Sentenza n. 62 del 1971
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SENTENZA N. 62

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 304 bis, ter e quater, e 366, secondo comma, del codice di procedura penale, e dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, contenente "modificazioni al codice di procedura penale", promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 21 marzo 1969 dal pretore di Camposampiero nel procedimento penale a carico di Filippi Emanuele, iscritta al n. 305 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 207 del 13 agosto 1969;

2) ordinanza emessa il 9 febbraio 1970 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Germano Guido ed altri, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 76 del 25 marzo 1970.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1971 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ordinanza del 21 marzo 1969 il pretore di Camposampiero ha rimesso all'esame di questa Corte una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 304 bis, primo comma, del codice di procedura penale "nella parte in cui non prevede l'interrogatorio dell'imputato tra gli atti cui hanno diritto di assistere i difensori", nonché l'art. 366, secondo comma, dello stesso codice "nella parte in cui prevede la mera nomina del difensore e quindi esclude l'assistenza del difensore stesso all'interrogatorio". Ad avviso del giudice a quo le due disposizioni violano, nelle parti denunziate, sia il principio di eguaglianza, sancito nell'art. 3 della Costituzione, sia il diritto di difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione.

2. - Con la stessa ordinanza é Stata Sollevata altra questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto gli articoli 304 bis, ter e quater c.p.p. "nella parte in cui prevedono per i difensori soltanto come un diritto - e quindi facoltativa - anziché come un dovere - perché necessaria - la loro assistenza agli atti indicati nel primo comma dell'art. 304 bis". Secondo il pretore, la legge, stabilendo che il difensore ha diritto di assistere a determinati atti istruttori, rimetterebbe all'arbitrio del difensore stesso la predetta assistenza, laddove le garanzie previste dall'art. 24 della Costituzione devono far capo direttamente all'imputato: il parallelo con la necessaria presenza del difensore nella fase dibattimentale dovrebbe indurre a ritenere che, nel rispetto della norma costituzionale di raffronto, anche a proposito degli atti istruttori indicati nell'art. 304 bis (e, quindi, anche dell'interrogatorio, da ricomprendersi fra essi in base alla prima questione) l'imputato debba essere necessariamente assistito da un difensore. La disciplina impugnata - così conclude l'ordinanza - contrasta anche con l'art. 3 della Costituzione perché rimettendo all'arbitrio del difensore l'assistenza agli atti istruttori, dà luogo ad una disparità di trattamento tra gli imputati, ai quali "sarà assicurata la costante assistenza nel processo, non in funzione della loro specifica posizione di accusati, ma in relazione alla loro posizione economica e sociale privilegiata".

3. - Anche il pretore di Roma, con ordinanza del 9 febbraio 1970, ha sollevato, in riferimento all'art. 24 Cost., una questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 bis c.p.p. "nei limiti in cui non statuisce il diritto del difensore di assistere all'interrogatorio dell'imputato e dell'indiziato di reità in relazione all'art. 3 legge 5 dicembre 1969, n. 932".

4. - Nei due giudizi nessuna delle parti si é costituita e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. Ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, le due cause vengono decise in camera di consiglio.  

Considerato in diritto 

1. - I due giudizi, aventi ad oggetto questioni in parte identiche, vengono riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Per quanto riguarda la questione, sollevata da entrambe le ordinanze di rimessione, relativa all'esclusione del diritto del difensore di assistere, nella fase istruttoria, all'interrogatorio dell'imputato, é da rilevare che il recente decreto legge 23 gennaio 1971, n. 2 (convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 1971, n. 62), modificando il testo dell'art. 304 bis del codice di procedura penale, ha compreso anche l'interrogatorio dell'imputato fra gli atti istruttori ai quali i difensori delle parti hanno diritto di assistere. La Corte, tuttavia, non ritiene di dover restituire gli atti ai giudici che hanno proposto la questione affinché, in relazione a questo sopravvenuto atto legislativo, rinnovino l'esame della sua rilevanza. Ed infatti, prima dell'entrata in vigore del citato decreto, era già stata depositata e pubblicata la sentenza n. 190 del 1970, con la quale l'art. 304 bis, primo comma, c.p.p. fu dichiarato illegittimo nella parte in cui esso escludeva il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio. In seguito a tale decisione ed a partire dal 24 dicembre 1970 (giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 324) la norma denunziata dal pretore di Camposampiero e dal pretore di Roma aveva, dunque, già perduto la sua efficacia (art. 136 Cost.), col conseguente obbligo di tutti i giudici di non farne ulteriore applicazione. Di tal che la relativa questione - proposta, come risulta dalle motivazioni e dai dispositivi delle due ordinanze, solo in relazione al difensore dell'imputato - deve essere dichiarata, nella parte in cui ha ad oggetto l'art. 304 bis, primo comma, c.p.p., manifestamente infondata.

