SENTENZA N. 193
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguenteSENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), promossi dal giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Palermo con ordinanza del 21 aprile 2021 e dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia con ordinanza del 20 gennaio 2022, iscritte, rispettivamente, al n. 218 del registro ordinanze 2021 e al n. 7 del registro ordinanze 2022 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, numeri 3 e 7 dell’anno 2022.
Visti gli atti di costituzione dell’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione coatta amministrativa, in persona del commissario liquidatore e della Regione Siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 5 luglio 2022 e nella camera di consiglio del 6 luglio 2022 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;
uditi l’avvocato Mauro Renna per l’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione coatta amministrativa, in persona del commissario liquidatore e l’avvocato Giuseppa Mistretta per la Regione Siciliana;
deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2022.
1.– Con ordinanza del 21 aprile 2021, iscritta al n. 218 del registro ordinanze 2021, il giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Palermo ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), nella parte in cui dispone, per gli enti soppressi e posti in liquidazione, che, «[p]er le liquidazioni deficitarie, con decreto del Presidente della Regione si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa».
Il rimettente premette che la Dea Capital SGR spa ha promosso azione esecutiva di espropriazione presso terzi contro l’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione (EAS), che il terzo pignorato ha reso dichiarazione positiva e che, a seguito della sottoposizione dell’ente a liquidazione coatta amministrativa (d’ora in poi: LCA) con decreto del Presidente della Regione Siciliana del 2 gennaio 2020, emanato in attuazione della predetta disposizione regionale, la difesa del debitore ha richiesto la declaratoria di interruzione del processo esecutivo, mentre il creditore intervenuto AMAP spa ha lamentato l’illegittimità costituzionale della norma recata da quella disposizione.
Il Tribunale afferma, in punto di rilevanza della questione, che l’apertura della procedura concorsuale dell’ente, fondata sulla disposizione censurata, determina l’improcedibilità della promossa azione esecutiva individuale secondo la regola di cui al combinato disposto degli artt. 51 e 201 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa). Tale regola, infatti, è ritenuta dalla giurisprudenza costantemente applicabile anche alle LCA degli enti di diritto pubblico e non risulta superata dall’art. 9, comma 1-ter, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63 (Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture), introdotto, in sede di conversione, nella legge 15 giugno 2002, n. 112, che, nel prevedere la liquidazione coatta di enti statali soppressi con liquidazioni gravemente deficitarie, non contempla specifica disciplina derogatoria.
L’ordinanza dà conto, inoltre, di essere a conoscenza del fatto che il decreto del Presidente della Regione Siciliana, che ha posto l’EAS in liquidazione coatta amministrativa, è stato impugnato dinanzi al giudice amministrativo, ricevendo in fase cautelare il rigetto della richiesta di sospensione, ma osserva che il suo eventuale annullamento giurisdizionale non avrebbe effetti retroattivi secondo quanto previsto dall’art. 18 della legge fallimentare, estensibile alla LCA per come affermato dalla Corte di cassazione, sezione terza civile, con ordinanza 3 ottobre 2005, n. 19293, e, dunque, esclude che l’esito del giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale possa ripercuotersi sulle intervenute dichiarazioni di improcedibilità delle azioni esecutive individuali.
In punto di non manifesta infondatezza, l’ordinanza di rimessione espone che la legge regionale censurata, prevedendo la possibilità di apertura della liquidazione coatta amministrativa con decreto del Presidente della Regione, contrasterebbe con la competenza statale esclusiva nelle materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), in ragione dei peculiari effetti sostanziali e processuali, derogatori al regime ordinario, derivanti per i creditori dalla procedura concorsuale.
La violazione dei richiamati parametri costituzionali sarebbe già stata riconosciuta da questa Corte nella sentenza n. 25 del 2007, in relazione ad una norma di legge della Regione Puglia analoga a quella censurata ed avente ad oggetto le soppresse unità sanitarie locali; nella sentenza sarebbe stato chiarito che il riferimento dell’art. 2 del r.d. n. 267 del 1942 alla «legge» che «determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla» non può che essere a quella statale, proprio per i rilevanti effetti sulla tutela giurisdizionale e sostanziale delle situazioni creditorie, conseguenti all’apertura della procedura.
Afferma ancora il giudice a quo che l’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017 non può trovare giustificazione neanche nella sua autonomia speciale, in quanto la portata della relativa disciplina esorbita dai confini della materia «ordinamento degli uffici e degli enti regionali», che l’art. 14, lettera p), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) riserva alla sua legislazione esclusiva.
