Ordinanza n. 164 del 2010

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ORDINANZA N. 164

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                             DE SIERVO                                    Presidente

-           Paolo                           MADDALENA                                 Giudice

-           Alfio                            FINOCCHIARO                                     “

-           Alfonso                       QUARANTA                                           “

-           Franco                         GALLO                                                    “

-           Luigi                            MAZZELLA                                            “

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             “

-           Sabino                         CASSESE                                                “

-           Maria Rita                   SAULLE                                                  “

-           Giuseppe                     TESAURO                                               “

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       “

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     “

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          “

-           Paolo                           GROSSI                                                   “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A) aggiunto dall’art. 21, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248, come modificato dall’art. 1, comma 1307, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nel procedimento vertente tra la ESM Impianti s.r.l. ed altri ed il T.A.R. per la Lombardia con ordinanza del 3 giugno 2008 iscritta al n. 266 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto  l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto che, con ordinanza del 3 giugno 2008, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, con riferimento agli artt. 3, 97 e 81, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – testo A), come modificato dall’art. 1, comma 1307, della legge 7 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007);

che, riferisce la Commissione tributaria rimettente, la società E.S.M. Impianti S.r.l. aveva presentato domanda di partecipazione ad una gara di appalto indetta dal Comune di Milano per l’aggiudicazione di alcuni lavori ed era stata esclusa sul rilievo dell’avvenuta partecipazione alla stessa in collegamento con altra impresa, con conseguente perdita della cauzione provvisoria prestata per la partecipazione alla gara ed iscrizione del provvedimento dì esclusione nel casellario informatico tenuto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici;

che, dunque, la società esclusa aveva proposto ricorso al T.a.r. Lombardia, contestando tale provvedimento anche al fine di recuperare la cauzione e di vedersi cancellata l’iscrizione del provvedimento di esclusione dal casellario;

che, in relazione a tale procedimento, il Segretario generale dello stesso T.a.r. - Ufficio incaricato delle attività connesse alla riscossione del contributo unificato per i ricorsi presentati avanti il medesimo Tribunale – aveva emesso l’avviso di pagamento e contestuale irrogazione di sanzioni, nel quale veniva richiesto alla società ricorrente il pagamento del contributo unificato dovuto, nella misura di euro 2.000,00 - ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, comma 1307, della legge n. 296 del 2006;

che, avverso tale provvedimento, la E.S.M. Impianti aveva proposto ricorso alla Commissione tributaria rimettente, assumendo l’illegittimità del contributo unificato - come stabilito, per i ricorsi innanzi al giudice amministrativo in materia di affidamento di lavori, forniture e servizi pubblici nonché avverso atti delle Autorità amministrative indipendenti, nella misura fissa di euro 2.000,00 (a prescindere dall’effettivo valore della controversia) - per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 111, 113 e 117 della Costituzione, chiedendo, nel merito, l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensione del giudizio in corso e rimessione degli atti a questa Corte;

che, in punto di rilevanza, la Commissione afferma che l’atto impugnato, in quanto manifestazione di una compiuta e ben definita pretesa di natura tributaria e di contenuto comunque concretamente ed immediatamente impositivo, rientrerebbe nella sfera di attribuzioni della giurisdizione tributaria, delineata nell’art. 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), anche se nominativamente non compreso nell’elencazione di cui all’art. 19 del medesimo decreto; e che, per quanto attiene alla legittimazione passiva, appare corretta l’instaurazione del giudizio de quo nei riguardi del T.a.r. Lombardia-Milano, trattandosi dell’Ufficio che ha emanato l’atto impugnato (art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992);

che, nel merito, secondo la Commissione tributaria la norma denunciata, nella vigente formulazione, si porrebbe in contrasto, in primo luogo, con l’art. 81, terzo comma, della Costituzione, dato che la violazione del divieto di introdurre nuovi tributi con la legge di approvazione del bilancio, prevista nella citata disposizione costituzionale, sarebbe configurabile non solo nel caso in cui siano introdotti veri e propri «nuovi» tributi, ma anche nel caso in cui sia stabilito un inasprimento della prestazione impositiva, come nel caso della legge censurata;

che, secondo la Commissione tributaria, sarebbero lesi altresì il principio di uguaglianza e di non irrazionale discriminazione fissato dall’art. 3 della Costituzione, e il principio di buon andamento della p.a. fissato dall’art. 97 della Costituzione;

che, invero, secondo il rimettente, l’innalzamento della misura del contributo unificato a Euro 2.000,00 sarebbe stato previsto dalla legge finanziaria per l’anno 2007 soltanto per i ricorsi proposti innanzi ai T.A.R. ed al Consiglio di Stato (in sede di impugnazione delle decisioni di primo grado) concernenti le controversie in materia di affidamento di lavori, forniture e servizi, nonché i provvedimenti emessi da Autorità amministrative indipendenti;

che, a parere del rimettente, non sarebbe dato rinvenire, nella normativa di riferimento, alcuna ragionevole giustificazione di un siffatto più gravoso trattamento tributario nelle materie in questione rispetto a quello (euro 1.000,00) stabilito per la generalità dei ricorsi previsti dall’art. 23-bis, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali), richiamato nell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. n. 115 del 2006: specie ove si tenga conto che tra le controversie in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture, rientrerebbero anche vertenze di modesto contenuto economico;

