rilascio dei permessi edificatori;
la mancata correlazione all’intervenuta adozione di un piano urbanistico; la
durata dilatata nel corso degli anni per effetto di proroghe disposte con leggi
regionali).
1.4.2.– Per quanto concerne l’art. 117,
terzo comma, Cost., il giudice a quo richiama la sentenza n. 2 del 7 aprile del
2008 del Consiglio di Stato, resa in Adunanza plenaria.
Al riguardo – pur sottolineando che essa
non può essere applicata al caso di specie per la differenza sostanziale della
fattispecie ivi risolta – lo stesso rimettente sottolinea come il Consiglio di
Stato affermi che il d.P.R. n. 380 del 2001, in
relazione a quanto disposto dall’art. 1, comma 1, nonché dai commi 1 e 3
dell’art. 2 del medesimo (e conseguentemente, anche dallo stesso art. 12),
costituisca disciplina recante i principi fondamentali e generali in materia di
attività edilizia, ai quali il legislatore regionale deve attenersi.
Il rimettente puntualizza, inoltre, come
il Consiglio di Stato affermi nella suddetta sentenza il principio secondo cui le
amministrazioni debbono definire in tempi congrui l’iter procedimentale
conseguente all’adozione degli strumenti urbanistici generali con il tempestivo
invio agli organi deputati alla loro approvazione.
Il Tar per la Lombardia, al proposito,
ricorda le sentenze n. 282 del 2002
e n. 343 del
2005, con le quali la Corte costituzionale ha affermato la valenza di norme
di principio statali anche con riguardo ad atti normativi anteriori alla
riforma del titolo V della Costituzione.
In particolare, il Tribunale afferma
che, con la seconda delle due decisioni riportate, la Corte costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di due norme della Regione Marche del
5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto
del territorio), perché il legislatore regionale non aveva osservato i principi
fondamentali posti dall’art. 24 della legge del 28 febbraio 1985, n. 47.
1.4.3.– Quindi, relativamente alla
violazione dell’art. 97 Cost. da parte della norma impugnata, il rimettente TAR
osserva come nel caso di specie ci si trovi di fronte ad una
legge-provvedimento, ovvero ad una disposizione che «incide su un numero
determinato e molto limitato di destinatari ed ha contenuto particolare e
concreto» (sent.
n. 267 del 2007).
Orbene, osserva il rimettente, se è vero
che, in base alla consolidata giurisprudenza costituzionale, non sussiste «un
divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto, ossia di
leggi-provvedimento (sent. n. 267 del
2007, n. 347
del 1995), è vero, altresì, che esse debbono essere sottoposte ad uno
scrutinio stretto di costituzionalità (sono citate le sentenze n. 429 del 2002
e n. 364 del
1999, nonché le sentenze n. 153 e n. 2 del 1997),
tanto più se a contenuto derogatorio (sono citate le sentenze n. 185 del 1998
e n. 53 del 1997),
«essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non
irragionevolezza della scelta del legislatore» (sentenza n. 137 del
2009).
Significativa al riguardo è, secondo il
TAR per la Lombardia, la recente sentenza n. 271 del
2008 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di una legge
regionale della Liguria, avente natura di legge-provvedimento, per contrasto e
violazione della competenza legislativa dello Stato.
Il rimettente chiede, quindi,
relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della
legge della Regione Lombardia n. 5 del 2007, una declaratoria di illegittimità
costituzionale della medesima apparendo la stessa rilevante e non
manifestamente infondata, alla luce delle precedenti considerazioni svolte.
2.– In data 29 novembre 2011, nel
giudizio davanti alla Corte, si è costituita la Regione Lombardia, in persona
del Presidente pro tempore della Giunta, chiedendo una declaratoria di
inammissibilità e, in via subordinata, di manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge reg. n. 5 del
2007 e successive modificazioni che ne hanno prorogato l’efficacia,
attualmente, al 31 dicembre 2011.
2.1.– Al riguardo, la difesa regionale –
dopo aver riportato il testo della disposizione impugnata, precisando le
finalità della stessa e sottolineando che al momento del deposito
dell’ordinanza di rimessione (9 marzo 2011) la disposizione di salvaguardia in
essa contenuta era limitata al 30 giugno 2011, termine che era stato poi
prorogato al 31 dicembre 2011 dall’art. 13, comma 1, lettera a), della legge
reg. n. 3 del 2011 – riassume il contenuto dell’ordinanza di rimessione.