1.2.– Con atto depositato il 27 gennaio 2022, è intervenuta in giudizio la Regione Siciliana, eccependo l’inammissibilità della questione sollevata dal rimettente e concludendo, comunque, per la sua non fondatezza.
In primo luogo, la difesa regionale ha lamentato la carenza motivazionale dell’ordinanza sia per mancato tentativo di interpretazione conforme a Costituzione della norma censurata, sia per non aver considerato la ratio dell’intervento normativo denunciato.
A suo dire, la disposizione regionale, da ascrivere al legittimo esercizio della competenza legislativa primaria di cui all’art. 14, lettera p), dello statuto in materia di «ordinamento […] degli enti regionali», sarebbe intervenuta per colmare un vuoto nella disciplina, limitandosi a declinare per gli enti vigilati dalla Regione la previsione statale della sottoposizione a LCA degli enti vigilati dallo Stato, ove insolventi, dettata dall’art. 15 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111.
In secondo luogo, ha osservato che, diversamente da quanto prospettato dall’ordinanza, la questione è irrilevante perché sollevata «in seno ad una procedura esecutiva di espropriazione presso terzi che si sviluppa parallelamente al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo»: si trascenderebbe, dunque, dal giudizio esecutivo individuale soggetto all’improcedibilità di cui all’art. 51 della legge fallimentare e si avrebbe, piuttosto, un giudizio di cognizione sussumibile in quelle «diverse disposizioni di legge» in relazione alle quali l’art. 52 della legge fallimentare consente l’accertamento del credito al di fuori della procedura concorsuale, in sede contenziosa ordinaria.
Infine, in ordine al profilo della non fondatezza, la Regione ha evidenziato che il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo ha omesso di enucleare univocamente i princìpi fondamentali che si assumono violati, peraltro relativi ad ambiti materiali diversi, identificazione ancor più necessaria per il ricorrere della competenza legislativa primaria riservata dallo statuto in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali».
1.3.– In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Siciliana ha depositato memoria, nella quale, insistendo nelle spiegate eccezioni, ha ulteriormente dedotto essere conferma della legittimità del proprio intervento normativo la sopraggiunta previsione dell’art. 12, comma 6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), introdotto, in sede di conversione, nella legge 29 luglio 2021, n. 108.
La novella statale – che introduce il comma 5-bis nell’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, – avrebbe corroborato la legittimità della norma regionale impugnata, prevedendo ora espressamente per gli enti sottoposti alla vigilanza delle Regioni, al pari di quanto previsto per quelli sottoposti alla vigilanza dello Stato, che può essere disposta la liquidazione coatta amministrativa con deliberazione delle rispettive Giunte quando la situazione economica, finanziaria e patrimoniale raggiunga un livello di criticità tale da non potersi assicurare la sostenibilità e l’assolvimento delle funzioni indispensabili, oppure quando non si possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi.
2.– Con ordinanza del 20 gennaio 2022, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, nel giudizio di impugnazione proposto dall’AMAP spa avverso il decreto del Presidente della Regione Siciliana 2 gennaio 2020 che ha posto in liquidazione coatta amministrativa l’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione, reso in attuazione dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, ha parimenti sollevato la questione di legittimità costituzionale di tale articolo ove dispone, per gli enti soppressi ed in liquidazione, che, «[p]er le liquidazioni deficitarie, con decreto del Presidente della Regione si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa» per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Premette il TAR che la ricorrente ha esposto di essere creditrice, secondo quanto accertato in sentenze del giudice ordinario, dell’EAS in liquidazione e di non avere ottenuto il pagamento del dovuto, né da tale ente né dalla Regione Siciliana, obbligata solidale ai sensi dell’art. 23, comma 2, della legge della Regione Siciliana 5 novembre 2004, n. 15 (Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della Regione e del bilancio dell’Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l’anno finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum), nonché terzo pignorato sulla base di ordinanze di assegnazione del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo.
La Regione, in particolare, a dire della ricorrente, avrebbe eluso l’adempimento delle proprie obbligazioni sia mediante l’approvazione della menzionata legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, che consente per le liquidazioni deficitarie l’apertura, ad opera del Presidente della Regione, della liquidazione coatta amministrativa, sia con la legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), il cui art. 33, comma 1, prevede la cessazione della garanzia solidale suddetta, tanto che, a seguito di notifica di atto di precetto, le era stata comunicato che, con l’apertura della procedura concorsuale, la Regione era liberata dalle passività dell’EAS e che erano inibite le procedure esecutive individuali.