che, d’altro canto, la previsione di un tal maggiore contributo unificato neppure potrebbe ritenersi giustificata sotto il profilo della peculiare celerità della disciplina processuale, in realtà prevista dall’art. 23-bis, comma 1, della legge n. 1034 del 1971 per tutta una serie di materie, fra le quali anche quelle ora in considerazione;

che è intervenuto nel giudizio incidentale di costituzionalità il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, manifestamente infondata;

che, con riferimento al preteso contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost., il Presidente del Consiglio fa rilevare che il parametro costituzionale invocato appare del tutto inconferente, dato che la disposizione in esame (art. 1, comma 307, della legge 296 del 2006) non sarebbe contenuta in una legge di approvazione del bilancio dello Stato, ma sarebbe stata introdotta da una norma di legge finanziaria (legge 27 dicembre 2006 n. 296, per l’anno 2007), la quale, ai sensi dell’art. 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforme di alcune norme in tema di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio), ben può contenere disposizioni di natura fiscale, e, quindi, anche modificative del regime impositivo connesso all’attivazione dei rimedi giurisdizionali previsti dall’ordinamento;

che, quanto al profilo concernente il presunto contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., l’Avvocatura osserva che anche il richiamo all’art. 97 Cost. sarebbe assolutamente inconferente, in primo luogo perchè il parametro viene apoditticamente enunciato (viene lamentata, in concreto, esclusivamente una disparità di trattamento tra situazioni uguali) e, comunque, perché tale norma costituzionale detta principi in tema di attività procedimentale e, quindi, di diritto sostanziale della pubblica amministrazione del tutto estraneo alla disciplina in esame;

che, quanto alla questione riguardante la presunta violazione dell’art. 3 Cost, il legislatore, nel censurato art. 13 comma 6-bis, opera numerosi differenziazioni, in ragione sicuramente delle peculiarità delle singole tipologie di processo amministrativo, conosciute dall’ordinamento, con riguardo sia alle materie rispettivamente trattate, sia agli interessi - pubblici e privati - in gioco, sia, in almeno due casi, alle posizioni soggettive coinvolte in giudizio e, dunque, non avrebbe inteso introdurre un criterio automatico ed indifferenziato di determinazione del contributo, ma, abbandonando un sistema che si era rivelato inadeguato, ne avrebbe previsto uno, alternativo, che, oltre che facilitare l’applicazione del tributo, meglio terrebbe conto delle peculiarità delle procedure azionabili dinanzi al giudice amministrativo;

che, d’altra parte, secondo l’Avvocatura, la legittimità della scelta operata dal legislatore andrebbe verificata in via generale ed astratta, prescindendo cioè da singoli e specifici risultati applicativi che non possono, da soli, inficiare la ragionevolezza del sistema introdotto, sganciato, com’esso è, dal valore della singola controversia azionata.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Milano dubita, con riferimento agli artt. 3, 97 e 81, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), come modificato dall’art. 1, comma 1307, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007;

che il rimettente non effettua una ricostruzione completa delle vicende legislative della norma impugnata, modificata più di una volta, e che, pertanto, la motivazione sulla non manifesta infondatezza risulta del tutto insufficiente;

che, invero, il censurato comma 6-bis – originariamente introdotto, nell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), come modificato dalla relativa legge di conversione – già prima di essere modificato dall’art. 1, comma 1307, della legge n. 296 del 2006, menzionato dal rimettente – che ha modellato la norma dell’attuale formulazione, oggetto di censura – aveva introdotto, per i giudizi amministrativi, il sistema forfettario di determinazione del contributo unificato basato sul valore della controversia, sia pure ancorandolo a diverse tariffe;

che, d’altronde, il rimettente, pur dichiarando, nella motivazione dell’ordinanza, di non contestare il sistema forfettario di determinazione del contributo e pur dolendosi solo dell’eccessiva misura della tariffa prevista per le controversie in materia di affidamento dei lavori pubblici, nel petitum, in contraddizione con tale premessa, chiede la declaratoria sic et simpliciter di illegittimità costituzionale della norma (ossia l’art. 13, comma 6-bis);

che la pronuncia caducatoria richiesta dal rimettente, per effetto delle modifiche normative intervenute, determinerebbe la reviviscenza del sistema di determinazione del contributo ancorato al valore della controversia, antecedente alla riforma introdotta con il decreto-legge n. 223 del 2006, con evidente distonia tra petitum e argomentazioni a sostegno del medesimo;

che, pertanto, la questione è inammissibile anche per contraddittorietà del petitum (v. ordinanza n. 400 del 2006);

che, in ogni caso, la questione è inammissibile per la pluralità delle soluzioni che possono essere offerte dal legislatore in una materia, quale quella della determinazione delle spese processuali poste a carico degli utenti della giustizia ed altresì quella tributaria, nella quale vige il principio della sua discrezionalità e della insindacabilità delle opzioni legislative che non siano caratterizzate da una manifesta irragionevolezza (v. sentenza n. 162 del 1983);

che, nel caso di specie, la norma censurata, introducendo una più articolata distinzione tra diverse categorie di controversie amministrative ed elevando la misura dei contributi per alcune di esse, deve ritenersi frutto di una scelta discrezionale non manifestamente irragionevole.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

la corte costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), come modificato dall’art. 1, comma 1307, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), sollevata, con riferimento agli artt. 3, 97 e 81, terzo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 aprile 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2010.