ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche sui ricorsi riuniti proposti da Codacons ed altri contro il Comune di Civitanova Marche ed altri, iscritta al n. 406 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2004.
Visti l'atto di costituzione del Codacons Centro Marche nonché l'atto di intervento della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l'avvocato Roberto Gaetani per il Codacons Centro Marche e l'avv. Stefano Grassi per la Regione Marche.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di giudizi amministrativi, promossi dal Codacons, da articolazioni regionali dello stesso Codacons, dalla Cooperativa Adriatica a r.l. e dalla Minerva s.r.l. contro il Comune di Civitanova Marche, per l'annullamento di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) delle aree denominate, complessivamente, “zona mostre”, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, previa riunione dei procedimenti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie).
Con ricorso n. 844 del 1998, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato, denunciandone illegittimità sotto molteplici profili, le delibere consiliari n. 2 del 1997, n. 127 del 1997 e n. 27 del 1998 (e delle pregresse deliberazioni della Giunta municipale n. 533 del 1994, n. 698 del 1994 e successive varianti, aventi ad oggetto la perimetrazione del centro abitato), con cui il Comune di Civitanova Marche ha definito la progettazione di massima, nonché adottato e approvato il piano di lottizzazione relativo al comprensorio “zona mostre”.
Con ricorso n. 1199 del 2000, il Codacons e il Codacons Marche hanno impugnato, per una serie di vizi dedotti, la convenzione di lottizzazione stipulata il 15 novembre 1999 e le concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Civitanova Marche, per la realizzazione delle opere private previste dal piano di lottizzazione oggetto del ricorso n. 844 del 1998.
Con ricorso n. 477 del 2002, il Codacons, il Codacons Marche, il Codacons Centro Marche e la Minerva s.r.l. hanno impugnato le delibere consiliari di adozione e approvazione delle varianti della lottizzazione “zona mostre nord” e della lottizzazione “zona mostre sud”, nonché le concessioni edilizie conseguentemente rilasciate, enunciando, tra i motivi di illegittimità, anche la violazione dell'art. 24 della legge statale n. 47 del 1985, con conseguente incostituzionalità dell'art. 4 della legge regionale, per essere state le varianti della “zona mostre” definitivamente approvate dal Consiglio comunale senza passare per l'approvazione della provincia, come avveniva antecedentemente alla legge regionale, in ossequio all'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985.
Con ricorso n. 450 del 2002, la Cooperativa Adriatica a r.l. ha impugnato la concessione edilizia in sanatoria rilasciata nel 2002 a favore della Almar s.r.l. per la realizzazione di edificio commerciale all'interno della lottizzazione “zona mostre sud”, in quanto contraria agli strumenti urbanistici vigenti, e tenendo conto che la lottizzazione non rispecchia la destinazione d'uso prevista da questi.
Secondo il Tar è rilevante e non manifestamente infondata rispetto alla decisione la questione di costituzionalità degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34, perché in contrasto con l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e, quindi, in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
Sotto il profilo della rilevanza, il Tar assume che il Comune di Civitanova Marche ha provveduto alla pianificazione attuativa della “zona mostre” a mezzo di piani di lottizzazione, cui in seguito ha deciso di apportare varianti. Tali atti sono stati introdotti alla stregua delle competenze stabilite dall'art. 4 e seguendo l'iter procedimentale fissato dall'art. 30 della legge regionale n. 34 del 1992. La pianificazione attuativa dunque è svolta dal Comune autonomamente senza controlli né interferenze, da parte della Regione o della Provincia (quest'ultima delegata dalla Regione, in base all'art. 3 della stessa legge regionale n. 34 del 1992). La riscontrata illegittimità costituzionale degli atti di pianificazione comporterebbe l'illegittimità degli stessi e degli atti concessori conseguenti, indipendentemente dagli altri vizi di legittimità denunciati dai ricorrenti.
In ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, il Tar Marche rileva che l'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – nell'escludere che, in via generale, i piani attuativi necessitino di approvazione regionale, e nel conferire alle Regioni il potere di disciplinare con proprie norme il procedimento di autoapprovazione dei piani, al fine di garantirne la snellezza, la pubblicità e la partecipazione – ha anche previsto, testualmente, che i Comuni «sono comunque tenuti a trasmettere alla Regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della Regione i Comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali».