Il giudice a quo dà, inoltre, conto, in relazione allo svolgimento del processo, di avere, con ordinanza n. 532 del 2020, accolto la domanda cautelare − decisione questa riformata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con ordinanza, sezione giurisdizionale, 22 giugno 2020, n. 534 − e di avere preso atto che il Tribunale di Palermo ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017.
Soffermandosi sulle questioni preliminari, l’ordinanza di rimessione afferma la sussistenza dell’interesse della ricorrente alla impugnazione, stante l’incidenza sulla sua posizione creditoria del provvedimento di sottoposizione dell’ente alla liquidazione coatta; da questa, infatti, derivano: a) la sospensione della decorrenza degli interessi (art. 55 della legge fallimentare); b) effetti sulla tutela giurisdizionale del credito (artt. 43 e 51 della legge fallimentare); c) l’impossibilità di dare attuazione alle ottenute ordinanze di assegnazione e d) la concorrenza di altri creditori chirografari sui crediti oggetto di assegnazione in suo esclusivo favore.
Venendo alla rilevanza della questione, il Tribunale amministrativo, dopo avere escluso la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata, osserva che il ricorso per l’annullamento del decreto del Presidente della Regione lamenta, quale unico motivo, la sua invalidità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, cui il provvedimento dà attuazione, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Aggiunge, inoltre, che, la pretesa sostanziale della ricorrente è specificamente condizionata dalla efficacia del decreto impugnato, da cui deriva, ai sensi degli artt. 51 e 201 della legge fallimentare, l’improseguibilità delle azioni esecutive individuali, regola, questa, costantemente affermata dalla giurisprudenza anche per le ipotesi di LCA di enti di diritto pubblico e non derogata dall’art. 9, comma 1-ter, del d.l. n. 63 del 2002, come convertito.
In relazione alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo, con motivazione analoga a quella dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo, denuncia che la disposizione regionale in esame, nel prevedere la possibilità di far luogo alla liquidazione coatta amministrativa tramite decreto del Presidente della Regione, si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla potestà esclusiva dello Stato le materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile».
Il rimettente rammenta che il contrasto con tale parametro di analoga norma regionale è stato riconosciuto da questa Corte nella sentenza n. 25 del 2007, in considerazione dei rilevanti effetti sostanziali e processuali che derivano per i creditori dalla apertura della procedura concorsuale.
Anche il TAR esclude che la norma censurata, per la sua significativa incidenza sulle situazioni creditorie, possa trovare giustificazione nella previsione della potestà legislativa primaria di cui all’art. 14, lettera p), dello statuto speciale.
2.1.– Con atto depositato il 24 febbraio 2022, è intervenuta anche in questo giudizio la Regione Siciliana, eccependo l’inammissibilità e deducendo la non fondatezza della questione sollevata dal rimettente.
In primo luogo, la difesa regionale ha lamentato, per come già esposto nel giudizio iscritto al registro ordinanze n. 218 del 2021, la carenza nell’atto di rimessione sia del tentativo di esegesi conforme a Costituzione della norma censurata, sia della valutazione che essa costituisce, nell’esercizio della sua competenza legislativa primaria di cui all’art. 14, lettera p), dello statuto, mera trasposizione agli enti vigilati dalla Regione di quanto disposto dall’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, per la sottoposizione a LCA degli enti pubblici vigilati dallo Stato.
In secondo luogo, ha eccepito la carenza di motivazione sulla rilevanza, per essere stata la questione sollevata «in relazione agli effetti» derivanti dall’applicazione dell’art. 51 della legge fallimentare, senza che il TAR si sia fatto carico di verificare se ricorresse una delle speciali ipotesi in cui l’art. 52 della legge fallimentare, nell’imporre l’accertamento dei crediti nel seno della procedura concorsuale, consente in via derogatoria l’accertamento in sede di contenzioso ordinario («salve diverse disposizioni di legge»).
Infine, in ordine alla manifesta infondatezza, ha evidenziato che il rimettente ha omesso di enucleare univocamente i princìpi fondamentali che si assumono violati, enucleazione indispensabile in virtù della sua competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali».
2.2.– Si è costituito in giudizio l’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione coatta amministrativa, eccependo l’inammissibilità della questione e, comunque, affermandone la non fondatezza.
