Sentenza n. 37 del 2024

SENTENZA N. 37

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

[  ]

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 4), promosso dal Tribunale ordinario di Catania, sezione quarta penale, in composizione monocratica, con ricorso notificato il 14 settembre 2023, depositato in cancelleria il 16 settembre 2023, iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2023, fase di merito.

Visto l’atto di costituzione del Senato della Repubblica, fuori termine;

udito nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2024 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

udito l’avvocato Ulisse Corea per il Senato della Repubblica;

deliberato nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 16 settembre 2023 (reg. confl. pot. n. l del 2023), il Tribunale ordinario di Catania, sezione quarta penale, in composizione monocratica, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in riferimento alla deliberazione del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 4), con la quale il Senato della Repubblica ha affermato che quanto pubblicato dal senatore Mario Michele Giarrusso nei post sulla propria pagina Facebook in data 30 ottobre 2017 e 21 gennaio 2018 sia stato espresso nell’esercizio delle funzioni parlamentari, e, pertanto, sia riconducibile alla garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione.

2.– Il ricorso è stato promosso nell’ambito di un processo penale nei confronti del senatore Giarrusso, querelato da D. B. per rispondere del reato di diffamazione aggravata dall’impiego di mezzo di pubblicità, di cui all’art. 595, commi primo e terzo, del codice penale, in quanto il parlamentare: con un primo post pubblicato sulla propria pagina Facebook il 30 ottobre 2017, dopo avere sostenuto che «[t]utti hanno parenti lontani impresentabili», aggiungeva le seguenti espressioni: «[p]ensate che una nota lingua velenosa catanese malgrado il cognome pseudo rivoluzionario, mi dicono sia discendente di Madame De Pompadour», ossia «[u]na finta seguace di Robespierre e vera stipendiata da Fratelli d’Italia. Al solo nominarla accadono disgrazie come ben può testimoniare un mio amico che gli va dietro a cui capita davvero di tutto»; nella medesima occasione, replicando ad un lettore del post, che vi aveva letto un «attacco volgare a D.», il senatore Giarrusso scriveva le seguenti parole: «[a]ttento alla sfiga»; con il secondo post, pubblicato il 21 gennaio 2018, dopo avere pubblicato una vignetta raffigurante la querelante, il parlamentare ha commentato «Nel frattempo Madame Pompadour continua a sbavare bile», mentre, in relazione ad una fotografia che ritrae la detta D. B. con una terza persona, ha chiosato: «[p]essima compagnia».

3.– Il Tribunale ricorrente prende atto della deliberazione del 16 febbraio 2022 con la quale il Senato della Repubblica, accogliendo la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, ha ritenuto che le dichiarazioni del senatore Giarrusso fossero insindacabili, in quanto ha in esse ravvisato carattere divulgativo di due atti tipici parlamentari compiuti in precedenza dal senatore: l’interrogazione orale del 22 luglio 2014, discussa in aula il 10 marzo 2016 (n. 3-01125), e l’interrogazione del 4 febbraio 2016 (n. 3-02557).

Il Tribunale di Catania riferisce che la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, al fine della ritenuta insindacabilità, ha rappresentato, seppure genericamente, l’attività del senatore Giarrusso in veste di membro della Commissione parlamentare antimafia, della Commissione giustizia e della stessa Giunta, indicando più specificamente, quale atto tipico, valutabile al fine in esame, anche la presentazione di un progetto di legge per la modifica dell’art. 416-ter cod. pen. (rubricato «Scambio elettorale politico-mafioso») e che, in conclusione, a parere della Giunta, la cui proposta è stata approvata dall’aula, i post pubblicati sulla propria pagina Facebook dal parlamentare sarebbero da ricondurre all’attività che questi ha svolto in relazione alla incandidabilità dei cosiddetti “impresentabili”.

4.– Ma, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, il ricorrente contesta la valutazione così fornita nella deliberazione del 16 febbraio 2022 dal Senato in ordine all’attività svolta dal senatore Giarrusso.

Il Tribunale rileva, anzitutto, che con l’interrogazione orale del 22 luglio 2014 il parlamentare, occupandosi delle elezioni comunali ad Alcamo del 2012, aveva denunciato che il sindaco eletto fosse stato appoggiato da un «impresentabile», cioè da persona gravata da accuse tali da impedirne o comunque renderne sconveniente una candidatura ad uffici pubblici. Inoltre, in tale interrogazione il senatore Giarrusso aveva deprecato l’influenza che «esponenti politici locali» avrebbero esercitato per ritardare l’esito dei giudizi pendenti nei confronti del sindaco eletto.

