Ordinanza n. 53 del 2022

ORDINANZA N. 53

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO

Giudici  Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), come sostituito dall’art. 2, comma 141, lettera a), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2016, n. 14 (Assestamento del bilancio per l’anno 2016 e del bilancio per gli anni 2016-2018 ai sensi della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), come modificato dall’art. 64, comma 2 [recte: art. 2, comma 64], della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio per gli anni 2017-2019 ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), promossi dal Tribunale ordinario di Udine, seconda sezione civile, con due ordinanze del 16 marzo 2021 e del 29 dicembre 2020, iscritte, rispettivamente, ai numeri 94 e 101 del registro ordinanze 2021 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 26 e 28, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di intervento della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2022 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2022.


Ritenuto che, con ordinanza del 16 marzo 2021, iscritta al n. 94 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Udine, seconda sezione civile, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), come sostituito dall’art. 2, comma 141, lettera a), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2016, n. 14 (Assestamento del bilancio per l’anno 2016 e del bilancio per gli anni 2016-2018 ai sensi della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), e modificato dall’art. 64, comma 2 [recte: art. 2, comma 64], della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio per gli anni 2017-2019 ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, «che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali nonché di ordinamento civile»;

che il rimettente premette di essere stato adito, ai sensi degli artt. 98 e 209 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), da S. M., in sede di opposizione allo stato passivo formato dal commissario liquidatore del Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell’Aussa Corno, posto in liquidazione coatta amministrativa con deliberazione della Giunta della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dell’11 novembre 2016, il quale commissario non avrebbe ammesso al passivo un credito vantato dall’opponente per il rimborso di spese legali sostenute in vari procedimenti in cui venne coinvolto quale dirigente del Consorzio;

che, secondo il rimettente, preliminare alla definizione della controversia è la risoluzione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1999, laddove prevede che, «[i]n via di interpretazione autentica, la liquidazione si svolge secondo la disciplina e con gli effetti della liquidazione coatta amministrativa»;

che tale previsione contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., secondo il quale spetta allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «giurisdizione e norme processuali» e di «ordinamento civile»;

che, in punto di rilevanza della questione, il rimettente osserva che la caducazione della disposizione censurata, in forza della quale è stata aperta la procedura di liquidazione coatta amministrativa del Consorzio per lo sviluppo industriale dell’Aussa Corno, determinerebbe il venir meno del presupposto legittimante il processo di accertamento dello stato passivo, con conseguente improcedibilità della domanda, perché dalla medesima disposizione di legge regionale «dipendono la validità e l’efficacia del provvedimento amministrativo che ha aperto la liquidazione coatta amministrativa»;

che la questione sarebbe anche non manifestamente infondata, perché, a fronte della riserva allo Stato della competenza legislativa negli ambiti segnati dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e dell’assenza di qualsiasi deroga a tale competenza nel testo della legge costituzionale 31 gennaio 1963 n. 3 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), l’assoggettamento del debitore alla procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa «comporta sensibili mutamenti, e limitazioni, alla tutela giurisdizionale dei creditori, ivi compresi il divieto di azioni esecutive individuali e la necessità di sottostare alle speciali forme dell’accertamento del passivo» (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 22 del 2021 e n. 25 del 2007);

che, con ordinanza del 29 dicembre 2020, iscritta al n. 101 del registro ordinanze 2021, il medesimo Tribunale di Udine, seconda sezione civile, ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1999, come sostituito dall’art. 2, comma 141, lettera a), della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 14 del 2016, e modificato dall’art. 2, comma 64 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 31 del 2017, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., «che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali nonché di ordinamento civile»;

che il rimettente premette di essere chiamato a decidere il ricorso, presentato ai sensi dell’art. 213 legge fallimentare, con cui la Banca di Udine Credito Cooperativo società cooperativa – creditrice nei confronti del Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell’Aussa Corno per l’importo di euro 955.792,12 in via ipotecaria e di euro 211.034,00 in via chirografaria – ha contestato il primo piano di riparto parziale comunicatole dal commissario liquidatore del Consorzio, assumendo il diritto di ricevere l’intero importo dei beni ipotecati in suo favore (per euro 450.000), o comunque un importo ben maggiore di quello proposto nel piano di riparto (pari a euro 276.536,07), previa sollevazione della questione di legittimità costituzionale della disposizione legislativa regionale in forza della quale è stata disposto l’assoggettamento del Consorzio debitore alla procedura di liquidazione coatta amministrativa;