In via preliminare, anche l’ente ha sostenuto il difetto di rilevanza della questione, contestando, a sua volta che la ritenuta sussistenza dell’interesse a ricorrere dell’AMAP spa possa essere giustificata dalla improseguibilità delle azioni esecutive individuali in esito alla sottoposizione, con il decreto impugnato, alla LCA: il creditore, infatti, già tre anni prima di quel decreto aveva ottenuto diverse ordinanze di assegnazione, che avevano definito i relativi processi di espropriazione presso terzi, mentre non vi è deduzione di ulteriori azioni esecutive in corso.
L’EAS in LCA ha, in secondo luogo, sollecitato questa Corte alla restituzione degli atti al giudice a quo a fronte dell’entrata in vigore «nel corso del giudizio» dell’art. 12, comma 6-bis, del d.l. n. 77 del 2021, introdotto, in sede di conversione, nella legge n. 108 del 2021. La novella, introducendo il comma 5-bis nell’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, consente ora alle Regioni di sottoporre gli enti sottoposti alla sua vigilanza alla liquidazione coatta amministrativa con deliberazione della Giunta, al pari di quanto previsto dal comma 1 per gli enti vigilati dallo Stato.
Tale disposizione, infatti, secondo l’ente sanerebbe il denunciato vizio di incompetenza legislativa e avrebbe dovuto essere oggetto, quanto meno, di valutazione dal TAR rimettente.
Nel merito, l’EAS in LCA ha sostenuto che la norma censurata non soffre della illegittimità costituzionale prospettata, in quanto si fonda sulla potestà legislativa primaria della Regione Siciliana in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» prevista dall’art. 14, lettera p), dello statuto, limitandosi a stabilire le condizioni in cui per gli enti regionali operi la liquidazione coatta disciplinata dalla legge fallimentare, così regolando i rapporti tra Regione ed enti vigilati, senza incidere su istituti civilisti e processuali.
La norma, inoltre, non avrebbe fatto altro che anticipare la corrispondente previsione della novella statale del 2021, che ne determinerebbe, comunque, la «legittimità costituzionale sopravvenuta».
L’ente pubblico ha escluso, infine, l’applicabilità alla specie delle affermazioni della sentenza di questa Corte n. 25 del 2007, come della successiva n. 22 del 2021, in quanto concernenti Regioni a statuto ordinario non aventi analoga potestà legislativa primaria.
2.3.– Anche in questo giudizio la Regione Siciliana, in data 8 giugno 2022, ha depositato memoria difensiva, sostenendo ancora che la legittimità costituzionale della norma regionale censurata è dimostrata dall’intervento dell’art. 12, comma 6-bis, del d.l. n. 77 del 2021 introdotto, in sede di conversione, nella legge n. 108 del 2021.
3.– In vista dell’udienza pubblica anche l’EAS in LCA ha depositato memoria, ove ha aggiunto che l’esigenza di colmare il vuoto legislativo per regolare i rapporti patrimoniali degli enti in dissesto era stata avvertita anche da altre Regioni come il Friuli-Venezia Giulia, la cui legge regionale 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), all’art. 14, comma 5-nonies, è stata di recente oggetto di questione di legittimità costituzionale dichiarata inammissibile da questa Corte con ordinanza n. 53 del 2022.
Ribadendo anch’essa che la disciplina della norma regionale censurata ha trovato piena conferma nella norma sostanzialmente coincidente contenuta nell’art. 12, comma 6-bis, del d.l. n. 77 del 2021, introdotto, in sede di conversione, dalla legge n. 108 del 2021, ha osservato che in ragione di tale sopravvenienza la eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della prima sarebbe, comunque, inutiliter data.
1.– Con ordinanza del 21 aprile 2021, iscritta al n. 218 del registro ordinanze 2021, il giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Palermo − in un procedimento di espropriazione presso terzi per debito dell’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione (EAS) − ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), nella parte in cui dispone, per gli enti soppressi e posti in liquidazione, che, «[p]er le liquidazioni deficitarie, con decreto del Presidente della Regione si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa».
Con ordinanza del 20 gennaio 2022, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, nel giudizio di annullamento del decreto del Presidente della Regione Siciliana che ha posto detto ente pubblico in liquidazione coatta amministrativa, ha parimenti sollevato questione di legittimità costituzionale della medesima porzione normativa dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, lamentandone, anch’esso, il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Secondo entrambi i rimettenti, la disposizione censurata invaderebbe le materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile», riservate alla potestà legislativa esclusiva allo Stato, in ragione dei peculiari effetti sostanziali e processuali derivanti per i creditori dalla procedura concorsuale in deroga al regime ordinario.
