Sentenza n. 222 del 1982
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 222

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni nel lavoro e le malattie professionali) promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1976 dal Pretore di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Ghilardi Alberto e l'INAIL, iscritta al n. 395 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 30 giugno 1976.

Visti gli atti di costituzione di Ghilardi Alberto e dell'INAIL e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 ottobre 1982 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi l'avv. Pasquale Napolitano (delegato dall'avv. Vincenzo Cataldi), per il l'INAIL e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 31 marzo 1976 il Pretore di Bergamo (R.O. n. 395/1976) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, in caso di omissione dell'invio tempestivo della comunicazione da parte del datore di lavoro circa l'ammontare delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, consente all'INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) la scelta discrezionale tra la liquidazione del premio dovuto in base al doppio delle retribuzioni presunte e l'accertamento effettivo delle retribuzioni stesse.

Assume il giudice a quo che tale disposizione realizzerebbe un'irrazionale disparità di trattamento tra datori di lavoro che si trovano nella medesima situazione di inadempienza (omissione della comunicazione tempestiva delle retribuzioni) in quanto nei confronti di alcuni l'istituto creditore può procedere all'accertamento effettivo delle retribuzioni omesse, mentre nei confronti di altri può liquidare il premio alla stregua di un accertamento presuntivo.

Il giudizio de quo é stato originato dall'opposizione del datore di lavoro Alberto Ghilardi all'ingiunzione con la quale l'INAIL, ai sensi del r.d. 14 aprile 1910 n. 639, aveva chiesto il pagamento del premio dovuto in via presuntiva.

2. - Si é costituito in giudizio con atto del 15 giugno 1976 l'INAIL, in persona del suo presidente, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Cataldi, Tommaso Fontana e Francesco Hernandez, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Premesso che l'applicabilità del sistema alternativo di determinazione della retribuzione scatta soltanto a seguito di un comportamento omissivo del datore di lavoro, l'Istituto osserva che tale facoltà alternativa trova fondamento non in un suo potere discrezionale ed arbitrario, bensì nell'esigenza di "assicurare all'INAIL la possibilità, in presenza di un comportamento negligente, e quindi colpevole, del datore di lavoro, di pervenire alla determinazione della retribuzione imponibile sollecitamente, anche quando non sia possibile procedere all'accertamento, in concreto, delle retribuzioni effettivamente corrisposte".

Del resto - conclude l'INAIL - non si può ravvisare alcuna violazione dell'art. 3 della Costituzione, alla luce dei principi interpretativi di questa Corte (ved. sent. 26 marzo 1969, n. 48), se si considera che l'art. 28 impugnato spiega i suoi effetti nei confronti di tutti i datori di lavoro inadempienti, ugualmente applicandosi nei confronti di tutti o l'accertamento o la presunzione, senza alcuna differenziazione o discriminazione tra di essi.

3. - Alle stesse conclusioni perviene il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto nel giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, con atto del 13 luglio 1976.

4. - Tra gli atti del giudizio davanti a questa Corte risulta depositato un atto di costituzione, a firma del dott. proc. Alessandro Baldassarre, nella qualità di rappresentante e difensore della parte privata Alberto Ghilardi, col quale (oltre a svolgere le stesse tesi esposte nell'ordinanza di rinvio) si chiede che la Corte sollevi d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, primo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, in riferimento agli artt. 24 e 33, quarto cpv., della Costituzione, nella parte in cui dispone che la rappresentanza e la difesa delle parti nei procedimenti davanti alla Corte costituzionale può essere affidata solo ad avvocati abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione. Tale disposizione - si legge nell'atto - limiterebbe il diritto di difesa del cittadino, incidendo anche sulle sue possibilità economiche, in giudizi di legittimità che per loro natura travalicano gli interessi di parte ed il cui esito ha efficacia erga omnes.

 

Considerato in diritto

 

1. - Preliminarmente va rilevato che la parte privata Alberto Ghilardi non risulta costituita in giudizio davanti a questa Corte, non essendo il suo difensore dott. procuratore Alessandro Baldassarre abilitato al patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 20, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, come risulta dall'atto di costituzione depositato in cancelleria, cosicché l'atto stesso deve ritenersi irricevibile.

Peraltro la norma citata non rende eccessivamente gravoso l'onere difensivo delle parti davanti alla Corte costituzionale ed é frutto di una razionale scelta del legislatore in ordine ai requisiti professionali necessari per la trattazione di questioni che richiedono particolare perizia e pertanto non viola né l'art. 24 né l'art. 33 della Costituzione.

2. - La Corte é chiamata a decidere se contrasti o meno con l'art. 3 della Costituzione l'art. 28, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui, in caso di omissione da parte del datore di lavoro della comunicazione tempestiva circa l'ammontare delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, consente all'INAIL la scelta discrezionale tra la liquidazione del premio dovuto in base al doppio delle retribuzioni presunte e l'accertamento effettivo delle retribuzioni stesse.

Dubita il Pretore di Bergamo che tale norma determini un'arbitraria ed irrazionale disparità di trattamento tra datori di lavoro ugualmente inadempienti a seconda della misura alternativa adottata dall'istituto.

3. - La questione non é fondata.

Va premesso, innanzitutto, che in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali si applica il sistema della cosiddetta regolazione successiva e le obbligazioni del datore di lavoro, riguardanti il premio assicurativo e le inerenti modalità di pagamento sono determinate con provvedimento amministrativo unilaterale dell'ente cui é affidato tale servizio.