In particolare, si sottolinea che,
relativamente alla violazione degli artt. 3, 41 e 42 Cost., il giudice
rimettente non avrebbe addotto alcuna motivazione in ordine all’asserito
contrasto con la norma impugnata, mentre per quello che riguarda l’art. 97
Cost. «in apparente e non espresso recepimento dell’eccezione di illegittimità
[…], così come formulata dal ricorrente», il rimettente si sarebbe limitato a
riportare l’orientamento della giurisprudenza costituzionale relativamente alla
legittimità delle leggi-provvedimento.
Anche per quanto riguarda la violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost., – secondo la Regione Lombardia – il
rimettente si sarebbe limitato a richiamare la sentenza del Consiglio di Stato,
in Adunanza Plenaria, n. 2 del 2008, escludendone, peraltro, l’applicabilità al
caso di specie, e a ribadire che il d.P.R. n. 380 del
2001 costituisce disciplina recante principi fondamentali ai quali il
legislatore regionale è obbligato ad attenersi.
2.2.– Svolte queste premesse, la difesa
regionale prospetta, anzitutto, l’inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale per difetto di rilevanza in ragione della cessazione
degli effetti dell’art. 14 della legge reg. n. 5 del 2007, e ciò in relazione
al compimento dell’iter di approvazione del PTRA "Aeroporto Montichiari”.
In proposito, la difesa precisa che la
Giunta regionale, con deliberazione n. 1812 del 31 maggio 2011, ha adottato il
Piano in questione. L’avviso dell’avvenuta adozione del Piano e del deposito
degli atti relativi è stato pubblicato sul B.U.R.L.
n. 23 dell’8 giugno 2011 per permettere la presentazione da parte degli
interessati di eventuali osservazioni entro sessanta giorni dalla
pubblicazione. Decorso tale periodo, la Giunta regionale, esaminate le
osservazioni e dopo aver controdedotto, con
deliberazione n. 2360 del 13 ottobre 2011, ha trasmesso gli atti al Consiglio
regionale per la definitiva approvazione (cfr. doc. n. 4 in atti). Pertanto,
quando il Consiglio regionale delibererà la sua approvazione, il Piano
acquisterà piena efficacia.
Ne consegue, per la difesa regionale,
l’inevitabilità della restituzione al giudice rimettente degli atti relativi al
giudizio di legittimità costituzionale per un nuovo esame della rilevanza alla
luce dello jus superveniens,
derivante dallo spirare degli effetti dell’art. 14 della legge regionale n. 5
del 2007 in ragione dell’intervenuta approvazione del PTRA.
2.3.– Nel merito, la costituita Regione
ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale in esame.
2.3.1.– La Regione, pur partendo dalla
premessa secondo la quale non è dubitabile che la giurisprudenza amministrativa
abbia riconosciuto all’art. 12, comma 3, del d.P.R.
n. 380 del 2001 il valore di norma statale di principio in materia di governo
del territorio, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., tuttavia, contesta il
richiamo alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, di cui Ad. plen. 7 aprile del 2008, sentenza n. 2, in quanto, come
ammesso dallo stesso rimettente, la fattispecie esaminata non è coincidente con
quella oggetto del presente giudizio.
Del resto, sempre secondo la difesa
della Regione, l’evolversi della giurisprudenza costituzionale, di cui è
riferito un ampio excursus, evidenzia come possano ritenersi conformi alla
Costituzione, in riferimento agli artt. 3 e 97, anche norme regionali in
materia, che siano prive di un espresso termine di efficacia (v. sentenza n. 402 del
2007, relativamente alla legge reg. n. 12 del 2005).
«La giurisprudenza pertanto» – conclude
la Regione – «espressamente riconosce il potere del legislatore regionale di
deroga ai limiti temporali relativi alle misure di salvaguardia previsti dal
legislatore statale».
2.3.2.– La Regione ribadisce, altresì,
che «la reiterazione in via amministrativa degli anzidetti vincoli decaduti
(preordinati all’espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo),
ovvero la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli stessi
prevista in talune regioni a statuto speciale […] non sono fenomeni di per sé
inammissibili dal punto di vista costituzionale», se giustificati da «una
valutazione procedimentale (con adeguata motivazione) dell’amministrazione
preposta alla gestione del territorio o rispettivamente apprezzate dalla
discrezionalità legislativa entro i limiti della non irragionevolezza e non
arbitrarietà».