2.– In via preliminare, in ragione della sostanziale identità della questione sollevata, deve disporsi la riunione dei predetti giudizi, che vanno definiti con un’unica pronuncia (ex multis, sentenze n. 105 del 2022, n. 235, n. 134 e n. 22 del 2021).
3.– Devono innanzitutto essere esaminati i profili preliminari che interessano i due giudizi.
3.1.– La Regione Siciliana ha sostenuto per entrambi l’inammissibilità della questione sollevata, con quattro convergenti eccezioni.
3.1.1.− Ha eccepito, in primo luogo, che entrambi i rimettenti hanno omesso di esperire il tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata.
L’eccezione non è fondata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale, è necessario e sufficiente che il giudice a quo abbia esplorato la praticabilità di una interpretazione adeguatrice e l’abbia consapevolmente esclusa (tra le tante, sentenze n. 18 del 2022, n. 59 e n. 32 del 2021, e n. 32 del 2020); tale onere, inoltre, viene meno, lasciando il passo all’incidente di legittimità costituzionale, allorché il tenore letterale della disposizione non consenta di trarre una norma conforme a Costituzione (da ultimo, sentenze n. 96, n. 34, n. 19 e n. 18 del 2022).
Con riferimento al giudizio iscritto al registro ordinanze n. 218 del 2021, il Tribunale di Palermo ha esaustivamente argomentato la ritenuta non manifesta infondatezza sulla base dell’univoco significato letterale della disposizione censurata, il quale, come detto, costituisce il naturale limite dello stesso dovere del giudice di interpretare la legge in senso conforme alla Costituzione.
Con riferimento, invece, al giudizio iscritto al registro ordinanze n. 7 del 2022, a confutazione dell’eccezione, è agevole rilevare che il TAR Sicilia ha espressamente affermato di non ravvisare i presupposti per un’interpretazione costituzionalmente orientata.
3.1.2.– La Regione Siciliana, in secondo luogo, ha eccepito l’inammissibilità perché l’ordinanza non sarebbe adeguatamente motivata.
I due rimettenti non avrebbero considerato che la disposizione impugnata, da un lato, è una mera estensione agli enti regionali siciliani della disciplina dettata dallo Stato, con l’art. 15, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, per la risoluzione del dissesto degli enti statali; dall’altro, che essa trova giustificazione nell’esercizio della competenza regionale primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali», ai sensi dell’art. 14, lettera p), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana).
In tal modo, tuttavia, la difesa regionale non denuncia la genericità o contraddittorietà dell’ordinanza di rimessione, che condizionerebbe l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale, bensì propone un’argomentazione che attiene al merito della stessa, in quanto volta a dimostrarne la non fondatezza (ex multis, sentenze n. 139 del 2020, n. 142 e n. 40 del 2018).
3.1.3.– Lamenta, ancora, l’interveniente il difetto di rilevanza, potendo ambedue i giudizi a quibus proseguire a prescindere dalla soluzione del quesito di legittimità costituzionale della norma regionale che fonda l’apertura della liquidazione coatta amministrativa (d’ora in poi: LCA): a suo avviso, i processi non sono interessati dal divieto di avvio o prosecuzione delle azioni esecutive individuali che consegue all’apertura della procedura concorsuale, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 51 e 201 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa). Infatti, i rimettenti avrebbero potuto definire i rispettivi giudizi invocando le «diverse disposizioni di legge» che la diversa combinata disposizione degli artt. 52 e 201 della legge fallimentare esclude dall’ambito applicativo della regola del necessario accertamento dei crediti nel procedimento endoconcorsuale della formazione dello stato passivo.
Anche questa eccezione non è fondata.
Con riguardo al giudizio introdotto dal Tribunale di Palermo, in particolare, la Regione Siciliana fonda l’assunto sulla considerazione che esso sarebbe un giudizio di cognizione di accertamento dell’obbligo del terzo.
Tale assunto è tuttavia erroneo.
Dalla lettura dell’ordinanza di rimessione risulta chiaramente che il procedimento incardinato dinanzi al rimettente è una esecuzione presso terzi in cui il terzo ha reso dichiarazione positiva (di essere, cioè, debitore del debitore), a fronte della quale il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto, in difetto dell’apertura della LCA, definire il giudizio con ordinanza di assegnazione del credito ai sensi dell’art. 553 del codice di procedura civile. Non ricorrevano pertanto i presupposti per un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, nelle forme previste dal codice di rito; sicché, trattandosi di un processo esecutivo individuale, il rimettente correttamente ha ritenuto non potesse proseguire, sul presupposto della efficacia della norma censurata e ai sensi dei più volte citati artt. 51 e 201 della legge fallimentare (applicabili alla fattispecie ratione temporis, pure a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155»).
