Sentenza n.63 del 1972

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SENTENZA N. 63

ANNO 1972

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità cosituzionale degli artt. 225, 231, 232 (nel testo modificato dagli articoli 3, 4 e 5 della legge 5 dicembre 1969, n. 932), 303, 304 bis e quater (nel testo modificato dagli artt. 1 e 4 della legge 18 marzo 1971, n. 62), 304 ter, 317, 317 bis, 320, 348, 349, 364, 366, 367, 372, 389, 392, 397 e 398 del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 28 novembre 1970 dal pretore di Cagliari nel procedimento penale a carico di Mura Ester, iscritta al n. 14 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 10 marzo 1971;

2) ordinanza emessa il 4 gennaio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Pesaro nel procedimento penale a carico di Marabini Ariodante ed altro, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 87 del 7 aprile 1971;

3) ordinanza emessa il 18 gennaio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Masoni Giordano ed altri, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971;

4) ordinanza emessa il 19 gennaio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Matera nel procedimento penale a carico di Mongino Francesco ed altri, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 106 del 28 aprile 1971;

5) ordinanza emessa il 23 febbraio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Cardelli Cesare ed altro, iscritta al n. 208 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971;

6) ordinanza 31 maggio 1971 (integrata da altra del 9 giugno 1971) emessa dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Martino Giuseppe, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1971.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1972 il Giudice relatore Luigi Oggioni.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 28 novembre 1970 il pretore di Cagliari, nel procedimento penale in fase istruttoria a carico di Mura Ester, imputata di emissione di assegni a vuoto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale "della norma risultante dal combinato disposto degli artt. 304 bis, ter, quater, in relazione agli artt. 348, 349, 364, 366, 367, 389 e 392 c.p.p." in quanto escluderebbe la possibilità per il difensore di assistere in istruttoria all'interrogatorio dell'imputato, all'esame dei testimoni ed ai confronti, e contrasterebbe quindi con la garanzia di difesa di cui all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.

Con la stessa ordinanza il pretore ha sollevato altresì questione di legittimità costituzionale "della norma risultante dal combinato disposto degli artt. 304 bis e quater, 372, 389, 392 e 397 c.p.p.", perché vieterebbe al difensore di prendere visione di tutti gli atti processuali sino a che é in corso di svolgimento l'istruttoria, e si porrebbe quindi in contrasto con la citata garanzia costituzionale.

Osserva il pretore, quanto alla rilevanza delle dette questioni, che nel procedimento istruttorio a quo devono essere compiuti atti ai quali il difensore ha chiesto di assistere, quali l'interrogatorio dell'imputata e di un teste, e che lo stesso difensore ha altresì chiesto di esaminare gli atti del procedimento, mentre "eventuali confronti" potrebbero rendersi necessari nel corso dell'istruttoria.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il pretore rileva poi che il diritto di difesa si renderebbe operante solo quando il difensore abbia la possibilità di presenziare ai vari atti preistruttori ed istruttori, o di prendere comunque subito visione di tutti gli atti istruttori, oltre quelli contemplati dalla norma citata, e che la violazione sarebbe ancor più evidente per il grave squilibrio fra la posizione dell'accusa e quella della difesa, a vantaggio della prima tanto nell'istruttoria formale, nella quale il pubblico ministero può presenziare a tutti gli atti, quanto nell'istruttoria sommaria del pretore, in cui é lo stesso giudice che esercita la funzione di pubblico ministero.

Con ordinanza emessa il 4 gennaio 1971 dal giudice istruttore presso il tribunale di Pesaro nel procedimento penale a carico di Marabini Ariodante e Maroni Vincenzo, imputati di diffamazione, appropriazione indebita ed altro, sono state sollevate censure d’illegittimità costituzionale analoghe a quelle contenute nell'ordinanza sopra menzionata, per quanto riguarda l'esclusione del difensore dall'assistenza all'interrogatorio dell'imputato, agli esami testimoniali, ed ai confronti, ed il divieto di prendere visione degli atti prima della conclusione dell'istruttoria. Inoltre, in particolare, con la detta ordinanza si denunziano l'art. 304 bis, primo comma, c.p.p. nella parte in cui esclude il diritto dei difensori della parte di assistere ai sequestri, alle ispezioni ed alle perquisizioni personali; l'art. 304 ter c.p.p., nella parte in cui consente al giudice, nei casi di assoluta urgenza, di procedere agli atti ai quali i difensori hanno diritto di assistere anche senza dare loro avviso, e comunque di procedere in assenza del difensore regolarmente avvisato, o prima del termine fissato; l'art. 317 bis c.p.p., nella parte in cui consente al giudice di procedere alla perizia, nei casi di assoluta urgenza, senza darne avviso ai difensori della parte o prima del termine fissato; l'art. 304 quater, primo, secondo, terzo e quarto comma, c.p.p., nella parte in cui esclude l'obbligo del deposito in cancelleria, se non a fine istruttoria (art. 372 c.p.p.), dei verbali, degli esami testimoniali e dei confronti, ed altresì nella parte in cui stabilisce termini entro i quali i difensori hanno facoltà di esaminare ed estrarre copia degli atti ostensibili e di formulare istanze concernenti gli atti suddetti; l'art. 320, c.p.p., nella parte in cui fissa termini analoghi per la perizia; gli artt. 225, quarto e ultimo comma, 231, 232 c.p.p. (nel testo modificato dagli artt. 3, 4 e 5 legge 5 dicembre 1969, n. 932), nella parte in cui escludono il diritto dei difensori delle parti di assistere ai rilievi, alle sommarie informazioni testimoniali, al sommario interrogatorio dell'imputato, alle ispezioni ed ai confronti nel corso delle indagini di polizia giudiziaria, nonché il deposito in cancelleria di verbali degli atti suddetti; l'art. 317, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui consente al giudice di disporre con ordinanza, d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero, che il perito inizi o prosegua le operazioni peritali anche senza l'intervento di difensori.