5.– Il Tribunale esamina, quindi, l’interrogazione parlamentare del 4 febbraio 2016, nella quale il senatore Giarrusso ha sostenuto che l’allora neo eletta sindaca del Comune di Agira sarebbe stata «politicamente vicina al più influente politico della provincia di Enna», nella specie una persona estromessa dalle liste elettorali nel 2013 «in quanto definito “impresentabile”».

6.– Infine, il Tribunale di Catania valuta l’intervento svolto dal senatore Giarrusso in Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 13 giugno 2017 (doc. n. 210) nel quale ha denunciato: che «un pregiudicato per mafia» «svolge campagna elettorale»; che «il candidato arrivato secondo alle elezioni di Palermo è un indagato per voto di scambio»; che «il candidato più votato a Trapani è una persona appena arrestata dalla magistratura»; che «uno degli sfidanti era un soggetto che la procura ha indicato come socialmente pericoloso»; e che ad Avola vi sarebbe stata un’indicazione mafiosa a favore di un candidato al consiglio comunale.

7.– Esaminati i suddetti contenuti, il Tribunale di Catania esclude che i post oggetto della imputazione penale siano riproduttivi di atti parlamentati tipici, dato che la persona offesa non vi viene «mai neppure menzionata» ed esclude che essi rappresentino opinioni, trattandosi, invece, di «giudizi di valore aventi ad oggetto la persona» di D. B.; conseguentemente ritiene che la deliberazione di insindacabilità abbia «illegittimamente sottratto all’autorità giudiziaria il potere di decidere in ordine al reato contestato» e debba, perciò, essere annullata da questa Corte.

8.– Il ricorso per conflitto di attribuzione è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 175 del 2023.

9.– Il Senato della Repubblica ha depositato atto di costituzione in data 6 febbraio 2024, oltre il termine previsto dall’art. 26, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso in epigrafe (reg. confl. pot. n. 1 del 2023), il Tribunale ordinario di Catania, sezione quarta penale, in composizione monocratica, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica in riferimento alla deliberazione del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 4), con cui il Senato della Repubblica ha affermato che quanto pubblicato dal senatore Mario Michele Giarrusso sulla propria pagina Facebook, in data 30 ottobre 2017 e 21 gennaio 2018, sia stato espresso nell’esercizio delle funzioni parlamentari, e, pertanto, sia riconducibile alla garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost.

2.– In particolare, il Tribunale rappresenta di dover procedere in ordine al reato di diffamazione aggravata dall’impiego di mezzo di pubblicità, di cui all’art. 595, commi primo e terzo, cod. pen., a seguito di querela presentata da D. B. cui erano rivolte le frasi insultanti del senatore Giarrusso contenute nei predetti post.

3.– Il Tribunale ricorrente prende atto della deliberazione del 16 febbraio 2022 con la quale il Senato della Repubblica, accogliendo la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, ha ritenuto che le dichiarazioni contestate fossero insindacabili, ma, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, ritiene che, al contrario, esse non siano meramente divulgative di alcun atto assunto nell’esercizio della funzione parlamentare e, pertanto, ritiene che la deliberazione di insindacabilità abbia «illegittimamente sottratto all’autorità giudiziaria il potere di decidere in ordine al reato contestato» e debba perciò essere annullata da questa Corte.

4.– In via preliminare, deve essere ribadita l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Senato della Repubblica, perché tardiva, in quanto l’atto di costituzione è stato depositato in data 6 febbraio 2024, anziché entro il 4 ottobre 2023, e quindi oltre il termine previsto dall’art. 26, comma 4, delle Norme integrative.

4.1.– Nella giurisprudenza di questa Corte la natura perentoria del termine per la costituzione delle parti nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale era stata più volte affermata anche prima dell’espressa previsione in tal senso contenuta nell’art. 3 delle vigenti Norme integrative (ex plurimis, sentenze n. 222 del 2018, n. 75 del 2012, n. 257 del 2007, n. 190 e n. 108 del 2006; ordinanze n. 63 del 2003, n. 430 del 2002, n. 394 del 2001).

Analoga natura perentoria deve essere riconosciuta ai termini di costituzione nel giudizio per conflitto di attribuzione. Sul piano testuale, tale soluzione va rinvenuta nel rinvio dell’art. 31 delle Norme integrative al menzionato art. 3 e nel raccordo tra il comma 4 dell’art. 26 delle Norme integrative vigenti e il comma 3 dello stesso articolo, che espressamente definisce perentorio il termine per il deposito del ricorso dopo la sua notificazione.

