Sentenza n.92 del 1981
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SENTENZA N. 92

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 824 (Norme di attuazione, modificazione ed integrazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici, ex combattenti ed assimilati) promossi con le ordinanze emesse dal Pretore di Brescia il 26 novembre 1974, il 3 febbraio 1975, il 13 luglio e il 15 ottobre 1976, il 18 gennaio e il 14 aprile 1977, dal Tribunale di Torino il 17 e il 28 gennaio 1977, dal Pretore di Salerno il 22 giugno 1977, dal Pretore di Vicenza il 26 settembre 1977, dal Pretore di Varese il 23 novembre 1977 (numero due ordinanze), dal Pretore di Brescia il 25 gennaio, l'8 febbraio e il 30 giugno 1978 e dal Pretore di Torino il 6 novembre 1978, rispettivamente iscritte ai nn. 91 e 138 del registro ordinanze 1975, al n. 603 del registro ordinanze 1976, ai nn. 13, 76, 294, 311, 350, 493 e 552 del registro ordinanze 1977, ed ai nn. 42, 43, 153, 203, 510 e 662 del registro ordinanze 1978 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 88 e 159 del 1975, n. 300 del 1976, nn. 51, 100, 237, 230, 272 e 353 del 1977, nn. 39, 94, 149 e 179 del 1978 e nn. 17 e 59 del 1979;

Visti gli atti di costituzione dell'Azienda servizi municipalizzati del Comune di Brescia, del Ministero del Tesoro, dei Comuni di Roccafranca, Lograto, Castelcovati e Ospitaletto, dei Comuni di Saviore dell'Adamello, Prevalle e Pezzase, dei Monti riuniti di credito su pegno di Brescia, del Comune di Vobarno, del Comune di Piancagno, del Comune di Alfianello, del Comune di Iseo, dell'Istituto nazionale della Previdenza sociale, delle Aziende industriali municipalizzate di Vicenza, della Congrega di carità apostolica e Fondazione conte Gaetano Bonoris di Brescia e del Comune di Capriano del Colle;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1980 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

uditi l'avvocato Cesare Trebeschi, per i Comuni di Roccafranca, Lograto, Castelcovati, Ospitaletto, Saviore dell'Adamello, Prevalle, Pezzase, per i Monti riuniti di credito di Brescia, per i Comuni di Piancogno e Vobarno, di Alfianello e Iseo, per la Congrega di carità apostolica e Fondazione conte Gaetano Bonoris e per il Comune di Capriano del Colle; l'avvocato Emilio Romagnoli per i Comuni di Piancogno e Vobarno; l'avvocato Fabio Roversi Monaco per i Comuni di Alfianello e Iseo; l'avvocato Antonio Amorth per l'Azienda servizi Municipalizzati di Brescia; l'avvocato Egidio Tosato per l'A.I.M. di Vicenza e l'avvocato dello Stato Renato Carafa per il Ministero del tesoro e per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento del lavoro, vertente tra l'azienda servizi municipalizzati del Comune di Brescia e Tommaso Gradeschi, procedimento avente ad oggetto il pagamento di retribuzione per un periodo in cui il convenuto, poi riammesso in servizio, era stato collocato a riposo, ai sensi della legge 24 maggio 1970, n. 336, il pretore di Brescia, con ordinanza emessa il 26 novembre 1974, rilevava che nella specie avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 824, secondo cui "l'onere finanziario derivante dall'applicazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, al personale indicato dall'art. 4 della legge stessa, è a carico dell'ente, istituto o azienda datore di lavoro", e quindi sollevava questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, in riferimento agli artt. 52 e 53 della Costituzione.

Osservava il giudice a quo che la norma impugnata, ricompresa nelle provvidenze a favore dei dipendenti dello Stato e di enti pubblici, ex combattenti o assimilati, poneva a carico di enti diversi dallo Stato benefici connessi alla prestazione del servizio militare. Il che sarebbe potuto apparire in contrasto con quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 27 del 1965 secondo cui: "il sussidio o pensione che la Regione (sarda) con lodevole intento vorrebbe assegnare agli ex combattenti della guerra 1915 - 18 ... è di quelle misure che Io Stato e soltanto lo Stato, può adottare, perchè in corresponsione di un servizio, il più alto e il più nobile, che il cittadino è tenuto a prestargli. Una Regione che si arrogasse di provvedere in questa materia, al posto dello Stato

... commette un'invasione della sfera di competenza dello Stato".