Infine il giudice ha sollevato, in relazione all'art. 3, oltre che all'art. 24 della Costituzione, anche la questione di legittimità costituzionale degli artt. 304 bis, ter e quater c.p.p., nella parte in cui prevederebbero per i difensori soltanto la facoltà, e non l'obbligo, di assistere agli atti indicati nel comma primo dell'art. 304 bis, ivi compresi l'interrogatorio dell'imputato, i sequestri, le ispezioni, le perquisizioni personali, i confronti e gli esami testimoniali.

Quanto alla rilevanza di tutte le suddette questioni, il giudice dà atto che i difensori dell'imputato avevano chiesto di assistere ad ogni atto istruttorio e di prendere visione di ogni atto e documento del processo, e precisa che le questioni sopra menzionate vengono sollevate per quanto riguarda la difesa di tutte le parti private nel processo penale, e non soltanto dell'imputato, essendo rilevanti anche sotto questo profilo, "ben potendo la parte lesa costituirsi parte civile e provocare altresì la citazione di eventuali responsabili civili (facoltizzati dall'altra parte ad intervenire ex art. 112 c.p.p. ovvero a nominare un difensore ex art. 304, penultimo comma, c.p.p.)".

Riguardo agli atti da compiere nell'istruttoria, il giudice dichiara che si dovrà procedere all'interrogatorio dell'imputato, a sequestri, ad ispezioni, a perquisizioni personali, a confronti e ad esami testimoniali e che, ove le censure trovassero accoglimento, nei casi in cui si verificassero situazioni di urgenza, non sarebbe consentito procedere alle operazioni alle quali il difensore ha diritto di assistere senza dargliene avviso, o prima del termine fissato. Anche rilevante sarebbe la questione sotto il profilo della mancata obbligatorietà per i difensori di esercitare i loro interventi poiché in caso di accoglimento, potrebbe profilarsi a loro carico la responsabilità per inosservanza dell'obbligo stesso.

Quanto al merito osserva in genere che il diritto di difesa sarebbe in primo luogo garanzia di contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale, per cui la garanzia stessa sarebbe rispettata nella misura in cui si dia all'interessato la possibilità di partecipare ad una effettiva dialettica processuale, non pienamente realizzabile senza l'intervento del difensore. E appunto, secondo l'ordinanza, tutte le citate norme non rispetterebbero tali principi, creando una disparità di trattamento fra il p.m. e la difesa, tale da violare l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. La presenza, invero, del p.m. ai sequestri, ispezioni, perquisizioni personali, confronti, esami testimoniali postulerebbe la possibilità di controllo e di intervento della difesa, intervento comunque da considerare sempre come positivo ai fini di giustizia. Eventuali preoccupazioni circa la conservazione del carattere inquisitorio dell'istruttoria dovrebbero cedere di fronte al prevalere dell' esigenza di osservare il principio di difesa costituzionalmente garantito, mentre l'automatica estensione della tutela del segreto istruttorio, di cui all'art. 307 c.p.p., eliminerebbe eventuali inconvenienti in ordine a tale punto.

Altra discriminazione a danno della difesa emergerebbe poi dalla possibilità di prescindere dal suo intervento nei casi di atti urgenti (304 ter, ultimo comma, c.p.p.), poiché tale facoltà non é contemplata nei confronti del p.m., che deve in ogni caso essere avvertito (art. 304 ter, primo comma, e 303, secondo comma, c.p.p.). E, ad avviso del giudice, tale discriminazione andrebbe appunto eliminata estendendo alla difesa della parte privata le facoltà ed i diritti attribuiti al pubblico ministero.

Conseguenziale alle enunciazioni che precedono sarebbe poi il riconoscimento del diritto del difensore ad ottenere il deposito di tutti i verbali degli atti ai quali egli può assistere, e senza limiti di tempo, perché diversamente si ammetterebbe una discriminazione a favore del p.m., che ha invece facoltà di prendere visione di tali atti in ogni stato dell'istruzione.

Analogamente dovrebbe ritenersi per quanto riguarda poi tutti gli altri atti e documenti del processo che secondo l'art. 372 c.p.p. non possono essere messi a disposizione della difesa prima della conclusione dell'istruttoria (ad esempio: denunzie, querele, documenti, ecc.), mentre ciò non vale per il p.m. (art. 303 c.p.p.).

