SENTENZA N. 70
ANNO 1960
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692 (concernente l'estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati di invalidità e vecchiaia), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 25 giugno 1959 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra la Società "Chimical" e l'Istituto nazionale assicurazioni malattie (I. N. A. M.)., iscritta al n. 94 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 del 3 ottobre 1959;
2) ordinanza emessa il 20 ottobre 1959 dal Pretore di Napoli nel procedimento civile vertente tra la Società "Lancellotti" e l'Istituto nazionale assicurazioni malattie (I. N. A. M.), iscritta al n. 115 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 288 del 28 novembre 1959.
Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 26 ottobre 1960 la relazione del Giudice Antonio Manca;
uditi gli avvocati Antonio Sorrentino, Massimo Severo Giannini e Rosario Nicolò, per la Società "Chimical", l'avv. Antonio Tagliaferri, per la Società "Lancellotti", gli avvocati Aldo Dedin e Carlo Arturo Jemolo, per l'Istituto nazionale assicurazioni malattie (I. N. A. M.), e il vice avvocato generale dello Stato Achille Salerni, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Risulta dall'ordinanza 25 giugno 1959 del Tribunale di Roma, che la Società "Chimical", con sede in Napoli, produttrice di specialità medicinali, ha chiamato in giudizio l'Istituto nazionale assicurazioni malattie (I. N. A. M.), deducendo che non sarebbe tenuta a concedere lo sconto del 12 per cento, sul prezzo di vendita dei medicinali di sua produzione, acquistati presso le farmacie da persone assistite da detto Istituto. Sconto il cui rimborso era stato chiesto dall'I. N. A. M. con note di addebito, in base all'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692 (concernente l'estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati di invalidità e vecchiaia), e al decreto dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica del 18 novembre 1955 (contenente le modalità di applicazione dell'anzidetta disposizione). La Società attrice eccepiva l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 sopra citato e del decreto dell'Alto Commissario, qualora si ritenesse avere valore di legge, perché in contrasto con gli artt. 3, 23, 38 e 53 della Costituzione.
Il Tribunale ha osservato che la questione, sebbene sollevata in relazione al decreto dell'Alto Commissario, investe l'art. 4 della legge e ha ritenuto la questione stessa rilevante per la decisione della causa.
Nell'ordinanza si premette che il primo comma del predetto art. 4 autorizza gli Istituti e gli enti indicati nell'art. 2 ad acquistare direttamente dai produttori qualsiasi preparato farmaceutico, e i galenici preconfezionati per la distribuzione ai propri assistiti; che, peraltro, in base al terzo comma dello stesso art. 4, "qualora gli Istituti e gli enti di cui sopra non si avvalgano della facoltà prevista dal primo comma, l'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica, di concerto con il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, determinerà annualmente, con proprio decreto, la misura di uno sconto minimo da praticarsi a favore degli Istituti ed enti predetti, oltre a quello praticato per la distribuzione e per la vendita al pubblico. Detto sconto non dovrà essere inferiore al 17 per cento e sarà a carico delle farmacie nella misura fissa del 5 per cento".
Il Tribunale ha espresso il dubbio circa la legittimità costituzionale di questa disposizione, osservando:
1) che lo sconto obbligatorio si risolverebbe in sostanza in una prestazione patrimoniale a carico dei produttori di specialità medicinali. Prestazione della quale la legge fissa soltanto il minimo, di guisa che l'Alto Commissario non sarebbe tenuto ad osservare un limite massimo, né, per stabilire la misura dello sconto, dovrebbe seguire criteri e direttive legislativamente predeterminate; donde il dedotto contrasto con l'art. 23 della Costituzione;
2) che la questione non sarebbe neppure manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, 38 e 53 della Costituzione, in quanto, per l'art. 38, alla previdenza ed assistenza, oggetto di tale disposizione, si dovrebbe provvedere con contribuzioni di carattere generale, gravanti su tutti i cittadini e non già su singoli gruppi o categorie, sia mediante tributi, in base ai principi stabiliti dall'art. 53 della Costituzione, sia mediante contribuzioni imposte ai datori di lavoro ed ai lavoratori di tutte le categorie produttrici.
Il Tribunale ha disposto pertanto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
L'ordinanza, eseguite le prescritte notificazioni e comunicazioni, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 ottobre 1959.
Avanti a questa Corte si é costituita la Società "Chimical", rappresentata dagli avvocati Marcello De Cesaris e Rosario Nicolò, in base a procura del 3 agosto 1959, e dagli avvocati Antonio Sorrentino e Massimo Severo Giannini, in base a procura 17 febbraio 1960. Nelle deduzioni depositate il 21 settembre 1959, la predetta Società richiama sostanzialmente i motivi già prospettati nell'ordinanza e conclude perché sia dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692.
Si é pure costituito l'Istituto nazionale per le assicurazioni contro le malattie, rappresentato dagli avvocati Aldo Dedin e Carlo Arturo Jemolo, che hanno depositato le deduzioni il 22 ottobre 1959.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, depositando le deduzioni il 18 agosto 1959.