che il Tribunale ritiene la questione rilevante, perché la risoluzione di essa costituirebbe un «antecedente logico-giuridico necessario rispetto alla domanda della Banca»;

che il piano di riparto parziale predisposto dal commissario liquidatore e contestato dalla banca «è stato elaborato sul presupposto che alla procedura di liquidazione del Consorzio si applichino le norme dettate in materia di liquidazione coatta amministrativa quale effetto dell’applicazione delle norme regionali denunziate di illegittimità costituzionale sulla cui base la Giunta Regionale ebbe a disporre l’apertura della procedura di LCA nei confronti del Consorzio resistente»;

che la disposizione censurata inciderebbe, quindi, sul diritto soggettivo di credito vantato dalla ricorrente, e sulla disciplina ad esso applicabile, perché lo renderebbe falcidiabile con oneri che attengono alla procedura liquidatoria (come le trattenute per spese future e per compenso del commissario liquidatore, i costi prededucibili e gli accantonamenti, di cui all’art. 113 della legge fallimentare), diversi e ulteriori da quelli che attengono alla vendita del cespite;

che la questione sarebbe, altresì, non manifestamente infondata;

che, ad avviso del rimettente, la disposizione censurata effettuerebbe, nel quadro della più ampia disciplina della vigilanza regionale sui Consorzi di sviluppo industriale contenuta nell’art. 14 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1999, un rinvio «puro e semplice» alle regole sulla liquidazione coatta amministrativa contenute negli artt. 194 e seguenti della legge fallimentare;

che, tuttavia, competente a incidere sul regime sostanziale e processuale delle situazioni soggettive coinvolte nella procedura in parola sarebbe unicamente il legislatore statale (è richiamata la sentenza n. 25 del 2007), ciò che escluderebbe la possibilità di un’interpretazione adeguatrice secondo cui il legislatore regionale avrebbe titolo a intervenire nella materia in questione in virtù della sua «potestà esclusiva» in materia di industria (art. 4, numero 6, dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);

che tale ultimo titolo di competenza, infatti, «non può mai spingersi al punto di incidere sull’ordinamento civile e sulle norme processuali» poiché, a ritenere diversamente, «si consentirebbe che lo stesso diritto soggettivo di credito abbia, qualora ipoteticamente esigibile nei confronti di un Consorzio di sviluppo industriale con sede in un’altra regione della Repubblica, un trattamento diverso rispetto a quello che, invece, la norma regionale del FVG gli riserva per effetto dell’assoggettamento del Consorzio in questione alla procedura della liquidazione coatta amministrativa»;

che non avrebbe rilievo, al fine di escludere il dedotto contrasto, la circostanza che la disposizione censurata si sia limitata a richiamare la disciplina statale sulla liquidazione coatta amministrativa, perché anche la semplice novazione della fonte, in una materia rientrante nella competenza esclusiva statale, determinerebbe l’illegittimità costituzionale della norma di legge regionale che quel rinvio ha operato (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 234 del 2017 e n. 195 del 2015);

che, con atti depositati il 19 luglio 2021 (nel giudizio iscritto al reg. ord. n. 94 del 2021) e il 2 agosto 2021 (nel giudizio iscritto al reg. ord. n. 101 del 2021), è intervenuta la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del suo Presidente pro tempore, chiedendo – sulla base di assunti in buona parte coincidenti in entrambi i giudizi – che le questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili, inammissibili e comunque non fondate;

che la difesa regionale eccepisce, in primo luogo, il difetto di rilevanza delle questioni, perché il rimettente, in entrambi i giudizi, non sarebbe chiamato ad applicare la disposizione ritenuta costituzionalmente illegittima, costituendo essa «solamente il presupposto del [suo] potere di cognizione», atteso che il solo giudice chiamato a sollevare la questione in esame sarebbe quello investito dell’impugnazione della deliberazione della Giunta regionale che ha posto il Consorzio in liquidazione coatta amministrativa;