A fini di più completa attuazione del diritto di difesa risponderebbe altresì l'estensione della questione anche agli artt. 225, 231 e 232 c.p.p. (nel testo modificato dagli artt. 3, 4 e 5 della legge 5 dicembre 1969, n. 932), perché appunto l'esclusione dei difensori dall'assistere al compimento degli atti di polizia giudiziaria, salvo che per le ricognizioni e perquisizioni, inciderebbe negativamente sulla realtà della dialettica processuale nella delicata fase delle prime indagini.

Infine, secondo il giudice, lasciare i difensori arbitri di presenziare o no agli atti istruttori lederebbe il diritto di difesa, dovendo in ogni caso, invece, essere garantita l'assistenza da parte di un difensore, e contrasterebbe pure con il principio di eguaglianza, poiché darebbe luogo a disparità di trattamento a favore di coloro che, per la loro posizione economica e sociale, sarebbero maggiormente in grado di garantirsi la costante assistenza nel processo.

Con ordinanza del giudice istruttore presso il tribunale di Pisa, emessa il 18 gennaio 1971 nel procedimento penale a carico di Masoni Giordano ed altri, imputati di violenza a pubblico ufficiale, evasione fraudolenta alle imposte di consumo, favoreggiamento personale e altro, su conforme richiesta del difensore degli imputati, che non aveva potuto assistere all'escussione di due testimoni, é stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 bis, primo comma, per la parte che esclude l'assistenza del difensore dell'imputato alla prova testimoniale, per motivi analoghi a quelli contenuti al riguardo nelle precedenti ordinanze, con espresso riferimento, peraltro, all'art. 3, oltre che all'art. 24, della Costituzione e con la precisazione che, alternativamente, la dichiarazione d’illegittimità potrebbe colpire l'art. 303 c.p.p., nella parte in cui conferisce al p.m. la facoltà di assistere alla prova testimoniale, poiché anche con la esclusione di entrambe le parti di difesa ed accusa, si conseguirebbe egualmente lo scopo di assicurare la parità di trattamento.

Anche il giudice istruttore presso il tribunale di Matera, con ordinanza emessa il 19 gennaio 1971 nel procedimento penale a carico di Mongino Francesco ed altri, ha sollevato analoga questione in relazione all'art. 24, secondo comma, Cost., ed il giudice istruttore presso il tribunale di Roma, con ordinanza 23 febbraio 1971 nel procedimento a carico di Cardelli Cesare ed altro, imputati di tentato furto aggravato, ha svolto censure contro il divieto di assistere alla prova testimoniale e contro il divieto di prendere visione degli atti durante l'istruttoria, in senso analogo a quello esposto in precedenza.

Infine, pure il pretore di Torino, con ordinanze 31 maggio e 9 giugno 1971, emesse nel procedimento penale a carico di Martino Giuseppe, imputato di appropriazione indebita, ha sollevato questioni analoghe a quelle di cui alle ordinanze dei giudici istruttori presso i tribunali di Roma e di Matera, ma in relazione agli artt. 304 bis e quater c.p.p., così come rispettivamente modificati dagli artt. 1 e 4 della legge 18 marzo 1971, n. 62, ed "ai difensori delle parti, e particolarmente dell'imputato", insistendo particolarmente sull'esigenza che, secondo l'attuale coscienza giuridica, il processo penale segua, nella fase istruttoria, gli schemi del processo accusatorio e non già quelli del sistema inquisitorio, e richiamandosi altresì all'art. 398 c.p.p., che attribuisce al pretore il potere di compiere, per i reati di sua competenza, tutti gli atti che la legge attribuisce al giudice istruttore, nonché all'art. 389 c.p.p., concernente i casi in cui si procede con istruzione sommaria.

Tutte le predette ordinanze sono state regolarmente pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.

Non vi é stata costituzione di parti e, conseguentemente, la discussione é stata assegnata in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze, elencate in epigrafe, emesse rispettivamente dai giudici istruttori presso i tribunali di Pesaro, Pisa, Roma, Matera e dai pretori di Cagliari e Torino, sottopongono all'esame di questa Corte questioni di legittimità costituzionale, in parte basate su motivi comuni ed in parte su motivi connessi, con riferimento ad una stessa normativa. Si rende, pertanto, opportuna la riunione dei giudizi onde pervenire a contestuale decisione, con unica sentenza.

2. - Le varie questioni, rispettivamente sollevate, concernono, in sintesi, la tutela, nel processo penale dei diritti di difesa e di parità di trattamento (artt. 3 e 24 Cost.) in relazione all'assistenza del difensore dell'imputato e della parte civile nel compimento, sia nei casi ordinari che di urgenza, di determinati atti, durante la fase istruttoria e quella preistruttoria (interrogatorio dell'imputato, escussione di testimoni, confronti, sequestri, ispezioni, perquisizioni personali, perizie) nonché in relazione al deposito in cancelleria dei relativi processi verbali.

3. - Con le ordinanze suindicate del pretore di Cagliari e del giudice istruttore di Pesaro, é stato denunciato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., l'art. 304 bis, primo comma, c.p.p. in quanto non comprende l'interrogatorio dell'imputato tra gli atti per i quali é ammessa l'assistenza del difensore.

Tale esclusione é stata, tuttavia, riconosciuta illegittima da questa Corte con la sentenza n. 190 del 23 dicembre 1970.

Pertanto, trattandosi di questione già decisa nel senso ora detto, ne va dichiarata la manifesta infondatezza in questa sede.