3. - La Corte non può ignorare che il decreto legge 23 gennaio 1971, n. 2, é stato emanato in considerazione del fatto che alcune autorità giudiziarie avevano ritenuto di dover negare l'immediata operatività della statuizione contenuta nella sentenza n. 190, sul presupposto che il dispositivo di questa, cadendo su una omissione legislativa, tendesse ad una positiva integrazione del diritto obiettivo, non consentita al giudice della costituzionalità delle leggi.

La Corte, mentre constata che il pronto intervento legislativo ha reso superfluo il ricorso ad altri strumenti giuridici idonei a ripristinare il pieno rispetto delle competenze costituzionali, non può sottrarsi al dovere di affermare che la dichiarazione di parziale illegittimità dell'art. 304 bis c.p.p. venne adottata nell'esercizio dei suoi istituzionali poteri, che le impongono di eliminare dall'ordinamento quelle norme che, in base alla sua insindacabile valutazione, risultino contrastanti con la Costituzione. Ora, a parte il problema della sindacabilità delle omissioni legislative che si risolvano in violazione di precetti costituzionali (sindacabilità che non si può in assoluto escludere senza far venir meno in ampia misura le garanzie del sistema) e dei limiti che, secondo la varietà dei casi, il giudizio di costituzionalità incontra nell'esercizio di siffatto controllo, é certo che nel caso in esame la pronuncia della Corte ebbe ad oggetto una statuizione legislativa che, per il fatto di essere solo indirettamente desumibile dal testo impugnato, non per ciò si risolveva in una mera omissione: essendo vero, al contrario, che, riconoscendo il diritto del difensore ad assistere ad atti tassativamente indicati, l'art. 304 bis positivamente imponeva che l'interrogatorio venisse assunto in assenza di lui. Che poi, dichiarando illegittima questa parte della disposizione, la decisione della Corte abbia determinato una espansione dei diritti processuali del difensore, é cosa che riesce di agevole comprensione quando si tenga presente che la perdita di efficacia di una norma, conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, é sempre fonte di una innovazione nel diritto vigente, riconoscibile con l'impiego dei normali canoni ermeneutici.

Ciò precisato, la Corte - consapevole dell'importanza che sul piano della effettiva vigenza della Costituzione ha il momento applicativo del diritto, e massimamente quello giurisdizionale - deve sottolineare che l'applicazione ulteriore, sicuramente vietata dal vigente ordinamento (cfr. sentenza n. 49 del 1970), di una norma riconosciuta e dichiarata costituzionalmente illegittima non solo comporta una violazione dell'ordine costituzionale delle competenze, giacché paralizza gli effetti delle attribuzioni conferite alla Corte (le cui pronunce sono sottratte al sindacato di altri poteri), ma arreca grave e pericoloso pregiudizio all'effettiva operatività delle supreme garanzie predisposte dalla Costituzione della Repubblica.

4. - La questione di legittimità costituzionale dell'articolo 366, secondo comma, c.p.p., sollevata dal pretore di Caniposampiero nella parte in cui tale disposizione "prevede la mera nomina del difensore e quindi esclude l'assistenza del difensore stesso all'interrogatorio", é destituita di fondamento, giacché la denunzia si riferisce ad un contenuto normativo che risulta del tutto estraneo a quell'articolo. É infatti l'art. 304 bis, primo comma, che stabilisce a quali atti istruttori il difensore ha diritto di assistere: e fra tali atti rientra ormai, per effetto della ricordata sentenza n. 190 del 1970, anche l'interrogatorio dell'imputato.

5. - Del pari non fondata é la questione di legittimità dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, che, nonostante una certa ambiguità del dispositivo dell'ordinanza di rimessione, deve ritenersi essere stata sollevata dal pretore di Roma.