La difesa dell'I. N. A. M. osserva preliminarmente che il Tribunale, oltre a non avere riconosciuta la manifesta infondatezza della questione in relazione agli articoli della Costituzione richiamati e specialmente in relazione all'art. 23, non avrebbe adeguatamente motivato sulla rilevanza perché non avrebbe tenuto conto che la contestazione riguardava direttamente il decreto dell'Alto Commissario del 18 novembre 1958, con la conseguenza che contro questo provvedimento si sarebbe dovuta dirigere l'impugnazione davanti alla giurisdizione competente, e perché l'eventuale contrasto fra l'art. 4 della legge del 1955 e l'art. 23 della Costituzione, per la mancanza, nella legge, di norme limitative della discrezionalità amministrativa, non si sarebbe potuto eccepire nell'attuale controversia, in quanto, nel decreto dell'Alto Commissario, lo sconto é stato indicato nella stessa misura del 17 per cento fissata nel terzo comma dell'art. 4.
Nel merito l'Istituto sostiene che la disposizione dell'art. 4, sopra ricordata, non potrebbe ricondursi nell'ambito dell'art. 23 della Costituzione. Anche se si ritiene, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 4 del 1957), che tale norma comprenda qualsiasi specie e forma di prestazione (patrimoniale o personale) istituita con atto di autorità, detto sconto costituirebbe un modo di fissazione del prezzo, e cioè un prezzo differenziato a favore di una particolare e limitata categoria di acquirenti, qualificati per i compiti ad essi conferiti dalla legge.
Ciò troverebbe conferma nella considerazione che lo sconto stabilito dal citato art. 4 non avrebbe natura sostanzialmente diversa dai prezzi fissati inderogabilmente per la vendita dei medicinali al pubblico. Non potrebbe, quindi, essere configurato come una prestazione patrimoniale obbligatoria ai sensi dell'art. 23 della Costituzione.
La difesa dell'I. N. A. M., peraltro, osserva che, anche se si volesse riscontrare, nello sconto di cui si tratta, il carattere di prestazione patrimoniale, non per questo la disposizione della legge del 1955 potrebbe ritenersi in contrasto con l'art. 23; posto che la legge stabilisce tassativamente una parte dello sconto medesimo attribuendo all'Autorità amministrativa il potere di determinare la parte eventualmente variabile.
Si fa pure rilevare, su questo punto, che, comunque, anche se si ritenesse sussistente la mancanza di criteri direttivi e di limiti per la determinazione dello sconto in misura maggiore del minimo, la illegittimità costituzionale non potrebbe riguardare quella parte della disposizione che determina tassativamente la misura dello sconto base.
In coerenza con i rilievi sopra accennati, la difesa dell'I. N. A. M. contesta, altresì, che la disposizione dell'art. 4 della legge del 1955 sia in contrasto con gli artt. 38 e 53 della Costituzione. Non con l'art. 38, poiché, in coerenza con le premesse anzidette, sarebbe pure da escludere che lo sconto possa configurarsi come contributo al finanziamento degli enti assistenziali indicati nell'art. 2 della detta legge. Per analoghe ragioni anche l'art. 53 sarebbe richiamato fuori luogo nella specie.
Non sussisterebbe neppure la violazione dell'art. 3 della Costituzione. Il principio, infatti, dell'eguaglianza stabilito in detto articolo sarebbe applicabile soltanto alle persone fisiche, e non già agli enti pubblici regolati da particolari ordinamenti. E, per quanto riguarda, d'altra parte, i produttori, poiché l'obbligo stabilito dalla legge graverebbe su tutte indistintamente le imprese produttrici di specialità medicinali, nessun contrasto sarebbe ravvisabile con il ricordato art. 3 della Carta costituzionale, in quanto situazioni differenziate possono essere regolate con norme differenziate.
In sostanza, secondo la difesa dell'I. N. A. M., lo sconto di che trattasi, in quanto stabilito per la tutela della sanità pubblica, rientrerebbe nell'ambito degli artt. 32 e 41 della Costituzione, analogamente al caso già deciso da questa Corte con la sentenza n. 29 del 1957, relativo al prezzo di imperio per i medicinali.
Anche l'Avvocatura dello Stato nelle deduzioni sostiene la legittimità costituzionale della disposizione impugnata, aderendo sostanzialmente alla tesi difensiva prospettata dall'I. N. A. M.
Rileva che le disposizioni dell'art. 4 della legge del 1955, sia quella contenuta nel primo comma, sia quella contenuta nel terzo, rappresenterebbero un'ulteriore applicazione di un principio già accolto nella legislazione sanitaria italiana. Secondo la quale la produzione e la vendita dei medicinali non può essere lasciata alla libera iniziativa privata. Con la conseguenza che i prezzi sono autoritativamente determinati in seguito a pareri espressi da commissioni di esperti. La legittimità costituzionale della norma relativa all'invariabilità dei prezzi stessi, già ritenuta da questa Corte con la sentenza n. 29 del 1957, consentirebbe, quindi, di ritenere la costituzionalità anche del ricordato art. 4.
Chiede, pertanto, che si dichiari inammissibile, e comunque manifestamente infondata, la questione ora sollevata.
La difesa della Società "Chimical" il 12 ottobre 1960 ha depositato memoria illustrativa, nella quale, ribadendo la tesi già prospettata nelle deduzioni, confuta quelle sostenute dall'Istituto nazionale assicurazioni malattie e dall'Avvocatura dello Stato.
