ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 6, lettera s), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, n. 111, sostitutivo dell’art. 13, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, nel procedimento vertente tra L.M. C. e il Ministero della difesa, con ordinanza dell’11 giugno 2015, iscritta al n. 84 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2017.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi.
Ritenuto che, con ordinanza del 25 maggio 2015 (r. o. n. 84 del 2017), la Commissione tributaria provinciale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 6-bis [recte: comma 6, lettera s], del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha sostituito l’art. 13, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, «nella parte in cui prevede per la presentazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il pagamento di un contributo unificato di importo pari al doppio di quello stabilito per l’ordinario ricorso al Tar-Consiglio di Stato»;
che, in punto di rilevanza, la Commissione rimettente ‒ investita del giudizio instaurato da L.M. C. avverso l’invito di pagamento del contributo unificato di euro 600,00, per la proposizione, in data 21 maggio 2012, di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ‒ espone che l’accoglimento della questione comporterebbe, evidentemente, un diverso esito del giudizio in relazione all’ammontare del contributo unificato dovuto, a prescindere da un’eventuale pronuncia in rito del ricorso straordinario proposto, trattandosi di una controversia concernente il rapporto di impiego pubblico contrattualizzato trasferita alla giurisdizione del giudice ordinario;
che, in ordine alla non manifesta infondatezza, secondo il rimettente, la misura del contributo sarebbe irragionevole e sproporzionata e, quindi, lesiva degli artt. 3 e 24 Cost.;
che, difatti, la determinazione dell’importo di euro 600,00 del contributo unificato originariamente previsto per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (aumentata a euro 650,00 dall’art. 1, comma 25, lettera a, n. 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013» per i ricorsi notificati successivamente alla data di entrata in vigore della legge e, quindi, successivamente al 1° gennaio 2014), pur appartenendo alla discrezionalità del legislatore, sarebbe viziata per irragionevolezza e lesiva del principio di proporzionalità (ex multis, sentenze n. 254 e n. 1 del 2014);
che, in particolare, la manifesta irragionevolezza, e la conseguente ingiustificata disparità di trattamento (art. 3 Cost.), deriverebbe dall’ammontare del contributo unificato in questione pari (ed ora superiore) al doppio di quello richiesto per l’ordinario ricorso al giudice amministrativo, senza che trovi giustificazione nei costi superiori, essendo, anzi, stato sempre considerato «uno strumento di tutela utilizzato da soggetti che si trovano in situazione di debolezza per cultura o censo (articoli 2 e 3 Cost.), attesi i caratteri del ricorso straordinario, di strumento flessibile e aggiuntivo, snello e a formalismo minimo, attivabile con modica spesa e senza il bisogno dell’assistenza tecnico-legale» (è citato il provvedimento del Consiglio di Stato, prima sezione, ordinanza 20 maggio 2013, n. 260, che ha sollevato la questione poi decisa con la sentenza n. 73 del 2014);
che la norma censurata sarebbe anche lesiva dell’art. 24 Cost., per violazione del diritto di difesa, perché limiterebbe la libertà di scelta dello strumento giuridico ritenuto più idoneo alla tutela dei propri diritti;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l’inammissibilità o la non fondatezza della questione sollevata;
che ha depositato un atto denominato “memoria di costituzione” L.M. C., parte ricorrente nel giudizio a quo, personalmente, senza il ministero del difensore abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione, chiedendo a questa Corte di sollevare dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Roma dubita della legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 6-bis [recte: comma 6, lettera s], del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha sostituito l’art. 13, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, «nella parte in cui prevede per la presentazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il pagamento di un contributo unificato di importo pari al doppio di quello stabilito per l’ordinario ricorso al Tar-Consiglio di Stato»;
che non può essere presa in considerazione – neppure con riguardo alla eccezione di incostituzionalità in essa prospettata già da questa Corte più volte respinta – “la memoria di costituzione” depositata personalmente da L.M. C., parte ricorrente nel giudizio a quo;
che, infatti, a norma dell’art. 20, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), «[n]ei procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale la rappresentanza e la difesa delle parti può essere affidata soltanto ad avvocati abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di cassazione», sicché è inammissibile la costituzione nel giudizio incidentale effettuata a mezzo di avvocato non abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori (sentenza n. 173 del 1996; ordinanza allegata alla sentenza n. 154 del 1995 e sentenza n. 222 del 1982, che dichiarano irricevibile l’atto di costituzione) e, a maggior ragione, quella effettuata senza il ministero di alcun difensore;
che, con riguardo alla disposizione censurata – art. 37, comma 6, lettera s), d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 111 del 2011 (che ha sostituito l’art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115 del 2002) il quale, nella formulazione applicabile ratione temporis nel giudizio a quo, prevede che «in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 600» – si palesa erroneo l’assunto del rimettente secondo cui il pagamento del contributo unificato per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sarebbe pari al doppio di quello stabilito per il ricorso al Tar-Consiglio di Stato, poiché ben diverso e articolato è il meccanismo per determinare il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, stabilendone l’importo in base al rito applicabile e alla materia oggetto del contenzioso nonché, per le ipotesi residuali, equiparandolo a quello dovuto per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;
che tale erronea e incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento inficia l’iter logico-argomentativo posto a base della valutazione di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata, determinandone la manifesta inammissibilità (ex multis, ordinanze n. 88 del 2017 e n. 209 del 2015);
che detta ricostruzione era tanto più necessaria in considerazione del fatto che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per il quale è dovuto il contributo unificato introdotto dalla norma impugnata, mantiene peculiari caratteristiche che non impongono comunque l’allineamento della quantificazione di detto contributo a quello previsto per il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, impingendo la menzionata quantificazione in scelte riservate al legislatore, in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata (ordinanza n. 164 del 2010, in tema di contributo unificato).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 6, lettera s), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha sostituito l’art. 13, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Roma con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2018.