Carattere patologico rivestono, invece,
le reiterazioni ovvero le proroghe "sine die” o all’infinito «o quando il limite temporale sia
indeterminato, cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non
contenuto in termini di ragionevolezza, in assenza di previsione alternativa
dell’indennizzo (sentenze n. 344 del 1995;
e n. 575 del
1989), e fermo, beninteso, che l’obbligo dell’indennizzo opera una volta superato
il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia)»
(sentenza n. 179
del 1999).
Tale evenienza – prosegue la Regione –
non si è verificata nel caso di specie, in quanto le proroghe al termine di
efficacia della disposizione regionale lombarda sono state «dettate dalla
necessità di contemperare i numerosi e complessi interessi pubblici in rilievo
che all’esito dell’iter di approvazione, ormai pressoché compiuto, hanno
trovato adeguata sintesi».
Inoltre, prosegue la Regione, il
progetto di piano d’area deve essere sottoposto alla procedura di valutazione
ambientale strategica, e, in ragione della sua particolare funzione, in sede di
avvio dell’elaborazione dello stesso, la Giunta regionale deve provvedere a
consultare sia i Comuni, sia le Province, sia gli enti gestori delle aree
regionali protette interessate, riuniti in apposita conferenza.
Appare, pertanto, del tutto infondata la
richiesta del giudice rimettente, il quale, peraltro, non si cura di fornire in
concreto alcuna motivazione idonea a comprovare la presunta arbitrarietà del
legislatore regionale, né appare considerare il principio fondamentale per il
quale «il perseguimento di interessi di rilevanza pubblica ben può comportare
la compressione di singoli interessi privati», così come nel caso di specie.
Infatti, dato lo sviluppo dell’Aeroporto
di Montichiari, nel più generale quadro di quello del sistema aeroportuale
della Regione Lombardia, appare chiaro che l’intervento pianificatorio
«postuli l’equilibrato e razionale coordinamento di numerose attività,
attinenti ai processi insediativi, al sistema infrastrutturale, all’inserimento
dei siti aeroportuali permanenti nel paesaggio», con conseguente e necessitata
valutazione, da parte del Piano d’area, della sostenibilità ambientale dello
sviluppo aeroportuale in armonia con il territorio circostante, anche
attraverso la salvaguardia delle aree necessarie per la realizzazione delle
opere programmate.
3.– In prossimità dell’udienza, la
difesa della Regione Lombardia ha depositato memoria nella quale ribadisce, con
motivazioni sostanzialmente analoghe a quelle precedentemente svolte nell’atto
di costituzione, l’inammissibilità e l’infondatezza della questione di
legittimità costituzionale della disposizione regionale impugnata, nonché
l’opportunità di una restituzione degli atti relativi al presente giudizio di
legittimità costituzionale al giudice rimettente per un nuovo esame della
rilevanza della questione, posto che, dall’approvazione da parte del Consiglio
regionale del PTRA, avvenuta il 6 dicembre 2011, consegue che la norma
impugnata non trovi «più applicazione nel giudizio a quo».
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia, sezione staccata di Brescia – pronunciandosi sul ricorso n.
837 del 2008, proposto da Elleci Costruzioni s.r.l.
contro il Comune di Montichiari, la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia
– ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41, 42, 97 e 117, terzo comma,
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14
della legge della Regione Lombardia 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi
normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e
integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale
2007), nella formulazione risultante a seguito delle modifiche introdotte, in
sequenza, dall’art. 1, comma 8, lettera a), della legge della Regione Lombardia
del 31 marzo 2008, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione della
programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni
legislative – Collegato ordinamentale 2008),
dall’art. 4 della legge della Regione Lombardia del 23 dicembre 2008, n. 33,
recante «Disposizioni per l’attuazione del documento di programmazione
economico-finanziaria regionale, a sensi dell’articolo 9-ter della legge
regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulla procedura della programmazione, sul
bilancio e sulla contabilità della Regione – Collegato 2009)», e dall’art. 23
della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi
per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di
disposizioni legislative – Collegato ordinamentale
2010).
1.1.– La normativa regionale in esame,
la quale prevede misure di salvaguardia – al fine di non compromettere il
potenziamento dell’aeroporto di Montichiari – al comma 1 (nel testo in vigore
al momento della proposizione dell’attuale questione di legittimità costituzionale)
stabilisce che siano vietati, nell’ambito territoriale limitrofo all’aeroporto
e meglio definito al successivo comma 5, interventi edificatori fino
all’entrata in vigore del Piano territoriale regionale d’area (PTRA) di
Montichiari e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2011.
