Sentenza n. 54 del 1958
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SENTENZA N. 54

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea del Consiglio regionale per la Regione autonoma della Sardegna nella seduta del 24 gennaio 1956, avente per oggetto "Abrogazione della legge regionale 14 febbraio 1952, n. 2, e modifiche alla legge regionale 4 febbraio 1950, n. 3", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 4 dicembre 1957, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 9 dicembre 1957 ed iscritto al n. 27 del Registro ricorsi 1957.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione autonoma della Sardegna;

udita nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1958 la relazione del Giudice Antonio Manca;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Marcello Frattini per il ricorrente e gli avvocati Egidio Tosato e Pietro Gasparri per la Regione autonoma della Sardegna.

 

Ritenuto in fatto

 

La legge della Regione sarda 4 febbraio 1950, n. 3, contenente "Provvedimenti a sollievo della disoccupazione" disponeva, nell'articolo 1, che l'Assessore al lavoro e previdenza sociale, di intesa con gli altri Assessori competenti per materia, poteva autorizzare nei comuni, o nei consorzi di comuni che ne facessero richiesta, tenuto conto dell'indice e del tipo della disoccupazione, l'apertura di cantieri scuola di lavoro per disoccupati, allo scopo di eseguire piccole opere di pubblica utilità di esclusivo interesse comunale o intercomunale. Disponeva, nell'articolo 2, che le domande per la istituzione dei cantieri dovevano essere inoltrate dagli enti interessati all'amministrazione regionale, cui spettava anche il controllo dei cantieri e del collaudo delle opere; nell'articolo 3, che la gestione dei cantieri di cui all'articolo 1 era affidata alle amministrazioni comunali e nell'articolo 4 disciplinava l'ammissione ai cantieri dei lavoratori disoccupati.

Negli articoli 5 e 6, che più particolarmente riguardano l'attuale controversia, si determinava (art. 5) l'indennità da attribuirsi ai lavoratori occupati nei cantieri nella stessa misura delle indennità corrisposte nei cantieri statali; e si stabilivano le modalità per il finanziamento dei cantieri stessi.

Con la ricordata legge del 14 febbraio 1952 furono apportate modifiche alla precedente legge del 1950 e precisamente, con l'articolo 1, fu sostituito l'articolo 5 di quest'ultima, disponendosi che, ai lavoratori occupati nei cantieri di lavoro e non fruenti del sussidio ordinario e straordinario di disoccupazione, era corrisposta un'indennità di L. 600 per ogni giornata di effettivo lavoro; che agli allievi aventi famiglia a carico spettava inoltre un assegno integrativo di L. 60 giornaliere per ogni familiare a carico; che l'indennità complessiva giornaliera spettante agli allievi aventi famiglia a carico non poteva comunque essere inferiore a L. 700 né superiore a L. 800; mentre ai lavoratori, che percepivano il sussidio di disoccupazione, era attribuita un'indennità globale pari a L. 400 al giorno.

Con l'articolo 2 fu sostituito l'articolo 6 e si stabiliva che le spese occorrenti per l'acquisto delle attrezzature e dei materiali necessari, nonché quelle relative ad eventuali espropri, erano a carico dell'ente gestore; che a tali spese l'amministrazione regionale poteva concorrere con un contributo non superiore al 10% della somma da essa stanziata per ciascun cantiere; e che le spese per l'organizzazione e il funzionamento dei cantieri di lavoro e le indennità ai lavoratori che vi erano ammessi, gravavano sul bilancio della Regione.

La successiva legge deliberata il 24 gennaio 1956 ha abrogato la legge del 14 febbraio 1952, modificando ulteriormente gli articoli 5 e 6 della legge del 1950: per i lavoratori occupati nei cantieri di lavoro e non fruenti di sussidio di disoccupazione, o di altro assegno a carattere continuativo, l'indennità era aumentata a L. 700. Agli allievi aventi famiglia a carico era attribuito inoltre un assegno integrativo pari a L. 60 giornaliere per ogni convivente a carico avente diritto agli assegni familiari, purché l'indennità complessiva giornaliera per gli allievi, con famiglia a carico, non superasse L. 1000 giornaliere. Per i lavoratori con sussidio di disoccupazione l'indennità era stabilita in L. 500 al giorno.