La disposizione impugnata, che modifica l'art. 225 c.p.p., disciplina gli atti di polizia giudiziaria ed espressamente statuisce che nel corso delle relative indagini "si osservano le norme sull'istruzione formale". Di tal che é certo che anche nei confronti dell'indiziato di reato trova applicazione l'articolo 304 bis nel contenuto normativo quale risulta a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui innanzi si é discorso.

6. - Il pretore di Camposampiero ha altresì denunziato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., gli artt. 304 bis, ter e quater c.p.p. nella parte "in cui prevedono, per i difensori, soltanto come un "diritto " - e quindi facoltativa - anziché come un " dovere " - perché necessaria - la loro assistenza agli atti indicati nel primo comma dell'art. 304 bis".

Nel proporre la relativa questione, il giudice a quo parte dal presupposto che, parlando la legge di un " diritto" del difensore, essa rimetta al completo arbitrio di costui l'assistenza agli atti istruttori, nonostante che l'imputato debba essere considerato come il vero destinatario delle garanzie difensive volute dall'art. 24 della Costituzione. Ma siffatta premessa é del tutto inesatta. Ed invero é anzitutto da precisare che il diritto del difensore ad assistere a determinati atti é, nel contempo, diritto dell'imputato a farsi assistere da lui: e si tratta di un diritto processuale al quale é correlativo l'obbligo del giudice di ammettere la presenza del difensore e di porlo in grado, a mezzo dell'avviso previsto dall'art. 304 ter (e salvo il caso di assoluta urgenza, previsto dall'ultimo comma della disposizione), di assistere agli atti per i quali il suo intervento é previsto. Diverso é il rapporto fra il difensore ed il suo patrocinato, giacché nell'ambito di esso quel che nei confronti del giudice e delle altre parti é esercizio di un diritto processuale, diventa adempimento di un dovere professionale, che trova la sua sanzione anche nelle misure disciplinari che possano colpire il professionista. E poiché sotto tale aspetto, é da escludersi che il difensore (senza distinzione secondo che si tratti di difensore di fiducia o di ufficio) sia libero di esercitare o meno l'assistenza di cui si discorre - magari, come paventa il giudice a quo, orientandosi secondo criteri di maggiore o minor vantaggio economico - risulta insussistente la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione, non essendo possibile in alcun modo collegare alle disposizioni impugnate una disparità nel trattamento dei singoli soggetti secondo le diverse loro condizioni economiche e sociali.

La questione é infondata anche in un ulteriore aspetto della sua prospettazione. Sembra al giudice a quo che una puntuale osservanza dell'art. 24 della Costituzione esiga la necessaria presenza del difensore agli atti previsti dall'articolo 304 bis, così come la sua presenza é necessaria, in base all'ordinamento vigente, nella fase dibattimentale: in altri termini, per la validità degli atti istruttori di cui si discorre non dovrebbe esser ritenuto sufficiente che il difensore sia posto in grado di assistervi. La Corte, richiamandosi ai principi costantemente affermati, secondo i quali il diritto inviolabile di difesa garantito dalla norma costituzionale di raffronto non comporta che il suo esercizio debba essere disciplinato in modo identico in ogni tipo di procedimento ed in ogni fase processuale, ritiene che, una volta che sia stato assicurato il diritto dell'imputato di nominare un difensore di fiducia e, in mancanza di tale nomina, di essere assistito da un difensore di ufficio, ed una volta che sia stato garantito il diritto del difensore a svolgere adeguati interventi, il legislatore abbia il potere di valutare se determinati atti processuali possano essere validamente compiuti anche se il difensore si astenga dal presenziarvi. E non esce dai limiti di siffatta discrezionalità una disciplina che, diversamente valutando le esigenze difensive nella fase istruttoria ed in quella dibattimentale, ritenga, per quanto riguarda la prima, che esse non impongano, attraverso la sanzione della nullità degli atti, una necessaria partecipazione del difensore.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 304 bis, primo comma, del codice di procedura penale, già dichiarato con sentenza n. 190 del 1970 costituzionalmente illegittimo nella parte in cui esclude il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 366, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata dalla ordinanza del pretore di Camposampiero, nella parte indicata in motivazione, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale, sollevata dalla stessa ordinanza, nella parte indicata in motivazione, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

d) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, contenente "modificazioni al codice di procedura penale", sollevata, nella parte indicata in motivazione, dall'ordinanza del pretore di Roma in riferimento all'art. 24 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 30 marzo 1971.