Insiste nel sostenere che, nella specie, si sarebbe in presenza di una prestazione patrimoniale ai sensi dell'art. 23 della Costituzione, nell'ambito della quale rientrerebbero sia l'imposizione di dare una determinata somma, sia quella di ricevere meno di quanto spetta. Ora la determinazione di tale prestazione, mancando qualsiasi criterio direttivo, sarebbe devoluta alla completa discrezionalità degli organi amministrativi, e non sussisterebbe, d'altra parte, alcuna garanzia per gli interessati, né amministrativa né giurisdizionale. Non funzionerebbero neppure, per la determinazione dello sconto coattivo, gli stessi criteri obiettivi, che valgono per la fissazione dei prezzi dei medicinali, dato che la legge prescinderebbe completamente da ogni riferimento al procedimento di formazione dei prezzi.
Secondo la difesa della Società, quindi, lo sconto obbligatorio non potrebbe in alcun modo configurarsi come un prezzo differenziato, poiché sfuggirebbe ad ogni controllabile valutazione del costo e delle spese inerenti alla produzione. La finalità della legge sarebbe stata, invece, quella di riversare sui produttori dei medicinali e sui farmacisti, cioè su una determinata categoria, una parte degli oneri derivanti dall'estensione ai pensionati dell'assistenza sanitaria. Caso sostanzialmente analogo, si fa notare, a quello già esaminato da questa Corte nella sentenza n. 30 del 1957 relativamente al corrispettivo dovuto dagli utenti delle bombole di metano per le prestazioni dovute dall'ente pubblico.
La difesa della Società ribadisce anche la tesi che la norma in questione sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 38 e 53 della Costituzione.
Ravviserebbe, infatti, una disparità di trattamento, sia riguardo ai beneficiari, poiché dalla sfera di applicazione della norma resterebbero fuori gli assistiti di altri numerosi enti, sia relativamente agli enti assistenziali, poiché non tutti gli enti assistenziali godrebbero di uguali agevolazioni; sia, infine, anche rispetto ai produttori, non soltanto nei rapporti fra questi e gli altri imprenditori in genere, ma altresì rispetto ad attività industriali che riguardano lo stesso settore sanitario.
Non si potrebbe, d'altra parte, richiamare l'art. 32 della Costituzione, il quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 29 del 1957) giustifica costituzionalmente i prezzi d'imperio dei medicinali, poiché il principio sancito dall'art. 32 costituirebbe uno dei limiti alla libertà dell'iniziativa privata garantita dell'art. 41, mentre lo sconto coattivo resterebbe fuori dell'ambito della predetta norma, dato il suo particolare carattere di prestazione obbligatoria disciplinata dall'art. 23 della Costituzione.
Sussisterebbe, inoltre, la violazione dell'art. 38 della Costituzione, poiché, in base al quarto comma di detto articolo, soltanto allo Stato spetterebbe il compito di intervenire per integrare finanziariamente quelle attività di protezione sociale che si appalesassero obiettivamente inadeguate. A nessun'altra categoria di soggetti perciò potrebbe essere addossato l'onere di integrare la consistenza patrimoniale, eventualmente inadeguata, degli enti assistenziali.
Per quanto attiene all'art. 53 si osserva che dalla disposizione si dovrebbe dedurre il principio generale, riferibile a qualsiasi prestazione patrimoniale obbligatoria, che questa debba ispirarsi ad un criterio logico e razionale, non ravvisabile nella specie, dato che l'entità della prestazione cresce con l'aumento della produzione, mentre nel libero commercio, tale aumento produrrebbe un maggior utile al produttore e la mancanza del limite massimo dello sconto potrebbe eliminare del tutto l'utile.
La difesa dell'I. N. A. M., nella memoria depositata il 12 ottobre 1960, riferendo ampiamente i precedenti legislativi della legge del 1955, pone in rilievo che la legge stessa sarebbe stata emanata per l'esigenza di attribuire intanto agli istituti di assistenza per le malattie un'attenuazione del prezzo d'imperio, per rendere possibile una maggiore estensione dell'assistenza ai pensionati. La determinazione dello sconto, poi, da parte dell'Autorità amministrativa, sarebbe giustificata anche dal fatto che si tratterebbe di provvedere in relazione a situazioni variabili nel tempo.
La difesa dell'I. N. A. M. ribadisce, altresì, che nessun contrasto sarebbe ravvisabile fra la norma impugnata e gli artt. 3, 23, 38 e 53 della Costituzione, e, richiamando i rilievi già esposti nelle deduzioni, osserva, circa l'art. 3, che si tratterebbe di situazioni che la legge considera diverse, in base ad elementi di merito non valutabili in questa sede; circa l'art. 23, che se anche lo sconto obbligatorio si configurasse come prestazione, rimessa per la determinazione della parte variabile, alla discrezionalità dell'Autorità amministrativa, sussisterebbero garanzie sufficienti, derivanti specialmente dalla stretta relazione fra la determinazione dei prezzi dei medicinali e la fissazione dello sconto e dal fatto che il provvedimento é devoluto al Ministro della sanità, cui é deferita la competenza a provvedere e a coordinare tutta la materia.
Relativamente all'art. 38, osserva, in aggiunta a quanto già dedotto, che il penultimo comma di detto articolo dispone bensì che ai compiti previdenziali ed assistenziali debbano provvedere organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato, ma ciò non escluderebbe che a carico di particolari categorie di cittadini possano essere imposti oneri particolari, poiché, in caso diverso, sarebbe incostituzionale, in generale, tutto il sistema assistenziale, in quanto pone a carico degli imprenditori gli obblighi assicurativi.