Con tale decisione, per il giudice a quo, si sarebbe quindi affermata la esclusiva competenza dello Stato in ordine ad eventuali benefici disposti a favore di chi adempia al dovere di difesa della Patria sancito dall'art. 52, e conseguentemente, la illegittimità della norma che ponga tali oneri a carico di diverso ente pubblico.

D'altra parte, il pretore di Brescia non ignora il diverso indirizzo seguito dalla Corte con sentenza 16 febbraio 1963, n. 8, decisione, che rafforza il principio per cui il periodo di servizio militare va computato nel calcolo della indennità di anzianità e che pone indubbiamente a carico del datore di lavoro un onere derivante dalla prestazione di servizio militare, onere di cui è dichiarata la piena legittimità costituzionale.

Stante, peraltro, le due diverse tendenze, che il giudice ravvisa nelle decisioni citate, egli non ritiene manifestamente infondata la eccezione formulata, in relazione all'art. 52 della Costituzione.

Quanto poi all'art. 53 si profila la sua violazione, nel senso che - essendo "spesa pubblica" quella conseguente alla difesa della Patria - tale spesa andrebbe posta a carico di tutti i cittadini, in ragione della loro capacità contributiva e non dei singoli enti, istituti o aziende, come invece dispone la norma denunziata.

2. - Con ordinanza emessa il 3 febbraio 1975, il pretore di Brescia sollevava nuovamente questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 824 del 1971, nel procedimento del lavoro vertente tra Giovanni Moroni e la Centrale comunale del latte di Brescia. In tale ordinanza il pretore lamentava la violazione del solo art. 52 della Costituzione, con argomenti identici a quelli formulati nell'ordinanza 26 novembre 1974.

3. - Sempre il pretore di Brescia, con ordinanza emessa il 13 luglio 1976 nel procedimento civile vertente tra il Comune di Roccafranca, l'INADEL e la direzione provinciale del Tesoro di Brescia, riproponeva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 824 del 1971, in riferimento agli artt. 3, 36, 52, 53, 81 comma quarto, 117, 118 e 38 della Costituzione.

Per quanto riguarda gli artt. 52 e 53 della Costituzione, il pretore ripeteva sostanzialmente gli argomenti già ricordati, precisando, peraltro, che la sentenza n. 8 del 1963 (computo del servizio militare ai fini dell'indennità di anzianità) non sembra elidere l'illegittimità costituzionale della norma denunziata, perchè questa non fa riferimento a servizio militare svolto durante un rapporto di lavoro in corso, meritevole di tutela, bensì a situazioni combattentistiche comunque maturate, anche anteriormente alla instaurazione del rapporto di lavoro.

In riferimento all'art. 3, il giudice a quo rileva l'arbitraria disparità, nel senso di diversità di oneri tra enti che dipendenti ex combattenti abbiano ovvero non abbiano, e arbitraria parificazione, nel senso di identità di oneri per trattamento di fine rapporto e quiescenza collegato a servizio militare svolto, in caso di diversa durata del rapporto del dipendente collocato a riposo.

In riferimento all'art. 36, la sua violazione risiederebbe nel fatto che i benefici combattentistici vanno considerati come componente procrastinata della retribuzione, essi sono posti a carico dell'ente datore di lavoro, in relazione ad una prestazione corrisposta a favore di un terzo (lo Stato), e indipendentemente dalla "quantità" del lavoro a favore dell'ente stesso svolto.

In ordine all'art. 81, il pretore lamenta che l'impugnato art. 6 ponga a carico di enti pubblici diversi dallo Stato spese, senza peraltro in nessun modo indicare quali siano i mezzi finanziari disponibili per farvi fronte.

Infine, quanto agli artt. 117, 118 e 38, il giudice a quo osserva che, ove si voglia considerare la legge 336 del 1970 quale complesso di norme destinate a fini assistenziali e previdenziali, gli articoli della Costituzione citati comportano competenza esclusiva delle Regioni e dello Stato a sostenere gli oneri conseguenti, non deferibili ad enti diversi.