che, nel solo giudizio iscritto al n. 94 del reg. ord. 2021, l’inammissibilità della questione è eccepita rilevando anche che il rimettente non avrebbe sufficientemente descritto la fattispecie oggetto del giudizio a quo, tacendo l’ordinanza sulla tipologia, oltre che sulla natura, del credito contestato da S. M. e mancando di evidenziare l’afferenza delle spese affrontate dall’opponente all’incarico da questi ricoperto come dirigente del Consorzio, nonché le previsioni del contratto collettivo poste a fondamento delle sue pretese risarcitorie;

che entrambe le questioni sarebbero inoltre inammissibili perché il rimettente non avrebbe correttamente identificato la norma oggetto di censura;

che l’assoggettamento del Consorzio alla liquidazione coatta amministrativa è stato deliberato dalla Giunta regionale l’11 novembre 2016, sicché la disposizione legislativa ratione temporis applicabile ai fatti di causa non sarebbe quella scaturente dalla modifica apportata al testo del richiamato art. 14, comma 5-nonies, dalla successiva legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 31 del 2017, che invece il rimettente ha identificato come oggetto di censura, ma quella conseguente alla modifica operata con la precedente legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 14 del 2016;

che l’aberratio ictus in cui sarebbe incorso il rimettente determinerebbe quindi l’inammissibilità delle questioni sollevate;

che ulteriori eccezioni di inammissibilità vengono avanzate dalla difesa regionale, nel giudizio iscritto al n. 94 reg. ord. 2021, con riferimento alla motivazione per relationem contenuta nell’ordinanza di rimessione, alla mancata considerazione delle competenze assegnate dallo statuto speciale alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché a lacune motivazionali in punto di valutazione della non manifesta infondatezza e al mancato esperimento del tentativo di interpretazione conforme;

che, in relazione al giudizio iscritto al n. 101 reg. ord. 2021, la difesa regionale eccepisce ulteriori e distinte ragioni di inammissibilità dell’ordinanza di rimessione;

che quest’ultima sarebbe innanzi tutto incorsa in una contraddittorietà tra petitum e motivazione, perché avrebbe posto a fondamento delle questioni il contrasto della disposizione censurata con l’art. 3 Cost. senza tuttavia dedurne espressamente la violazione;

che l’ordinanza sarebbe comunque contraddittoriamente motivata, sempre in punto di non manifesta infondatezza, perché il rimettente ha ritenuto che la disposizione censurata avrebbe operato una novazione della fonte statale in tema di liquidazione coatta amministrativa, che invece non sussisterebbe, atteso che essa si limita a effettuare un «mero rinvio esterno ad altra fonte, senza riprodurre né tanto meno regolare una materia di competenza esclusiva dello Stato»;

che, nel merito, entrambe le questioni sarebbero da ritenersi non fondate;

che, secondo la difesa regionale, alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia non sarebbero opponibili i limiti che questa Corte, nelle sentenze n. 22 del 2021 e n. 25 del 2007, ha individuato, per le sole Regioni a statuto ordinario, all’esercizio della potestà legislativa in materia di procedure di liquidazione dei Consorzi di sviluppo industriale;

che, a riprova di una potestà in materia «più intensa e più radicata nel tempo di quella delle Regioni ordinarie», viene evidenziato che l’art. 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), nell’attribuire alle Regioni «soltanto il controllo sui piani economici e finanziari dei consorzi», non sarebbe applicabile alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, che ha dettato una propria normativa in materia sin dal 1995, nel presupposto che tali più ampi poteri di controllo trovino fondamento nelle norme di attuazione contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 1965, n. 960 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di controllo sugli atti delle Province, dei Comuni e dei Consorzi fra tali enti);

che, con memorie depositate nell’imminenza della camera di consiglio, la difesa regionale riferisce che, nelle more del presente giudizio, il commissario liquidatore del Consorzio ha predisposto una ipotesi di riparto finale a chiusura della procedura di liquidazione, cui hanno aderito sia S. M. che la Banca di Udine Credito Cooperativo società cooperativa, come anche «la quasi totalità dei creditori», sottoscrivendo a tal fine un accordo transattivo;

che da ciò la Regione autonoma fa discendere la manifesta inammissibilità sopravvenuta delle odierne questioni, atteso che tale circostanza avrebbe reso ormai privi di oggetto i giudizi a quibus;

che la difesa della Regione evidenzia, inoltre, come sul presente giudizio sia in ogni caso destinata a spiegare effetti la sopravvenienza normativa costituita dall’art. 15, comma 5-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, introdotto dall’art. 12, comma 6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108, che ha esteso la possibilità di assoggettare a liquidazione coatta amministrativa anche gli enti sottoposti alla vigilanza delle Regioni;