Circa, infine, l'art. 53, confermando che sarebbe estraneo alla materia dell'attuale controversia, si fa notare che la disposizione contenuta in detto articolo sarebbe piuttosto diretta ad invalidare il sistema tributario considerato nel suo complesso, quando venisse a superare la capacità contributiva dei cittadini, o anche ad invalidare i vari tributi qualora la misura dell'imposizione superasse l'entità del cespite gravato; il che, sarebbe da escludere nella specie.
Anche l'Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 13 ottobre 1960, conferma le tesi già sostenute nelle deduzioni, insistendo nel ritenere che la corretta soluzione della questione oggetto dell'attuale controversia si ricollegherebbe ai principi che regolano in generale la determinazione dei prezzi e la formazione delle tariffe per le imprese che esercitano pubblici servizi o produttrici di beni di pubblico interesse. E, per quanto riguarda i prodotti medicinali, per i quali i prezzi invariabili sono stabiliti autoritativamente per fini di pubblico interesse, rileva che anche la determinazione degli sconti non può essere lasciata alla libera valutazione dei produttori. Ed aggiunge che nel caso la discrezionalità dell'Amministrazione non sarebbe senza limiti, essendo strettamente collegata ai criteri tecnici, dei quali, nella materia dei medicinali, é stata già riconosciuta la legittimità dalla giurisprudenza di questa Corte.
2. - Nel corso del giudizio per opposizione al decreto di ingiunzione, emesso dal Pretore di Napoli su istanza dell'Istituto nazionale assicurazione contro le malattie (I. N. A. M.), nei confronti della Società "Lancellotti" per il pagamento di lire 104.208, importo dello sconto dovuto all'Istituto sul prezzo dei medicinali acquistati presso le farmacie dagli assistiti dell'Istituto stesso, la difesa della Società eccepì l'illegittimità costituzionale del ricordato art. 4 della legge del 1955, perché in contrasto con gli artt. 3, 38, 53, 41 e 42 della Costituzione.
Il Pretore di Napoli, ritenuta la rilevanza della questione di costituzionalità per la decisione definitiva di merito, con ordinanza del 20 ottobre 1959, ha sospeso di decidere ed ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte.
Secondo l'ordinanza, il dubbio circa la costituzionalità della norma legislativa deriverebbe dal considerare che questa, con lo stabilire lo sconto del 17 per cento (di cui 5 per cento a carico del farmacista) nella vendita dei medicinali, sarebbe in contrasto non soltanto con gli artt. 3, 38 e 53 della Costituzione, ma anche con gli artt. 41 e 42, in quanto la produzione dei medicinali sarebbe già soggetta a rigorosi controlli e ad un prezzo d'imperio che costituirebbe il limite sociale dell'attività produttiva, concretando un'equa rimunerazione per il produttore. Di guisa che l'imposizione di un ulteriore sconto comprimerebbe il prezzo d'obbligo, facendo cessare l'equità della rimunerazione e rendendo perciò antieconomica la libera organizzazione del produttore di specialità medicinali.
L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 1959, e sono state fatte le prescritte comunicazioni e notificazioni.
In questa sede per la Società "Lancellotti" si sono costituiti gli avvocati Michele Farina e Antonio Tagliaferri, che hanno depositato le deduzioni il 9 novembre 1959.
Per l'I. N. A. M. si sono costituiti gli avvocati Aldo Dedin, Salvatore Di Pasquale, Carlo Arturo Jemolo e Giovanni Severini, depositando le deduzioni il 16 dicembre 1959. É pure intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le deduzioni il 12 novembre 1959.
Anche nelle deduzioni della Società "Lancellotti" si sostiene che la disposizione della legge del 1955, ora impugnata, violerebbe gli artt. 3, 38 e 53 della Costituzione. E sarebbe, altresì, in contrasto con gli artt. 41 e 42, poiché il prezzo d'imperio, per la vendita dei medicinali, determinato dall'organo amministrativo competente, in base agli elementi forniti dai produttori e attraverso un'operazione di conguaglio, prescinderebbe dal costo commerciale dei prodotti, e perciò già costituirebbe il limite sociale all'attività produttiva, lasciando una ristretta rimunerazione per l'attività dell'impresa. Di guisa che l'ulteriore sconto del 12 per cento, su tale prezzo, farebbe venir meno il giusto corrispettivo per l'attività del produttore, incidendo su tutto l'andamento della produzione, così da renderla antieconomica.
Si rileva, inoltre, che, come risulta anche dalla sentenza di questa Corte n. 29 del 1957, il prezzo d'imperio relativamente ai medicinali avrebbe la finalità non soltanto di tutelare i compratori da eventuali speculazioni, ma anche di eliminare gli inconvenienti eventualmente derivati dalla concorrenza con pregiudizio della qualità del prodotto e, quindi, della salute dei cittadini. Il che confermerebbe che l'industria farmaceutica non potrebbe essere privata di quell'equa rimunerazione già compresa nel prezzo d'imperio.
Lo sconto a carico dei produttori, si aggiunge, costituirebbe altresì una forma di espropriazione di servizi, se non di beni e di utilità.
Conclude, pertanto, chiedendo che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimità dell'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, in riferimento agli artt. 3, 38, 41, 42 e 53 della Costituzione.
La difesa dell'I. N. A. M. si riporta a quanto ha esposto nelle osservazioni relative all'ordinanza emanata dal Tribunale di Roma, ribadendo la tesi che l'art. 4 della legge del 1955 non sarebbe in contrasto, né con l'art. 3, né con l'art. 38 della Costituzione.