4. - L'ordinanza del giudice istruttore di Pesaro sottopone la questione di legittimità dell'art. 317, comma secondo, c.p.p. nella parte in cui consente al giudice di disporre che il perito inizi o prosegua le operazioni in laboratorio od in un istituto anche senza l'intervento dei difensori.

Ma, in coerenza al successivo riconosciuto diritto di assistenza da parte del difensore dell'imputato alle operazioni peritali (art. 1 d.l. n. 2 del 1971 e art. 1 legge n. 62 del 1971) la formula dell'art. 317 c.p.p., modificata secondo l'art. 5 legge ora citata, non riproduce più la disposizione impugnata.

Il che rende necessaria la restituzione degli atti relativi al giudice a quo affinché, alla stregua di quanto sopra, riesamini la rilevanza della questione.

5. - Le ordinanze del giudice istruttore di Pesaro e del pretore di Torino sottopongono al giudizio della Corte, l'esame del punto riguardante l'illegittimità della non estensione ai difensori delle parti civili dei diritti di assistenza ad atti istruttori. Ma, nell'una e nell'altra ordinanza, la questione viene posta, nonostante la mancanza, nel caso, del presupposto di una già effettuata od in itinere costituzione di parte civile.

Sulla specifica rilevanza di tale questione, in senso concreto ed attuale, cioé come necessario presupposto del giudizio da emettere e non quale ipotesi astratta, le ordinanze, a differenza delle altre ipotesi in esame, non danno alcuna motivazione.

Pertanto, in conformità della giurisprudenza di questa Corte (da ultimo sentenze 78 e 150 del 1971 e n. 7 del 1972) la questione va dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.

6. - Altra questione che l'ordinanza del giudice istruttore di Pesaro prospetta, tanto per tutti gli atti cui ai difensori degli imputati sia già consentito di intervenire, quanto per gli altri nei quali l'intervento dovesse ritenersi ugualmente dovuto, viene motivata nel senso che l'intervento, in luogo di una presenza consentita dovrebbe rivestire carattere di necessarietà.

Da qui l'istanza di parziale illegittimità degli artt. 304 bis, ter e quater c.p.p.

La stessa questione é già stata esaminata dalla Corte con sentenza n. 62 del 1971 e decisa nel senso che debbasi distinguere anzitutto, nel rapporto tra il difensore ed il suo patrocinato, il diritto processuale ed il dovere professionale ed il rispettivo contenuto e che spetti, poi, al legislatore valutare se determinati atti possano essere validamente compiuti, a seconda di ogni fase processuale, sia istruttoria che dibattimentale, anche se il difensore si astenga dal presenziarvi.

La Corte, non ha motivo per discostarsi da queste precedenti considerazioni. La questione proposta deve pertanto dichiararsi manifestamente infondata.

7. - Tutte le ordinanze sollevano questione di legittimità dell'art. 304 bis, oggi sostituito nel suo testo dalla citata legge n. 62 del 1971, che non annovera gli esami testimoniali tra gli atti cui i difensori degli imputati hanno diritto di assistere.

La questione é prospettata sotto due aspetti: si assume che l'estromissione dei difensori comprometterebbe il diritto di difesa nella importante fase di acquisizione delle prove: si aggiunge che la costante ed ampia disponibilità d'intervento da parte del pubblico ministero (art. 303 c.p.p.) produrrebbe disuguaglianza di trattamento, laddove la dialettica dell'indagine istruttoria richiederebbe, sia per l'una che per l'altra parte, la pubblica e la privata, una partecipazione attiva, diretta e simultanea, in condizioni di parità.

Da qui, con maggiore o minore accentuazione su l'uno o l'altro aspetto della questione, la denuncia per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

La decisione esige il richiamo preventivo del contenuto e dei limiti del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione.

Tale esame ha già formato oggetto di statuizioni della Corte.

Con numerose sentenze (n. 46 del 1957, n. 59 del 1959, n. 29 e 93 del 1962, n. 59 e 108 del 1963, n. 2 e 25 del 1964, n. 5 e 52 del 1965, n. 33 del 1966, e specialmente n. 190 del 1970) é stato ritenuto: A) che l'assistenza del difensore costituisce il normale presidio per la tutela del diritto di difesa; B) che, tuttavia, tale presidio non può essere disciplinato in modo uniforme, come necessità assoluta e inderogabile, in ogni tipo di procedimento ed in ogni fase processuale, bensì va disciplinato secondo le speciali caratteristiche e modalità di attuazione di ogni singolo atto, in modo da assicurarne la finalità sostanziale.

La questione ora in esame e le altre, connesse, da esaminare in seguito, debbono essere considerate alla stregua dei suindicati criteri direttivi, nel quadro generale del sistema, a cominciare dal prospettato diritto di assistenza del difensore allo svolgimento delle prove testimoniali.