4. - Ordinanza di identico contenuto veniva emessa dal pretore di Brescia il 15 ottobre 1976 nel procedimento vertente tra il Comune di Saviore dell'Adamello, l'INADEL e la direzione provinciale del Tesoro.

5. - Era ancora sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 legge n. 824 del 1971 dal pretore di Brescia, con ordinanza emessa il 18 gennaio 1977 nel procedimento vertente tra il Comune di Vobarno e il Ministro del Tesoro, in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 119, 128, 36, 52, 53, 81, quarto comma, 97, 117, 118 e 38 della Costituzione.

Mentre, in ordine agli artt. 3, 36, 52, 53, 81 quarto comma, 117, 118 e 38, il pretore ripete le censure già riferite, in ordine agli artt. 5, 114, 128 e 119 della Costituzione osserva che l'art. 5 detta un principio fondamentale che impone al legislatore, in modo vincolante, il rispetto dell'autonomia locale, individuata dagli artt. 114 e 128.

L'autonomia riconosciuta sarebbe svuotata di qualsiasi efficacia e significato concreto se ad essa non corrispondesse autonomia finanziaria.

In questa prospettiva si colloca l'art. 119, che rende reale il potere di autodeterminazione e autogestione dell'ente, ad esso assicurando i mezzi con i quali far fronte alle esigenze conseguenti allo svolgimento dei compiti che nelle sue competenze rientrano. La norma di legge denunziata impone invece agli enti pubblici locali un nuovo onere finanziario, relativo a materia costituzionalmente non rientrante nell'ambito delle competenze proprie degli enti stessi, senza previsione delle entrate corrispondenti. Sarebbe in tal modo violato il principio di autonomia finanziaria dettato dall'art. 119, che costituisce garanzia di carattere strumentale all'autonomia amministrativa e politica sancita dagli artt. 5, 114, e 128, che sarebbero in tal modo conseguentemente e parimenti violati.

Viene infine ravvisata violazione dell'art. 97, nella considerazione che la norma contestata impone agli uffici degli enti pubblici locali gravi oneri imprevisti, conseguenti alle anticipate richieste di collocamento a riposo di propri dipendenti, non prevedibili, tali da sconvolgere i bilanci preventivi e da portare il caos nella finanza locale.

6. - Con ordinanza emessa il 14 aprile 1977 nel procedimento civile vertente tra il Comune di Alfianello e l'INADEL, il pretore di Brescia sollevava questione identica a quella dell'ordinanza 18 gennaio 1977, appena riferita.

7. - Le stesse censure mosse dal pretore di Brescia, in riferimento agli artt. 3, 36, 52, 53, 81 e 128 della Costituzione, venivano avanzate dal Tribunale di Torino (ordinanze 28 gennaio e 17 gennaio 1977, Consorzio di segreteria tra i Comuni di S. Colombano e Courgnè, Comune di Bernezzo e Ministero del Tesoro) che riteneva anche la violazione dell'art. 2 della Costituzione, senza peraltro specifica motivazione al riguardo, se non quella per cui la solidarietà sociale, prevista dalla norma invocata, sarebbe a carico dell'intera comunità.

8. - La stessa questione in riferimento agli artt. 81, 52, 2, 3, 36, 128, 5, 97, 114, 117, 118, 128 e 38 e con argomenti sostanzialmente identici a quelli esposti, veniva infine sollevata dal pretore di Salerno (ord. 22 giugno 1977, Azienda trasporti autofiloviari consorzio salernitano - INPS), dal pretore di Vicenza (ord. 26 settembre 1977, Aziende industrie municipalizzate - INPS), dal pretore di Varese (ord. 23 novembre 1977, Azienda speciale municipalizzata - INPS), dal pretore di Brescia (ord. 25 gennaio 1978, Comune di Capriano del Colle - Ministero del Tesoro; ord. 8 febbraio 1978, Comune di Salò - Ministero del Tesoro; ord. 30 giugno 1978, Azienda servizi municipalizzati di Brescia - INPS) e dal pretore di Torino (ord. 6 novembre 1978, Consorzio fra i Comuni di Priero e Montezemolo - Ministero del Tesoro).

9. - Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte costituzionale si sono costituiti l'azienda servizi municipalizzati del Comune di Brescia rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Amorth, i Comuni di Roccafranca, Alfianello, Isco, Lograto, Castelcovati, Ospitaletto, Piancogno, Vobarno, Saviore dell'Adamello Prevalle, Pezzase, Capriano del Colle, la Congrega di carità apostolica e Fondazione conte Gaetano Bonoris ed i Monti riuniti di credito su pegno di Brescia, rappresentati e difesi dagli avvocati Cesare Trebeschi, Emilio Romagnoli e Fabio Roversi Monaco, l'INPS, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Belloni, Carlo Casalena e Paolo Boer, le Aziende industriali municipalizzate del Comune di Vicenza, rappresentate e difese dall'avvocato Egidio Tosato.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e s'è costituito il Ministro del Tesoro, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato.

10. - Le difese dei Comuni, delle aziende municipalizzate e degli altri istituti premettono che la norma impugnata è diretta a alleggerire deliberatamente lo Stato dagli oneri che questo si era assunto con la legge n. 336 del 1970, le cui implicazioni finanziarie non erano state affatto previste, tanto che mentre originariamente era stata stanziata in bilancio una copertura per 7 e 9 miliardi, un'indagine CISPEL fa ammontare a non meno di 10.000 miliardi il carico effettivo connesso all'applicazione dei benefici combattentistici. Venendo quindi alle singole censure di illegittimità costituzionale si rileva in ordine agli artt. 3 e 36 come l'applicazione dell'impugnato art. 6 dipenda dal fattore casuale dell'impiego del soggetto beneficiato nell'ente al momento del pensionamento, anche in caso di durata minima del servizio e senza quindi alcuna proporzionalità tra la quantità e qualità del lavoro prestato e la retribuzione differita percepita.

Quanto poi alla violazione degli artt. 52 e 53, si distingue tra oneri connessi al servizio militare obbligatorio e i benefici derivanti da benemerenze combattentistiche, il cui onere deve essere sostenuto dallo Stato, interpretandosi la sentenza n. 27 del 1965 di questa Corte nel senso che le attribuzioni dello Stato riguardano sia il disporre la misura che il provvedere ai mezzi.

In ordine all'art. 38, richiamando la sentenza n. 194 del 1976 di questa Corte, si assume la natura assistenziale e previdenziale dei benefici in esame, con la conseguenza che l'onere relativo deve gravare su organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

La violazione dell'art. 81 è configurata come una elusione dell'obbligo di indicare i mezzi con cui far fronte a nuove ed enormi maggiori spese, attraverso l'artificio di porle a carico di enti pubblici diversi dallo Stato, e mentre da un lato si avvalora l'interpretazione del quarto comma della norma costituzionale nel senso che essa si riferisce alle spese di qualunque ente (in linea con la tradizione normativa ordinaria, v. art. 2 Regio Decreto 3 marzo 1934, n. 383, e i decreti delegati relativi ai trasferimenti di funzioni alle Regioni) dall'altro s'insiste sulla necessaria proporzionalità tra l'onere imposto a un ente e l'attività svolta dallo stesso, così come implicitamente avrebbe indicato la Corte costituzionale nelle sentenze nn. 38 del 1960, 70 del 1960 e 144 del 1972 relative rispettivamente all'assunzione obbligatoria di invalidi al lavoro e alla riduzione obbligatoria del prezzo dei medicinali, oneri di solidarietà sociale proporzionati entrambi alla dimensione dell'impresa o al volume delle vendite.

Infine, quanto alla violazione dei principi dell'autonomia finanziaria degli enti pubblici minori (artt. 5, 114, 119 e 128 della Costituzione), si afferma che mentre la legge ha caricato tali enti di una enorme massa di debiti, non ha previsto alcuna nuova fonte di entrate. E pur essendo stati esclusi dal beneficio i dipendenti da imprese private, per non aggravare i bilanci di tali imprese con conseguenti ripercussioni sull'economia nazionale, del tutto irragionevolmente sarebbero state incluse le imprese e gli enti pubblici con un notevolissimo aggravio del loro bilancio.