Per quanto attiene, d'altra parte, all'art. 41, richiamando i principi già affermati da questa Corte nella sentenza n. 29 del 1957, circa la legittimità delle disposizioni che stabiliscono l'invariabilità dei prezzi imposti autoritativamente per la vendita dei medicinali, osserva che, in coerenza con tale principio, dovrebbe anche ammettersi la legittimità dello sconto obbligatorio, che, oltre ad essere ampiamente praticato anche in regime di libera concorrenza, nel nostro ordinamento sarebbe normale a favore di certe categorie di consumatori.
L'art. 42 e l'art. 53 sarebbero richiamati fuori luogo. Il primo perché non si tratterebbe comunque di un'espropriazione. Il secondo per i motivi già accennati nelle precedenti deduzioni.
Conclude, quindi, chiedendo che si dichiari la legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge del 1955.
L'Avvocatura dello Stato, anche in questa causa, aderisce a queste conclusioni con argomentazioni già svolte in relazione all'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma.
Con memoria depositata l'8 ottobre 1960 la difesa della Società "Lancellotti" insiste nelle tesi già prospettate nelle deduzioni. Memoria illustrativa ha altresì depositato l'Avvocatura dello Stato, in data 13 ottobre 1960, riferendosi alle argomentazioni già svolte nella memoria depositata in relazione all'ordinanza del Tribunale di Roma.
La difesa dell'I. N. A. M., nella memoria depositata il 12 ottobre 1960, contesta che possa ravvisarsi contrasto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione richiamati nell'ordinanza del Pretore di Napoli. Poiché la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuta la legittimità costituzionale di tutti i prezzi d'imperio, non si potrebbe fondatamente ritenere che questi soltanto rappresentino il limite sociale che può essere imposto alla libera iniziativa privata e che un ulteriore sconto possa far venir meno ogni rimunerazione del produttore. Dovendosi, invece, ritenere che, nella determinazione del prezzo d'imperio, si terrebbe conto di ogni elemento e, quindi, anche degli sconti obbligatori per legge.
Osserva quanto all'art. 42 (che si ritiene sia stato richiamato fuori luogo) che, anche in tale norma comunque, é riconosciuta la legittimità dei limiti della proprietà privata per assicurarne la funzione sociale.
Considerato in diritto
Le due cause, discusse nella stessa udienza, debbono essere riunite e decise con unica sentenza, data l'identità della questione.
1. - Come risulta dalle ordinanze, ed é pacifico, la questione di costituzionalità é sollevata riguardo al terzo comma dell'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, il cui testo é stato sopra riportato.
II dubbio sulla costituzionalità della disposizione é prospettato dall'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 3, 23, 38 e 53 della Costituzione, e dall'ordinanza emessa dal Pretore di Napoli in riferimento agli artt. 3, 38, 41, 42 e 53.
2. - La Corte non ritiene fondati i rilievi che la difesa dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie (I. N. A. M.), senza peraltro formulare al riguardo conclusioni, deduce preliminarmente circa il giudizio sulla rilevanza espresso dal Tribunale di Roma. Il giudice del merito, si assume, avrebbe sollevato la questione di costituzionalità senza tener conto: 1) che sostanzial mente l'azione intentata dalla Società "Chimical" aveva come presupposto il rifiuto di dare esecuzione al decreto dell'Alto Commissario del 18 novembre del 1955, e che perciò contro questo provvedimento si sarebbe dovuta proporre l'impugnazione nella competente sede, nella quale si sarebbe potuta dedurre l'eccezione di incostituzionalità della norma legislativa; 2) che, comunque, l'Alto Commissario ha determinato in concreto lo sconto preveduto dal terzo comma dell'art. 4, nella misura minima del 17 per cento già stabilita dalla legge. Di guisa che, anche se tale sconto si configurasse come prestazione patrimoniale obbligatoria, ai sensi dell'art. 23 della Costituzione, l'eccezione di illegittimità della disposizione, per mancanza, nella parte variabile, di criteri e di limiti idonei a circoscrivere il potere dell'Amministrazione, sarebbe perciò irrilevante nella controversia promossa dalla Società "Chimical".
Sul primo punto la Corte osserva che il Tribunale, circa la rilevanza, ha sufficientemente motivato, perché ha premesso che l'eccezione di incostituzionalità riguarda in definitiva l'art. 4 della legge, di cui il decreto dell'Alto Commissario ha determinato soltanto le modalità di applicazione, ed ha precisato, con giudizio insindacabile, che le ragioni delle parti avevano come presupposto proprio l'applicazione della norma legislativa che si assume viziata d'incostituzionalità.
Osserva, sul secondo punto, che l'eccezione dedotta dalla difesa dell'I. N. A. M. tendeva in sostanza a negare alla Società "Chimical" l'interesse a promuovere la controversia e che l'accertamento sulla sussistenza o meno di tale interesse rientra nell'apprezzamento del giudice del merito, non soggetto a controllo in questa sede.
Nessuna critica, d'altra parte, si può muovere al Tribunale per non aver respinto l'eccezione di incostituzionalità, essendo rimesso esclusivamente al giudice del merito sollevare la questione, ed alla competenza di questa Corte decidere sulla fondatezza o meno della questione medesima.