Nei successivi commi 2, 3 e 4, il
legislatore regionale individua, poi, quali siano le specifiche disposizioni di
salvaguardia, e quali, invece, gli interventi consentiti sia manutentivi o
conservati di edifici già esistenti, sia connessi allo svolgimento delle
attività aeroportuali (tra i quali, non rientra quello richiesto dalla società
ricorrente nel giudizio a quo). Infine – come accennato – al comma 5, si
precisa che «la disciplina di cui ai commi 2, 3 e 4 trova applicazione
nell’ambito A individuato dalla Delib. G.R. 25 novembre 2009, n. 8/10637».
1.2.– Il rimettente dubita della
legittimità costituzionale della disposizione regionale in esame in quanto essa
sarebbe venuta a prevedere, in via di salvaguardia, il divieto di edificare,
sino all’entrata in vigore del piano territoriale regionale d’area, e,
comunque, non oltre il 30 giugno 2011, per un periodo di tempo, pertanto, che
già al momento della proposizione della questione di legittimità costituzionale
eccedeva i quattro anni (essendo la norma impugnata intervenuta nel febbraio
2007).
Va precisato che la durata temporale
delle disposizioni di salvaguardia prevista dal comma 1 della norma impugnata è
stata più volte modificata dal legislatore regionale. Infatti, al momento della
presentazione del ricorso da parte della società attrice nel giudizio a quo, la
norma prevedeva che tali misure si applicassero «fino all’entrata in vigore del
relativo Piano regionale d’area ai sensi dell’articolo 20 della legge regionale
11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), e comunque non
oltre quindici mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione».
Pertanto, essendo la disposizione legislativa entrata in vigore il 3 marzo
2007, il primo termine di scadenza delle misure di salvaguardia ivi previste
era il 3 giugno 2008. Successivamente, con l’art. 1, comma 8, lettera a), della
legge reg. n. 5 del 2008, la misura di salvaguardia veniva prorogata sino al 31
dicembre 2008. Infine, in corso di causa, sopravvenivano ulteriori proroghe del
termine di scadenza della stessa misura, precisamente: a) con l’art. 4 della
legge reg. n. 33 del 2008, il termine veniva protratto al 30 giugno 2010; b)
con l’art. 23 della legge reg. n. 7 del 2010, al 30 giugno 2011, (termine in vigore
al momento dell’impugnazione della norma); c) con l’art. 13, comma 1, lettera
a), della legge reg. n. 3 del 2011, il termine finale della durata
dell’adozione delle misure di salvaguardia, previste nell’impugnato articolo, è
stato poi differito sino al 31 dicembre 2011 (testo in vigore).
Il rimettente precisa che il divieto di
nuove edificazioni nel piano d’area dell’aeroporto di Montichiari era stato già
introdotto, con riferimento all’area in oggetto, in via amministrativa, per un
periodo temporale di tre anni, dall’art. 100 del Piano territoriale di
ordinamento provinciale (PTCP), approvato il 21 aprile 2004 e recepito all’art.
52 delle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore regionale (PRG)
vigente.
Pertanto, la norma regionale impugnata,
secondo il rimettente, avendo «legificato il termine
di salvaguardia protraendolo ben oltre i tre anni», si porrebbe in contrasto
con quanto previsto in tema di durata massima delle misure di salvaguardia sia
dalla legislazione nazionale (art. 12, comma 3, del decreto del Presidente
della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia») – principio
fondamentale stabilito dalla legislazione statale in materia di "governo del territorio”
– sia da quella regionale (art. 36 della legge reg. 11 marzo 2005, n. 12,
recante «Legge per il Governo del territorio»), così violando l’art. 117, terzo
comma, Cost.
1.2.1.– Avallerebbe, altresì, per il TAR
Lombardia, i dubbi di costituzionalità della disposizione regionale in esame la
considerazione che questa ultima presenterebbe sue peculiari caratteristiche
che la distinguerebbero dalle ordinarie misure di salvaguardia, quali – oltre
alla ricordata reiterazione della proroga del termine finale – la previsione di
un divieto di realizzazione di nuovi interventi edificatori in luogo di una
mera sospensione della decisione in ordine al rilascio dei permessi
edificatori, nonchè la mancata correlazione di tali
misure di salvaguardia all’intervenuta adozione di un piano urbanistico, come
previsto dal principio fondamentale stabilito dal legislatore nazionale in
materia di «governo del territorio».
Pertanto, secondo il TAR Lombardia,
l’art. 14, comma 1, della legge reg. n. 5 del 2007 violerebbe i ricordati
parametri costituzionali.
