Sentenza n. 53

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Sentenza n. 53

 

Anno 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 171-quater, lettera a, della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), introdotto dall'art. 18 dei decreto legislativo 16 novembre 1994, n. 685 (Attuazione della direttiva 92/100/CEE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale), in relazione agli artt. 1, 2, lettera d, e 12 della legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1993), promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1996 dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Verona, nei procedimento penale a carico di Piona Silvino, iscritta al n. 471 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione della S.I.A.E.;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1996 il Giudice relatore Valerio Onida;

udito l'avvocato Salvatore Pastore per la S.I.A.E.

Ritenuto in fatto

 

  1.- Nel corso di un processo penale per noleggio abusivo ed a fini di lucro di supporti fonografici ("compact disc")di opere tutelate dal diritto d'autore, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Verona, con ordinanza emessa il 7 marzo e pervenuta a questa Corte il 29 aprile 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 76 della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 2, lettera d, e 12 della legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1993), della norma incriminatrice contenuta nell'art. 171-quater, lettera a, della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), introdotto dall'art. 18 del d.lgs. 16 novembre 1994, n. 685 (Attuazione della direttiva 92/100/CEE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale).

Premette il giudice a quo che con la disposizione impugnata, introdotta nel corpo della legge sul diritto d'autore del 1941 dal decreto legislativo che ha dato attuazione alla direttiva CEE dei 19 novembre 1992 concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale, decreto emanato in forza della delega conferita al Governo con la legge n. 146 del 1994, è stato incriminato ex novo il noleggio abusivo e a fini di lucro di "originali, copie o supporti lecitamente ottenuti" di opere tutelate dal diritto d'autore; e che in base ai principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, fissati in particolare, per quanto qui interessa, dall'art. 2, lettera d, della legge n. 146 del 1994, le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 200 milioni e dell'arresto fino a tre anni, avrebbero potuto essere previste "solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689" (Modifiche al sistema penale) - cioè dalle disposizioni che hanno a suo tempo definito i limiti della depenalizzazione disposta in generale dagli artt. 32 e 35, primo comma, della stessa legge -, mentre la sanzione amministrativa avrebbe dovuto essere prevista "per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli suindicati".

Ad avviso dell'autorità remittente, l'interesse tutelato dalla norma impugnata non parrebbe potersi far rientrare fra quelli di cui alle citate disposizioni della legge n. 689 del 1981. Nemmeno poi sarebbe applicabile all'illecito in questione la previsione contenuta nell'ultima parte dell'art. 2, lettera d, della legge delegante, secondo cui "in ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati. per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente comminate dalle leggi vigenti per violazioni che siano omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni medesime". Infatti nella legislazione preesistente non avrebbe trovato posto alcuna fattispecie penalmente rilevante punita con pene identiche a quelle introdotte dalla norma impugnata, né a tutela del diritto di noleggio, né per violazioni da considerarsi omogenee o di pari offensività. Táli non potrebbero ritenersi né le condotte ora punite dall'art. 171-ter dello stesso decreto legislativo (riproduzione abusiva di dischi o supporti analoghi e vendita o noleggio di supporti non contrassegnati dalla SIAE), né quelle punite ai sensi dell'art. 171 della legge (nella cui lettera a, concernente la riproduzione o la vendita o la messa in commercio, da parte di chi non ne abbia il diritto, di un'opera altrui, la giurisprudenza faceva rientrare l'ipotesi ora espressamente contemplata dalla norma impugnata), apparendo evidente la maggiore offensività delle condotte ivi descritte rispetto a quella di chi, dopo aver lecitamente acquistato una copia dell'opera, la utilizzi per una finalità non consentita quale il noleggio. Di tale maggiore offensività sarebbe stato consapevole il legislatore delegato, come sarebbe comprovato dal fatto che la violazione del diritto di noleggio è punita a titolo di contravvenzione, per la quale è consentita l'oblazione, e non di delitto, come le altre fattispecie indicate.

Ulteriore argomento a sostegno della esorbitanza della norma delegata dai limiti della delega l'autorità remittente rinviene nel commento all'art. 171-quater contenuto nella relazione accompagnatoria al d.lgs. n. 685 dei 1994, ove si legge che "la sanzione amministrativa pecuniaria, conforme ai dettami della delega comunitaria, appare, altresì, in linea con la tendenza a depenalizzare le norme a tutela di interessi privati".