Vanno anzitutto tenuti presenti, in termini di paragone, i motivi già ritenuti validi dalla Corte per dichiarare l' illegittimità dell'art. 304 bis nella parte relativa alla assistenza del difensore all'interrogatorio dell'imputato (sentenza n. 190 del 1970). Trattasi di motivi indicati come attinenti all’importanza fondamentale dell'interrogatorio, sia come mezzo di prova, sia come mezzo di difesa, sia come premessa per dar luogo, nell'ulteriore corso dell’istruttoria, alle più ampie investigazioni su tutti i fatti e su tutte le circostanze che l'imputato ha esposto, per l'accertamento della verità (art. 368 c.p.p.). In altre parole, mediante l'interrogatorio, vengono ad essere poste le basi del piano di difesa, dando adito all'esercizio della facoltà, attribuita ai difensori dall'art. 145 c.p.p., di presentare al giudice, in ogni stato del procedimento, memorie e istanze: qui le ragioni dell’assistenza personale e diretta del patrono rivestono carattere di razionale evidenza. Nel momento della contestazione del fatto e dell'indicazione degli elementi di prova a carico, con invito a discolparsi e ad indicare le prove a favore, il rapporto imputato-patrono si fa più stretto, realizzando una finalità tecnica, accompagnata da un significato di sostegno morale.

La situazione si presenta, tuttavia, differenziata per quanto riguarda la fase di escussione delle prove testimoniali. In questa fase é dominante l'attività del magistrato inquirente, attività da svolgere, in condizioni di riservatezza, nei modi, nei tempi e nelle varie direzioni a lui suggeriti, di volta in volta, come più utili per la ricostruzione della verità obbiettiva al fine di ricavarne dati per il rinvio a giudizio, o meno, dell'imputato.

Va anche tenuto presente, per caratterizzare la natura della fase istruttoria, che in essa i testimoni, di regola, non giurano (art. 357, secondo comma, c.p.p.).

Questo rilievo, mentre, ovviamente, non può significare diminuzione d’importanza delle deposizioni istruttorie, vale, tuttavia, a mettere in evidenza che si tratta di atti non definitivi, ma da rinnovare in sede dibattimentale, nella pienezza del contraddittorio e con tutte le garanzie sostanziali e formali a controllo dei dati fino a quel momento acquisiti e resi noti alla difesa mediante il precedente deposito.

La ripetibilità degli atti, contrapposta alla irripetibilità che, in altre particolarissime situazioni, potrebbe compromettere la difesa, va pertanto considerata come primario elemento distintivo per ammettere od escludere motivatamente l'intervento del difensore, in sede istruttoria.

Le ordinanze prospettano la questione sotto altro profilo, attinente al diverso trattamento riservato al pubblico ministero, al quale l'art. 303 c.p.p. (particolarmente denunciato con l'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Pisa) consente di essere onnipresente nell'assistenza agli atti d’istruzione, con potere di fare istanze, osservazioni e riserve.

Con la già richiamata sentenza n. 190 del 1970 questa Corte ha esaminato in qual senso ed entro quali limiti vada considerata la comparazione dei poteri conferiti dalla legge al pubblico ministero con quelli conferiti al difensore dell'imputato, per accertarne la maggiore o minore loro omogeneità.

É stato ritenuto che, pur agendo il pubblico ministero esclusivamente nell'interesse della legge, non é da escludere che, nella dialettica del processo, anch'esso sia da considerare come parte: ma che, tuttavia, da ciò non consegue che i poteri processuali del difensore debbano essere sempre pari a quelli del pubblico ministero, il quale, per la sua peculiare posizione istituzionale, per la funzione assegnatagli, o per esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia, deve, invece, fruire, in casi razionalmente giustificabili, di particolare trattamento.

Tale il caso (secondo questi concetti, qui ribaditi dalla Corte) dell'assistenza del pubblico ministero in tutta la fase istruttoria e compresa quindi, anche la fase di interrogatorio delle prove testimoniali, in considerazione che si tratta in ogni momento dell'esercizio di una funzione pubblica, da svolgere "super partes" a tutela di superiori interessi di giustizia obbiettiva. Ciò non crea né privilegio ingiustificato né illegittima disparità di trattamento che contrasti con l'art. 3 della Costituzione. Posto quanto sopra, la questione deve essere dichiarata non fondata anche sotto l'ulteriore profilo, dedotto nell'ordinanza del giudice istruttore di Pisa, nel senso che, per ripristinare la parità, basterebbe risolvere la questione riducendola al punto della esclusione dell'intervento del pubblico ministero, intervento che, invece, si giustifica di per sé, secondo i basilari motivi ora esposti.

8. - Le ordinanze del pretore di Cagliari e del giudice istruttore di Pesaro sollevano questione di legittimità dell'articolo 304 bis, comma primo, c.p.p. nella parte in cui l'assistenza ai confronti indicati all'art. 364 c.p.p. non é compresa tra i diritti del difensore (come continua a non essere compresa nel nuovo testo dell'articolo, secondo la legge n. 62 del 1971). Nella seconda delle citate ordinanze si insiste particolarmente nel rilevare il vizio di illegittimità che colpirebbe, comunque, l'esclusione del diritto di intervento in sede di confronto tra coimputati.

La Corte non ritiene fondata la questione.

Per i confronti tra testi o tra testi ed imputati valgono ovviamente gli stessi motivi, esposti al numero precedente, per giustificare l'esclusione del diritto di intervento.

Per i confronti tra coimputati, va osservato in più che essi attengono ad una fase istruttoria distaccata da quella iniziale dell'interrogatorio dei singoli imputati, la quale é fase di impostazione della difesa e delle sue prove e perciò comporta, per le particolarissime e varie ragioni indicate al numero precedente, l'intervento dei difensori.