La modificazione dell'articolo 6 riguardava, in particolare, il contributo finanziario della Regione stabilito nella misura del 20%, per i materiali di consumo, e l'assunzione, a carico della Regione, insieme con le spese per l'organizzazione e il funzionamento dei cantieri e per le indennità agli operai, anche di quelle concernenti l'utilizzo, a mezzo di nolo, dei rulli compressori stradali.

Come già si é accennato le due leggi del 1950 e del 1952 non sono state impugnate. É stata impugnata invece dal Presidente del Consiglio dei Ministri, debitamente autorizzato con deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 26 novembre 1957, la legge deliberata il 24 gennaio 1956, con ricorso notificato il 4 dicembre 1957 e depositato, con le deduzioni dell'Avvocatura generale dello Stato, il 9 dicembre 1957.

Del ricorso é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale n. 310 del 14 dicembre 1957 e nel Bollettino regionale n. 49 del 29 dicembre 1957.

La difesa dello Stato pone a base dell'impugnazione le norme contenute nell'articolo 5, lettere a e b, dello Statuto speciale per la Sardegna, secondo le quali, sia in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, sia in materia di istruzione, per quanto attiene ai cantieri scuola, la Regione ha facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, mediante norme di integrazione ed attuazione.

Si osserva al riguardo che tale potestà normativa, che viene definita terziaria - in relazione alla potestà normativa primaria e a quella complementare stabilita negli articoli 3 e 4 dello Statuto - sarebbe da considerare nella sostanza come potere regolamentare, sebbene, dal punto di vista formale, si eserciti con provvedimenti legislativi. Detta potestà quindi consentirebbe alla Regione soltanto l'emanazione dei provvedimenti diretti a dare attuazione alle leggi statali con norme particolareggiate, per adattare dette leggi alle esigenze locali, e ad estendere le leggi stesse a settori e a situazioni non particolarmente preveduti. Con la conseguenza quindi che non sarebbe consentito al legislatore regionale portare innovazioni sia ai principi delle leggi dello Stato, sia alle disposizioni sostanziali contenute nelle leggi stesse.

Nella specie, invece, secondo la tesi dell'Avvocatura, la legge regionale del 1956, non soltanto non farebbe alcun riferimento alla legge nazionale (che costituirebbe il presupposto e segnerebbe i limiti dell'attività normativa della Regione in base all'articolo 5 dello Statuto), ma avrebbe il carattere di legge autonoma in deroga alle norme statali relative all'organizzazione dei cantieri, alle competenze degli organi statali e alla determinazione della indennità ai lavoratori. La misura della quale avrebbe importanza sostanziale sia nei rapporti dei cantieri scuola istituiti dallo Stato nella Regione, sia in relazione alla situazione economica generale, per quanto attiene al lavoro nell'agricoltura e nell'industria.

Dalla difesa dello Stato si fa altresì rilevare che le spese per l'organizzazione e il funzionamento dei cantieri scuola, in base agli articoli 59 e seguenti della legge 29 aprile 1949, n. 264, sono poste a carico del "Fondo per la qualificazione, il perfezionamento e la rieducazione dei lavoratori", con stanziamento riguardante tutto il territorio dello Stato; che si tratterebbe di provvedimenti relativi alla previdenza sociale, nei quali avrebbero carattere fondamentale sia il rapporto fra i fondi disponibili e la estensione delle provvidenze da attuare, sia il carattere assistenziale, per cui le indennità dovrebbero essere notevolmente inferiori ai salari normali dei lavoratori occupati; e che perciò la Regione, nell'attuare la legge dello Stato, non avrebbe potuto modificare la misura delle indennità, senza alterare il carattere della legge e porsi in contrasto con l'interesse nazionale.

L'Avvocatura accenna inoltre agli inconvenienti pratici derivanti dall'applicazione della legge regionale impugnata, a causa della sperequazione che si verificherebbe fra le indennità fissate per i cantieri scuola statali e le indennità prevedute per quelli istituiti in base alla legge regionale. Aggiunge d'altra parte che alla Regione non spetterebbero attribuzioni amministrative nella materia preveduta dall'articolo 5 dello Statuto, poiché l'articolo 6 limiterebbe le funzioni amministrative alle materie indicate negli articoli 3 e 4, cioè a quelle per le quali é riconosciuta potestà normativa primaria e complementare. Con la conseguenza che la Regione non potrebbe sostituire organi propri a quelli dello Stato, né organizzare, dirigere e controllare la gestione dei cantieri scuola.