Tale ultima disposizione deve interpretarsi come obbligo inderogabile per i Comuni di portare a conoscenza delle Regioni gli strumenti attuativi, e di dare puntuale riscontro (pur senza l'obbligo di recepirle) alle eventuali osservazioni.
Di contro, l'art. 30 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 prevede solo che i piani attuativi siano adottati dal Consiglio comunale e le relative deliberazioni depositate presso la segreteria del Comune per trenta giorni consecutivi, dandosi comunicazione al pubblico mediante apposito avviso affisso all'albo pretorio del Comune, con la possibilità che in tale periodo chiunque possa prendere visione e presentare, entro i successivi trenta giorni, opposizioni e osservazioni. La giunta comunale sottopone all'approvazione del Consiglio detti piani urbanistici attuativi unitamente alle opposizioni e osservazioni presentate ed il Consiglio comunale approva definitivamente i piani decidendo contestualmente in ordine alle opposizioni e osservazioni presentate.
L'art. 4 della stessa legge regionale sottrae gli strumenti attuativi ad ogni autorizzazione o approvazione da parte di organi o uffici della Regione previste da disposizioni statali e regionali, venendo gli stessi unicamente approvati, in via definitiva, dal Consiglio comunale. I piani attuativi sono così rimessi alla disponibilità esclusiva dell'ente locale, senza possibilità di interferenza, o anche semplicemente conoscenza, da parte della Regione (e della Provincia).
Il sistema, secondo il giudice rimettente, contrasta con l'art. 24 della legge n. 47 del 1985, non solo perché sottrae all'approvazione regionale i piani relativi alle aree e agli ambiti territoriali individuati dalle Regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, ma anche perché – ed è questo l'aspetto rilevante per i giudizi a quibus – abolendo la trasmissione di copia degli strumenti attuativi alla Regione (nelle Marche, alla Provincia, per via della delega prevista dall'art. 5 della stessa legge regionale), impedisce di prenderne visione, valutare e fare eventuali osservazioni, vanificando l'obbligo dei Comuni di controdedurre puntualmente. Viene così cancellato un grado intermedio di attività collaborativo-concertativa tra l'ente locale e la Regione, tributaria di potestà legislativa e quindi amministrativa in via ripartita, nella materia urbanistica, in base agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Tale collaborazione, dopo la soppressione del potere di approvazione degli strumenti attuativi, già demandato alle Regioni, la norma statale ha inteso mantenere attraverso un diverso meccanismo, tuttavia a tutela della conformità dell'attuazione la pianificazione generale.
L'art. 24 della legge n. 47 del 1985 contiene i principî fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost., cui la legislazione regionale deve conformarsi: il contrasto tra le norme regionali indicate e la norma statale di principio, determina dunque violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
2. – Nel giudizio si è costituito il Codacons Centro-Marche, sottolineando che la Regione, per un senso di malinteso indipendentismo, ha omesso di recepire legislativamente l'obbligo del Comune, sancito dalla legge n. 47 del 1985, di trasmettere alla Regione gli strumenti attuativi approvati, con il risultato che i Comuni, abusando del potere, apportano surrettiziamente con gli strumenti attuativi sostanziali varianti, non esplicitate, al piano regolatore generale, in modo da evitare interferenze regionali sugli abusi perpetrati.
Le recenti innovazioni legislative in materia urbanistico-edilizia non hanno modificato il principio statuito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, che deve essere rispettato dalle Regioni anche alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione, pur se la questione sollevata dal Tar Marche va valutata alla luce della normativa vigente all'epoca, in applicazione del principio tempus regit actum. In aggiunta a quanto osservato dal Tar Marche, si può suggerire il riferimento al principio di “leale collaborazione” sancito dall'art. 120 Cost., al fine di assicurare l'osservanza dei principî generali (art. 117 Cost.) e buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.): l'invio dei piani attuativi serve anche alla formazione di un archivio centralizzato regionale, oltre che a creare i presupposti conoscitivi per la pianificazione di coordinamento provinciale e paesistica, e inoltre a indurre i Comuni, attraverso le osservazioni regionali, al rispetto del buon andamento della p.a. Il conferimento di poteri agli enti locali non può impedire il coordinamento degli enti superiori, anche al fine di esercitare il potere sostitutivo (riconosciuto alla Regione dalla sentenza n. 43 del 2004 della Corte costituzionale); il che è consentito, in materia urbanistica, solo se la Regione è posta in grado di conoscere i piani attuativi.