11. - Si è costituita la difesa dell'INPS che si rimette alla giustizia di questa Corte, significando che le varie gestioni dell'Istituto stanno corrispondendo regolarmente ai beneficiari, combattenti ed assimilati, le differenze di pensione, oppure l'intera pensione derivante dall'applicazione dei benefici combattentistici, nonché la indennità di anzianità o indennità equiparate per alcune categorie di assicurati (esattoriali, addetti alle Imposte di consumo, etc.).

Il pagamento di tali prestazioni, invero, assume carattere di automaticità, indipendentemente dal previo versamento dell'onere (secondo e terzo comma art. 6), che può essere persino rateizzato nel tempo (artt. 2, 3 e 4 del D.M. 25 agosto 1972 - in Gazzetta Ufficiale n. 239 del 13 settembre 1972).

Le azioni legali per il recupero coatto dei maggiori importi delle indennità e dei valori capitali di copertura delle prestazioni pensionistiche, proposte innanzi ai giudici di merito, sono tutte sospese e paralizzate dalla eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 6 citato.

Si tratta di alcune centinaia di miliardi che le gestioni assicurative, già deficitarie per i trattamenti normali stanno sborsando, prelevando da altre gestioni, con aggravio di interessi e di oneri conseguenziali.

La situazione riveste, pertanto, eccezionale gravità e pone in dubbio persino il pagamento ai pensionati delle normali prestazioni.

Quel che è certo, comunque, è che l'onere, a prescindere dalla legittimità della norma, non potrà mai far carico alle gestioni, cioè ai datori di lavoro ed ai lavoratori attivi, atteso il sistema "a ripartizione" che governa i vari sistemi pensionistici.

12. - Quanto all'Avvocatura generale dello Stato, essa osserva che sulla base delle statuizioni contenute nelle sentenze n. 8 del 1963 e n. 27 del 1965 della Corte resta fermo che solo lo Stato può legiferare in materia di benefici spettanti agli ex combattenti, senza con ciò intendere che sia vietato accollare ad altri enti gli oneri finanziari conseguenti alla concessione di tali benefici; il principio contenuto nell'art. 53 Cost. non è neanche scalfito da una norma quale quella denunciata, non essendo certo in questione la commisurazione del carico tributario in modo uniforme nei confronti di vari soggetti; non è neanche ipotizzabile la violazione del principio di eguaglianza e dell'art. 36 Cost., con riguardo alla qualità e quantità del lavoro svolto presso enti che abbiano o meno dipendenti ex combattenti, apparendo agevole considerare che la pretesa diversità di trattamento dei detti enti in funzione della qualità o meno di ex combattenti dei propri dipendenti costituisce una mera accidentalità che non impinge nella sfera costituzionalmente protetta dall'art. 3 Cost. e che la durata e la qualità del lavoro svolto presso l'ente erogatore dei benefici non può e non deve venire in rilievo esclusivo, postulando quei benefici e la loro entità il rapporto di lavoro globalmente svolto presso i vari enti esponenziali territoriali; ugualmente è da escludere che sia violato dalla normativa denunciata l'art. 52 Cost. in quanto il precetto che dispone che l'adempimento del servizio militare non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, seguendo immediatamente l'affermazione che "il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge", implica che "la disposizione si riferisca senza possibilità di dubbio tanto al servizio prestato in adempimento degli obblighi di leva quanto agli eventuali richiami alle armi" (sentenza n. 8 del 1963).

Quanto all'art. 81 Cost., al quale i giudici a quibus hanno fatto particolare riferimento, va ribadito come il principio che impone la copertura finanziaria delle "nuove e maggiori spese", malamente sia stato invocato nelle ordinanze di rimessione se alla spesa dei c.d. "benefici combattentistici" sono chiamati a sostenerla, nella specie decidente, alcuni datori di lavoro cui tale principio certamente non si applica.

Che, poi, il legislatore statale avrebbe eluso l'art. 81 provvedendo alla copertura della "sua" spesa ed addossandone altra parte senza parimenti provvedere, è tesi certamente suggestiva ma non regge al rilievo che altro è appunto la "spesa" dello Stato (e delle Regioni) altro le spese degli enti pubblici diversi da quelli, nei cui confronti l'art. 81 in questione non si applica.