Osserva infine che, in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione, la legge impugnata pone le spese indicate all'articolo 2, sostitutivo dell'articolo 6 della legge del 1950, a carico del bilancio della Regione, senza indicare né i limiti della spesa né i mezzi di copertura.

Per quanto attiene alle precedenti leggi regionali sulla materia, del 1950 e del 1952, l'Avvocatura sostiene che la questione di legittimità, proposta in via diretta contro la legge del 1956, investirebbe anche le altre due leggi; e che quindi, sebbene queste non siano state tempestivamente impugnate, la loro illegittimità, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso proposto contro la legge del 1956, deriverebbe, in applicazione dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come conseguenza del riconoscimento del difetto di potestà legislativa autonoma e di potestà amministrativa della Regione. Conclude perciò chiedendo che la Corte dichiari la illegittimità costituzionale della legge regionale deliberata il 24 gennaio 1956 e, come conseguenza dei principi affermati, anche la illegittimità delle leggi 14 febbraio 1952, n. 2, e 4 febbraio 1950, n. 3.

Il Presidente della Regione, rappresentato dagli avvocati, professori Egidio Tosato e Pietro Gasparri, si é costituito ed ha depositato le deduzioni in data 23 dicembre 1957.

In opposizione alle tesi sostenute nel ricorso, la difesa della Regione deduce, in via pregiudiziale e principale:

a) l'inammissibilità del ricorso per mancanza di oggetto, in ordine alla legge 14 febbraio 1952, n. 2, e riguardo agli articoli 5 e 6 della legge regionale 4 febbraio 1950, n. 3;

b) l'irricevibilità, per difetto di tempestiva impugnazione, relativamente a tutte le altre disposizioni di quest'ultima legge;

c) l'improponibilità riguardo alle leggi regionali del 1950, del 1952 e del 1956, in quanto il ricorso sarebbe fondato su motivi di merito, circa i quali la Corte costituzionale difetterebbe di competenza a decidere.

In via subordinata deduce la infondatezza sostanziale del ricorso.

Sotto l'aspetto formale, in ordine alle eccezioni di inammissibilità dedotte nelle lettere a e b, osserva che, riguardo alla legge 1952, n. 2, e riguardo agli articoli 5 e 6 della legge 1950, considerati nella redazione originaria, il ricorso sarebbe privo di oggetto, in quanto la legge del 1952 sarebbe stata già abrogata da quella del 1956, e gli articoli 5 e 6 della legge del 1950 sostituiti dagli articoli 1 e 2 della stessa legge del 1956.

Aggiunge che soltanto nell'ipotesi di accoglimento del ricorso relativamente a quest'ultima legge, rivivrebbero quella del 1952 e le altre norme della legge del 1950, che peraltro non potrebbero essere ritenute illegittime, non essendo state a suo tempo denunciate alla Corte costituzionale. Secondo la difesa della Regione l'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non sarebbe utilmente invocato, poiché tale articolo, come si desumerebbe dal testo dell'articolo 34, secondo comma, riguarderebbe le questioni di legittimità costituzionali sollevate nel corso di un giudizio e quindi in via incidentale, e non sarebbe perciò applicabile nelle controversie di legittimità costituzionale promosse in via principale, come nella specie.

D'altra parte l'improponibilità del ricorso dedotta nella lettera c deriverebbe dal fatto che le critiche, che si muovono in particolare alla legge del 1956, riguarderebbero non una questione di legittimità, ma una questione di merito, per contrasto di interessi, di competenza del Parlamento ai sensi dell'articolo 33, secondo comma, dello Statuto speciale per la Sardegna.

Quanto alla infondatezza sostanziale del ricorso la difesa della Regione sostiene che (a parte il fatto che l'impugnazione si sarebbe dovuta proporre contro la legge del 1952 che già dispose l'aumento dell'indennità) il legislatore sardo non avrebbe esorbitato dai limiti posti dall'articolo 5 dello Statuto, poiché non avrebbe portato innovazioni alla legge statale, ma si sarebbe limitato a creare una organizzazione di cantieri scuola modellata su quella statale, integrandone e sviluppandone la funzione sociale, per ovviare, con maggiore efficacia, alla grave situazione della disoccupazione nella Regione. I quali cantieri costituirebbero un mezzo per la realizzazione dei "lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione". Le leggi emanate al riguardo sarebbero perciò comprese comunque nella potestà normativa primaria della Regione, ai sensi dell'articolo 3, lettera e, dello Statuto.