Il giudice a quo aggiunge, quanto alla rilevanza della questione, che dalla sua soluzione dipende se il fatto sia o meno previsto come reato; e che a tale conseguenza non parrebbe ostare la possibile obiezione che la giurisprudenza, prima dell'entrata in vigore della norma impugnata, faceva rientrare la condotta in questione nella previsione dell'art. 171, primo comma, lettera a, della legge sul diritto d'autore, considerando che, nel configurare per la prima volta espressamente la fattispecie, il legislatore delegante parrebbe avere chiaramente evidenziato la scelta di sottrarla alla sanzione penale.

2.- Si è costituita la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), parte civile nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per irrilevanza e non fondata.

Premesso che questioni in parte analoghe sono state ritenute manifestamente infondate da altri giudici di merito, la parte eccepisce anzitutto l'irrilevanza della questione. Già prima dell'emanazione del decreto legislativo n. 685 del 1994, la concorde giurisprudenza di legittimità e la prevalente giurisprudenza di merito - si ricorda - riconoscevano la punibilità del noleggio abusivo, inquadrandolo nella fattispecie incriminatrice dell'art. 171, primo comma, lettera a, della legge sul diritto d'autore. Già nel sistema legislativo previgente, infatti, il diritto esclusivo di noleggio in capo all'autore dell'opera dell'ingegno trovava riconoscimento, come diritto autonomo dagli altri di utilizzazione economica, in base agli artt. 12, 19 e 61 della legge sul diritto d'autore, come sarebbe stato confermato anche dalla sentenza n. 108 del 1995 di questa Corte. Questi principi sarebbero stati ribaditi dal decreto legislativo n. 685 del 1994, che ha espressamente riconosciuto all'autore il diritto di autorizzare il noleggio dell'originale o di copie dell'opera, ed ha inoltre riconosciuto ex novo il diritto di noleggio in capo al produttore di opere audiovisive. Una volta pervenuti al riconoscimento dell'autonomo ed esclusivo diritto di noleggio spettante all'autore, sarebbe evidente che il noleggio dell'opera fonografica senza il consenso dell'autore configura una violazione del corrispondente diritto, che, in quanto tale, è stata riportata dalla giurisprudenza della Cassazione nell'alveo delle condotte penalmente punite ai sensi dell'art. 171, primo comma, lettera a: onde una eventuale caducazione della norma impugnata non potrebbe in alcun modo giovare all'imputato, atteso che la condotta continuerebbe a ricadere nell'ambito -di applicazione di quella norma incriminatrice. Un eventuale accoglimento della questione non spiegherebbe pertanto, secondo la parte, alcuna influenza sul giudizio in corso.

In ogni caso, secondo la difesa della SIAE, la questione sarebbe infondata, in quanto la rilevanza penale della condotta di noleggio abusivo avrebbe già trovato ampio riconoscimento nel sistema normativo previgente: l'art. 171-quater del decreto legislativo n. 685 del 1994 consacrerebbe la tutela penale di un interesse precedentemente tutelato da altra norma, onde dovrebbero ritenersi rispettati i criteri della delega, in base ai quali il legislatore delegato avrebbe potuto prevedere nuove fattispecie penali, in deroga ai limiti posti in generale, qualora si fossero individuate violazioni omogenee e di pari offensività rispetto a quanto già previsto dall'ordinamento previgente.

Peraltro - conclude la parte - anche qualora si volesse accedere alla tesi secondo cui la nuova norma avrebbe sancito la tutela penale del diritto, di nuova introduzione, del produttore del supporto, i limiti della delega sarebbero ugualmente rispettati "in virtù della possibilità di introdurre nuove fattispecie penali 'per violazioni che siano omogenee o di pari offensività' rispetto alle infrazioni già previste dalle leggi vigenti".

Considerato in diritto

 

 1.- L'eccezione di irrilevanza della questione, proposta dalla SIAE, non merita accoglimento.