Anche con riguardo al giudizio introdotto dal TAR Sicilia l’eccezione, in verità non chiara nella sua esatta portata, è non fondata.
Nell’ordinanza, in primis, è chiaramente spiegato che la parte ricorrente, creditrice dell’EAS in LCA, ha agito per l’annullamento del decreto di apertura della procedura concorsuale prospettando quale unico motivo di illegittimità la sua invalidità derivata dall’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, che costituisce il fondamento della relativa potestà, sicché la soluzione della corrispondente questione condiziona la definizione del giudizio.
La motivazione sulla rilevanza risulta per ciò solo sufficiente e plausibile, senza che rilevino le ulteriori considerazioni del rimettente sull’utilità concreta che le parti in causa potrebbero trarre dall’esito del giudizio (da ultimo, sentenze n. 88 del 2022, n. 172 e n. 59 del 2021) e che la Regione contesta con la spiegata eccezione.
3.1.4.– Sostiene, infine, l’interveniente la carenza di motivazione di ambedue le ordinanze di rimessione con riguardo alla non manifesta infondatezza, per omissione della individuazione dei princìpi fondamentali delle materie di legislazione statale che si assumono valicate.
L’eccezione, peraltro genericamente formulata, non è fondata.
I giudici a quibus hanno individuato chiaramente il parametro costituzionale che la norma regionale lederebbe e specificato i motivi per cui ritengono sussistere la sua violazione (ex plurimis, sentenza n. 91 del 2022 e ordinanza n. 159 del 2021). In particolare, essi hanno affermato l’invasione da parte della disposizione censurata della potestà legislativa esclusiva statale nelle materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile», ed hanno escluso che essa trovi giustificazione nella competenza legislativa primaria della Regione a statuto speciale in materia «ordinamento degli uffici e degli enti regionali»; non vi è spazio, pertanto, per «princìpi fondamentali» che la Regione avrebbe dovuto rispettare nell’esercizio di proprie potestà legislative e, correlativamente, non vi è onere per i rimettenti di individuarli nel presente giudizio.
3.2.– Nel giudizio iscritto al registro ordinanze n. 7 del 2022 l’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione coatta amministrativa ha eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, sostenendo la carenza di interesse ad agire della parte creditrice ricorrente nel giudizio amministrativo. L’AMAP spa sarebbe da tempo assegnataria di crediti in esito alla definizione di processi esecutivi presso terzi e, quindi, non risulterebbe interessata dalla regola della improseguibilità di quelli in corso.
L’eccezione non ha fondamento.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la valutazione dell’interesse a ricorrere e degli altri presupposti concernenti la legittima instaurazione del giudizio a quo è riservata al giudice rimettente, mentre la verifica di questa Corte è meramente esterna e strumentale al riscontro di una adeguata motivazione in punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, con la conseguenza che il vaglio del rimettente sull’esistenza della condizioni dell’azione può essere sindacato solo laddove implausibile (si vedano, tra le tante e da ultimo, sentenze n. 240 del 2021, n. 268, n. 224 e n. 168 del 2020).
Nella specie, l’ordinanza di rimessione spiega puntualmente che la ricorrente ha interesse ad ottenere l’annullamento del decreto che ha disposto la LCA dell’EAS; infatti, dalla apertura della procedura concorsuale deriva una serie di conseguenze sulla sua situazione soggettiva creditoria, ulteriori rispetto al divieto di avvio e prosecuzione delle azioni esecutive, individuate: a) nella sospensione della decorrenza degli interessi (art. 55 della legge fallimentare); b) nell’impossibilità di dare attuazione alle ordinanze di assegnazione già ottenute; c) nella concorrenza di altri creditori chirografari sui crediti oggetto di assegnazione in suo esclusivo favore. Infatti, il creditore che, pur assegnatario del credito, non ne abbia ottenuto il pagamento dal terzo, sarebbe costretto ad insinuarsi al passivo e soddisfarsi, in concorrenza con gli altri creditori, in moneta fallimentare.
4.– L’Ente Acquedotti Siciliani in LCA assume avere rilevanza preliminare, nel presente giudizio, l’intervento dell’art. 12, comma 6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, il quale, inserendo il comma 5-bis nell’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, ha conferito, a far data dal 31 luglio 2021, alla Giunta delle Regioni il potere di disporre la liquidazione coatta per gli enti in dissesto da esse vigilate.