Circa le funzioni amministrative osserva che dalla disposizione dell'articolo 6 dello Statuto non si può desumere che la Regione sarebbe incompetente ad esercitare le funzioni amministrative necessarie per la esecuzione delle norme legislative di integrazione comprese nell'articolo 5.

L'Avvocatura generale, con la memoria depositata il 28 maggio 1958, ribadisce ed illustra i motivi del ricorso. Insiste nel sostenere che la potestà normativa, attribuita alla Regione sarda dall'articolo 5 dello Statuto, consente l'emanazione di norme integrative e di attuazione, che non potrebbero contenere modificazioni o innovazioni alle leggi dello Stato, come sarebbe invece accaduto nella specie; che il fatto che la istituzione dei cantieri nell'Isola possa servire alla realizzazione di opere pubbliche di interesse locale, non legittimerebbe l'applicazione dell'articolo 3, lettera e, dello Statuto, poiché tale istituzione riguarderebbe direttamente materie diverse, cioè l'assistenza ai lavoratori disoccupati, e soltanto indirettamente la materia di cui al predetto articolo 3, lettera e.

Insiste infine nel sostenere l'applicabilità dell'articolo 27 della legge n. 87 per quanto attiene alle due leggi del 1950 e 1952, non tempestivamente impugnate, osservando, fra l'altro, che una eventuale dichiarazione di illegittimità limitata alla legge del 1956 farebbe risorgere le norme anteriori abrogate o modificate, con la conseguenza che la precisazione dei limiti della potestà legislativa regionale in base all'articolo 5 rimarrebbe una pronuncia astratta e senza effetto pratico.

Anche la difesa della Regione ha depositato, il 29 maggio 1958, una memoria illustrativa delle deduzioni.

In ordine all'ammissibilità del ricorso si ribadisce che, non essendosi impugnate le leggi del 1950 e del 1952, il ricorso non potrebbe essere diretto contro la legge del 1956, in quanto questo non proporrebbe motivi nuovi e diversi da quelli che si sarebbero potuti dedurre (e non furono dedotti) contro le leggi precedenti. E secondo la difesa della Regione, non sarebbe motivo diverso neppure quello concernente il nuovo aumento dell'indennità ai lavoratori occupati nei cantieri regionali, poiché, anche se fosse esatto (il che la Regione contesta e confuta), che tale indennità fosse superiore a quanto complessivamente viene assegnato ai lavoratori nei cantieri statali, tale motivo si sarebbe dovuto proporre contro la legge del 1952, che aveva già aumentato le indennità anzidette.

Nel merito la difesa della Regione conferma che alla Regione stessa sarebbe consentito istituire i cantieri scuola in base alla potestà normativa di integrazione in armonia col sistema della legge statale; e rileva che se, per il trattamento economico dei lavoratori nei cantieri regionali, potessero eventualmente sorgere situazioni di disagio rispetto ai cantieri statali, come sostiene l'Avvocatura, ciò integrerebbe se mai un conflitto di interessi fra Stato e Regione di esclusiva competenza del Parlamento.

Contesta l'applicabilità dell'art. 27 della legge n. 87, perché non si rientrerebbe nell'ambito dell'accennata disposizione, in quanto le leggi del 1950 e del 1952 non deriverebbero dalla legge del 1956, ma di questa invece costituirebbero il presupposto e il fondamento.

Per ciò che riguarda infine la violazione dell'articolo 81 della Costituzione rileva che alle spese poste a carico del bilancio regionale si provvederebbe con la riduzione del numero dei cantieri da istituire e si sarebbe quindi fuori dell'ambito dell'articolo 81.