2.– La costituita Regione Lombardia −
dopo aver fatto presente che, relativamente alla violazione degli artt. 3, 41 e
42 Cost., il rimettente non avrebbe addotto alcuna motivazione in ordine
all’asserito contrasto con la norma impugnata e che, con riferimento alla
violazione dell’art. 97 e dell’art. 117, terzo comma, Cost., il rimettente si
sarebbe limitato, nel primo caso, a riportare l’orientamento della
giurisprudenza costituzionale relativamente alla legittimità delle leggi-provvedimento
e, nel secondo caso, a richiamare la sentenza n. 2 del 2008 dell’Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, escludendone, peraltro, l’applicabilità nella
presente fattispecie − ritiene che la questione di legittimità
costituzionale sia inammissibile, infondata e, prima ancora, che debba essere
rimessa alla valutazione del rimettente per la modifica intervenuta che
riverbererebbe i suoi effetti sulla censurata disposizione legislativa.
Riguardo all’invocato jus superveniens, la Regione fa
presente che, con l’approvazione, avvenuta il 6 dicembre 2011, del PTRA
"Aeroporto Montichiari”, la cui adozione era stata deliberata il 31 maggio 2011
(con relativa pubblicazione degli atti nel B.U.R.L.
n. 23 dell’8 giugno 2011) vengono meno gli effetti dell’impugnato art. 14 della
legge n. 5 del 2007, e, quindi, ne conseguirebbe la necessità di una
restituzione degli atti al giudice remittente per un nuovo esame della
rilevanza.
Quanto sopra dimostrerebbe, altresì,
sotto un altro profilo, l’inammissibilità della questione per difetto di
rilevanza in ragione della cessazione degli effetti dell’art. 5 della legge
citata.
Per ciò che concerne l’infondatezza, la
Regione sottolinea che solo le proroghe «sine die» o all’infinito, «o quando il limite temporale sia
indeterminato» possono assumere carattere patologico, ma che tale evenienza non
si è verificata nel caso di specie, in quanto le proroghe, sempre ad una data
determinata, sono state «dettate dalla necessità di contemperare i numerosi e
complessi interessi pubblici in rilievo».
Ricorda, al riguardo, che il progetto di
piano d’area deve essere sottoposto alla procedura di valutazione ambientale,
per la cui effettuazione la Giunta regionale deve provvedere a consultare sia i
Comuni, sia le Province, sia gli enti gestori delle aree regionali protette
interessate, ed evidenzia l’importanza che lo sviluppo dell’aeroporto di
Montichiari assume nel più generale quadro del sistema aeroportuale della
Regione Lombardia. Tutto ciò dimostrerebbe che il rimettente non ha considerato
il principio fondamentale per il quale «il perseguimento di interessi di
rilevanza pubblica ben può comportare la compressione di singoli interessi
privati».
2.1.– In via preliminare, va esaminata
la richiesta formulata dalla Regione Lombardia – sia nell’atto di costituzione
sia nella memoria illustrativa depositata in prossimità della discussione della
questione – di restituzione, al giudice rimettente, degli atti relativi al
presente giudizio di legittimità costituzionale «per un nuovo esame della
rilevanza alla luce dello jus superveniens,
derivante dallo spirare degli effetti dell’art. 14 della l.r. 5 del 2007, in
ragione dell’intervenuta approvazione del Piano territoriale regionale d’area».
Infatti, secondo la difesa regionale, l’avvenuta
approvazione del PTRA, con deliberazione del Consiglio regionale del 6 dicembre
2011, ha come conseguenza che la norma impugnata non trovi «più applicazione
nel giudizio a quo», in quanto l’art. 14 della legge regionale n. 5 del 2007
«nasce[va] come norma temporalmente limitata, i cui effetti sono stati
espressamente confinati dal legislatore regionale "fino all’entrata in vigore
del relativo piano territoriale d’area”».
2.1.1.– Non esistono i presupposti per
la restituzione degli atti al rimettente.
La giurisprudenza costituzionale ritiene
che vada ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, «affinché
questi procedano ad un rinnovato esame dei termini della questione, qualora
all’ordinanza di rimessione sopravvenga una modificazione della norma
costituzionale invocata come parametro di giudizio […], ovvero della
disposizione che integra il parametro costituzionale […], oppure qualora il
quadro normativo subisca considerevoli modifiche, pur restando immutata la
disposizione censurata» (ordinanza n. 150
del 2012).
Alla luce di quanto sopra, può
escludersi che, al riguardo, sia intervenuto un mutamento del quadro normativo
che possa giustificare un riesame da parte del giudice rimettente della
persistente rilevanza della prospettata questione di legittimità
costituzionale.