3. – Nel giudizio è intervenuta la Regione Marche, che chiede dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.
La stessa legge regionale n. 34 del 1992 ha dato specifica attuazione alla disposizione statale, con l'art. 35, per cui «al fine della programmazione dell'uso del territorio i Comuni trasmettono alla provincia copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano entro trenta giorni dalla data di esecutività della deliberazione del consiglio comunale che lo adotta definitivamente». Analogo obbligo è previsto per i piani regolatori vigenti e relative varianti (comma 2) di modo che l'ente sovraordinato ha la possibilità di ottenere il quadro completo della pianificazione territoriale realizzata dai Comuni. Per le zone soggette a tutela paesistica, poi, l'art. 4, comma 3, della legge regionale prevede un ulteriore momento partecipativo della Provincia.
Ulteriore forma di coordinamento è prevista dalla legge regionale nella disciplina della “conferenza dei comitati per il territorio” (art. 60).
Per di più, le norme della legge Marche n. 34 del 1992, denunciate dal Tar, attengono all'edilizia, che, non compresa tra le materie nominate dall'art. 117 Cost., è collocabile nella fascia residuale del quarto comma, e quindi oggetto di potestà legislativa esclusiva della Regione. Ma, anche a considerarla inquadrabile nell'“urbanistica” o nel “governo del territorio”, e dunque nella legislazione concorrente, allo Stato è riservata la sola determinazione dei principî fondamentali, e tale non può essere qualificata la previsione dell'obbligo di trasmissione dei piani attuativi dai Comuni alla Regione, che costituisce disciplina di estremo dettaglio in merito all'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi, e dunque illegittima, siccome invasiva della competenza legislativa esclusiva, o concorrente, delle Regioni.
4. – Nell'imminenza dell'udienza, la Regione Marche ha presentato memoria con la quale insiste per l'infondatezza della questione, richiamando le ragioni addotte nell'atto di intervento.
La difesa regionale ribadisce che la legge regionale impugnata ha dato specifica attuazione alla disposizione statale, rileva che il thema decidendum è quello fissato dall'ordinanza di rimessione e non può essere ampliato con riferimento agli ulteriori parametri invocati dal Codacons, ed aggiunge che l'art. 24 della legge n. 47 del 1985 non può essere interpretato nel senso di escludere il potere della Regione di stabilire norme di attuazione in ambito regionale, poiché, diversamente, tale norma statale risulterebbe invasiva di competenze regionali, in quanto di eccessivo dettaglio.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, nel corso di giudizi riuniti aventi ad oggetto la legittimità di atti di pianificazione attuativa (e delle conseguenti concessioni edilizie) riguardanti la “zona mostre” di Civitanova Marche, dubita della legittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie)
Rileva il giudice rimettente che – contrariamente al principio fondamentale espresso dalla norma statale, che, nel quadro della semplificazione delle procedure urbanistiche, emancipa la formazione dei piani urbanistici attuativi dall'approvazione regionale, tuttavia configurando l'obbligo del Comune di invio del piano alla Regione per eventuali osservazioni, che poi i Comuni sono obbligati a prendere in considerazione – l'art. 4 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992 attribuisce l'approvazione al Consiglio comunale e sopprime ogni approvazione regionale, e l'art. 30, nel regolare la procedura, si limita a prevedere il deposito del piano attuativo dopo la sua adozione (e non anche l'invio alla regione), e poi l'approvazione del Consiglio comunale.
2. – Va innanzitutto evidenziato che il Tar Marche, nel ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata, ha dedotto la violazione, da parte della legge della Regione, dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, nel testo originario, per non avere osservato i principî fondamentali delle leggi dello Stato senza in alcun modo motivare le ragioni per le quali alla fattispecie in esame si applichi tale normativa e non anche quella novellata.
Ciò però non determina l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, motivata con riferimento ad un parametro costituzionale modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, quando, come nella specie, nella vigenza sia del “vecchio testo” dell'articolo 117 della Costituzione sia del “nuovo”, la Regione deve esercitare la propria competenza nel rispetto dei principî fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato (v. sentenza n. 200 del 2005).
3. – Passando all'esame del merito della questione, la stessa è fondata.
3.1. –La censura di incostituzionalità deve essere vagliata sulla base del parametro costituzionale invocato dal giudice rimettente, senza alcuna possibilità di prendere in considerazione ulteriori parametri dedotti dalle parti.
