SENTENZA N. 8
ANNO 1963
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 1, secondo comma, del D.L.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 303, ratificato con legge 5 gennaio 1953, n. 35, promosso con ordinanza emessa il 20 settembre 1961 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Anfossi Sergio e Riolo Gaetano, iscritta al n. 183 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 del 2 dicembre 1961.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anfossi Sergio;
udita nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1962 la relazione del Giudice Nicola Jaeger.
Ritenuto in fatto
In un giudizio in materia di lavoro proposto davanti al Pretore di Milano l'attore aveva chiesto, fra l'altro, la condanna del convenuto al pagamento di una somma a titolo di indennità di anzianità per un rapporto di lavoro subordinato della durata di oltre 11 anni (dal 10 settembre 1948 al 15 febbraio 1960); senonché emerse nel corso del giudizio il fatto che tale durata era stata interrotta per circa diciotto mesi (dal 2 marzo 1956 al 9 agosto 1957), a causa del servizio militare prestato dal dipendente per adempiere agli obblighi di leva.
Il Pretore ha rilevato che avrebbe dovuto trovare applicazione nel giudizio la norma contenuta nel secondo comma dell'art. 1 del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 303, secondo la quale: "Il tempo trascorso in servizio militare di leva e fino alla presentazione di cui all'art. 3 può essere, mediante contratti di lavoro, computato agli effetti dell'anzianità"; ha osservato che la norma stessa ha modificato le disposizioni precedenti, secondo le quali la chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva risolveva il contratto di lavoro, salvo diverse disposizioni delle norme corporative (art. 2111, primo comma, del Cod. civile); ma ha rilevato poi che una norma della Costituzione dispone che l'adempimento del servizio militare non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino (art. 52, secondo comma).
Ritenuto che costituisca pregiudizio effettivo della posizione di lavoro il mancato computo del tempo trascorso per adempiere agli obblighi di leva nell'anzianità di servizio, e quindi nella determinazione della indennità di anzianità, il Pretore si é proposta la questione se la disposizione che esclude tale computo, ove questo non sia previsto da contratti di lavoro, sia in contrasto con la norma costituzionale; e, non ritenendo tale questione manifestamente infondata, ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il procedimento.
L'ordinanza, pronunciata il 20 settembre 1961, é stata regolarmente comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e pubblicata, per disposizione del Presidente della Corte costituzionale, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 del 2 dicembre 1961.
Si é costituito in giudizio, depositando nella cancelleria le proprie deduzioni il 20 dicembre 1961, soltanto l'attore del giudizio principale, il quale ha osservato che l'art. 52 della Costituzione non fa alcuna distinzione, a differenza degli artt. 2110 e 2111 del Cod. civile, fra il servizio militare prestato in adempimento degli obblighi di leva e quello a seguito di richiamo alle armi ed ha insistito sulla sussistenza di quel pregiudizio effettivo derivante alla posizione di lavoro del cittadino in seguito alla norma denunciata, sul quale il Pretore ha basato la motivazione della rilevanza della questione di legittimità proposta ai fini della decisione della causa.
Considerato in diritto
La disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 1 del decreto legislativo 13 settembre 1946, n. 303, non può dirsi certo molto chiara. Interpretata alla lettera, essa sembrerebbe contenere soltanto una specie di autorizzazione ad includere nei contratti di lavoro una clausola, in base alla quale si debba computare anche il tempo trascorso in servizio militare di leva agli effetti dell'anzianità di servizio del lavoratore dipendente; ma anzitutto essa non specifica se, parlando di "contratti di lavoro", intenda alludere ai contratti collettivi, che avrebbero sostituito le norme corporative previste nell'art. 2111 del Codice civile qualora si fosse provveduto alla attuazione dell'art. 39 della Costituzione, ovvero ai contratti individuali, rispetto ai quali peraltro non sarebbe stato concepibile alcun dubbio sulla facoltà del datore di lavoro di concedere al dipendente un trattamento più favorevole di quello previsto dalla legge, anche riguardo al computo dell'anzianità di servizio.
Intesa in questo senso, la norma dovrebbe dirsi superflua; ma essa può essere anche interpretata nel senso accolto dal giudice del processo principale in base al principio inclusio unius exclusio alterius, secondo il quale la norma stessa porterebbe a fare della clausola contrattuale un presupposto del diritto del lavoratore al computo del tempo trascorso in servizio militare di leva nell'anzianità, ponendo così una limitazione a tale diritto, che verrebbe ad essere condizionato alla esistenza di un contratto collettivo che lo preveda o al consenso espresso contrattualmente dalla parte controinteressata. Da qui il dubbio sulla conformità della norma stessa alla norma contenuta nell'art. 52, secondo comma, della Costituzione.
Questa dispone che l'adempimento del servizio militare non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino; e poiché tali parole seguono immediatamente all'affermazione che "il servizio militare é obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge", la Corte ritiene che la disposizione si riferisca senza possibilità di dubbio tanto al servizio prestato in adempimento degli obblighi di leva quanto agli eventuali richiami alle armi.
D'altra parte, il concetto di posizione di lavoro non deve essere considerato equivalente a quello di posto di lavoro, così da attribuire alla norma costituzionale il solo significato di garanzia di conservazione dell'occupazione; é un concetto molto più ampio, che comprende senza dubbio anche il diritto alla indennità di anzianità, quale che sia la natura o la funzione di tale indennità, e la sua misura. Di conseguenza, una disposizione di legge ordinaria del tenore di quella dell'art. 1 del decreto legislativo del 1946, o dell'altra già contenuta nell'art. 2111 del Codice civile, implicante la limitazione di un diritto del prestatore d'opera in conseguenza della prestazione del servizio militare per gli obblighi di leva, deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 303, ratificato con legge 5 gennaio 1953, n. 35, in riferimento alla norma contenuta nell'art. 52, secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 1963.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CAPPI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.
Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1963.