L’approvazione del PTRA, più che aver
determinato la cessazione degli effetti propri della norma impugnata, cioè la
fine dell’applicazione delle misure di salvaguardia ivi previste, ha
determinato la cessazione della loro funzione, ma ciò è avvenuto non per la
sopravvenienza di un nuovo provvedimento legislativo (dato che l’unico
provvedimento legislativo intervenuto è consistito in un’ulteriore proroga dei
termini), ma per effetto della stessa norma, vale a dire in applicazione del
suo disposto. Il rimettente non è posto, quindi, in presenza di una diversa e
nuova disposizione legislativa. Né può affermarsi che si verifichi l’ipotesi
della cessazione della materia del contendere, in quanto, anche prescindendo
dalla circostanza che l’approvazione del PTRA non può essere considerata satisfattiva del petitum,
quest’ultimo aveva come suo oggetto anche il risarcimento del danno e non solo
l’esercizio dello jus aedificandi;
così che la questione sollevata dinanzi a questo Giudice costituzionale
conserva la sua rilevanza ai fini del decidere nel giudizio a quo.
Quanto sopra precisato vale, per gli
stessi motivi, anche a superare l’eccezione di inammissibilità, formulata dalla
Regione, a motivo dell’asserita cessazione degli effetti dell’art. 14 della
legge della Regione Lombardia n. 5 del 2007.
3.– Nel merito, in relazione alla
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., la questione è fondata.
3.1.– Come già ricordato, il TAR per la
Lombardia ritiene che la norma regionale denunciata – emanata dal legislatore
regionale nell’esercizio della competenza concorrente in materia di governo del
territorio – prevedendo una durata temporale delle misure di salvaguardia
eccedente quella fissata dalla norma nazionale (art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001), violerebbe l’art. 117, terzo
comma, Cost.
3.1.1.– L’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, infatti, stabilisce che: «In caso
di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con
le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione
in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre
anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni
nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto
all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione
della fase di pubblicazione».
La ratio della
normativa statale, quindi, è quella di evitare che la non ancora intervenuta
approvazione da parte della Regione, o comunque di altra autorità competente,
di eventuali previsioni di non edificabilità previste dal piano in vigore
consenta ai proprietari delle aree interessate di realizzare nuove costruzioni
nel periodo intercorrente tra la predisposizione di un nuovo piano e
l’approvazione di questo da parte della Regione, in tal modo eludendo, durante
tale fase, le stesse previsioni contenute nel progettato nuovo piano.
L’adozione del piano, pertanto, ha funzione cautelativa nei riguardi di quei
progetti che non si conformano allo stesso: da ciò deriva che l’effetto di
salvaguardia previsto dal comma 3 dell’art. 12 del d.P.R.
n. 380 del 2001, è strettamente collegato all’adozione del piano, cioè dello
strumento urbanistico modificativo della precedente previsione.
4.– Lo stesso legislatore regionale, con
l’art. 36, comma 4, della legge reg. n. 12 del 2005, ha modificato il termine
massimo di efficacia delle misure di salvaguardia adeguandolo a quello previsto
dal legislatore statale (tre anni dall’adozione dello strumento urbanistico,
ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui questo sia stato sottoposto
all’amministrazione competente per la approvazione entro un anno dalla
conclusione della fase di pubblicazione), seguendo, peraltro, l’orientamento
stabilito dalla giurisprudenza amministrativa, la quale, pronunciandosi in casi
analoghi, ha ritenuto che dovrebbero trovare applicazione in via residuale «gli
stessi limiti di validità temporanea del potere di salvaguardia fissati, in
sede nazionale, dall’art. 12, comma 3, del d.P.R. n.
380 del 2001» (Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3834 del 2005).
Infatti, con il sopra citato art. 36,
comma 4, si è stabilito che «Sino all’adozione degli atti di PGT secondo quanto
previsto nella parte prima della presente legge, in caso di contrasto
dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le
previsioni degli strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione
in ordine alla domanda stessa. La misura di salvaguardia non ha efficacia
decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero
cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto
all’amministrazione competente per la approvazione entro un anno dalla
conclusione della fase di pubblicazione».