La dedotta violazione dell'art. 97 Cost. non sarebbe infine configurabile, ricordando che se i "benefici combattentistici" sono stati accordati nel quadro ed al fine della riforma della pubblica Amministrazione, resta escluso che trattisi della concessione di un irrazionale privilegio settoriale, in contrasto con il buon andamento dei pubblici uffici (sent. n. 194/1976).

13. - Nell'udienza pubblica del 16 maggio 1979, l'Avvocatura dello Stato presentava istanza tesa ad ottenere un rinvio per acquisire i dati necessari per una conoscenza obbiettiva dell'entità dell'onere presumibile o sopportato dagli enti pubblici. La Corte costituzionale a sua volta ordinava al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro del tesoro di depositare presso la cancelleria una dettagliata relazione dalla quale risultassero la reale entità e la reale incidenza degli oneri che gli enti pubblici hanno già sostenuto o dovranno sostenere in conseguenza della applicazione della legge n. 336 del 1970 e della legge 9 ottobre 1971, n. 824.

14. - In esecuzione di tale ordinanza l'Avvocatura dello Stato depositava due note del Ministero del Tesoro in data 12 ottobre 1979 e 19 gennaio 1980. L'INPS, a sua volta, portava a conoscenza, con memoria, l'ammontare dei valori capitali posti a carico di enti pubblici con cui è in rapporto assicurativo. L'azienda servizi municipalizzati di Brescia rendeva noto l'ammontare degli oneri aziendali derivanti dalla legge n. 336 del 1970.

Considerato in diritto

1. - I sedici giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza stante che sollevano analoghe e in parte connesse questioni di legittimità costituzionale in ordine alla medesima norma di legge.

2. - Le ordinanze dei giudici a quibus denunziano l'art. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 824, il quale addossa sull'ente, istituto o azienda datore di lavoro l'onere finanziario derivante dall'applicazione dell'art. 4 della legge 24 maggio 1970, n. 336.

Questa legge n. 336 del 1970 prevede una serie di disposizioni premiali applicabili ai dipendenti civili di ruolo e non di ruolo dello Stato, compresi quelli delle amministrazioni ed aziende con ordinamento autonomo, il personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado, i magistrati dell'ordine giudiziario e amministrativo, ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, vedove di guerra o per causa di guerra, profughi per l'applicazione del trattato di pace e categorie equiparate.

Nell'art. 4 è prescritto che "le norme della presente legge si applicano anche al personale dipendente dalle Regioni, dagli enti locali e dalle loro aziende, comprese quelle municipalizzate, dagli enti pubblici e di diritto pubblico, compresi gli enti pubblici economici, dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli enti ospedalieri, ancorché regolamentati da contratti collettivi di lavoro".

3. - A circa un anno e mezzo dall'emanazione della legge 336 del 1970 e mentre era già in corso l'applicazione anche nei confronti dei soggetti indicati nell'art. 4 della medesima legge, dei benefici premiali previsti, veniva emanata la legge 9 ottobre 1971, n. 824, nella quale nell'art. 6 si stabiliva che l'onere finanziario derivante dall'applicazione della legge n. 336 al personale indicato nell'art. 4 della legge stessa è a carico dell'ente, istituto o azienda, datore di lavoro. E prescrive che l'Istituto nazionale della previdenza sociale, "gli altri enti erogatori di pensione, anche di carattere sussidiario o interno, nonché gli enti erogatori delle indennità di buonuscita o di previdenza o di anzianità comunque denominata ..." provvedano a liquidare tempestivamente le pensioni e quanto altro spetti di diritto, e ciò in deroga ad eventuali disposizioni contrarie di legge e statutarie. Viene inoltre stabilito che gli enti datori di lavoro verseranno agli enti erogatori il corrispettivo del valore capitale dei benefici derivanti dall'applicazione della legge 336 del 1970 sul trattamento di pensione, nonché il maggiore importo corrisposto a titolo di indennità di buonuscita o di previdenza in applicazione della legge stessa.

Con successivo D.M. 23 agosto 1972 vengono indicate le modalità per l'attuazione del terzo comma dell'art. 6 della legge 824 del 1971. Nel d.l. 8 luglio 1974, n. 261 (convertito con modifiche nella legge 14 agosto 1974, n. 355) all'art. 2 comma ottavo è precisato che "nulla è innovato per quanto concerne gli enti indicati nell'art. 4 della legge predetta" (cioè la 336 del 1970).