che, a fronte di ciò, la difesa regionale chiede che questa Corte, in via preliminare, restituisca gli atti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza delle questioni, poiché, pur non potendo la deliberazione che ha sottoposto il Consorzio in questione alla liquidazione coatta amministrativa rinvenire la sua copertura normativa «ora per allora» nella riportata disposizione sopravvenuta, ben potrebbe la Giunta, in esito alla eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione oggetto dei presenti giudizi, porre nuovamente il Consorzio in regime di liquidazione coatta amministrativa, con la conseguenza che la sentenza di accoglimento di questa Corte «sarebbe inutiliter data»;

che, a ulteriormente avvalorare la necessità della restituzione degli atti al rimettente, vi sarebbe poi il fatto che, a seguito della trasformazione di tutti gli altri Consorzi vigilati dalla Regione autonoma in Consorzi di sviluppo economico locale, assoggettati alla diversa procedura di liquidazione commissariale di cui all’art. 77, commi 8 e 9, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 20 febbraio 2015, n. 3 (Rilancimpresa FVG - Riforma delle politiche industriali), la disposizione oggetto di censura resterebbe attualmente applicabile al solo Consorzio di cui ai giudizi a quibus.

Considerato che, con due ordinanze di analogo tenore, il Tribunale ordinario di Udine, seconda sezione civile, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), come sostituito dall’art. 2, comma 141, lettera a), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2016, n. 14 (Assestamento del bilancio per l’anno 2016 e del bilancio per gli anni 2016-2018 ai sensi della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), e modificato dall’art. 64, comma 2 [recte: art. 2, comma 64], della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio per gli anni 2017-2019 ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, «che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali nonché di ordinamento civile»;

che gli atti di rimessione (reg. ord. n. 94 e n. 101 del 2021) censurano la medesima disposizione, con motivazione sostanzialmente coincidente e in riferimento al medesimo parametro costituzionale, sicché può essere disposta la riunione dei relativi procedimenti;

che i giudizi a quibus sono stati promossi da alcuni creditori del Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell’Aussa Corno in liquidazione, che a vario titolo lamentavano un pregiudizio derivante dalla concorsualizzazione delle loro pretese creditorie, in conseguenza dell’assoggettamento del Consorzio medesimo alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa, disposto con la deliberazione della Giunta della Regione Friuli-Venezia Giulia dell’11 novembre 2016, adottata, secondo quanto riferiscono le ordinanze, in applicazione della disposizione censurata;

che quest’ultima prevede, nell’ambito delle forme e degli strumenti di vigilanza della Giunta regionale sui consorzi di sviluppo industriale, che, «[i]n via di interpretazione autentica, la liquidazione si svolge secondo la disciplina e con gli effetti della liquidazione coatta amministrativa»;

che, secondo le ordinanze di rimessione, tale previsione invaderebbe l’ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «giurisdizione e norme processuali» nonché di «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), secondo quanto rilevato da questa Corte in casi analoghi (sono richiamate le sentenze n. 22 del 2021 e n. 25 del 2007), e senza che la disposizione censurata possa rinvenire il suo fondamento nella competenza legislativa primaria della Regione autonoma in materia di industria (art. 4, numero 6, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante «Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia»);

che la difesa regionale ha eccepito plurime ragioni di inammissibilità delle questioni sollevate, l’esame delle quali è logicamente preliminare rispetto alla pur dedotta richiesta di restituzione degli atti al giudice a quo, per effetto dello ius superveniens di cui dall’art. 15, comma 5-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, introdotto dall’art. 12, comma 6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108, che ha esteso la possibilità di assoggettare a liquidazione coatta amministrativa anche gli enti sottoposti alla vigilanza delle Regioni (ordinanze n. 64 del 2017 e n. 246 del 2016);