4.1. – Relativamente all’art. 12, comma
3, del d.P.R. n. 380 del 2001, è opportuno
sottolineare che la giurisprudenza amministrativa (in particolare il Consiglio
di Stato, Ad. Plenaria, con la sentenza n. 2 del 2008) ha ritenuto che la
disciplina sulle misure di salvaguardia di cui al citato art. 12, comma 3, del
T.U. edilizia, abbia una valenza mista: edilizia, in quanto è volta ad incidere
sui tempi dell’attività edificatoria, ed urbanistica, in quanto finalizzata
alla salvaguardia, in definiti ambiti temporali, degli assetti urbanistici in
itinere e, medio tempore, dell’ordinato assetto del territorio.
Si tratta di una valutazione
condivisibile, da cui consegue, secondo consolidata giurisprudenza
costituzionale, che l’urbanistica e l’edilizia devono essere ricondotte alla
materia «governo del territorio», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.,
materia di legislazione concorrente in cui lo Stato ha il potere di fissare i principi
fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di
dettaglio (da ultimo, ordinanza n. 314
del 2012; sentenza
n. 309 del 2011, vedi anche sentenze n. 362 e n. 303 del 2003).
4.1.1.– Nella sentenza di questa
Corte n. 402 del 2007 si è precisato come il d.P.R.
n. 380 del 2001 – in relazione a quanto disposto dall’art. 1, comma 1, nonché
dai commi 1 e 3 dell’art. 2 del medesimo d.P.R. –
costituisca disciplina recante i principi fondamentali e generali in materia di
attività edilizia, ai quali il legislatore regionale deve attenersi.
Infatti, l’art. 1, comma 1, del T.U.
dell’edilizia, prevede che: «il presente testo unico contiene i principi fondamentali
e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia»; mentre
i commi 1 e 3 dell’art. 2, rispettivamente, stabiliscono che: «le regioni
esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto
dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle
disposizioni contenute nel testo unico» e che «le disposizioni, anche di
dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso
contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario,
fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi».
Inoltre, l’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 – come puntualizza anche il
Consiglio di Stato nella ricordata sentenza – avendo recepito i contenuti sostanziali
dell’articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902 (Misure di
salvaguardia in pendenza dell’approvazione dei piani regolatori), esprime il
principio secondo cui le amministrazioni debbono definire in tempi congrui
l’iter procedimentale conseguente all’adozione degli strumenti urbanistici
generali con il loro tempestivo invio agli organi deputati alla loro
approvazione.
In conseguenza, quindi, di quanto questa
Corte ha affermato con la sentenza n. 402 del
2007, ed a prescindere dall’autodefinizione (in
questo caso corretta) di norme di principio che le disposizioni del Testo unico
dell’edilizia danno della normativa in esso contenuta, anche all’art. 12, comma
3, del d.P.R. n. 380 del 2001 deve essere
riconosciuto il valore di norma statale di principio in materia di governo del
territorio, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
L’illegittimità della legislazione
regionale, quando la stessa viola i principi fondamentali espressi dalla
legislazione statale nella materia governo del territorio, è stata più volte
dichiarata da questa Corte (sentenze n. 309 del 2011,
n. 341 del 2010,
n. 340 del 2009
e n. 271 del 2008).
4.1.2.– La disposizione regionale
impugnata – pur perseguendo finalità proprie delle misure di salvaguardia, cioè
impedire quei cambiamenti degli assetti urbanistici ed edilizi, che potrebbero
contrastare con le nuove previsioni pianificatorie,
in pendenza della loro approvazione – si discosta da quanto previsto dall’art.
12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001. Essa non
correlerebbe l’applicazione di misure di salvaguardia all’intervenuta adozione
di un piano urbanistico, essendo la deliberazione della Giunta regionale della
Lombardia n. IX/1812, avente ad oggetto l’«Adozione della proposta di Piano
territoriale regionale d’area "Aeroporto di Montichiari”» (ex artt. 20 e 21
della legge reg. n. 12 del 2005) intervenuta in periodo notevolmente successivo
all’entrata in vigore della normativa impugnata.
Inoltre, la stessa, come già
sottolineato, in luogo di una mera sospensione della decisione in ordine al
rilascio dei permessi edificatori, come stabilito dall’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, prevede un vero e proprio divieto
di realizzazione di nuovi interventi edificatori.
Ed infine, tale divieto – in forza di
successive proroghe del termine finale di efficacia della norma in esame,
disposte con leggi regionali successive – è stato protratto per un periodo di
tempo ben superiore a quello stabilito dall’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, realizzando, come sottolineato
nell’ordinanza di rimessione, «un congelamento di aree, […] classificate come
edificabili dal PRG, per una durata superiore ai 7 anni».