 

Considerato in diritto

 

Per precisare l'ambito della controversia ora sottoposta al giudizio della Corte occorre ricordare che, come emerge dalla esposizione del fatto, nella materia dei cantieri scuola per lavoratori disoccupati, la Regione della Sardegna ha provveduto con tre leggi: una del 4 febbraio 1950, n. 3, l'altra del 14 febbraio 1952, n. 2, e la terza deliberata il 24 gennaio 1956. Con la prima si dava facoltà all'Assessore per il lavoro e per la previdenza sociale di autorizzare, su richiesta di comuni o di consorzi di comuni, l'apertura e la gestione di cantieri scuola sotto il controllo dell'amministrazione regionale, ponendo a carico dei detti enti la gestione e le spese per l'acquisto delle attrezzature e dei materiali e quelle di eventuali espropri; si stabilivano le condizioni e le modalità per l'ammissione dei lavoratori, entro il numero massimo da fissarsi dall'Assessore competente; si determinavano le indennità da corrispondersi ai lavoratori anzidetti, restando a carico del bilancio della Regione sia l'onere per le indennità, sia le spese per l'organizzazione e il funzionamento dei cantieri. Con la seconda legge si modificava quella del 1950, negli articoli 5 e 6, limitatamente alla misura della indennità, aumentata rispetto a quella preveduta dalla legge precedente, mentre la Regione contribuiva anche nella misura del 10% alle spese lasciate a carico degli enti gestori dei cantieri. Ed infine con la legge deliberata nel 1956, da un lato si disponeva l'abrogazione di quella del 1952, dall'altro si modificavano ulteriormente gli articoli 5 e 6 della legge del 1950, aumentando la misura dell'indennità e ponendo a carico della Regione, oltre le spese per l'indennità, un contributo del 20% per quelle inerenti ai materiali di consumo.

É pacifico che le due leggi del 1950 e del 1952 non sono state impugnate dallo Stato; il quale invece ha proposto tempestivamente ricorso a questa Corte soltanto contro la terza legge del 1956. Il che porta come conseguenza che, contrariamente a quanto pare ritenga l'Avvocatura, non possono più formare oggetto di discussione, nell'attuale dibattito, come sostanzialmente contrastanti con i precetti dell'articolo 5, lett. a e b, dello Statuto speciale della Sardegna (a parte le disposizioni della legge del 1952 già abrogate) quelle contenute nella legge del 1950, che non sono modificate dalla legge del 1956, che riguardano la istituzione, la organizzazione dei cantieri scuola e la competenza degli organi amministrativi regionali. Il tema del dibattito é circoscritto quindi all'indagine se possano ritenersi costituzionalmente legittime le norme della impugnata legge del 1956, in quanto contengono un aumento nella misura dell'indennità ai lavoratori occupati nei cantieri, ed hanno posto a carico del bilancio regionale le maggiori spese da tale aumento derivanti, oltre al maggiore onere per il contributo finanziario della Regione, stabilito nel 20% in relazione all'acquisto dei materiali di consumo.

La difesa della Regione peraltro, nelle deduzioni e nella memoria sostiene che, anche limitatamente alla legge deliberata il 24 gennaio 1956, il ricorso sia inammissibile; e su tale eccezione ha particolarmente insistito nella discussione orale. Assume al riguardo che i motivi di illegittimità proposti contro la ricordata legge non hanno una autonoma ragion d'essere, in quanto questa legge ha soltanto modificato parzialmente e senza alcuna sostanziale innovazione quella del 1950. Di guisa che il ricorso proposto contro la legge del 1956 non contiene motivi nuovi e diversi da quelli che si sarebbero dovuti dedurre sia riguardo alla legge del 1950, sia riguardo a quella del 1952, che invece non furono denunziate a questa Corte. Non potendosi considerare, si aggiunge, motivo diverso quello che investe la legge del 1956 per avere ulteriormente aumentato la misura dell'indennità da corrispondersi ai lavoratori, rispetto a quella corrisposta dallo Stato. Poiché, anche sotto tale aspetto, la questione di illegittimità si sarebbe dovuta sollevare rispetto alla legge del 1952, la quale, per la prima volta stabiliva una diversità di trattamento a favore dei lavoratori occupati nei cantieri regionali, in confronto di quelli ammessi ai cantieri aperti dallo Stato nella Regione.

Ad avviso della Corte l'eccezione non appare fondata. É da tenere presente che la legge regionale del 1956 apporta modificazioni alle norme contenute nelle due precedenti leggi regionali, sia in ordine alle spese poste a carico degli enti gestori dei cantieri, sia riguardo al modo di erogare le spese a carico della Regione. L'ultima legge quindi, direttamente impugnata, si presenta formalmente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, come provvedimento legislativo contenente disposizioni che hanno portato innovazioni rispetto a quelle contenute nelle due leggi precedenti. Giova anche ricordare in proposito che, con la sentenza n. 44 del 1957, questa Corte ha ritenuto ammissibile l'impugnazione di una legge regionale interpretativa di una legge precedente emanata dalla stessa Regione; di una legge cioè la cui novità, nell'ordinamento giuridico, consiste soltanto nello stabilire, in modo obbligatorio per tutti, il significato e la portata di norme già in vigore. Il che offre altro valido argomento per ritenere a maggior ragione ammissibile l'attuale ricorso.