3. - Il problema principale che ora si prospetta, consiste nell'esaminare se lo sconto obbligatorio, stabilito a favore degli Istituti e degli enti indicati nell'art. 2 della legge del 1955 già ricordata, debba qualificarsi come prestazione patrimoniale imposta in base alla legge, ai sensi dell'art. 23 della Costituzione, come deduce la Società "Chimical", ovvero se si debba considerare come un'ulteriore riduzione del prezzo d'imperio, stabilito per la vendita dei prodotti farmaceutici, a favore degli enti assistenziali indicati dalla legge, e perciò quale prezzo differenziato, sostanzialmente analogo al prezzo d'imperio e del tutto diverso, per sua stessa natura, dalle prestazioni patrimoniali imposte.
Questa tesi, sostenuta dalla difesa dell'I.N.A.M. e dall'Avvocatura dello Stato, muove dal presupposto che la concessione di uno sconto si presenta come fenomeno normale non soltanto nelle libere contrattazioni, ma altresì quando la determinazione dei prezzi, o l'imposizione di uno sconto a favore di determinate categorie di soggetti, é disciplinata da norme legislative. In entrambi i casi, si sostiene, il concessionario di un pubblico servizio, il produttore e il venditore, per stabilire la tariffa o il prezzo, terranno conto del volume degli affari e anche dello sconto da praticarsi, così da assicurare un congruo margine di utile. La situazione non sarebbe diversa se riferita allo sconto obbligatorio preveduto dal ricordato terzo comma dell'art. 4, poiché anche questo sarebbe strettamente collegato con i prezzi d'imperio invariabili, stabiliti per la vendita dei prodotti medicinali a tutti i consumatori, e dei detti prezzi avrebbe la medesima natura sostanziale.
La tesi non é fondata. É vero che i prezzi di vendita al pubblico dei prodotti farmaceutici approvati dalle competenti autorità, rientrano nella categoria dei prezzi d'imperio, invariabili in base alle disposizioni dell'art. 125 del T.U. delle leggi sanitarie (approvato con decreto del 27 luglio 1934, n. 1263), disposizioni ritenute costituzionalmente legittime con la sentenza di questa Corte n. 29 del 1957. Ma da ciò non si può trarre la illazione che, alla stessa stregua, debba considerarsi anche lo sconto obbligatorio, di cui si discute. Non é contestato, infatti, che i prezzi anzidetti, valevoli per la generalità degli acquirenti, sono determinati in seguito ad un procedimento, nel quale si tiene conto di vari coefficienti, al fine, già posto in luce dalla citata sentenza, di tutelare il pubblico, non soltanto da eventuali speculazioni, ma anche dagli inconvenienti che dalla libera concorrenza potrebbero derivare per la preparazione dei medicinali, con risultati pregiudizievoli per la salute dei cittadini. Lo sconto obbligatorio, invece, stabilito dal citato art. 4, é diretto al conseguimento di una diversa finalità, pure di interesse generale, quella cioè di assicurare, con mezzi adeguati, l'assistenza farmaceutica, nella misura più estesa possibile, a tutti i pensionati di invalidità e vecchiaia. Ed é perciò che, nel sistema della legge del 1955, coerentemente alla predetta finalità, come risulta anche dai lavori preparatori, questo sconto é regolato in modo autonomo rispetto ai prezzi di vendita al pubblico. Esso é, infatti, imposto al di fuori di tali prezzi (come é pacifico), ed oltre quegli sconti che, di regola, vengono praticati a favore dei grossisti e dei farmacisti. E la legge stessa, d'altra parte, che ne stabilisce direttamente la misura minima, non inferiore al 17 per cento, ponendo a carico dei farmacisti una parte di questa percentuale nella misura fissa del 5 per cento, e che dispone, altresì, che alla determinazione provvede annualmente, con proprio decreto, il Ministro per la sanità di concerto col Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. Da ciò deriva che lo sconto obbligatorio non può essere assimilato ai prezzi d'imperio, né tanto meno paragonato alle agevolazioni nelle tariffe stabilite per i servizi di trasporto, a favore di particolari categorie di persone.
4. - Il carattere speciale dello sconto e le finalità per le quali é stato stabilito, inducono a ritenere, invece, che sia da qualificare come prestazione patrimoniale imposta a favore degli Istituti e degli enti pubblici indicati dalla legge del 1955, in relazione ai compiti istituzionali ad essi affidati; prestazione compresa perciò nella sfera di applicazione dell'art. 23 della Carta costituzionale.
É noto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 4 del 1957), la prestazione patrimoniale ha tale carattere quando é istituita con atto di autorità senza il concorso della volontà del soggetto passivo, quale che sia la denominazione attribuita dalla legge che la impone. In base a questo principio sono state ritenute prestazioni patrimoniali nel senso anzidetto, oltre il "diritto di contratto" dovuto all'Ente Risi (sentenza n. 4 ora ricordata), il corrispettivo dovuto all'Ente Metano (ora E. N. I.) dagli utenti di bombole, per i servizi posti a carico dell'ente (sentenza n. 30 del 1957 ricordata anche dalla difesa della Società "Chimical"), il contributo dovuto agli enti provinciali del turismo (sentenza n. 47 del 1957); ed inoltre il sovracanone dovuto dai concessionari di grandi derivazioni dai bacini imbriferi montani (sentenza n. 122 del 1957) e le prestazioni patrimoniali dovute ai Comuni per le pubbliche affissioni effettuate dai privati (sentenza n. 36 del 1959).