La procedura dei confronti si inserisce nell'attività istruttoria successiva, come mezzo affidato all'iniziativa ed alla sagacia del magistrato istruente: e ciò con quelle caratteristiche, compresa la ripetibilità, delineate per la prova testimoniale. Le ragioni dell'esclusione vengono ad essere sostanzialmente le stesse, senza che i diritti della difesa possano dirsi menomati data l'immanente riserva di poterli con migliore cognizione di causa far valere in sede, tempo e modo utili.

9. - L'ordinanza del giudice istruttore di Pesaro pone la questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 bis c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, a motivo della mancata inclusione del diritto del difensore dell'imputato all'assistenza nelle operazioni di sequestro. Si assume che tale assistenza sarebbe imposta da esigenze di controllo e di contraddittorio con l'accusa.

La questione non é fondata.

Il sequestro di "cose pertinenti al reato" (art. 337 c.p.p.) é mezzo cautelare in funzione della prova penale, disposto nell'istruzione dal giudice con decreto motivato ed eseguito dallo stesso magistrato od anche, per sua delega, da un ufficiale di polizia giudiziaria. Il contenuto ed i limiti oggettivi dell'atto non impongono l'assistenza, al momento dell'esecuzione da parte del difensore dell'imputato. La garanzia conoscitiva dell'atto é, per la difesa, tutelata a sufficienza dal deposito da eseguirsi entro cinque giorni dal suo compimento (art. 304 quater c.p.p.) come già questa Corte, con sentenza n. 148 del 1964, ha ritenuto tutelato il diritto di difesa mediante il deposito dei verbali di sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 222 c.p.p.

10. - Con le ordinanze del giudice istruttore di Pesaro e del pretore di Cagliari viene sollevata questione di legittimità dell'art. 304 bis c.p.p. nella parte in cui non comprende il diritto dei difensori delle parti di assistere con il preavviso di cui all'art. 304 ter alle ispezioni giudiziali, sia a quelle, in genere, di persone, luoghi e cose (art. 309 c.p.p.) sia a quelle corporali (art. 310 c.p.p.).

La questione, per quanto riguarda le ispezioni di cui all'art. 309 c.p.p. é fondata nei sensi di seguito indicati. La Corte osserva che dette ispezioni sono disposte dal giudice a scopo di percezione visiva, personale e diretta, delle tracce e degli altri effetti materiali che il reato abbia lasciato. Trattasi di rilievi tecnici (segnaletici, descrittivi, fotografici e simili) che il giudice può compiere direttamente od anche, secondo l'art. 309, demandare ad un ufficiale di polizia giudiziaria.

L'ispezione ha, dunque, finalità descrittiva di quanto viene obbiettivamente a cadere sotto i sensi del giudice o dei tecnici chiamati a coadiuvarlo.

Ciò posto, non può tuttavia negarsi che l'assistenza del difensore sia non solo compatibile con l'adempimento delle cennate verificazioni, ma anche di loro eventuale ausilio. Si tratta, invero, di reperire le tracce del reato e gli effetti materiali che ne siano derivati o di ricostruirli, in caso di scomparsa o alterazione. Il fine da conseguire é, pur sotto diverso aspetto, collaterale a quello delle perquisizioni domiciliari, dirette a reperire "cose pertinenti al reato". Per cui, lo stesso motivo che ha già condotto ad includere nell'art. 304 bis il diritto di assistenza alle perquisizioni domiciliari, deve valere anche per le ispezioni giudiziali del genere suindicato: con la conseguente rilevazione di illegittimità dell'art. 304 bis nella parte in cui tale inclusione non é prevista.

Ma la Corte osserva che la questione, così imperniata sulla tutela del diritto di difesa, non possa intendersi con ciò esaurita, bensì implichi, con richiamo all'art. 304 ter, ulteriori considerazioni, relative alla peculiare natura del mezzo istruttorio in esame.

Si evince dall'ora cennato articolo che, per quanto concerne le perquisizioni domiciliari, il pur riconosciuto diritto di assistenza subisce un adattamento nel senso che non occorre il preavviso a cura del cancelliere, dell'atto da compiere, ma che, dove la conoscenza dell'atto stesso pervenga "aliunde" alla parte interessata, sia sempre aperta la facoltà del difensore di intervenire (non diversamente da quanto prescritto nello stesso articolo per i casi generici di urgenza). Tale norma é giustificata, come si é detto, dalla particolare natura dell'atto che comunemente esige, per assicurarne gli effetti utili, urgenza di determinazione e rapidità di esecuzione.

La Corte osserva che ciò che é giustificato per le perquisizioni domiciliari, deve, per analogia, considerarsi giustificato anche per le ispezioni, qualificate dalle stesse esigenze di urgenza cui é informato lo stesso art. 309 c.p.p. laddove prevede le ipotesi della scomparsa o dell'alterazione delle tracce del reato ed i più difficoltosi ed incerti mezzi sostitutivi per ovviarvi. Di conseguenza, così precisato il contenuto dell'esercizio del diritto di difesa sul punto, deve anche pronunciarsi l'illegittimità dell'art. 304 ter c.p.p. nella parte in cui non prevede che il difensore, pur senza che debba essere preavvisato, possa tuttavia essere presente alle ispezioni di cui al cennato art. 309.