Passando al merito della controversia, l'Avvocatura dello Stato, come si é già accennato, deduce la illegittimità costituzionale della legge deliberata dalla Regione sarda il 24 gennaio 1956, perché comprende disposizioni che contrastano, oltre che con l'articolo 81 della Costituzione (per ciò che attiene ai maggiori oneri finanziari assunti dalla Regione), anche con i precetti contenuti nell'articolo 5, lett. a e b, dello Statuto speciale per la Sardegna. I quali stabiliscono che, nelle materie dell'istruzione, del lavoro, della previdenza e assistenza sociale, la Regione, per adattare alle sue particolari esigenze le leggi statali, ha potestà normativa di integrazione e di attuazione. Nelle deduzioni e nella memoria, la difesa dello Stato sostiene che, in base al limitato potere riconosciuto dallo Statuto, alla Regione é consentito soltanto di emanare norme intese a specificare e precisare quelle contenute nella legge statale; o ad integrare le norme stesse estendendole a casi e situazioni non direttamente da queste preveduti, escludendo perciò qualsiasi deroga sia ai principi cui si informa la legge dello Stato, sia alla sostanza delle singole norme. E, secondo l'Avvocatura, il denunciato contrasto deriverebbe non soltanto dal fatto che la legge regionale avrebbe carattere autonomo, senza alcun riferimento alla legge nazionale del 29 aprile 1949, n. 264, contenente provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati, ma avrebbe derogato illegittimamente alle disposizioni relative all'organizzazione dei cantieri, alla competenza degli organi statali e alla determinazione dell'indennità.

Sennonché é da osservare anzitutto che, profilando in questi termini la materia del contendere, si viene ad allargare l'ambito della controversia oltre i limiti ormai irrevocabilmente fissati dal difetto di impugnazione della legge regionale del 1950; la quale, essendo rimasta viva ed operante nelle parti che non sono modificate dalla legge del 1956, consente alla Regione di istituire direttamente, di organizzare, ponendoli sotto il controllo dei propri organi, e finanziare cantieri scuola e di lavoro nell'ambito del territorio regionale. Limitando perciò l'indagine alle disposizioni della legge del 1956, la Corte rileva che, secondo la tesi del ricorrente, dedotta nel ricorso e ribadita nella memoria, l'aumento dell'indennità da corrispondersi ai lavoratori occupati nei cantieri istituiti dalla Regione, é fissato in misura eccessiva rispetto al limite in cui detta indennità é contenuta per i cantieri aperti dallo Stato; che alla determinazione dell'anzidetta indennità si procede, nel sistema della legge statale del 1949, in base a valutazioni di carattere economico, sociale e politico, ed a calcoli da effettuarsi sul piano nazionale; di guisa che la deroga a tale sistema non può essere consentita. L'Avvocatura fa rilevare altresì che l'organizzazione dei cantieri scuola, in base agli articoli 59 e seguenti della citata legge del 1949, é posta a carico del "Fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori" e che perciò i provvedimenti da attuare, in particolare circa i compensi da corrispondere, rientrano nel campo dell'assistenza ai disoccupati, e data, l'analogia con i sussidi di disoccupazione, sono fondamentalmente condizionati sia ad un equilibrio fra i fondi disponibili e l'estensione dei provvedimenti da attuare, sia alla necessità che i compensi anzidetti debbano essere notevolmente inferiori ai salari dei lavoratori occupati. Con la conseguenza perciò che la Regione, intendendo attuare la legge statale, non può modificarne il sistema, alterando il carattere della legge e ponendosi in contrasto con l'interesse nazionale.

Queste osservazioni, peraltro, se possono essere condivise in linea astratta, non hanno tuttavia carattere risolutivo per la decisione dell'attuale controversia.