Infatti, anche se si ritenesse, secondo la tesi della parte, che una eventuale caducazione della norma impugnata lasci sopravvivere la illiceità penale della condotta di noleggio abusivo, alla stregua dell'art. 171, primo comma, lettera a, della legge sul diritto d'autore, che punisce a titolo di delitto, con la multa da lire 100.000 a lire 4.000.000, chi, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, tra l'altro, mette in vendita o pone altrimenti in commercio un'opera altrui - fattispecie alla quale la giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr. sez. III penale, I' ottobre 1993, Massara; Il gennaio 1995, Fontanella) riconduceva, prima del d. lgs. n. 685 del 1994, il noleggio abusivo di supporti fonografici di opere musicali - non per questo la questione di legittimità costituzionale sollevata dal remittente dovrebbe ritenersi priva di rilevanza nel giudizio a quo, in quanto la eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma penale impugnata, destinata altrimenti ad essere applicata, esplicherebbe comunque effetti in quel giudizio, quanto meno sotto il profilo del fondamento normativa della decisione (cfr. sentenza n. 148 del 1983; sentenza n. 136 del 1992).

2. - Nel merito, la questione non è fondata.

La disposizione dell'art. 2, lettera d, della legge n. 146 del 1994, che stabilisce i criteri e principi direttivi della delega conferita al Governo, in ordine alle sanzioni per le infrazioni alle norme delegate, non appare certo perspicua. Essa infatti - riecheggiando l'analoga, ma non identica, formulazione già utilizzata dal legislatore delegante in occasione di precedenti "leggi comunitarie", che indicavano come criterio per la introduzione di nuove sanzioni penali quello degli "interessi generali dell'ordinamento interno, individuati in base ai criteri aspiratori degli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689" (art. 2, lettera d, della legge 29 dicembre 1990, n. 428; art. 2, lettera d, della legge 19 febbraio 1992, n. 142) - ha fatto riferimento, per definire gli interessi suscettibili di tutela penale, a disposizioni (l'art. 34 e l'art. 35 della legge n. 689 del 1981), la prima delle quali conteneva un puntuale elenco di reati, puniti con sole pene pecuniarie, e tuttavia esclusi dalla depenalizzazione, mentre la seconda trattava con lo stesso criterio i reati attinenti ad una specifica materia. Ma siffatto riferimento non risulta di facile applicazione quando si abbia riguardo, come accade in occasione delle comprensive deleghe disposte dalle varie "leggi comunitarie" per l'attuazione di direttivi delle Comunità europee, a settori numerosi e molto diversi dell'ordinamento, anche estranei a quelli presi in considerazione dalle citate norme del 1981, e che pure possono essere caratterizzati da interessi di cospicua rilevanza, e da una normativa preesistente che contemplava una disciplina penale.

E' questo il caso della tutela del diritto d'autore, la cui disciplina, tradizionalmente accompagnata da sanzioni penali, è rimasta dei tutto estranea all'area della depenalizzazione disposta nel 1981, in quanto le relative fattispecie, nelle ipotesi aggravate, sono punite con pene anche detentive (cfr. art. 171, secondo comma, della legge sul diritto d'autore, in relazione all'art. 32, secondo comma, della legge n. 689 del 1981).

La Corte esprime dunque l'auspicio che il legislatore, ove conferisca deleghe ampie di questo tipo, adotti, per quanto riguarda il ricorso alla sanzione penale, al cui proposito è opportuno il massimo di chiarezza e di certezza, criteri configurati in modo più preciso.

In ordine alla questione in esame, si osserva che la legge di delega, in primo luogo, fa "salva l'applicazione delle norme penali vigenti", fra le quali dunque quelle che già punivano le condotte poste in essere in violazione dei diritti, anche patrimoniali, degli autori delle opere dell'ingegno; e, in secondo luogo, prevede che il criterio di selezione degli interessi, nonché i limiti di entità delle pene, previsti in generale, siano derogabili quando si tratti di colpire violazioni da ritenersi omogenee e di pari offensività rispetto a quelle già punibili in base alla legislazione previgente.

Sicché, complessivamente interpretata, la norma della legge di delega appare preclusiva solo di nuove incriminazioni a tutela di interessi (diversi da quelli desumibili dalle elencazioni contenute negli artt. 34 e 35 della legge n. 689 del 1981) che attengano a settori dell'ordinamento caratterizzati fin allora da assenza di tutela penale, e dove quindi appaia necessario effettuare ex novo una valutazione della natura di tali interessi e della necessità di proteggerli mediante sanzioni anche, eventualmente, di natura penale.

3.- La materia del diritto d'autore, viceversa, come si è detto, è tradizionalmente caratterizzata dalla previsione di sanzioni penali, motivate - è da ritenersi - non soltanto dalla rilevanza degli interessi coinvolti, ma anche dalla facilità e dalla diffusione dei comportamenti lesivi, soprattutto mossi da intenti lucrativi, che possono svilupparsi in un mondo ove l'opera dell'ingegno è divenuta un bene spesso di largo commercio e suscettibile di produrre cospicui profitti.