4.2.– Nella fattispecie di cui trattasi,
dunque, devono riscontrarsi i seguenti vizi: a) la violazione dei principi
fondamentali dettati dalla legislazione statale in materia di attività edilizia
(nel caso di specie il differimento temporale dello ius
aedificandi, riconosciuto per un periodo di anni ben
superiore a quello fissato dalla legislazione statale); b) l’indeterminatezza
dei tempi dell’iter procedimentale (dato che i differimenti a volta a volta
operati hanno indicato dei termini finali che venivano successivamente
prorogati); c) l’adozione di misure non meramente sospensive, ma di divieto
all’attività edificatoria.
4.3.– Sotto altro profilo, si deve
sottolineare che la norma impugnata, costituendo una surrettizia violazione del
principio della ragionevole temporaneità delle misure di salvaguardia, si pone
anche in contrasto con altro principio reiteratamente affermato dalla
giurisprudenza costituzionale, precisamente quello del necessario indennizzo
nel caso di reiterazione di vincoli urbanistici che comportino l’inedificabilità (sentenze n. 243 del 2011;
n. 314 del 2007;
n. 167 del 2009;
n. 179 del 1999
e n. 262 del
1997).
Né si può ritenere – come sostenuto
dalla Regione – che la scelta del legislatore regionale di prorogare le
disposizioni di salvaguardia sia stata necessitata stante la complessità e
l’articolazione delle procedure volte all’approvazione del piano territoriale
regionale d’area, misure dettate dalla esistenza di interessi di natura
nazionale e non solo strettamente regionali, quali, ad esempio, il dover tener
conto delle osservazioni espresse dall’ENAC e dal Ministero della difesa.
Al di là della considerazione che tali
circostanze sono riconducibili a meri inconvenienti di fatto che non possono
incidere sul piano della valutazione di legittimità della norma, è proprio per
ovviare a tali possibili inconvenienti che la norma di principio in esame àncora la possibilità di prevedere misure di salvaguardia
all’adozione dello strumento urbanistico (nel caso di specie il PTRA), elemento
questo, come già sottolineato, non previsto dalla norma regionale censurata.
Inoltre, è senz’altro esatto che la giurisprudenza costituzionale citata dalla
Regione (sentenze
n. 344 del 1995 e n. 575 del 1989)
si è espressa negativamente circa le proroghe dei vincoli sine
die o «quando il limite temporale sia, indeterminato,
cioè non sia certo, preciso e sicuro», mentre ha ritenuto che «la proroga in
via legislativa o la particolare durata dei vincoli […] non sono fenomeni di
per sé inammissibili» se ancorati a date certe e mantenuti «entro i limiti
della non irragionevolezza e non arbitrarietà», ma sono proprio queste ultime
condizioni che, nel caso in esame, non si sono verificate. Infatti, il
sopravvenire, dopo l’iniziale imposizione delle misure di salvaguardia per un
periodo che non doveva superare i quindici mesi (disposta con l’art. 14 della
legge regionale n. 5 del 2007), di ben quattro ulteriori provvedimenti
legislativi che ne hanno prorogato la durata fino al 31 dicembre 2011,
determina che il termine finale fissato dalla legge n. 5 del 2007 «non sia
(stato) certo, preciso e sicuro» e che, proprio ai sensi della citata
giurisprudenza, ricorrano le condizioni per dichiararne l’illegittimità
costituzionale.
Restano assorbiti i restanti profili di
illegittimità costituzionale dedotti dal rimettente.
5.– Conclusivamente, l’art. 14 della
legge reg. n. 5 del 2007 − come risultante per effetto delle modifiche
apportate successivamente dalle sopra ricordate leggi regionali, nel prevedere misure
di salvaguardia per la zona dell’aeroporto di Montichiari in contrasto con il
principio fondamentale stabilito al riguardo dall’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 − è costituzionalmente
illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di
governo del territorio.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14 della legge della Regione
Lombardia 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione della
programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni
legislative – Collegato ordinamentale 2007), come
risultante a seguito delle modifiche introdotte, successivamente, dall’art. 1,
comma 8, lettera a), della legge della Regione Lombardia 31 marzo 2008, n. 5
(Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di
modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2008), dall’art. 4 della legge della Regione
Lombardia 23 dicembre 2008, n. 33, recante «Disposizioni per l’attuazione del
documento di programmazione economico-finanziaria regionale, a sensi
dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulla
procedura della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione
– Collegato 2009)», e dall’art. 23 della legge della Regione Lombardia 5
febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione
regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010).
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio
2013.