che, innanzi tutto, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità delle questioni poiché il Tribunale rimettente, chiamato a decidere in un caso (reg. ord. n. 94 del 2021) sull’opposizione allo stato passivo ai sensi degli artt. 98 e 209 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), e nell’altro caso (reg. ord. n. 101 del 2021) sull’impugnazione del primo piano di riparto parziale comunicato dal commissario liquidatore del Consorzio, sarebbe privo di legittimazione a sollevare l’incidente di costituzionalità, avendo quest’ultimo ad oggetto una disposizione «che costituisce solamente il presupposto del [suo] potere di cognizione», di talché i creditori avrebbero dovuto far valere il dubbio di legittimità costituzionale nel giudizio volto all’annullamento della delibera della Giunta regionale che assoggettava il Consorzio debitore alla procedura di liquidazione coatta amministrativa;

che tale eccezione deve essere disattesa, poiché, pur potendo i creditori impugnare la deliberazione della Giunta regionale in quanto illegittima ed eccepire, in quella sede, il contrasto della disposizione legislativa presupposta con il richiamato parametro costituzionale, nulla toglie che il medesimo contrasto possa essere rilevato dall’odierno rimettente, atteso che tra i due giudizi, in quanto rivolti a fini diversi, non sussiste alcun collegamento necessario e, tanto meno, alcuna preclusione;

che la difesa della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia eccepisce, da un diverso punto di vista, il difetto di rilevanza delle questioni sollevate con entrambe le ordinanze, perché esse avrebbero ad oggetto una disposizione diversa da quella che il giudice avrebbe dovuto applicare;

che, in particolare, essendo stato deliberato l’assoggettamento del Consorzio per lo sviluppo industriale dell’Aussa Corno alla liquidazione coatta amministrativa in data 11 novembre 2016, la disciplina legislativa applicabile alla procedura su cui il rimettente è chiamato a pronunciarsi sarebbe quella contenuta nell’art. 14, comma 5-nonies, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1999, a seguito della sostituzione operata con l’art. 2, comma 141, lettera a), della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 14 del 2016, e non quella conseguente alle ulteriori modifiche successivamente intervenute con l’art. 2, comma 64, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 31 del 2017, che costituiscono l’oggetto del presente giudizio;

che l’eccezione è fondata, perché il rimettente, pur dando conto della successione temporale delle modifiche che hanno interessato la norma censurata, erra nell’individuare la norma rilevante, appuntando le sue censure contro il testo attualmente in vigore dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1999 e non invece, avverso quello vigente al momento in cui la Giunta regionale ha disposto di assoggettare il Consorzio dell’Aussa Corno alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, vale a dire il testo risultante dalla sostituzione del citato art. 14, comma 5-nonies, operata dall’art. 2, comma 141, lettera a), della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 14 del 2016;

che tale erronea individuazione della norma censurata configura, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, un’aberratio ictus, che rende la questione manifestamente inammissibile perché priva del requisito della rilevanza (ex multis, ordinanza n. 238 del 2019);

che tale erronea prospettazione della questione non viene meno per il fatto che le modifiche apportate al citato art. 14, comma 5-nonies, dall’art. 2, comma 64, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 31 del 2017 si sarebbero limitate ad aggiungere alla previsione per cui «[l]a liquidazione si svolge secondo la disciplina e con gli effetti della liquidazione coatta amministrativa» un inciso preliminare, secondo il quale la previsione ora riportata è da ritenersi operante «[i]n via di interpretazione autentica»;

che, quale che sia il valore da attribuirsi a tale inciso, il rimettente non si premura di stabilirne gli effetti e la portata, assumendo apoditticamente che l’applicazione delle norme sulla liquidazione coatta amministrativa sia stata autorizzata dalla Giunta regionale «quale effetto dell’applicazione delle norme regionali denunziate di illegittimità costituzionale», così da rendere ulteriormente evidente l’erronea individuazione della norma da applicare in giudizio;

che le questioni devono, pertanto, essere dichiarate manifestamente inammissibili;

che la manifesta inammissibilità così rilevata assorbe le ulteriori eccezioni di inammissibilità avanzate dalla difesa regionale, come anche la richiesta che questa Corte restituisca gli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza delle questioni alla luce dello ius superveniens dianzi riportato.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-nonies, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), come sostituito dall’art. 2, comma 141, lettera a), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2016, n. 14 (Assestamento del bilancio per l’anno 2016 e del bilancio per gli anni 2016-2018 ai sensi della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), e modificato dall’art. 2, comma 64, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio per gli anni 2017-2019 ai sensi dell’articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26), sollevate, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Udine, seconda sezione civile, con le ordinanze citate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede dalla Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2022.