4. - L'illegittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n 824 del 1971 è denunziata dalle ordinanze in epigrafe sotto diversi profili in riferimento:

a) agli artt. 2 e 52 della Costituzione in quanto deferisce ad enti diversi dallo Stato benefici premiali connessi al dovere della difesa della Patria, addossando conseguentemente a singoli e non alla collettività oneri di solidarietà sociale (Pretori di Brescia, di Vicenza, di Varese, Tribunale di Torino);

b) agli artt. 38, 117 e 118 della Costituzione, per deferire a enti diversi dallo Stato e dalle Regioni prestazioni previdenziali (Pretore di Brescia);

c) agli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione per aver violato il principio di autonomia finanziaria degli enti pubblici minori (Pretori di Brescia, di Varese, Tribunale di Torino);

d) all'art. 53 della Costituzione per addossare a singoli enti, istituti e aziende una spesa pubblica che l'intera collettività dovrebbe sostenere in ragione della sua capacità contributiva (Pretori di Brescia, di Torino);

e) agli artt. 3, 4 e 36 della Costituzione per non tener conto nella corresponsione dei benefici della quantità del lavoro prestato con conseguente disparità di trattamento dei diversi enti (Pretori di Brescia, di Varese, Tribunale di Torino);

f) all'art. 81, comma quarto, della Costituzione, per non indicare i mezzi finanziari con cui far fronte alla nuova e maggiore spesa (Pretori di Brescia, di Vicenza, di Varese, di Torino, Tribunale di Torino);

g) all'art. 97 per aver creato vuoti improvvisi ed imprevisti negli organici degli enti pubblici, diversi dallo Stato (Pretori di Brescia, di Salerno, di Vicenza, di Varese, di Torino, Tribunale di Torino).

Le ordinanze in epigrafe sono state rese in 16 giudizi in cui sono parti Comuni, Consorzi di Comuni e Aziende municipalizzate e in due giudizi in cui sono parti i seguenti altri enti: Monti riuniti di credito su pegno di Brescia; Congrega di carità apostolica e Fondazione conte Gaetano Bonoris, il primo di questi è pertanto un ente pubblico economico, il secondo è un istituto di beneficenza.

5. - La Corte ritiene innanzitutto non fondate le censure mosse alla norma impugnata, in riferimento agli artt. 2 e 52 della Costituzione. Ed infatti se è ben vero che nella sentenza n. 27 del 1965 fu affermata la competenza esclusiva dello Stato a disporre previdenze e benefici in relazione ad eventi bellici, tale pronunzia non comportava certo il divieto che soggetti diversi dallo Stato fossero chiamati a sopportarne il relativo onere, restando invece nella discrezionalità del legislatore, ove razionalmente esercitata, imporre, nei limiti delle altre norme della Costituzione, a soggetti diversi l'adempimento di tale compito, proprio in relazione a quei doveri di solidarietà politica, economica e sociale (cfr. sent. n. 12/1972) citati in alcune ordinanze di rimessione.

Analoghi motivi convincono poi dell'infondatezza della denunziata violazione degli artt. 38, 117 e 118 della Costituzione. In contrasto con l'assunto dei giudici a quibus, basterà ricordare come numerosi precedenti della Corte (nn. 70/1960, 44/1965, 74/1966, 23/1968, 21/1969, 91/972) abbiano affermato l'ammissibilità di prestazioni previdenziali imposte a soggetti diversi dallo Stato e dalle Regioni, non essendo queste prestazioni escluse dal quarto comma dell'art. 38, inteso senza dubbio a concedere maggiori garanzie ai prestatori d'opera piuttosto che a diminuirle.

Nelle decisioni appena richiamate la Corte richiedeva al legislatore di determinare i soggetti onerati, in base ad una comunanza specifica o generica di interessi o di un collegamento diretto o indiretto tra la causa dell'imposizione e le finalità da conseguire. Ora, quali ne siano stati in concreto gli effetti, la legge n. 336 del 1970 e la denunziata legge n. 824 del 1971, nel concedere i benefici al personale ex combattente, intesero anche promuovere quanto meno un primo passo concreto verso la riforma della pubblica amministrazione (sent. n. 194/ 1976). Ciò posto la scelta dell'ente, istituto o azienda datore di lavoro come soggetto tenuto all'onere finanziario derivante dall'applicazione dell'art. 4 della legge n. 336 del 1970 non può ritenersi irragionevole.