Il pagamento del premio da parte del datore di lavoro all'istituto assicuratore avviene quindi anticipatamente, per la durata di un anno solare per la minor durata dei lavori, sulla base dell'importo delle retribuzioni che saranno corrisposte dal datore di lavoro durante l'anno o durante il periodo di tempo al quale si riferisce il premio (art. 28, primo comma, T.U. n. 1124/1965). Per regolare quest'ultimo il datore di lavoro é tenuto a comunicare all'Istituto l'importo delle mercedi corrisposte entro il termine di trenta giorni dalla scadenza delle rate di premio (art. 28 cit., quinto comma). In caso di inosservanza l'Istituto provvede alla liquidazione del premio o acquisendo d'ufficio i necessari dati salariali o effettuando la liquidazione del premio sulla base del doppio delle retribuzioni presunte stabilite per il medesimo periodo assicurativo. Restano impregiudicati i diritti di credito dell'INAIL qualora sucessivi accertamenti rivelassero retribuzioni superiori e in tale ipotesi l'istituto può esigere un premio maggiore rispetto a quello già richiesto o riscosso (art. 28, sesto comma).

La disciplina adottata dal legislatore trova la sua ratio da un lato nella natura essenzialmente assicurativa del rapporto tra l'INAIL e il datore di lavoro, dall'altro nella finalità solidaristica che chiaramente informa questo particolare tipo di assicurazione.

La natura assicurativa del rapporto richiede, infatti, che il premio dovuto dal datore di lavoro venga determinato e pagato anticipatamente, mentre la particolare finalità solidaristica ha indotto il legislatore ad attribuire allo stesso istituto assicuratore la valutazione del rischio e la conseguente determinazione del premio con atto unilaterale. Tuttavia, si é voluto togliere ogni margine di arbitrarietà, stabilendo che il premio vada rapportato alle retribuzioni che il datore di lavoro corrisponderà ai dipendenti. Ne discende l'obbligo del datore di lavoro di comunicare tempestivamente tali retribuzioni, proprio per consentire all'Istituto di determinare il premio secondo parametri rigidamente prefissati.

Poiché l'omissione di detto adempimento da parte del datore di lavoro renderebbe impossibili la determinazione del premio e conseguentemente il suo versamento anticipato, del tutto razionale appare la scelta del legislatore di consentire all'Istituto l'alternativa tra l'accertamento diretto delle retribuzioni effettivamente corrisposte (addebitando all'inadempimento il costo dell'accertamento) e il ricorso ad una valutazione presuntiva delle retribuzioni stesse, salva facendo la possibilità dell'Istituto di accertare successivamente la rispondenza di tale valutazione a quanto effettivamente corrisposto al lavoratore.

Tale facoltà discrezionale concessa all'Istituto assicuratore non viola il principio di uguaglianza garantito dall'art. 3 della Costituzione, in quanto tutti i datori di lavoro inadempienti si trovano, senza alcuna discriminazione, di fronte alla stessa scelta alternativa da parte dell'Istituto.

Una volta escluso che la norma impugnata consenta una discriminazione soggettiva, l'eventuale uso arbitrario o difforme del potere discrezionale non riguarda il giudizio sulla legittimità costituzionale della norma, ma é invece certamente sindacabile in sede giurisdizionale ordinaria, come questa Corte ha più volte statuito (sent. nn. 88 del 1962; 32, 55 e 141 del 1969).

Nel caso di specie in particolare, la liquidazione del premio sulla base del doppio presunto mira a consentire una determinazione tempestiva del premio non in via definitiva e neppure a titolo sanzionatorio.

Pertanto é concesso all'Istituto assicuratore di accertare, dopo l'avvenuto pagamento, l'eventuale corresponsione di retribuzioni superiori a quelle determinate in via presuntiva, chiedendo al datore di lavoro il conguaglio del premio dovuto, ma tale diritto va riconosciuto altresì allo stesso datore di lavoro, il quale, nei modi consentiti, potrà sempre provare l'eventuale corresponsione di retribuzioni in misura inferiore a quella liquidata presuntivamente, ottenendo in tal caso il rimborso di quanto versato in più. Questa é la interpretazione data alle norme impugnate dalla Corte di Cassazione.

In definitiva tutti i datori di lavoro, malgrado la loro inadempienza ad un preciso obbligo nei confronti dell'Istituto assicuratore, sono posti nella eguale condizione di versare i premi dovuti sulla base delle effettive retribuzioni corrisposte ai propri dipendenti.

Per altro non si può ritenere - come sostiene la difesa dell'INAIL - che la sopravvenuta legge 10 maggio 1982, n. 251, all'art. 14 (che estende all'assicurazione INAIL il condono previsto dall'art. 23 quater della legge n. 33/1980 in materia di contributi INPS), abbia riconosciuto in via di interpretazione autentica, il carattere sanzionatorio della norma impugnata, in quanto il richiamo all'art. 28 contenuto nel citato art. 14 della legge del 1982 riguarda logicamente solo la parte della norma riferentesi a sanzioni amministrative o a quelle somme od oneri accessori connessi ai procedimenti alternativi previsti dalla norma stessa (come recita peraltro l'art. 23 quater della legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, richiamato dal citato art. 14 della legge del 1982), e non investe invece la parte relativa alle misure alternative che d'altronde sono previste per l'accertamento del premio dovuto e senza le quali non sarebbe neppure possibile valutare il debito originario del datore di lavoro, che da quest'ultimo deve essere comunque soddisfatto per poter godere del condono.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, ultimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sollevata dal Pretore di Bergamo, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza del 31 marzo 1976.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giuseppe CONSO - Ettore GALLO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1982.