É certo (e questa Corte ha già avuto occasione di precisarlo nella sentenza n. 8 del 1957, a proposito della legge 6 agosto 1940, n. 1278, che istituì una cassa unica per gli assegni familiari ai lavoratori) che, nella complessa ed estesa materia della previdenza sociale, cui, oltre alla legge del 29 aprile 1949, n. 264, sull'assistenza ai lavoratori disoccupati, si riferiscono anche altre leggi di carattere fondamentale, come quelle che concernono l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (decreto legislativo del 25 gennaio 1947, n. 14) e l'assicurazione contro le malattie (legge 19 febbraio 1951, n. 74) i relativi provvedimenti legislativi disciplinano la materia stessa sul piano nazionale, in particolare per quanto attiene al sistema delle prestazioni e delle contribuzioni, con necessari riflessi anche sulla misura delle indennità da corrispondersi al lavoratore.

Sennonché, nella specie, nell'esame della legittimità costituzionale della legge regionale ora impugnata (quella del 1956), non si può prescindere dal tener conto di due elementi di particolare importanza che si ricollegano, l'uno al fatto che la Regione può ormai istituire direttamente, organizzare e finanziare cantieri scuola, l'altro al sistema adottato dalle leggi regionali per sopperire alle spese necessarie al funzionamento dei cantieri stessi (comprese le indennità ai lavoratori) diverso dal sistema della legge statale del 1949.

L'articolo 61 di questa legge stabilisce infatti che le spese anzidette sono a carico del fondo speciale di cui all'articolo successivo il quale, a sua volta, stabilisce che il fondo é alimentato, oltreché da un contributo annuo da parte dello Stato, da contributi volontari, da contributi straordinari da stabilirsi sulla gestione dell'assicurazione contro la disoccupazione, dei relativi assegni integrativi e dei sussidi straordinari di disoccupazione. Invece per la legge regionale del 1950, e per quelle successive, l'onere finanziario non é coperto da vari contributi, ma é assunto direttamente dalla Regione a carico del proprio bilancio.

Lo Stato peraltro si é astenuto dall'impugnare la legge del 1950, che é basilare per la istituzione dei cantieri scuola regionali, ed ha per di più acconsentito alla promulgazione della successiva legge del 1952, che già aumentava l'indennità ai lavoratori, come risulta dalle comunicazioni fatte dal Rappresentante del Governo al Presidente della Regione, in data 6 marzo 1952. Ne consegue quindi che si é consolidato legislativamente nella Regione sarda un particolare sistema di adattamento alle esigenze locali, delle provvidenze disposte con la legge statale del 1949; adattamento che ha già avuto applicazione per notevole periodo di tempo.

Ora, da tale situazione deriva logicamente che l'ulteriore aumento dell'indennità da corrispondersi ai lavoratori, che é apportato dalla legge regionale deliberata nel 1956, il quale ha determinato, in sostanza, l'impugnazione di questa legge, non può considerarsi come una deroga non consentita alla legge statale del 1949; bensì piuttosto come un ulteriore adattamento alle particolari esigenze della Regione (del resto riconosciute anche dallo Stato), nello stesso ambito della materia già disciplinata dalle precedenti leggi emanate dalla Regione e dei principi in esse contenuti. E pertanto, alle disposizioni stabilite nelle lettere a e b dell'articolo 5 dello Statuto speciale per la Sardegna, circa la potestà normativa della Regione nella materia, non si può fare fondato riferimento, ai fini della decisione della causa, poiché le modificazioni che sono apportate dalla legge regionale del 1956, restano fuori della sfera di applicazione delle disposizioni stesse, delle quali perciò diviene ora superfluo esaminare il significato e la portata. Disposizioni che, del resto, l'Avvocatura dello Stato ha richiamato, in quanto, come risulta dalle deduzioni, ha ritenuto di poter rimettere in discussione tutta la materia dei cantieri scuola istituiti dalla Regione; materia che, in base a quanto si é detto, non può più formare oggetto di discussione in questa sede.

Che se, d'altra parte, l'aumento dell'indennità ai lavoratori occupati nei cantieri regionali avesse dato luogo, come pure, rileva l'Avvocatura dello Stato, non é contestato dalla Regione, ad una sperequazione di trattamento fra i lavoratori occupati nei cantieri istituiti dalla Regione e i lavoratori occupati nei cantieri istituiti dallo Stato nell'Isola, provocando malcontento ed agitazione con pericolo per l'ordine pubblico, tutto ciò non può avere rilevanza giuridica ai fini del giudizio di legittimità costituzionale della legge deliberata dalla Regione, poiché si tratterebbe di un contrasto con gli interessi dello Stato, la cui risoluzione esula dalla competenza di questa Corte.