11. - La Corte ritiene, invece, di considerare diversamente il punto riguardante le ispezioni corporali.

Trattasi di un mezzo tecnico caratterizzato da estrema riservatezza in quanto viene ad incidere nella sfera di rispetto del naturale pudore della persona assoggettata. Lo stesso articolo 310 lo circonda di molte cautele, tanto perché vi si dia luogo, quanto per le modalità di effettuazione.

É, poi, sintomatico che nella delega legislativa al Governo per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale figuri espressamente esclusa ogni facoltà del difensore di assistervi.

D'altra parte, i relativi processi verbali sono tra quelli da depositarsi nella cancelleria entro cinque giorni dal compimento dell'atto: sicché la tutela del diritto di difesa al riguardo é da ritenere in questo modo sufficientemente assicurata. Di conseguenza, la questione é da giudicarsi non fondata.

12. - La Corte ritiene, invece, fondata, negli stessi sensi e limiti già esposti al n. 10 a proposito delle ispezioni di cui all'art. 309 c.p.p. la questione relativa alle perquisizioni personali, proposta con l'ordinanza del giudice istruttore di Pesaro.

La questione non assume quel rilievo di rigorosa tutela dell'intima riservatezza della persona, peculiare alle ispezioni corporali. Nessun principio del genere viene intaccato dalle modalità delle perquisizioni personali, le quali ai fini di giustizia sono compatibili con l'assistenza del difensore.

Valgono, tuttavia, le stesse ragioni addotte per le perquisizioni domiciliari e le ispezioni non corporali nel senso che per l'esercizio del diritto di assistenza, non occorre il previo avvertimento, ma é consentito il volontario intervento.

13. - Con le ordinanze del giudice istruttore di Pesaro e del pretore di Cagliari, si pone la questione di legittimità degli artt. 231 e 232 cod. proc. pen. nella parte in cui escludono l'assistenza della difesa agli atti di polizia giudiziaria, compiuti, rispettivamente, dal pretore e dal Procuratore della Repubblica.

Per quanto riguarda l'art. 231, si osserva che questa Corte, con la sentenza n. 148 del 1969 ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui si escludeva l'applicazione ai predetti atti degli artt. 390, 304 bis, ter, quater: mentre, per quanto riguarda l'art. 232 il riconoscimento, negli stessi termini ed agli stessi effetti, dell'illegittimità, é intervenuto con la sentenza n. 86 del 1968.

Ne consegue, dati questi precedenti, la manifesta infondatezza della questione.

14. - Le stesse ordinanze propongono uguale questione in rapporto alle "sommarie informazioni" assunte dagli ufficiali di polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 225 cod. proc. pen. di cui viene denunciata l'incostituzionalità.

In proposito, va ricordato che con la citata sentenza n. 86 del 1968 questa Corte, precisando il contenuto delle garanzie di difesa da osservare nella fase informativa preliminare, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 225 nella parte in cui rendeva possibile il compimento di atti istruttori, senza l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater cod. proc. pen. Da ciò consegue, seguendo i già indicati principi direttivi, che la questione debba essere dichiarata manifestamente non fondata.

15. - L'ordinanza del giudice istruttore di Pesaro pone questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 quater, primo, secondo, terzo e quarto comma, cod. proc. pen. nonché, per la perizia, dell'art. 320 stesso codice, nella parte in cui la durata del deposito per l'esame dei relativi atti istruttori, viene sottoposta ad un termine prefissato dal giudice. Questa restrizione non sarebbe razionale, specie se confrontata con l'ampia disponibilità conferita al pubblico ministero con l'articolo 303 cod. proc. pen.

La questione non é fondata.

A parte l'autonoma posizione istituzionale del p.m. di cui già si é detto, la fissazione di un termine di deposito pel difensore risponde al fine di un ordinato e tempestivo svolgimento della attività istruttoria. Trattasi, d'altra parte, di termine che, a domanda dei difensori, e per giusta causa, può essere prorogato dal giudice: il che, anche per effetto dell'intervenuta estensione alla perizia del diritto di assistenza diretta, riguarda di conseguenza anche il deposito dei relativi processi verbali, con conseguente possibilità di proroga. I diritti di difesa non risultano né pretermessi né violati.

16. - La stessa ordinanza e quella del pretore di Torino sollevano altra questione di legittimità nel senso che, premesso che l'assistenza del difensore alle prove testimoniali e ai confronti sarebbe dovuta, sarebbe anche dovuto di conseguenza il deposito dei verbali entro cinque giorni, e non entro la successiva scadenza a chiusura dell'istruttoria, secondo l'articolo 372 cod. proc. pen. che viene, sotto questo profilo, denunciato per incostituzionalità insieme con l'art.304 quater. Anche l'ordinanza del giudice istruttore di Roma prospetta, per analoghi motivi, l'incostituzionalità di detto art. 372.

La questione non é fondata.

L'ora ricordata premessa della questione é già stata dichiarata priva di fondamento. Valgono in proposito le stesse ragioni di permanente opportunità acché tutto quanto riguarda le prove testimoniali ed i confronti sia mantenuto nella sfera di attività discretiva del giudice sino al suo organico completamento, senza frammentarie anticipazioni.