4.1.– Tale intervento normativo è richiamato dall’ente, in primo luogo, a sostegno della richiesta di restituzione degli atti al TAR rimettente.
La modifica normativa, entrata in vigore il 31 luglio 2021, è tuttavia antecedente alla ordinanza di rimessione, adottata il 20 gennaio 2022, sicché non può considerarsi ius superveniens (sentenze n. 177 e n. 43 del 2018, ordinanza n. 200 del 2017).
4.2.– In secondo luogo, lo stesso Ente sostiene che l’omessa considerazione, nell’ordinanza di rimessione, della citata disposizione statale sia di ostacolo all’esame del merito.
La prospettata carenza, tuttavia, non è tale da condurre alla inammissibilità della questione.
L’incompleta ricostruzione della cornice legislativa e giurisprudenziale di riferimento, infatti, rende inammissibili le questioni sollevate solo se compromette irrimediabilmente l’iter logico argomentativo posto a fondamento delle valutazioni del rimettente, sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza (ex multis, sentenze n. 258 e n. 61 del 2021, n. 136 del 2020, n. 150 del 2019 e n. 27 del 2015; ordinanze n. 108 del 2020, n. 136 e n. 30 del 2018, n. 88 del 2017).
Nella specie, il Tribunale amministrativo ha limitato la propria argomentazione alla norma censurata, la quale, secondo il principio del tempus regit actum, è l’unico parametro di legittimità del provvedimento impugnato. La norma adottata dallo Stato, non avendo efficacia retroattiva, è dunque certamente ininfluente nel giudizio a quo.
Tanto basta per rigettare l’eccezione.
5.– Ancora in via preliminare, va esclusa la necessità di restituire gli atti al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo, in ragione della richiamata normativa statale, in questo caso, invece, sopravvenuta rispetto alla ordinanza di rimessione.
Il citato ius superveniens risulta, infatti, ininfluente nella definizione del giudizio principale, per un duplice ordine di ragioni.
Innanzitutto, la norma statale, attribuendo per il futuro all’organo regionale un potere in precedenza non attribuito, non conferisce validità postuma al decreto del Presidente della Regione, né può fondare un potere di ratifica dello stesso.
Inoltre, nella materia concorsuale, il legislatore fa decorrere dalla data di apertura della liquidazione coatta amministrativa una serie di rilevanti effetti per il debitore, per i creditori e per gli atti compiuti, con la conseguenza che la sottoposizione del medesimo ente alla medesima procedura in virtù della norma sopraggiunta, ma con decreto emesso successivamente, non sarebbe giuridicamente indifferente. Con particolare riferimento a quanto è rilevante nel giudizio a quo, il divieto di azioni esecutive di cui agli artt. 51 e 201 della legge fallimentare esplica effetto proprio dalla data di apertura della liquidazione coatta.
6.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale è fondata.
6.1.– La liquidazione coatta amministrativa è procedimento collettivo “speciale” di liquidazione forzata su tutti i beni del debitore, modellata per taluni effetti sulla procedura concorsuale “generale” del fallimento.
In particolare, per quanto qui rileva, la disciplina della liquidazione coatta amministrativa prevede: a) l’accertamento dei crediti, dei diritti reali e personali con la procedura endoconcorsuale di formazione dello stato passivo (artt. 52, 201 e 207 e seguenti, della legge fallimentare); b) il divieto per creditori di coltivare azioni esecutive individuali (artt. 51 e 201 della legge fallimentare), con conseguente improcedibilità di quelle già avviate; c) la soddisfazione delle obbligazioni con l’attivo della procedura secondo la regola della par condicio creditorum e nel rispetto delle cause di prelazione (artt. 111 e seguenti e 212 della legge fallimentare).
Proprio in ragione del delineato regime sostanziale e processuale delle situazioni creditorie costituente marcata deroga al regime ordinario previsto dal codice civile e da quello di procedura civile in punto, rispettivamente, di responsabilità patrimoniale e accertamento dei crediti, questa Corte ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme di Regioni a statuto ordinario che, analogamente a quella qui censurata, hanno previsto la liquidazione coatta amministrativa per enti regionali, perché ritenute in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., venendo a incidere sulle materie di competenza legislativa statale esclusiva «ordinamento civile» e «giurisdizione e norme processuali» (sentenze n. 22 del 2021 e n. 25 del 2007).
La tutela differenziata del ceto creditorio, che deriva dalla sottoposizione del debitore alla procedura concorsuale speciale, non può infatti «essere definita in modo disomogeneo dalle singole legislazioni regionali, dovendo viceversa corrispondere all’esigenza di uniformità sottesa alla riserva di competenza statale» (sentenza n. 22 del 2021).