Ora, coerentemente all'interpretazione che é stata data al precetto costituzionale, la prestazione patrimoniale é configurabile non soltanto quando l'obbligazione istituita autoritativamente consiste nel pagamento di una somma di denaro, ma anche quando il sacrificio pecuniario deriva dalla riduzione di una parte dell'utile altrimenti spettante; di quella parte di utile, cioè, che, nel caso in esame, i produttori dei medicinali avrebbero conseguito se non fosse ad essi imposto l'ulteriore sconto. Pure in questa ipotesi non si può disconoscere che sussiste un prelievo di ricchezza a carico di soggetti ed a favore di enti pubblici.
É, infatti, palese che alla ulteriore riduzione del prezzo dei medicinali corrisponde, a favore degli enti assistenziali, un risparmio di spesa rispetto al prezzo di vendita al pubblico, con conseguente aumento della capacità di acquistare; la quale poi, in definitiva, si risolve in un aumento delle disponibilità finanziarie da parte degli enti stessi. E che questa sia stata la ragione determinante per cui, nella legge del 1955, sono state inserite le disposizioni dell'art. 4, é posto in luce dai lavori preparatori, dai quali risulta che la Commissione del Senato si preoccupò, in modo particolare, di porre in grado gli Istituti e gli enti indicati nell'art. 2 della legge, di sostenere gli oneri derivanti dai nuovi compiti ad essi affidati, non avendo ritenuto sufficiente il finanziamento preveduto nell'art. 5 e nell'art. 6 della legge medesima.
Le osservazioni sopra esposte chiariscono che, anche nello sconto di cui al terzo comma dell'art. 4, concorrono gli elementi necessari perché possa ritenersi compreso nell'ambito dell'art. 23 della Costituzione; e dimostrano altresì che, anche nel caso attuale, come in altri già esaminati da questa Corte, di fronte agli elementi ai quali si é accennato, non hanno rilevanza in contrario, né la denominazione usata dalla legge e neppure il fatto che, nel sistema adottato dal legislatore, la prestazione venga in concreto realizzata sotto la forma di un'ulteriore riduzione del prezzo di vendita dei medicinali.
5. - Ciò posto occorre tenere presente che, pure secondo la ricordata giurisprudenza di questa Corte, la prestazione patrimoniale può ritenersi costituzionalmente legittima anche quando la legge non ne stabilisce compiutamente gli estremi, ma ne demanda la determinazione al potere esecutivo, purché, in questo caso, indichi i criteri e i limiti idonei a circoscrivere l'esercizio di tale potere. Ora, dal testo del terzo comma dell'art. 4, risulta che la discrezionalità del potere esecutivo sussiste (come non si contesta) per la determinazione dello sconto in misura superiore al minimo; né la legge indica alcun criterio idoneo a delimitare il potere discrezionale del Ministro, come fondatamente rileva la difesa della Società "Chimical". Non é esatto, d'altra parte, che l'esercizio di tale potere sia regolato dagli stessi criteri direttivi, in base ai quali si procede alla fissazione dei prezzi di vendita dei prodotti medicinali; dato che, come si é chiarito, la determinazione dello sconto, di cui si discute, non é collegata a tale procedimento, come del resto emerge anche dal decreto dell'Alto Commissario del 18 novembre 1955 in precedenza ricordato.
E neppure si può ritenere, come accenna la difesa dell'I.N.A.M. che, alla lacuna della legge, possa supplire il fatto che il provvedimento é demandato ad un organo amministrativo (il Ministro per la sanità) particolarmente qualificato. La norma contenuta nell'art. 23, infatti, essendo stabilita a garanzia della libertà e proprietà individuale, esige (secondo la ricordata giurisprudenza di questa Corte) che la stessa disposizione legislativa, che impone la prestazione, indichi i criteri limitativi della discrezionalità del potere esecutivo.
Da quanto si é esposto consegue che il contrasto con la norma dell'art. 23 della Costituzione é ravvisabile per quella parte del terzo comma dell'art. 4 della legge del 1955, che demanda al Ministro per la sanità la determinazione dello sconto in misura superiore al minimo stabilito dalla legge. Questa parte, pertanto, dev'essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
Altrettanto non si può ritenere, invece, per quanto attiene alla percentuale minima dello sconto a carico dei produttori e per la percentuale fissa a carico delle farmacie, poiché l'una e l'altra sono già stabilite dalla legge, e il Ministro non può determinare, come risulta dal testo della disposizione, lo sconto in misura inferiore al minimo, né modificare la percentuale posta a carico delle farmacie. Questa parte della disposizione, quindi, non é in contrasto con la norma dell'art. 23 della Costituzione.
Data la qualificazione dello sconto sopra chiarita e in base alla decisione cui é pervenuta la Corte, resta assorbita l'indagine se l'imposizione dello sconto, per sé stessa, possa ritenersi incompatibile con le norme degli artt. 41 e 42 della Costituzione, come sostiene la difesa della Società "Lancellotti", perché queste, riguardando la disciplina dell'iniziativa economica e della proprietà privata, operano in una sfera diversa da quella cui si riferisce l'art. 23.
6. - Resta, invece, da esaminare un altro aspetto della questione, se cioé tale incompatibilità sussiste con le norme degli artt. 3, 38 e 53 della Costituzione. Norme che nelle due ordinanze sono collegate, prospettandosi il dubbio che la disposizione impugnata abbia violato il principio dell'uguaglianza sancito nell'art. 3. Rispetto all'art. 38, perché si farebbero ricadere su una particolare categoria, i produttori farmaceutici, oneri che, invece, essendo destinati all'assistenza sociale, dovrebbero gravare sulla generalità dei cittadini o mediante imposizioni tributarie, o mediante contributi a carico dei lavoratori e di tutte le categorie produttrici. E rispetto all'art. 53, perché il principio anzidetto non sarebbe stato osservato nella ripartizione dei contributi fra tutti i cittadini.