4.2.– Del resto, il conflitto è configurato in termini di giudizio tra parti contrapposte e il carattere perentorio è connaturato al sistema di giustizia costituzionale poiché preordinato ad assicurare il principio di parità delle parti, in funzione del rispetto del contraddittorio, e l’ordinato svolgimento del giudizio stesso, tale da garantire tempi certi di definizione e, pertanto, la parte resistente non può partecipare all’udienza pubblica per controdedurre oralmente e rassegnare le sue conclusioni.

4.3.– Né può farsi ricorso – come richiesto dal Senato della Repubblica – alla riammissione in termini per errore scusabile prevista dall’art. 37 dell’Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), in quanto applicabile al processo costituzionale (da ultimo, sentenza n. 227 del 2023 e ordinanza dibattimentale alla stessa allegata), in forza del rinvio di cui all’art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). Tale istituto infatti è di stretta interpretazione e ha carattere eccezionale (Consiglio di Stato, sezione settima, sentenza 8 febbraio 2023, n. 1410), sicché potrebbe essere utilizzato anche nei giudizi di fronte a questa Corte solo in casi di oggettiva, univoca, evidente e assoluta impossibilità (ovvero per ragioni assolutamente non ascrivibili a condotte omissive delle parti, ma semmai dovute a profili di forza maggiore), la cui prova della ricorrenza incombe naturalmente su chi intende valersene. Nel caso di specie, tale ricorrenza non è stata, peraltro, neppure allegata.

5.– Sempre in via preliminare, deve essere confermata, ai sensi dell’art. 37 della legge n. 87 del 1953, l’ammissibilità del conflitto, già dichiarata da questa Corte, in sede di prima e sommaria delibazione, nell’ordinanza n. 175 del 2023, con cui è stata accertata la sussistenza dei suoi elementi oggettivi e soggettivi.

5.1.– Invero, come affermato nella predetta ordinanza, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione attiva del Tribunale di Catania a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell’esercizio delle funzioni attribuitegli, la volontà del potere cui appartiene (ex plurimis, ordinanze n. 34 del 2023, n. 35 del 2022 e n. 148 del 2020).

5.2.– Parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione passiva del Senato della Repubblica a essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost. (ex plurimis, ordinanze n. 34 del 2023, n. 148 del 2020 e n. 69 del 2020).

5.3.– In relazione al profilo oggettivo, il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantite, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per insussistenza dei relativi presupposti, del potere spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del Parlamento, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. e, dunque, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte (ex plurimis, ancora ordinanze n. 34 del 2023, n. 35 del 2022 e n. 148 del 2020).

6.– Nel merito il ricorso per conflitto è fondato.

6.1.– L’art. 68, primo comma, Cost. stabilisce che «[i] membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni».

6.2.– Secondo il costante insegnamento di questa Corte in tema di dichiarazioni del parlamentare rese extra moenia, «per la configurabilità del nesso funzionale è necessario il concorso di due requisiti: a) un legame di ordine temporale fra l’attività parlamentare e l’attività esterna (sentenze n. 55 del 2014 e n. 305 del 2013, tra le ultime), tale che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima; b) una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni e gli atti esterni, al di là delle formule letterali usate (sentenza n. 333 del 2011), non essendo sufficiente né un semplice collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica parziale (sentenza n. 334 del 2011), né un mero “contesto politico” entro cui le dichiarazioni extra moenia possano collocarsi (sentenza n. 205 del 2012), né, infine, il riferimento alla generica attività parlamentare o l’inerenza a temi di rilievo generale, seppur dibattuti in Parlamento (sentenza n. 98 del 2011)» (in questo senso, sentenza n. 144 del 2015).

In altri termini, come ribadito da questa Corte anche recentemente, «per ravvisare un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni – al quale è subordinata la prerogativa dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost. – è necessario che le stesse possano essere riconosciute come espressione dell’esercizio di attività parlamentare (sentenze n. 10 e n. 11 del 2000; in seguito, ex plurimis, sentenze n. 59 del 2018 e n. 144 del 2015), vale a dire che assumano carattere divulgativo di quanto riconducibile a quest’ultima (sentenze n. 265 del 2014, n. 221 del 2014, n. 55 del 2014, n. 81 del 2011 e n. 420 del 2008)» (sentenza n. 241 del 2022).