Il deposito dei processi verbali nel termine di cui all'art. 372 cod. proc. pen. é coerente al sistema ed alla sua finalità, senza che ne risulti sostanzialmente intaccato il diritto di difesa.

17. - Infine, la stessa ordinanza del giudice di Pesaro fa questione di costituzionalità dell'art. 304 ter, comma ultimo, cod. proc. pen., nella parte in cui consente al giudice, nei casi di urgenza, di procedere agli atti ai quali i difensori hanno diritto di assistere, senza darne loro avviso o in loro assenza, pur se preavvisati, od anche prima del termine fissato.

La questione non é fondata.

Va considerato che la suindicata norma é sottoposta alla duplice condizione che l'urgenza debba essere riconosciuta dal giudice di carattere "assoluto" ed accompagnata dalla verbalizzazione dei motivi della deroga, salvo sempre il deposito degli atti. L'esplicazione della tutela difensiva deve, pertanto, eccezionalmente, cedere di fronte a superiori e non differibili esigenze di giustizia. E, d'altra parte, lo stesso art. 304 ter fa sempre salva "in ogni caso" la facoltà del difensore di intervenire.

La stessa ordinanza propone uguale questione per l'articolo 317 bis, che riguarda la perizia urgente: alla quale ipotesi sono riferibili le stesse considerazioni ora esposte riguardo all'art. 304 ter.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

A) Dichiara inammissibile, perché irrilevante, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte riguardante la non estensione ai difensori di parti civili del diritto di assistenza ad atti istruttori, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal giudice istruttore presso il tribunale di Pesaro e dal pretore di Torino.

B) Dichiara l'illegittimità costituzionale:

1) dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il diritto di assistenza del difensore alla ispezione giudiziale di cui all'art. 309 del codice di procedura penale;

2) dell'art. 304 ter del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il difensore, senza che debba essere preavvisato, possa tuttavia presenziare alla ispezione di cui sopra;

3) dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il diritto di assistenza del difensore agli atti di perquisizione personale;

4) dell'art. 304 ter del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il difensore, senza che debba essere preavvisato, possa tuttavia presenziare alla detta perquisizione.

C) Dichiara manifestamente infondate:

1) la questione di legittimità costituzionale degli articoli 304 bis, ter e quater, 366 e 367 del codice di procedura penale, nella parte riguardante l'esclusione dell'assistenza della difesa all'interrogatorio dell'imputato, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari, essendo l'esclusione già dichiarata illegittima con sentenza n. 190 del 1970;

2) la questione di legittimità costituzionale degli articoli 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale, nella parte in cui é considerata facoltativa e non necessaria l'assistenza del difensore agli atti istruttori, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro, trattandosi di questione già decisa con sentenza n. 62 del 1971;

3) le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 231 e 232 del codice di procedura penale, nella parte riguardante la mancata assistenza del difensore agli atti di polizia giudiziaria compiuti rispettivamente dal pretore e dal Procuratore della Repubblica, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari, trattandosi di norme già dichiarate illegittime con le sentenze n. 86 del 1968 e n. 148 del 1969;

4) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 225 del codice di procedura penale, nella parte riguardante la mancata assistenza della difesa al compimento degli atti di sommarie informazioni, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dagli stessi giudici, trattandosi di norma già dichiarata illegittima con la sentenza n. 86 del 1968.

D) Dichiara non fondate:

1) la questione di legittimità costituzionale, degli articoli 303, 304 bis, ter e quater, 348, 349, 389, 392, 397 e 398 del codice di procedura penale, nella parte in cui non é compresa l'assistenza del difensore alla escussione delle prove testimoniali, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalle ordinanze, elencate in epigrafe, dei giudici istruttori di Pesaro, Pisa, Roma, Matera e dai pretori di Cagliari e Torino;

2) la questione di legittimità costituzionale degli articoli 304 bis e 364 del codice di procedura penale, nella parte in cui non comprendono l'assistenza del difensore ai confronti tra testi, tra testi ed imputati e tra coimputati, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro e dal pretore di Cagliari;

3) le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 304 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui non comprende l'assistenza del difensore agli atti di sequestro, nonché agli atti di ispezione corporale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro;

4) la questione di legittimità costituzionale degli articoli 304 quater e 320 del codice di procedura penale, nella parte in cui la durata del deposito in cancelleria degli atti istruttori é sottoposta ad un termine fissato dal giudice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro;

5) la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 372 del codice di procedura penale, nella parte in cui é stabilito il termine di deposito in cancelleria dei verbali di prova testimoniale e dei confronti, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dai giudici istruttori di Pesaro e Roma e dal pretore di Torino;

6) la questione di legittimità costituzionale degli articoli 304 ter, comma ultimo, e 317 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui consentono di procedere, nei casi di urgenza, senza darne avviso ai difensori o prima del termine fissato, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal giudice istruttore di Pesaro.

E) Ordina la restituzione degli atti al giudice istruttore presso il tribunale di Pesaro per il riesame della questione di legittimità costituzionale dell'art. 317, comma secondo, del codice di procedura penale secondo la sopravvenuta legge 8 marzo 1971, n. 62.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Luigi OGGIONI

Depositata in cancelleria il 19 aprile 1972.