Né la Corte può spingere il suo sindacato sino a considerare la situazione specifica di ciascun ente istituto o azienda, giudizio questo evidentemente riservato al merito politico-legislativo.

Tali notazioni portano a respingere la questione proposta in riferimento agli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione.

Infine nemmeno fondato è l'asserito contrasto tra l'art. 6 della legge n. 824 del 1971 e gli artt. 4 e 36 della Costituzione. La natura di beneficio "premiale" propria delle agevolazioni economiche e di carriera previsti dalle leggi nn. 336 del 1970 e 824 del 1971, mostra come la materia regolata dalla norma denunziata sia estranea all'ambito di applicazione degli invocati principi costituzionali, concernenti rispettivamente il diritto al lavoro e la giusta retribuzione.

6. - É per contro fondata, nei limiti di cui appresso si dirà, la questione relativa all'art. 81, quarto comma, della Costituzione.

Tale principio costituzionale, infatti, non può essere eluso dal legislatore, addossando ad enti, rientranti nella così detta finanza pubblica allargata, nuove e maggiori spese, senza indicare i mezzi con cui farvi fronte. Il collegamento finanziario tra simili enti e lo Stato è infatti tale da dar luogo ad un unico complesso, come lo stesso legislatore ha riconosciuto con l'art. 27 della legge n.468 del 1978, secondo cui "le leggi che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico di bilanci degli enti di cui al precedente art. 25, devono contenere la previsione dell'onere stesso nonché l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali".

L'impugnato art. 6 invece non si cura affatto di prevedere come gli enti in parola possano far fronte ad una spesa che l'indagine istruttoria esperita dalla Corte ha accertato ingentissima, così violando il principio generale dell'obbligo di copertura che la Corte ha sempre ritenuto estendersi oltre il bilancio dello Stato persona in senso stretto (sent. nn. 9/1958, 54/1958, 7/1959

, 11/1959, 47/1959, 66/1959, 31/1961, 32/1961).

7. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 6 si circoscrive soggettivamente, nei limiti della rilevanza delle questioni prospettate, ai comuni, alle aziende municipalizzate e ai relativi consorzi. Essa pertanto non riguarda né la congregazione di carità, né l'ente pubblico economico di cui alle ordinanze del pretore di Brescia, iscritte nel registro ordinanze ai nn. 13/1977 e 153/1978, enti che non possono essere compresi nel complesso della finanza pubblica allargata, come fatto palese dai citati articoli della legge n. 468 del 1978.

Per essi il legislatore, includendoli nell'art. 4 della legge n. 336 del 1970, non era dunque tenuto a prevedere con quali modalità e con quali mezzi essi dovessero far fronte al versamento agli enti erogatori delle indennità di buonuscita, o di previdenza, o di anzianità, di cui all'art. 6 della legge n. 824 del 1971, del corrispettivo in valore capitale dei benefici derivanti dall'applicazione della citata legge n. 336 del 1970 sul trattamento di pensione nonché il maggior importo corrisposto a titolo di indennità di buonuscita o di previdenza in applicazione della legge medesima. Nei termini nei quali sono state proposte sono pertanto non fondate le questioni sollevate.

Per contro l'accertata violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione assorbe la questione relativa agli artt. 5, 114 e 128 della Carta, poiché un eventuale contrasto della norma denunziata con tali disposizioni costituzionali, nei limiti della rilevanza delle questioni, si circoscriverebbe soggettivamente ad enti per i quali la norma viene già dichiarata illegittima ai sensi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 824, nella parte in cui non indica con quali mezzi i Comuni, le aziende municipalizzate e relativi consorzi, faranno fronte agli oneri finanziari posti a loro carico;

b) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 824, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 36, 38, 52, 53, 97, 117 e 118 della Costituzione, delle ordinanze in epigrafe;

c) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 824 in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 114 e 128 della Costituzione, sollevata dal pretore di Brescia con le ordinanze iscritte ai nn. 13/1977 e 153/1978 del registro.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta. il 9 aprile 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'8 giugno 1981.