Riconosciuta pertanto, sotto l'aspetto esaminato, la legittimità costituzionale delle norme contenute nella legge del 1956, restano ovviamente assorbite le altre due questioni sollevate dalla difesa dello Stato. Quella cioè relativa all'applicazione dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, al fine della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle due leggi emanate dalla Regione nel 1950 e nel 1952; in quanto dalla stessa Avvocatura, l'applicazione dell'anzidetta norma é condizionata alla dichiarazione di illegittimità della legge regionale del 1956. Ed inoltre resta pure assorbita la questione relativa al difetto di potestà amministrativa della Regione nella materia, in base all'articolo 6 dello Statuto, poiché, anche su tal punto, la discussione é ormai preclusa dalla mancata impugnazione della legge del 1950.

Resta da esaminare se nella legge del 1956 si possa ravvisare violazione dell'art. 81 della Costituzione, perché, secondo l'assunto dell'Avvocatura, in questa legge si prevedono cospicue spese a carico del bilancio della Regione, senza che si indichino i limiti delle spese stesse e i mezzi di copertura.

É da premettere che questa Corte, con la sentenza n. 9 del 25 febbraio 1958, ha affermato che la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione riguarda, oltre che lo Stato, anche le Regioni, non potendo queste sottrarsi alla fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio. Ha in conseguenza ritenuto che pure le leggi emanate dalle Regioni con istituzione di nuove spese devono indicare positivamente ed esplicitamente i mezzi per farvi fronte.

Tali principi rispondono alle esigenze cui é ispirato l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione e devono essere confermati. Tuttavia, nel caso in esame, l'interpretazione dell'articolo 2 della legge regionale del 1956, che ha sostituito l'art. 6 della legge del 1950, chiarisce che il precetto dell'articolo 81 non é stato violato. Dispone infatti l'articolo 2 che le spese per l'organizzazione e il funzionamento dei cantieri, nonché quelle concernenti l'utilizzo, a mezzo di nolo, dei rulli compressori stradali da impiegare nei relativi lavori, e le indennità ai lavoratori che vi sono ammessi, gravano sul bilancio della Regione, rubrica dell'Assessorato al lavoro. Ma é da tenere presente al riguardo che l'assunzione a carico del bilancio della Regione delle spese riguardanti i cantieri scuola é stata già stabilita dalla legge del 1950 e confermata, con identica formulazione, anche nella legge del 1952.

Quando poi é stata deliberata la legge del 1956, nel bilancio della Regione era già compresa una somma complessiva destinata alla finalità anzidetta. Ora, poiché nell'articolo 2 di quest'ultima legge, quanto all'onere finanziario, si é mantenuta la stessa formulazione della legge del 1950 non impugnata, dal collegamento delle due disposizioni deriva logicamente che i maggiori oneri, derivanti dall'articolo 2 della legge del 1956, non esigono un corrispondente aumento delle somme stanziate, ma devono ritenersi in queste compresi. Con la conseguenza che detti maggiori oneri non possono spostare, nel complesso, il carico finanziario assunto dalla Regione per istituire e organizzare i propri cantieri di lavoro, ma si riflettono soltanto sui coefficienti variabili del numero dei cantieri stessi e dei lavoratori che vi sono ammessi.

Il citato articolo 2 quindi, non modificando, relativamente al bilancio della Regione, la situazione di bilancio già fissata nell'articolo 6 della legge precedente, non può ritenersi costituzionalmente illegittimo. É d'altra parte da notare che il citato articolo 2 é stato correttamente inteso, nel senso sopra accennato, anche dalla commissione per la finanza regionale, a quanto risulta dalla memoria prodotta dalla Regione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

disattesa l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità dedotta dalla Regione sarda;

respinge il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 4 dicembre 1957 contro la legge deliberata dal Consiglio regionale della Regione autonoma della Sardegna il 24 gennaio 1956, contenente "Abrogazione della legge regionale 14 febbraio 1952, n. 2, e modifiche alla legge regionale 4 febbraio 1950, n. 3".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO -  Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA

 

Depositata in cancelleria il 14 luglio 1958.