L'art. 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, compreso nel capo II, relativo allo snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie, testualmente dispone: «Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici regionali, compresi i piani per l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi» (primo comma) . «Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali» (secondo comma).
Tale disposizione non è derogabile dalle leggi regionali, come si evince dal precedente articolo 1, primo comma, secondo cui le Regioni emanano norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni in conformità ai principî definiti dai capi I, II e III della stessa legge, senza che possa trarsi argomento in contrario dal secondo comma per il quale, fino all'emanazione delle norme regionali, si applicano le norme contenute nella legge statale.
Con la legge n. 47 del 1985, se da una parte si istituzionalizza il disegno di semplificazione delle procedure in materia urbanistica, eliminando l'approvazione degli strumenti attuativi, dall'altra, però, si accentuano le forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati.
La statuizione dell'art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985, nella parte in cui prescrive l'invio degli strumenti attuativi comunali alla Regione, è chiaramente preordinata a soddisfare un'esigenza, oltre che di conoscenza per l'ente regionale, anche di coordinamento dell'operato delle Amministrazioni locali ed, in questo senso, la legge statale riserva alla Regione la potestà di formulare “osservazioni” sulle quali i Comuni devono “esprimersi”.
Il contrappeso all'abolizione dell'approvazione regionale è costituito dall'obbligo imposto al Comune di inviare alla Regione il piano attuativo, al fine di sollecitarne osservazioni riguardo alle quali il Comune stesso è tenuto a puntuale motivazione.
Il meccanismo istituito dall'art. 24 della legge n. 47 del 1985, dunque, in relazione allo scopo perseguito dalla legge, configurando l'obbligo dei Comuni di trasmettere i piani urbanistici attuativi alla Regione, assume il carattere di principio fondamentale.
3.2. – La legge urbanistica della regione Marche, come denunciato dal Tar rimettente, abolisce l'approvazione regionale degli strumenti attuativi (e tra questi, dei piani di lottizzazione, oggetto dei giudizi a quibus), e l'attribuisce al Consiglio comunale (art. 4): solo per le zone vincolate, è previsto un parere preliminare della Provincia (che nelle Marche è delegata alle funzioni urbanistiche attribuite alle Regioni: art. 4 legge reg. cit.). La procedura di formazione del piano, prevista dall'art. 30, pur ammettendo opposizioni e osservazioni da parte di “chiunque”, non prevede specificamente l'invio alla Regione (o alla Provincia), previsto dalla legislazione statale (art. 24, secondo comma, della legge n. 47 del 1985), al fine di sollecitare le osservazioni sulle quali la legge statale impone al Comune l'obbligo (non già di recepirle, ma) di motivare puntualmente (quindi anche di non accoglierle): obbligo di invio che la legge statale distingue facendone un quid pluris rispetto alle forme partecipative consentite a soggetti privati e pubblici (art. 25), tanto da esigere una motivazione puntuale, che non è richiesta nei confronti delle osservazioni degli altri soggetti.
E' indubbio che la mancata previsione dell'obbligo di trasmissione contrasta con un principio fondamentale della legge statale e determina l'incostituzionalità delle norme denunciate, nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è richiesta l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione o alla Provincia delegata.
3.3. – Le precedenti osservazioni non sono superate dalle argomentazioni della difesa della Regione Marche.
La previsione dell'obbligo di trasmettere copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano (art. 35 della legge della Regione Marche n. 34 del 1992), non è idonea, data l'evidente schematicità del contenuto, a porre l'ente destinatario in grado di attuare la collaborazione insita nelle osservazioni e sollecitazioni al Comune a compiere nuove valutazioni (che l'art. 35 neppure prevede).
La materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava nell'urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale le regioni debbono osservare, ora come allora, i principî fondamentali ricavabili dalla legislazione statale.
Né è sostenibile l'ascrivibilità dell'art. 24 della legge n. 47 del 1985 alla normativa di dettaglio, che sarebbe preclusa al legislatore statale, atteso che l'ampio ambito di operatività assicurato dal secondo comma dell'art. 24 alla legislazione regionale è soggetto ad una delimitazione di ordine generale, preordinata alla tutela di interessi superiori.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 30 della legge della Regione Marche 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio), nella parte in cui non prevedono che copia dei piani attuativi, per i quali non è prevista l'approvazione regionale, sia trasmessa dai Comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 luglio 2005.