Si è affermato in tali pronunce, dunque, che il riferimento contenuto nell’art. 2 della legge fallimentare alla «legge» che determina le imprese sottoposte a procedura di LCA e le relative condizioni di apertura non può che essere inteso nel senso di legge statale, in quanto idonea ad incidere sul regime, sostanziale e processuale, delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte nella procedura.
6.2.− Venendo alla fattispecie in esame, è necessario valutare, per un verso, se quanto affermato nelle citate sentenze di questa Corte valga anche a fronte della potestà legislativa primaria della Regione Siciliana in materia di «ordinamento […] degli enti regionali» (art. 14, lettera p, dello statuto speciale) e, per un altro, se la normativa statale di cui all’art. 12, comma 6-bis, del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, sia tale da escludere, come affermano la Regione Siciliana e l’EAS, la ricorrenza del dedotto vizio di legittimità costituzionale.
6.2.1.– Con riguardo al primo aspetto, va rammentato che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, nell’individuazione della materia cui ascrivere la norma censurata occorre tener conto della sua ratio, della finalità che persegue e del suo contenuto, tralasciando la considerazione degli aspetti marginali e degli effetti riflessi (tra le altre, sentenze n. 70 del 2022, n. 56 del 2020, n. 164, n. 137 e n. 116 del 2019).
Nella materia «ordinamento […] degli enti regionali» possono sussumersi, allora, solo le norme concernenti i profili pubblicistico-organizzativi (sentenze n. 25 del 2021 e n. 25 del 2020) e non quelle che si spingono a disciplinare i correlati rapporti privatistici e quelle che regolano il relativo regime processuale, rispettivamente attratte nei diversi ambiti materiali dell’«ordinamento civile» e della «giurisdizione e norme processuali» di esclusiva competenza legislativa statale.
La Regione Siciliana, prevedendo con la norma censurata l’apertura della liquidazione coatta amministrativa per gli enti da essa vigilati, tra l’altro già soppressi, non si limita a incidere sulla loro organizzazione, ma disciplina anche il loro rapporto con i creditori, imponendo l’accertamento delle pretese in sede concorsuale e la soddisfazione secondo la regola della par condicio.
6.2.2.– Diversamente da quanto prospettato delle parti, inoltre, nessuna «costituzionalità sopravvenuta» della norma censurata o conferma della sua legittimità proviene dalla introduzione di quella statale che, a far data dal 31 luglio 2021, ha attribuito alla Giunta regionale la competenza a porre gli enti regionali in dissesto in liquidazione coatta amministrativa.
Occorre in proposito rammentare che il comma 5-bis dell’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, è stato introdotto per dar seguito al monito rivolto allo Stato, con la sentenza di questa Corte n. 22 del 2021, per l’adozione di una disciplina che, in via uniforme, consentisse alle regioni di risolvere la crisi di solvibilità degli enti strumentali da esse vigilati.
Il legislatore statale ha così esteso la previsione, contenuta nell’art. 15, comma 1, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, della sottoposizione degli enti statali alla liquidazione coatta amministrativa − nel caso, tra gli altri, in cui non possano fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi – agli enti regionali e delle Province autonome, conferendo alla Giunta il potere di disporla.
Con tale norma lo Stato, esercitando la propria potestà legislativa in materia di «ordinamento civile» e «giurisdizione e norme processuali», ha inciso soltanto sul piano delle competenze amministrative, attribuendo per l’avvenire alle Giunte regionali un potere in precedenza a esse non spettante. La novella non opera, invece, né potrebbe farlo, sulla disposizione regionale censurata, la cui illegittimità costituzionale è determinata proprio dal fatto di avere invaso un ambito di potestà legislativa riservata allo Stato.
7.– In conclusione, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, limitatamente alle parole «[p]er le liquidazioni deficitarie, con decreto del Presidente della Regione si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa».
8.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve essere estesa, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), al comma 1-bis del medesimo art. 4 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, introdotto dall’art. 109, comma 3, della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale): venuta meno la norma che consente l’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, quest’ultima disposizione – che consente al Presidente della Giunta di delegare l’esercizio delle funzioni di vigilanza sulla procedura – rimane priva di autonoma portata normativa.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), limitatamente alle parole «[p]er le liquidazioni deficitarie, con decreto del Presidente della Regione si fa luogo alla liquidazione coatta amministrativa»;
2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1-bis, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022.