Peraltro, la questione, sotto l'aspetto in cui é prospettata nelle ordinanze, non appare fondata. In proposito la Corte non può che riferirsi alla propria giurisprudenza, nella quale é stato più volte affermato che il principio fondamentale dell'art. 3 (riferito dalle ordinanze alla sfera di applicazione degli artt. 38 e 53) non é violato quando risultano diversamente disciplinate situazioni che il legislatore considera diverse, purché siano osservati i limiti stabiliti dal primo comma del detto articolo, e purché il trattamento differenziato riguardi categorie di persone e non già singoli soggetti. Nella specie lo sconto obbligatorio é posto a carico dei produttori di medicinali, cioè di quella categoria di industriali, l'attività dei quali, pur essendo compresa nell'ambito dell'assistenza sanitaria in genere, si ricollega tuttavia, in particolare, direttamente all'assistenza farmaceutica, cui si riferisce il terzo comma dell'art. 4 della legge del 1955, in relazione all'art. 3, n. 3, della legge stessa. Categoria che perciò il legislatore, nella sua discrezionalità, ha ritenuto più idonea a sostenere in parte l'onere dell'assistenza anzidetta.
Per ciò che riguarda l'art. 38 é da rilevare, inoltre, che già questa Corte, con la sentenza n. 38 del 1960, non ha ritenuto in contrasto col predetto articolo, in relazione con l'art. 3 della Costituzione , le disposizioni del decreto legislativo 3 ottobre 1947, n. 1222, concernenti l'obbligo di assunzione dei mutilati ed invalidi del lavoro a carico delle imprese private.
Questione diversa, ma che esula dalla competenza di questa Corte, perché attinente all'opportunità della disposizione, é il vedere se, dall'applicazione di essa, i produttori di medicinali possano risentire vantaggi e in quale misura.
La difesa della Società "Chimical" sostiene, peraltro, che la violazione dell'art. 3 sarebbe ravvisabile, oltre che nei confronti dei produttori, anche riguardo agli assistiti, in quanto non sarebbero compresi nei benefici speciali della legge altre categorie di persone che godono dell'assistenza malattie; e riguardo agli enti a favore dei quali é imposto lo sconto, perché questo non si estenderebbe, in pari misura, ad altri enti che pure provvedono all'assistenza farmaceutica, come i Comuni, le istituzioni locali di assistenza e numerose casse mutue aziendali non assorbite dall'I. N. A. M. Sotto questi aspetti, però, la questione, che metterebbe in discussione il sistema previdenziale ed assistenziale adottato nella legislazione vigente, non é prospettata nelle due ordinanze, e non può essere perciò esaminata. Essendo pure da notare che nelle ordinanze non sono menzionati né l'art. l della legge del 1955, che concerne la categorie dei pensionati ammessi all'assistenza di malattia, né l'art. 2 che indica gli Istituti e gli enti a favore dei quali é imposto lo sconto.
Né, d'altra parte, per quanto attiene all'art. 38, la finalità di preminente interesse pubblico, cui sono ispirate le disposizioni dell'articolo stesso, e i conseguenti compiti imposti allo Stato dal quarto comma, portano ad escludere, come si obietta, che gli oneri finanziari inerenti a tali compiti possano far carico a categorie di soggetti diversi dallo Stato. Esso, infatti, si avvale, anche in tà caso, dei mezzi offerti dall'ordinamento giuridico, con imposizione di tributi in senso stretto o di altre prestazioni patrimoniali nella forma dei contributi. Questi trovano, come é noto, larga applicazione nella legislazione vigente e, in particolare, nelle numerose leggi attinenti alla previdenza ed all'assistenza sociale, il sistema delle quali, per quanto attiene al finanziamento, é fondato principalmente sui contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori. Né alcun elemento risulta dai lavori preparatori che possa far ritenere che, a tale sistema, l'art. 38 abbia apportato modificazioni nel disciplinare i diritti dei lavoratori e gli obblighi dello Stato.
7. - La difesa della Società "Chimical" deduce, infine, che la violazione dell'art. 53 deriverebbe anche dalla irrazionalità dell'imposizione dello sconto, come é regolato nel ricordato terzo comma. In quanto cioè l'aumento della vendita dei medicinali produrrebbe un corrispondente aggravamento dell'onere dei produttori, a differenza delle altre industrie nelle quali l'incremento della produzione giova all'imprenditore; e in quanto, non avendo la legge stabilito un limite massimo nella determinazione dello sconto, questo potrebbe, a un certo punto, annullare ogni profitto per il produttore. Senonché tali aspetti della questione, che si riferiscono, in particolare, alla situazione subiettiva dei produttori gravati dallo sconto e, di riflesso, alla loro capacità contributiva, non risultano prospettati nelle ordinanze; e perciò non possono formare oggetto di esame nell'attuale controversia.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunziando con unica sentenza sui due procedimenti riuniti come in epigrafe:
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 4, terzo comma, della legge 4 agosto 1955, n. 692, concernente l'estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati di invalidità e vecchiaia, nella parte in cui il potere di fissare uno sconto, in misura superiore al 17 per cento, é attribuito al Ministro per la sanità, senza fissare criteri e limiti, in riferimento alla norma contenuta nell'art. 23 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1960.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI.
Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 1960.