7.– Nella specie difetta del tutto il nesso funzionale tra le dichiarazioni contenute nei post per i quali si procede per il reato di diffamazione aggravata a carico del senatore Giarrusso e le opinioni espresse da quest’ultimo negli atti parlamentari indicati nella deliberazione del 16 febbraio 2022, con la quale il Senato della Repubblica ha ritenuto le suddette dichiarazioni insindacabili.

Infatti, attraverso i post pubblicati sulla propria pagina Facebook, il senatore Giarrusso ha formulato osservazioni nei confronti di D. B., che non è mai menzionata negli atti parlamentari esaminati dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e indicati nella deliberazione del Senato a supporto della motivazione della insindacabilità.

7.1.– Il difetto di nesso funzionale è evidente esaminando il contenuto dei suddetti atti parlamentari; quanto al primo, l’atto di sindacato ispettivo del 22 luglio 2014 discusso in aula il 10 marzo 2016, esso riguarda, infatti, le elezioni amministrative comunali nella Città siciliana di Alcamo (Trapani), vinte al ballottaggio da un candidato supportato da un ex senatore alcamese considerato dal Partito Democratico «impresentabile» alle scorse elezioni politiche, in quanto gravato da accuse tali da impedirne o comunque renderne sconveniente una candidatura ad uffici pubblici. Il senatore Giarrusso in tale interrogazione aveva deprecato l’influenza che «esponenti politici locali» avrebbero esercitato per ritardare l’esito dei giudizi pendenti e, in particolare, il controllo delle schede elettorali che il Prefetto di Trapani avrebbe dovuto effettuare tempestivamente al fine di dissipare ogni dubbio sugli effettivi esiti delle elezioni.

7.2.– Dall’esame del contenuto di tale interrogazione orale non emerge alcun riferimento a D. B. e analoga conclusione vale con riferimento all’interrogazione parlamentare del 4 febbraio 2016, con la quale il senatore Giarrusso denunciava la presenza nelle liste elettorali per le consultazioni amministrative del 2015 di persone ritenute impresentabili, stante la loro frequentazione di boss mafiosi, senza nessun riferimento, nemmeno indiretto, alla querelante D. B.

7.3.– Per quanto concerne, infine, l’intervento svolto dal senatore Giarrusso in Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 13 giugno 2017 (doc. n. 210), in esso il parlamentare aveva denunciato infiltrazioni mafiose in occasione delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli enti locali, anche in questo caso senza alcun riferimento alla persona di D. B.

7.4.– Il nesso funzionale tra le espressioni rivolte a D. B. e l’attività parlamentare svolta dal senatore Giarrusso non si rinviene neppure rispetto a quanto compiuto da quest’ultimo in veste di membro della Commissione parlamentare antimafia, della Commissione giustizia e della stessa Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato e, in particolare, in relazione alla presentazione da parte dello stesso senatore di un progetto di legge per la modifica dell’art. 416-ter cod. pen. (rubricato «Scambio elettorale politico-mafioso»).

Invero, la suddetta attività e gli atti parlamentari indicati nella deliberazione del Senato della Repubblica sarebbero accomunati dall’avere ad oggetto il tema delle infiltrazioni mafiose negli enti locali, ma dall’analisi delle espressioni rivolte a D. B. non emerge alcun riferimento alla tematica antimafia.

8.– In conclusione, le dichiarazioni del senatore Giarrusso riferibili all’imputazione di cui all’art. 595, commi primo e terzo, cod. pen. a seguito di querela presentata da D. B. non costituiscono opinioni espresse nell’esercizio della funzione parlamentare e, pertanto, non spettava al Senato deliberare la loro insindacabilità.

Per l’effetto, ai sensi dell’art. 38 della legge n. 87 del 1953, va annullata la deliberazione del Senato del 16 febbraio 2022, con riguardo agli addebiti di cui all’art. 595, commi primo e terzo, cod. pen.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara che non spettava al Senato della Repubblica deliberare che le condotte contestate al senatore Mario Michele Giarrusso ai sensi dell’art. 595, commi primo e terzo, del codice penale a seguito di querela presentata da D. B., per le quali pende procedimento penale dinanzi al Tribunale ordinario di Catania, sezione quarta penale, in composizione monocratica, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

2) annulla, per l’effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dal Senato della Repubblica nella seduta del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 4), nella parte in cui si riferisce alle condotte del senatore Mario Michele Giarrusso contestate dal Tribunale ordinario di Catania ai sensi dell’art. 595, commi primo e terzo, cod. pen.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2024