In questo quadro ben si comprende che il legislatore abbia in passato configurato fattispecie penali ampie e comprensive di ogni possibile condotta lesiva del diritto, anche patrimoniale, dell'autore, punendo chiunque, "senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma", fra l'altro, "riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde, vende o mette in vendita o pone altrimenti in commercio un'opera altrui" (art. 171, primo comma, lettera a, della legge n. 633 del 1941), "rappresenta, esegue o recita in pubblico o diffonde" un'opera altrui (art. 171, primo comma, lettera b), o perfino "riproduce un numero di esemplari o esegue o rappresenta un numero di esecuzioni o di rappresentazioni maggiore di quello che aveva il diritto rispettivamente di produrre o di rappresentare" (art. 171, primo comma, lettera d). E ben si comprende anche come la giurisprudenza, secondo quanto si è ricordato, pur in assenza di una apposita specifica disciplina quale quella ora introdotta in attuazione della direttiva comunitaria, allorché ha individuato la consistenza del diritto esclusivo dell'autore di autorizzare il noleggio di copie dell'opera, abbia ricondotto il noleggio abusivo alla fattispecie incriminatrice dell'art. 171, primo comma, lettera a, della legge sul diritto d'autore.

La "rilevanza di interesse generale, e quindi pubblica" della tutela del diritto d'autore, "tale da indurre il legislatore alla predisposizione di particolari mezzi di difesa sia penali che civili", è stata più volte sottolineata anche da questa Corte (da ultimo nella sentenza n. 108 del 1995); a sua volta la nuova specifica disciplina - comunitaria e, in attuazione di quella comunitaria, nazionale - del diritto di noleggio non si fonda certo su presupposti di attenuazione della tutela e delle sanzioni apprestate a presidio dell'autore e degli altri titolari di diritti connessi, ma, al contrario, sull'esigenza di dettare norme più specifiche anche a fronte dello "sviluppo esponenziale che, a partire dalla fine degli anni ottanta, è venuto assumendo il fenomeno speculativo del noleggio e della duplicazione (industriale o domestica) dei supporti dei compact disc su cui vengono incisi brani musicali" (sentenza n. 108 del 1995, cit.).

4.- I ricordati criteri della delega conferita al Governo con la legge n. 146 del 1994 non possono dunque intendersi come preclusivi di una norma sanzionatoria che - rispettando i limiti di pena previsti in generale dalla delega stessa - ha isolato anche ai fini penali, tra le violazioni, l'ipotesi del noleggio abusivo di opere lecitamente acquistate, comminando per essa una sanzione meno grave (dato il carattere contravvenzionale della nuova fattispecie, pur punibile anche, in via alternativa, con pena detentiva, ma suscettibile peraltro di oblazione) di quella contemplata dalla più generale previsione dell'art. 171, che già riguardava i vari fatti lesivi del diritto d'esclusiva dell'autore, e dunque anche condotte la cui offensività non è certo maggiore di quella della fattispecie ora punita dall'art. 171-quater. Quest'ultima concerne infatti condotte tenute "abusivamente ed a fini di lucro", laddove l'art. 171, primo comma, lettera a, punisce in genere chiunque, in qualsiasi forma e a qualsiasi scopo, metta in commercio un'opera altrui senza averne il diritto, e dunque anche se si tratti di esemplari lecitamente ottenuti.

Poiché, in definitiva, la nuova disciplina non costituisce che l'adattamento, entro i limiti di pena stabiliti in generale dalla delega, e senza superare le pene già comminate dalle leggi previgenti per la stessa violazione e per altre violazioni di pari offensività, della disciplina sanzionatoria collegata alla fattispecie (a sua volta oggetto di nuova e più specifica disciplina sostanziale) del noleggio di originali, copie o supporti di opere tutelate dal diritto d'autore, non si ravvisa la denunciata violazione dei criteri della delega.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 171-quater, lettera a, della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), introdotto dall'art. 18 del d.lgs. 16 novembre 1994, n. 685 (Attuazione della direttiva 92/100/CEE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale), sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, in relazione agli artt. 1, 2, lettera d, e 12 della legge 22 febbraio 1994, n. 146 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1993), dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Verona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1997.

Presidente Renato GRANATA

Depositata in cancelleria il 28 febbraio 1997.